Eccomi qua con la mia seconda ff.
questo a differenza dell'altra non l'ho ancora finita, ho già scritto però un buon numero di capitoli e voglio vedere come è venuta fino a dove sono arrivato per continuarla.
la mia prima ff ovviamente mi piac essendo la mia prima però ho notato che c'è qualche errore qua e là di poco conto. spero che questa sia meglio ma dovrebbe esserlo.
detto ciò, voglio dirvi che la protagonista sarà una ragazza: Renata.
la stessa della mia ff precedente: http://forum.teamworld.it/forum986/2...i-non-c-e.html
non ci sarà però Serena.
i Finley ovviamente ci saranno.
spero vi piaccia.
come nell'altra quelli in blu in corsivo sono i pensieri delle persone.
CAPITOLO 1.
RENATA.
Era lunedì 16 settembre e tanto per cambiare si incominciava la settimana con le solite torture del lunedì come l’ora di educazione fisica. Io non la sopportavo, ero capace di fare poco o niente ed era una delle poche materia in cui andavo peggio oltre alla matematica. Odiavo il professore di educazione fisica, continuava a mettermi insufficienze ingiustificate mentre la matematica proprio non mi entrava in testa, addizione, sottrazione, divisione, moltiplicazione, fin li ci arriviamo tutti, perché complicarsi la vita aggiungendo anche l’alfabeto.
Insomma, ero li nell’ ora di ginnastica, fuori all’aperto, era settembre e faceva ancora caldo e si poteva stare fuori, quel giorno si era inventato una partita a calcio maschi contro femmine.
Io non avevo neanche idea di come si giocava, molti erano appassionati a guardarlo in televisione, io ho provato, mi sembrava si corresse dietro al pallone, incominciai a correre dietro alla palla, per far vedere al tipo, al professore, che facevo qualcosa e che non me ne restavo con le mani in mano a non fare nulla.
Non so cosa successe esattamente, in quel momento mi arrivò una pallonata in faccia, non sapevo chi l’avesse calciata ma fatto sta che mi ritrovai con la palla in faccia, persi il senso di ogni cosa e l’equilibrio, quindi caddi indietro per terra dolorante. La folla incominciò a radunarsi intorno a me, sembrava un funerale, ed io ero nella cassa da morto. Si avvicinò a me Dani, il mio migliore amico. Io e lui eravamo migliori amici da sempre, dalle elementari, lui mi difendeva sempre da tutto e tutti, era dolce, divertente, sapeva sempre come farmi ritornare il buon umore, riusciva sempre a farmi ridere anche quando ero triste ed era l’amico che tutti avrebbero voluto avere al proprio fianco.
- Renata tutto bene? – mi chiese dolcemente.
Provai ad annuire con la testa, non sapevo neanche quello che stavo facendo, ero mezza rinco.glionita, non mi ricordo se c’è l’ho fatta ad annuire o no.
- co.glione, sta più attento la prossima volta – rimproverò Dani non so chi.
- scusa, non l’ho fatto apposta – tentò di difendersi Marco.
Quindi mi aveva sbattuto una pallonata in faccia lui. Se avessi potuto reagire mi sarei ripresa la rivincita ma al momento ero per terra agonizzante. Ero innamorata di lui una volta, però adesso era fidanzato, e ormai me l’ero messa via.
- non ti rivolgere così al mio fidanzato – urlò una voce stridula da anitra selvaggia. Era Silvia, l’attuale fidanzata di Marco, era la solita Barbie, stile Sharpay di high school musical. Si credeva chissà chi ma in realtà non era nessuno, aveva solo un po’ di bellezza, niente più, per il resto era solo una gallina. Non so cosa ci trovasse la gente di interessante in lei. poi fosse stato solo per il fatto che non era intelligente, ma era anche odiosa e io personalmente la detestavo.
- ma non vedi come l’ha ridotta sta povero ragazza – rispose Dani.
- poteva lei stare più attenta, non è certo colpa di Marco se lei sta sempre nelle nuvole – ribatté lei a tono.
- scusa ma non l’avevo vista – affermò Marco.
- provo io a sbatterti una pallonata in faccia e dopo dire che non ti ho visto, vediamo allora come la metti – replicò Dani.
- mi dispiace, ma non sto scherzando, davvero non l’ho vista – continuò Marco.
- adesso circolate che ha bisogno d’aria – disse Dani.
- che modi – rispose Silvia allontanandosi a braccetto con Marco.
- lascia perdere – gli rispose Marco.
Dani mi aiutò ad alzarmi e a mettermi in piedi, intanto raggiungemmo gli spogliatoi mentre lui mi portava sottobraccio visto che barcollavo vistosamente. Ora che avevo ripreso conoscenza poteva parlare e Dani incominciò il discorso.
- come sta la mia piccina? – mi chiese dolcemente.
- abbastanza bene, non so neanche esattamente quello che è successo, sono stordita – risposi.
- non ti preoccupare, io sono sempre qua a difenderti – mi disse.
- ma cosa è successo comunque? – li chiesi.
- Marco, quell’ idiota ti ha tirato una pallonata in faccia e tu sei caduta per terra – mi rispose.
- magari non l’ha fatto apposta – dissi.
- in ogni caso poteva stare più attento – affermò lui.
Entrammo negli spogliatoi, tutti si erano già cambiati ed erano già andati in classe. Eravamo io e Dani da soli. Io entrai in una cabina e lui entrò in quella di fianco e ci cambiammo. Mi infilai la lunga maglia di velo bianco con le rose viola, e sotto i pantaloni viola abbinati. Presi la spazzola e mi sistemai i capelli. Erano tutti elettrizzati per la caduta nell’erba.
- Renata ti muovi – mi incitò Dani.
- adesso arrivò – risposi mettendo via le mie cose ed uscendo dalla cabina.
Lo trovai li davanti già pronto che mi aspettava. Feci per partire per uscire dalla porta ma lui mi bloccò.
- Mi aspetti un secondo che devo andare in bagno – chiese lui.
- non eri tu che mi dicevi di muovermi – risposi.
- va bene, hai ragione, adesso però sei te che devi aspettarmi, ci metto solo un secondo – rispose lui sparendo nell’’altra stanza dove c’erano i bagni e lasciandomi lì tutta sola soletta.
In quel momento senti la porta dello spogliatoio spalancarsi, non era il professore perché aveva lezione da un'altra parte e non era neanche Dani perché era nella stanza di fianco. Un brivido mi percorse la schiena, chi mai poteva essere. In quel momento notai su una cabina alla mia sinistra una borsa, molto probabilmente era qualcuno che l’avevo dimenticata. Niente di cui preoccuparsi.
Svoltai l’angolo per vedere chi avevo lasciato qua la borsa e dargliela e mi ritrovai davanti Marco.
Quando mi vide fece una faccia tra l’imbarazzato e lo stupito. Non pensava di vedermi lì.
- Ciao – mi salutò lui imbarazzato.
- ciao – risposi io senza voce.
- ho dimenticato la borsa – spiegò improvvisando un sorriso da ebete.
- eccola – risposi porgendogli la borsa che nel frattempo avevo preso in mano.
- grazie – rispose lui. Fece per andarsene ma si bloccò.
- comunque scusa per prima, non ti avevo proprio vista – si scusò.
- non ti preoccupare, va tutto bene – risposi.
- ti ho fatto tanto male? – chiese lui. Che dolce che si stava preoccupando per me.
- si, gli hai fatto tanto male e ora vattene – rispose una voce alle mie spalle: Dani.
- non era mia intenzione comunque mi sono appena scusato – rispose Marco che stava per andarsene.
- ciao – lo salutai.
- lui si girò stupito che lo avevo salutato e ricambiò.
- ciao – ricambiò lui il saluto per poi girarsi dall’altra parte e andarsene.
eccomi qua a tutti con il secondo capitolo. vi ringrazio e proseguiamo.
CAPITOLO 2.
DANI.
Dopo che Marco se n’era andato Renata mi si avvicinò e mi abbracciò cercando rifugio tra le mie braccia.
Io ricambiai l’abbraccio e la strinsi forte mentre lei appoggiava la testa sulla mia spalla destra.
- se quello si avvicina ancora a te gli spacco la faccia – la rassicurai.
- ma non devi, era solo venuto a cercare la borsa e già che c’era si è scusato – spiegò lei.
- io di lui non mi fido – risposi.
- non devi fare così – mi rimproverò dolcemente dandomi uno schiaffetto leggero sulla guancia sinistra.
- io sono il tuo migliore amico e come tale devo proteggerti da chiunque ti voglia fare del male – la rassicurai.
- era solo venuto a scusarti, non dovevi preoccuparti, non era successo nulla – rispose.
- sarà, ma io ci tengo a te e non voglio che nessuno ti faccia del male – affermai.
Lei allora mi abbraccio ancora più forte stritolandomi e dopo mi diede una bacio sulla guancia destra.
Io ricambiai il suo gesto d’affetto sorridendo.
- Su forza, andiamo in classe sennò ci perdiamo tutta l’ora già che siamo in ritardo – mi ricordò lei.
Salimmo le scale e raggiungemmo l’aula.
- alla buon ora – rispose seccato il professore.
- ci scusa, ma per colpa di qualcuno la mia amica si è fatta male e quindi ci abbiamo messo un po’ – gli spiegai guardando male Marco.
Nel frattempo ci sedemmo nel nostro banco, grazie al cielo io e Renata eravamo capitato nell’ultimo banco centrale insieme. L’ora incominciò e in poco tempo si fece l’una, l’ora di ritornare a casa.
Di solito accompagnavo a casa Renata e stavo con lei per tutto il pomeriggio e dopo alle cinque e mezza circa me ne ritornavo a casa anch’io. Da sempre era così, tutti i pomeriggi dalle medie fino ad adesso che siamo in terza superiore. Renata fin dalle elementari è sempre stata la mia migliore amica, lei c’è sempre stata per me e io ci sarò sempre per lei. E’ la ragazza più dolce e comprensiva che possa esistere. Sono terribilmente geloso di chiunque si avvicini a lei. Una ragazza così e difficile da trovare in giro, è una persona unica per questo non voglio perderla. Ci tengo tantissimo a lei. Lei riesce sempre a capirmi in qualsiasi circostanza.
Percorremmo la strada insieme e arrivammo a casa sua, entrammo sistemando le nostre cose nella sala e dopo andammo in cucina a mangiare. Finimmo di mangiare verso le due. Dopo mangiato come sempre andavamo in camera sua e ci riposavamo sdraiati nel letto a parlare del più e del meno. Facemmo i più svariati discorsi come al solito, poi presi l’iniziativa e incominciai a farle il solletico mentre lei si dimenava e rideva. Decisi di dargliela un po’ vinta anche a lei e lasciai che prendessi il sopravvento su di me. In poco tempo mi ritrovai disteso sul letto a pancia in giù con la faccia nel cuscino lei sopra di me, avevo le braccia bloccate sotto il cuscino, praticamente ero vulnerabile. Incominciò lei allora a farmi il solletico mentre io mi dimenavo e imploravo di smetterla. Quel pomeriggio come al solito passò piacevolmente in sua compagnia. Alle quattro facemmo merenda giù in sala e alle cinque e mezza poco più me ne ritornai a casa.
Quel lunedì era finito mentre il sole di settembre stanco tramontava.
In men che non si dica si fece spazio il giorno seguente. mi alzai di buona lena, mi preparai e mi vestii, passando per la cucina mangiucchiando qualcosa come colazione, poi uscii di casa e come sempre trovai li davanti Renata che mi aspettava. Io e lei facevamo ogni giorno il tragitto casa-scuola insieme così potevamo parlare del più e del meno e raccontarci quello che volevamo visto che a scuola c’era sempre poco tempo perché in teoria si doveva stare attenti alle lezioni. Camminammo verso scuola ed entrammo in classe, passarono le prime due ore e si fece l’intervallo. Io e Renata come al solito ci sedemmo nella solita panchina per parlare un po’. Sentivo che c’era qualcosa di strano, come un presagio, in quel momento notai che Marco stava guardando Renata e si stava pure anche avvicinando a noi. Questo cercava rogne, cosa voleva da lei. si avvicinò e ci salutò.
- Ciao – ci salutò lui.
- ciao – lo salutò dolcemente Renata.
- ciao – lo salutai seccamente io.
- cosa vuoi? – chiesi secco andando al punto.
- capisco che sei ancora arrabbiato per me per via della pallonata in faccia ma volevo invitarvi alla mia festa di compleanno sabato sera per farmi perdonare – spiegò.
- abbiamo già da fare comunque il tuo compleanno è domenica – risposi.
- lo so, ma lo festeggio sabato per comodità – continuò lui.
- per me va bene – rispose Renata contenta.
- per me no, abbiamo da fare noi due – risposi io.
- io e Dani ci siamo – continuò lei.
- va bene, ma lo faccio solo per te – ci rinunciai.
- perfetto, allora ci vediamo a casa mia alle otto – rispose lui.
- non vedo l’ora – gli rispose Renata.
- allora ci vediamo sabato – finì lui per poi andarsene.
Renata mi guardò con un’espressione di rimprovero.
- Cosa c’è? – le chiesi.
- non devi essere così scorbutico, ci ha solo invitati alla sua festa – mi rimproverò.
- sarà ma io non mi fido – le risposi.
- tu pensi sempre male, vedrai che andrà tutto bene – mi rassicurò lei stavolta.
Come di consueto l’intervallo finì e ripresero le ore dopo finché all’una non risuonò la campanella per indicare il termine delle lezioni. Io e Renata uscimmo assieme come sempre verso casa sua. Mangiammo e ci rilassammo distesi sul suo letto. Decisi di prendere parola, avevo un dubbio che da questa mattina mi si era formato nella mente. Mi ricordavo che alle medie Renata era innamorata di Marco, e se la cotta non le fosse mai passata?.
- Renata? – parlai.
- si – mi rispose lei.
- devo chiederti una cosa? – dissi.
- chiedimi pure – rispose ancora lei.
- ti ricordi che alle medie eri innamorata di Marco – incominciai.
- certo, ma ormai mi è passata, mi sono rassegnata – mi rispose lei.
- io volevo arrivare proprio qua, e se tu fossi ancora innamorata di lui – dissi.
- no, per lui non provo niente – mi rispose lei.
- ne sei sicura? – le domandai.
- sicura, tanto è fidanzato e ha occhi solo che per quella Barbie – rispose lei.
- quindi posso stare tranquillo? – chiesi per ulteriore conferma.
- si, puoi stare tranquillo – mi rispose.
- comunque sei dolce a preoccuparti per me – disse poi.
- come ti dico sempre sono il tuo migliore amico e voglio proteggerti da chiunque voglia farti del male, e soprattutto non voglio che tu soffra per un ragazzo – la rassicurai.
Lei mi abbracciò e mi strinse forte mentre anche io contraccambiavo.
Anche quella giornata era terminata e la notte pian piano scendeva sulla città.
eccomi qua a postarvi il terzo capitolo. fra un pò incomicnia il bello.
CAPITOLO 3.
RENATA.
La settimana passò anche in fretta e in poco tempo si fece sabato. Nel pomeriggio Dani era venuto a casa mia per poi andare insieme alla festa di compleanno di Marco. Lui non voleva venire, però secondo me se ci ha invitati per farsi perdonare a quello che è successo lunedì mi sembra abbastanza giusto andarci, in fondo che ci costa. Lui non voleva però io ho insistito per portargli un regalo di compleanno. Dani era venuto qua a casa mia alle tre, eravamo in camera mia e stavamo discutendo ancora sul solito argomento.
- ma sei proprio sicuro che ti sia passata la cotta che avevi per Marco? – chiese lui.
- certo che mi è passata, è successo anni fa quando ero alle medie – risposi.
- sai che poi tornano sempre i pentimenti del tipo: e se mai ci avessi provato cosa sarebbe successo? – continuò lui.
- vuoi che ci provi quindi? – chiesi.
- assolutamente no, facevo per dire – rispose lui.
- comunque vedrai che ci divertiremo stasera – dissi.
- proprio – mi rispose sarcastico.
- è solo una festa di compleanno alla fine, si mangia, si sta un po’ in giro, si chiacchiera – risposi.
- va bene, tanto ormai sono qua e quindi dobbiamo andarci – affermò lui.
- esattamente – risposi allegra.
Verso le sette e mezza uscimmo di casa e ci incamminammo. Arrivammo davanti a casa sua e bussammo al campanello. Ci fece aspettare un po’ ma alla fine riuscì a venire ad aprirci.
- Ciao, benvenuti, prego accomodatevi – ci salutò lui esortandoci ed entrare.
- ciao – lo salutai io mentre entravo con Dani a mio seguito.
Consegnai a Marco il pacchetto che dopo averci ringraziato lo buttò in mezzo ad un alto mucchio di pacchi e pacchettini di tutte le dimensioni. Incominciò la festa e in poco tempo si fecero le nove e mezza, ero come isolata in una bolla in un angolo della casa. Dani ogni tanto veniva a farmi compagnia e poi ritornava al buffet a mangiucchiare e bere qualcosa.
- vuoi qualcosa da bere? – mi chiese una voce alle mie spalle.
Strano, non era Dani. Mi girai e vidi Marco.
- grazie, sei gentile ma posso anche andarci da sola, non voglio scomodarti – risposi.
- non ti preoccupare, nessun problema per me, e poi volevo ancora scusarmi per l’altro giorno – disse lui.
- non ti preoccupare, non è successo nulla di grave – gli risposi.
- comunque cosa vorresti da bere? – chiese.
- va bene un aranciata – risposi.
Lui si spostò verso il buffet e prese quello che gli avevo chiesto. Poi ritorno nell’angolo sperduto dov’ero io e me lo porse.
- ecco a lei – disse con un sorriso.
Sorrisi anch’io mentre prendevo il bicchiere.
Notai che Dani mi stava guardando dall’altra parte della stanza. Che dolce che era però a servirmi così. Infondo voleva farsi perdonare e io lo apprezzavo.
In quel momento una voce stridula alle mie spalle prese il sopravvento.
- E tu che ci fai qui? –chiese Silvia. Dicevo che era tutto troppo bello e infatti ora c’era la fregatura.
- L’ho invitata io – rispose Marco. Che dolce che mi stava difendendo da quella vipera. Anche se penso che l’ultima vipera che l’ha incontrata andando a funghi sia morta stecchita. Gli scorre il veleno al posto del sangue nelle vene a quella.
- Ah va bene – rispose lei andandosene che non sapeva più cosa dire. Ma cosa ci trovava la gente di interessante in lei, non sapeva neanche intrattenere una conversazione.
Quando lei fu ben lontana Marco riprese parola.
- Scusala, è un po’ gelosa di qualunque ragazza che mi si avvicina – disse rassicurandomi.
- l’ho notato – risposi.
- ti stai divertendo? – mi chiese.
- insomma – risposi.
- come? – chiese ancora lui.
- non conosco nessuno a parte Dani e te, mi sento un po’ isolata – dissi.
-mi dispiace, non ci avevo pensato – disse lui.
- no, non ti preoccupare, è stata una serata diversa dalle solite – risposi.
- scusami, volevo farmi perdonare, io ci tengo a te – continuò lui. Io ci tengo a te. Cosa voleva dire questa frase. Che lui ci tiene a me, ma in che senso?. Ora si, potevo dire di avere dei dubbi esistenziali. Ero innamorata di lui da quando ero alle medie, ora che la cotta mi era definitivamente passata mi dice una frase del genere e mi mette in testa dubbi esistenziali sulla mia vita.
Ero abbastanza turbata e si poteva notare.
- C’è qualcosa che non va? – mi chiese lui.
- no niente, non ti preoccupare, va tutto bene – dissi sorridendo cercando di essere il più convincente possibile. Anche Dani notò che qualcosa non andava e mi raggiunse subito.
- Renata tutto bene? – mi chiese.
- si, va tutto bene – risposi.
Grazie al cielo che vennero le undici, l’ora di andare a casa. Dani mi riaccompagnò a casa ed entrò con me.
Ci sedemmo nel divano in salotto ed accesi il televisore. Avevano appena iniziato un bel film.
- Renata, prima cosa ti è preso? – mi chiese Dani.
- possiamo fare un’altra volta? – chiesi io.
- va bene – mi rispose dolcemente.
- vuoi guardare il film? – mi chiese.
- si, ti va di farmi compagnia? – gli chiesi.
- certo – mi rispose.
- sono le undici quindi finirà circa all’una, ti va di dormire qua da me? – gli chiesi.
- ovvio piccolina, poi all’una ritornare a casa non è il massimo – rispose sorridendo.
Mi accoccolai tra le sue braccia, il mio rifugio sicuro e intanto il film iniziò. Quando finì lui si era già addormentato. Lo distesi bene nel divano e gli misi sopra una coperta. Io invece andai di sopra in camera mia, mi infilai il pigiama e mi addormentai sotto le coperte con i miei dubbi esistenziali.
ciao a tutti, eccomi qua con il quarto capitolo, da questo in poi inizierà il bello e si movimenterà la situazione.
CAPITOLO 4.
DANI.
Aprii gli occhi e mi ritrovai in salotto. Ero a casa di Renata, però non mi ricordo molto bene ieri sera. Molto probabilmente mi ero addormentato sul divano e mi ha lasciato qua. Era domenica 22 settembre. Mi alzai e andai di sopra in camera sua, passando per il corridoio guardai l’orologio, erano le nove e mezza. Entrai piano nella stanza, lei era ancora sotto le coperte però notai che era già sveglia.
- ciao – la salutai.
- ciao – mi salutò lei.
- hai dormito bene? – le chiesi.
- ho un dubbio – mi rispose.
- che dubbio? – le chiesi.
- vieni qua – mi disse. La raggiunsi e mi sedetti sul letto di fianco a lei, lei a destra e io a sinistra. La abbracciai e lei si sistemò bene addosso a me appoggiando la sua testa sulla mia spalla destra. Qualsiasi fosse il dubbio che la tormentava era mio dovere consolarla e farle ritornare il sorriso.
- raccontami tutto piccolina, cos’è successo? – la incitai dolcemente.
- ieri sera alla festa di Marco, lui ha detto che ci tiene a me e adesso non capisco più niente, ero innamorata di lui alle medie, adesso che l’infatuazione verso di lui mi è completamente passata mi dice così – spiegò.
- magari lo ha detto tanto per dire – cercai di rassicurarla.
- non lo so, so che è stato molto dolce con me ieri sera – disse.
- anch’io sono sempre dolce con te, non mi sembra ci sia nessun’problema – replicai.
- si, ma tuo sei il mio migliore amico ed è diverso rispetto a un ragazzo che conosco poco o niente – spiegò.
- non è per caso ci sta provando con te – ipotizzai.
- non saprei, lui è fidanzato – disse.
- ma pensaci, tu sei innamorata di lui o no? – le chiesi andando al punto.
- non lo so nemmeno io – rispose lei.
- una volta ero innamorata di lui quello si, ma adesso pensavo mi fosse passata la cotta, e lui mi viene a dire che ci tiene a me mettendomi in confusione e mettendo alla prova le mie certezze – continuò.
- sai cosa? – dissi.
- cosa? – chiese lei.
- dovresti lasciarlo perdere continuare la tua vita come hai sempre fatto finora – le risposi.
- dici? – mi chiese dubbiosa e perplessa.
- secondo me si, prima di lunedì non ti sarebbe cambiato niente, quindi dimenticatelo e vedrai che la vita ritornerà alla normalità e andrà avanti come sempre – la rassicurai.
- speriamo – mi rispose lei.
- Renata, non è successo niente, tu in qualche giorno te lo dimenticherai e la tua vita riprenderà la normalità che ha sempre avuto – le dissi infine.
Parlando di una cosa e l’altra scendemmo di sotto a fare colazione, mi preparò il suo solito tè, che di inverno o quando faceva freddo adorava berlo, e facemmo colazione.
In poco tempo si fecero le undici, ero via dalla sera prima quindi era meglio che se me ne ritornavo a casa. Raggiungemmo la porta, dopo l’ultimo abbraccio alla mia migliore amica mi incamminai verso casa.
Quella domenica finì e arrivò presto il giorno dopo, lunedì 23 settembre, l’inizio di un’altra settimana di scuola.
Come di consueto io e Renata ci incamminammo verso la scuola. Durante tutto il viaggio sembrava spaesata, come se avesse la febbre, come se stesse male, continuava a guardarsi intorno, sembrava che non conoscesse neanche la strada che stavamo facendo, eppure era sempre quella che facevamo ogni giorno, che ormai sapevamo a memoria ogni minimo passaggio.
- Renata? – la chiamai.
- si? – mi chiese lei.
- ma stai male? – le domandai.
- no, perché? – mi chiese lei a mia volta.
- perché ti vedo un po’ strana, un po’ persa, continui a guardarti attorno – le risposi.
Lei fece uno sguardo abbastanza sconvolto e provato.
- che cosa ti succede? – le chiesi infine.
- prometti che non commenterai o mi criticherai come tuo solito? – mi disse.
- lo prometto – le risposi pur che mi dicesse quello che aveva.
- praticamente.. – iniziò.
- si – dissi.
-.. da quando siamo stati alla festa di Marco sabato sera .. – continuò lei. Ancora con quel Marco.
- continua – la incitai.
- non so cosa sia – disse.
- che cosa? – domandai perplesso.
- è una strana sensazione – affermò lei.
- quale? – continuai.
- continuo a guardarmi attorno per vedere se lo vedo, ho come un presentimento, una sensazione – mi rispose infine.
- Renata, te lo devi dimenticare, ci ha invitati alla sua festa solo per farsi perdonare per quello che ha fatto lunedì scorso, quindi se non fosse successo niente, noi saremo stati a casa, non lo avremo mai visto e la nostra vita starebbe andando avanti come ha sempre fatto – le dissi.
- forse hai ragione, adesso entriamo che è meglio – concluse lei.
Entrammo in classe e incominciarono le lezioni. Renata era sempre persa, aveva la sua attenzione altrove. Dopo un po’ capii che stava guardando nella direzione di Marco, stava guardando proprio lui. In quel preciso istante lui si girò e la guardò. Perché mai doveva guardarla? Cosa voleva da lei?. Notai che Renata era diventata più rigida in quel momento, come fosse preda di un attacco di epilessia. Lui sorrise e allora Renata si sciolse e gli ricambiò il sorriso. Passarono in fretta le prime ore e arrivò il momento dell’intervallo annunciato dallo stridulo suono della campana. Ci alzammo tutti quanti ed uscimmo dalla stanza.
- Renata – la chiamai.
Lei mi guardò aspettando che parlassi.
- ho notato che lo stavi guardando – le dissi.
- e allora? – mi chiese sfacciata.
- così non lo dimentichi – le ricordai.
- ma anche lui però mi stava guardando – si difese lei.
- non avevi detto che volevi dimenticarlo – le rammendai.
- non ho mai detto che lo voglio dimenticare, ho solo detto che continuo a pensarlo – rispose lei.
- ed è strana come situazione – continuò sempre Renata.
- è strana si, hai una cotta per uno che non ti guarda nemmeno, poi quando improvvisamente lo dimentichi lui si interessa per modo di dire e per quanto poco a te – le risposi.
- la vita è spesso e volentieri ingiusta – mi disse lei.
- non me lo ricordare – le risposi.
Improvvisamente lei si fermò.
- cosa c’è? – le chiesi.
- ho dimenticato il libro da restituire in biblioteca – rispose sospirando.
- tu vai, io poi ti raggiungo – continuò. La vidi allontanarsi per ripercorrere il corridoio per ritornare in classe. Io continuai a scendere le scale, l’intervallo già durava poco e non me lo volevo perdere.
ciao a tutti, un grazie a tutti coloro che mi seguono e anche che magari leggono senza commentare, da qui in poi si movimenterà la storia.
CAPITOLO 5.
RENATA.
Stavo ritornando in classe, avevo dimenticato il libro da restituire in biblioteca, non avevo neanche finito di leggerlo ma se lo consegnavo in ritardo poi come sempre mi prendevo parole dalla vecchiaccia. Era difficile trovare qualcosa di leggere di interessante, raramente mi capitava di trovare un libro interessante, uno di quelli che ti incuriosiscono e lo devi assolutamente leggere fino alla fine per sapere come vanno a finire. Quando non trovo quello che cerco lo leggo abbastanza svogliatamente.
Dani era sceso giù, avevamo parlato poco fa. Diceva che dovevo dimenticarmi Marco ma più ci provavo e più lui mi ritorna in testa. Durante il tragitto incrociai Marco, gli sorrisi e anche lui ricambiò. Era da lunedì scorso che non smettevo di pensare a lui però era diventato abbastanza insistente da sabato sera in poi. Secondo Dani se non fosse successo quella che è successo lunedì scorso la mia vita sarebbe rimasta esattamente la stessa. Forse aveva ragione, ma adesso che è successo voglio capire fino in fondo questa faccenda. È vero, ho avuto per tutte le medie una cotta per Marco, adesso però lo avevo ormai dimenticato. Ma da qualche giorno a questa parte non riesco a smettere di pensare a lui. Oggi in classe mi aveva guardato e mi aveva pure sorriso, non so come chiamarla, forse felicità, forse euforia, non era nulla di che, era solo un semplice sorriso che però molte volte sazia più di mille parole.
Rientrai in classe e, dopo aver recuperato il libro, uscii e mi diressi verso la biblioteca.
MARCO. Era da circa una settimana che non smettevo di pensare a una cosa fissa, a quell’unica e sola cosa. Più che una cosa era una persona. Praticamente da quando lunedì durante l’ora di educazione fisica ho lanciato un po’ troppo forte la palla ed ha colpito Renata in pieno volto. Io e lei praticamente siamo compagni dalle medie fino ad adesso. Poi per farmi perdonare l’ho invitata alla mia festa di compleanno, e da quel momento mi guardo in giro spaesato intento a cercarla con lo sguardo. Oggi in classe ho notato che mi stava guardando, le ho sorriso e anche lei ha ricambiato, mi fa piacere aver fatto sorridere un’altra persona. A volte un sorriso è meglio di mille parole.
Mi attardai ad uscire dalla classe. Stavo percorrendo il corridoio quando incrociai proprio lei, mi sorrise e anch’ io allora ricambiai. Stava ritornando in classe. Cosa stava andando a fare? Forse aveva dimenticato qualcosa.
Stavolta ero deciso a parlarle e quindi la aspettai nel corridoio che uscisse. Era di fretta e neanche mi guardò. Non avevo nulla da fare così decisi di seguirla fino a quando arrivò davanti alla biblioteca. Consegno il libro al bancone ed entrò nel labirinto di scaffali. Decisi di seguirla, le stetti dietro per un po’, però poi la persi. Avrei voluto scambiarci due parole, ne sentivo il bisogno, c’è l’avevo sempre in mente quindi volevo scoprire cosa mi attirava di lei. improvvisamente girando l’angolo la incrociai e me la ritrovai davanti.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao – la salutai.
- anche tu qui? – mi chiese.
- si – le risposi.
- io stavo cercando un libro interessante solo che al momento è da un bel po’ che non trovo più niente che mi affascina – mi spiegò.
- capito – mormorai.
- tu invece perché sei qui? – mi chiese. Ti ho seguita perché non smetto di pensarti e voglio capire che cos’hai che mi attira.
- pure io sono alla ricerca di qualcosa – le risposi.
- e lo hai trovato? – continuò a chiedermi. Si, è proprio davanti a me.
- si, e qualche scaffale più indietro – le risposi.
- ma tanto torno dopo, se vuoi ti accompagno giù – le proposi.
- per me va bene – mi disse.
- che mi racconti? – le chiesi.
- non molto – mi rispose lei.
- avrei una domanda – le dissi.
- dimmi pure – rispose lei.
- ma Dani, è il tuo fidanzato? – le chiesi.
- no, è il mio migliore amico, ci conosciamo dalle elementari – mi rispose.
- ah capito – dissi infine.
- perché? – mi chiese lei.
- perché quando lunedì per sbaglio è successo quel che è successo è sempre stato scontroso con me – le risposi.
- non devi badarlo , e solo tanto protettivo nei miei confronti – mi rassicurò lei.
- sinceramente fa bene – mi lasciai sfuggire dalla bocca.
- cosa intendi? – mi chiese lei, stupita, perplessa, stranita e incuriosita.
- nel senso che anch’io se avessi una migliore amica femmina la difenderei da qualsiasi ragazzo che prova ad avvicinarsi – le risposi.
- non hai un amica femmina? – mi chiese lei.
- no, solo maschi – le risposi.
- e Silvia? – mi domandò.
- lei è la mia fidanzata – le risposi.
- da quando? – continuò a chiedermi.
- da circa un anno – le risposi.
Eravamo nel corridoio e stavamo per dirigerci verso le scale per andare giù quando improvvisamente suonò la campana. Era finito l’intervallo.
- è finito l’intervallo – affermai.
- Dani sarà sicuramente incazzato che l’ho lasciato da solo – disse lei.
- io ho lasciato da sola Silvia invece – la rassicurai.
Sorridemmo tutti e due quasi insieme al pensiero della situazione.
Decidemmo così di ritornare in classe e ci sistemammo ai nostri posti. Dani fu il primo ad entrare e notando che io e Renata eravamo gli unici già dentro ed eravamo da soli mi lanciò un occhiataccia e poi guardò male pure lei. Si sedette al suo fianco senza neanche una parola. Forse era leggermente arrabbiato come aveva supposto poco prima lei.
ciao a tutti, grazie a chi legge la mia fiction, nonostante gli ultimi tristi avvenimenti eccomi qui a postare così per distrarci un pò.
CAPITOLO 6.
RENATA.
Dani si sedette di fianco a me, senza neanche guardarmi e mi tenne il muso per le due ore successive. Era parecchio arrabbiato.
Quando suonò la campane per il termine delle lezione uscimmo da scuola e ci incamminammo verso casa, quando fummo abbastanza distanti decise di prendere la parola.
- ti rendi conto che sono stato là quindici minuti ad aspettarti – iniziò.
- lo so – gli dissi.
- che cosa hai fatto in questi quindici minuti? – si affrettò a chiedermi.
- niente di che – gli risposi.
- c’entra Marco? – continuò lui.
- in una certo senso – borbottai.
- che cosa vuoi dire? – mi guardò lanciandomi un occhiataccia.
- sono andato in biblioteca e l’ho trovato li – gli spiegai.
- per quello poi eravate in classe insieme – affermò.
- dopo siamo ritornati in classe insieme visto che l’intervallo era finito – dissi.
- e nel durante cos’è successo? – mi domandò.
- quando intendi? – gli chiesi perplessa.
- dentro alla biblioteca? – disse.
- stavo cercando alcuni libri e guarda caso l’ho incrociato – risposi.
- di cosa avete parlato? – continuò l’interrogatorio.
- del più e del meno – risposi vaga.
- cosa intendi con questo più e meno? – mi guardò curioso.
- mi ha anche chiesto se tu sei il mio fidanzato e io gli ho risposto che tu sei il mio amico – gli spiegai.
- perché te lo ha chiesto? – Dani non voleva darsi per vinto.
- perché ha notato il tuo atteggiamento un po’ troppo protettivo nei miei confronti – continuai.
- davvero? – chiese lui quasi stupito.
- si e infondo è vero, io ti adoro però ti preoccupi un po’ troppo – gli risposi.
- scusami se sono così assillante, solo che ci tengo tanto a te – disse Dani con lo sguardo basso. Aveva capito che era stato un po’ esagerato.
- non ti preoccupare lo so che ci tieni tanto a me, e anche io ci tengo tanto a te – lo rassicurai.
Dani alzò lo sguardo e mi sorrise.
- poi so come sei fatto, che sei un testone – gli dissi sorridendo anch’io.
- non e vero – disse lui in sua difesa.
- comunque ha detto che lo capisce e che anche lui se avesse una migliore amica femmina la difenderebbe da chiunque si avvicini a lei – conclusi.
Io e Dani pranzammo a casa mia e in buona compagnia passò anche quella giornata finché il sole non tramontò.
MARCO.
Quel lunedì mattina passò velocemente, ritornai a casa, pranzai e nel pomeriggio andai a casa del mio amico: Carmine. Con lui c’era anche Ivan. Scendemmo di sotto nella taverna e incominciò il nostro pomeriggio. Dovevo assolutamente parlarne con loro dell’incontro di questa mattina e del pensiero fisso che da un po’ di tempo svolazza come una farfalla nella mia mente.
Ci sedemmo nel divano ad angolo intorno al tavolo e Carmine ci offrii tre birre. Dopo qualche chiacchiera intervengo io.
- devo dirvi una cosa però dovete tenervela per voi – dissi.
- che cosa? – chiese curioso Ivan.
- avete presente quello che è successo lunedì scorso e con chi è successo? – chiesi interrogativo.
- si – rispose perplesso Carmine.
- poi vi ho detto che l’ho invitata alla mia festa di compleanno per farmi perdonare – continuai.
- si, me lo ricordo – rispose sempre Carmine.
- durante la serata siamo stati un po’ insieme e praticamente da sabato non riesco a smettere di pensare a lei – spiegai.
- cosa vorresti dire? – chiese interrogatorio Carmine.
- non lo so esattamente, è una strana sensazione – risposi.
- stai cercando di dirci che ne sei innamorato, che ne sei infatuato – provò a dire Carmine.
- diciamo di si – risposi.
- ma tu sei fidanzato – mi ricordò Ivan.
- lo so, ma chi lo dice che non può cambiare – ribattei.
- tu vorresti che cambiasse? – chiese Carmine.
- non lo so esattamente, posso dirti che sono strano da quel momento, ogni volta che la vedo, ogni volta che mi guarda, ogni volta che mi passa accanto – mormorai.
- questo può essere solo che il classico colpo di fulmine – affermò sempre Carmine.
- cosa dovrei fare secondo voi? – chiesi ai miei due amici.
- prima però, dove sei stato oggi durante l’intervallo? Silvia era incazzata nera che l’hai fatta aspettare quindici minuti in atrio – disse Carmine.
- immagino – risposi sorridendo.
- comunque sono stato in biblioteca insieme a Renata – risposi.
- secondo me ti sei innamorato – disse Ivan.
- anche per me – concordò Carmine.
- cosa volete dire? – chiese perplesso e stupito.
- andiamo, si vede che con Silvia è solo una cosa superficiale ed estetica – pronunciò la sentenza Carmine.
- massi dai, e poi non hai mai parlato di lei in questo modo così appassionato di come ci hai parlato adesso di Renata – disse Ivan. Che forse avevano ragione. In effetti per Silvia è stata così un’attrazione estetica e niente di più, per Renata sento che c’è qualcosa di più profondo. Ho pensato più volte Renata in questi tre giorni che Silvia in un anno che stiamo assieme.
- secondo voi cosa dovrei fare? – chiesi allora.
- potresti provare ad invitarla ad uscire – propose Carmine.
- giusto, alla fine non ci perdi niente – disse Ivan.
- e con Silvia? – continuai.
- secondo me dovresti lasciarla, si vede che non c’è amore – sentenziò Carmine.
- lo noto anch’io che non c’è amore ma che cosa gli dico – risposi.
- gli dici che hai trovato qualcun altro che ti fa battere il cuore più forte di quanto te lo faccia battere lei – disse Carmine.
- diciamo che più che ha altro non è mai riuscita a farmi battere il cuore, è stata solo un’attrazione estetica – spiegai.
- appunto, per cui hai un motivo in più – disse Ivan.
- quindi le chiedo di uscire sabato sera? – chiesi infine.
- non così, inizia con calma, con un uscita di pomeriggio, studiate insieme, oppure sabato pomeriggio vai a trovarla a casa, cose così come inizio – spiegò Carmine.
- ci penserò con calma sul da farsi – risposi pensieroso.
Trascorsi quel pomeriggio in compagnia dei miei amici, mi fece riflettere però. In poco tempo si fecero le sei e mezza ed Ivan ed io salutammo Carmine e ritornammo a casa nostra. Anche quel giorno finì e il cupo sole autunnale stanco tramontò.
vi lascio il nuovo capitolo. il bello sta per arrivare, anzi, un pò è già iniziato.
CAPITOLO 7.
MARCO.
Iniziò il nuovo giorno, oggi era martedì 24 settembre. Oggi mi ero deciso che avrei fatto la prima mossa, dovevo assolutamente fare qualcosa. Non potevo restare col dubbio esistenziale per sempre quindi dovevo sbrigarmi. Andai a scuola, entrai in classe e mi sedetti come sempre al mio solito posto. Lei c’era già, era insieme, come sempre, al suo migliore amico. Appena entrai subito il suo sguardo ricadde su di me, le sorrisi per vedermi il mio sorriso ricambiato, era come un raggio di luce che mi illuminava la giornata. Notai che Dani prima guardò lei, e poi guardò me, era un po’ perplesso e irritato ma oggi non ci fece tanto caso. Incominciarono le lezioni e in poco tempo venne l’intervallo.
Mi ricordai che sabato questo, il 28 facevano un bel film al cinema. A Silvia non gliene fregava nulla, come di tante altre cose quindi era l’occasione perfetta per me per iniziare. Dovevo assolutamente invitare Renata al cinema, e dovevo farlo al più presto prima che si prendesse altri impegni.
Appena suonò l’intervallo Dani e Renata camminarono tranquillamente fianco e fianco parlando del più e del meno e intanto si diressero verso le scale per scendere. Decisi di camminare a passo veloce per raggiungerli e per mettermi all’opera quando fui bloccato da Silvia che si mise davanti a me e mi bloccò la strada. Ci mancava solo questa.
- chi fine hai fatto ieri? – chiese incazzata.
- ieri quando? – chiesi facendo finta di non sapere di cosa stesse parlando.
- ieri nell’intervallo – rispose andando dritta al punto.
- mi sono un po’ attardato e sono andato in biblioteca – le spiegai.
- ti ho aspettato per quindici ininterrotti minuti la di sotto come un cane – mi rinfacciò quasi ringhiando.
- lo so, scusami – le risposi.
- che cosa ci facevi in biblioteca? – mi chiese lei. Stavo seguendo un’altra ragazza perché forse ne sono attratto.
- stavo cercando un libro – risposi.
- e lo hai trovato? – mi chiese ancora lei.
- ehm si – le risposi in maniera frettolosa.
- ieri pomeriggio sono passata a casa tua e non c’eri, dov’eri? E con chi stavi? – chiese lei minacciosa.
- ero a casa di Carmine e con noi c’era anche Ivan – le risposi.
- che cos’avete fatto? – chiese.
- niente di che, abbiamo solo parlato del più e del meno – le risposi.
- di che cosa esattamente? – continuò ancora lei.
- le cose nostre che a te non interessano – le risposi. Dai che ho fretta. Devo chiedere a Renata di venire al cinema con me sabato e più il tempo passa più le possibilità diminuiscono.
- va bene, ho capito – disse lei infine.
- ora scusami, Carmine mi avevo detto che doveva parlarmi di una cosa tra noi – le risposi cercando di trovare una scusa per andarmene.
- oh si vai, che vedo che sei di fretta – mi disse lei.
Proprio in quel momento suonò la campana per indicare la fine dell’intervallo. Caz.zo.
- penso proprio che dovrai aspettare – disse lei abbozzando un sorriso. Non me lo ricordare.
- ritorniamo in classe – le proposi dato che eravamo qua.
- certo – mi disse lei e ci incamminammo.
Entrammo in classe e ci sedemmo ai nostri posti.
Poco dopo arrivarono Renata e Dani. Notai dalla faccia di lei che era quasi dispiaciuta di vedermi qua con Silvia da soli. La faccia di Dani invece era come rassicurata.
Ricominciarono le lezioni e in breve tempo arrivò l’una e finì la mattinata. Stavolta dovevo si intervenire.
Ci fu l’uscita di massa dalla scuola per il termine delle lezioni, la seguii con gli occhi e la vidi incamminarsi insieme al suo amico. Camminai a passo spedito e la raggiunsi.
- ciao – salutai tutti e due.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao – mi salutò lui scocciato.
Guardai in direzione di Renata e dopo un secondo di ripensamento presi la parola.
- volevo chiederti se sabato questo volevi venire al cinema con me, fanno un film che a Silvia non interessa e ormai ho prenotato già per due – le spiegai.
- ti va di vernici con me? – le chiesi poi .
Renata guardò Dani cercando un suo consenso.
- per me va bene, vacci pure – sentenziò lui. Stavolta nevica.
- davvero? – chiese lei quasi stupita.
- si, tanto non hai niente da perdere – rispose.
- comunque si, allora si, vengo, a che ora? – mi chiese poi rivolgendosi a me.
- alle quattro e mezza, vengo davanti casa tua alle quattro e poi ci andiamo a piedi che tanto non è distante – le proposi.
- certo – rispose lei rallegrata.
- perfetto – affermai.
- allora ti aspetto alle quattro davanti casa mia – disse lei infine.
- si, ci vediamo allora – conclusi.
- ciao – li salutai.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao – mi salutò pure lui e si incamminarono per andare a casa.
Io intanto raggiunsi Carmine che si era attardato ad uscire.
- allora, cosa abbiamo combinato? – mi chiese.
- gli ho chiesto se sabato voleva venire con me al cinema e mi ha detto di si – gli risposi.
- perfetto – mi disse lui.
- e con Silvia? – mi chiese.
- vedrò cosa fare con lei prossimamente – gli risposi.
In quel momento uscii anche Ivan e tutti e tre insieme ci incamminammo verso le rispettive dimore mentre il giorno scompariva.
ciao a tutti, ho avuto qualche problema con il computer che si continua a rompere ma eccomi qua a postare il nuovo capitolo. si riparte. vedrete che ne succederanno di tutti i colori. grazie a chi è rimasto.
CAPITOLO 8.
RENATA.
La settimana passò in fretta e in men che non si dica arrivò sabato 28 settembre. Erano le tre e mezza di pomeriggio e Dani era qua a casa mia. Eravamo nella mia camera ed ero in intimo ma tanto lui c’era abituato visto che ci conoscevamo da una vita ed andavamo sempre al mare o in piscina insieme quindi non ci faceva neanche più caso. Dovevo decidere come vestirmi e Dani mi stava dando qualche consiglio per modo di dire. Quando fui pronta ci sedemmo nel mio letto ed aspettammo che arrivassero le quattro.
- buona fortuna piccolina – mi rassicurò lui.
- perche? Cosa vuoi che succeda? – gli chiesi perplessa.
- non si sa mai, potresti averne bisogno – mi rispose lui.
- sei il solito esagerato – gli dissi.
- pensa, e se ci prova con te? – continuò Dani.
- anche se sarei solo un ripiego visto che è già fidanzato non è che mi dispiacerebbe – gli risposi.
Dani mi guardò sbarrando gli occhi.
- spero tu stia scherzando – affermò.
- no, è da tanto che lo sogno e che lo aspetto anche se so che non succederà, però è bello sognare – risposi.
- si sogna – disse scocciato lui.
In quel momento suonò il campanello. Erano le quattro. Mi alzai di scatto dal letto.
- ci vediamo scemotto, ti voglio bene – salutai Dani abbracciandolo e dandogli un bacio sulla guancia. Dopo di che balzai e scesi le scale per arrivare alla porta ed aprii. Lui era lì, bello più che mai.
- ciao bellezza – mi salutò mostrando uno dei sorrisi meravigliosi e sicuri di se.
- ciao – lo salutai un po’ timidamente.
- come stai? – mi chiese premuroso.
- bene, e tu invece? – gli risposi ponendo a sua volta la stessa domanda.
- oh bene grazie, ti va di andare – propose.
- certo – gli risposi. E nel frattempo ci incamminammo per andare al cinema. Era un pomeriggio autunnale di fine settembre e c’era un tiepido sole, l’aria era abbastanza fresca e si stava bene, anzi forse più tardi avrei quasi potuto aver freddo o forse i brividi lungo la mia schiena erano causato da qualcos’altro?.
Camminando parlammo del più e del meno, di svariati argomenti, gli piaceva parlare e a me non dispiaceva affatto sentirlo, anche se erano argomenti dei quali non ero molto affezionata, interessata pur di sentirlo qua andava bene qualsiasi cosa, anche argomenti senza senso. Il tragitto dell’andata fu abbastanza veloce e piacevole, non potevano perdere troppo tempo, il film iniziava alle quattro e mezza quindi dovevamo essere là per prima di quell’orario. Erano più o meno le quattro e un quarto quando arrivammo davanti all’entrata dell’immenso cinema, da fuori sembrava più un casermone. Entrammo dentro nell’ atrio che fungeva da sala d’attesa. Marco andò al banco a pagare i biglietti mentre guardai la locandina con gli orari delle proiezioni dei film di oggi. Questo film lo davano oggi pomeriggio dalle due fino alle quattro, ovviamente la mezzora per far uscire quelli che lo avevano visto adesso e per far entrare noi che lo dovevamo ancora vedere, poi lo davano alle quattro e mezza, quello per cui ha prenotato Marco, e finiva alle sei e mezza, poi c’è n’era un'altra alle sette fino alle nove e poi l’ultima proiezione la davano alle nove e mezza fino alle undici e mezza di sera. Marco pagò e poi mi raggiunse. Ci sistemammo nella scale ad aspettare che tutti gli spettatori della visione precedente uscissero. In quel momento mi ricordai che stava pagando lui per me, dovevo almeno ringraziarlo.
- comunque grazie per avermi offerto il biglietto – gli dissi.
- non ti preoccupare, da scemo ne avevo prenotati due senza pensare e quindi sei un po’ tu che stai facendo il piacere a me, dovrei io ringraziarti – mi rispose sorridendo. Che dolce che è.
Alle quattro e venti finalmente la gente incominciò ad uscire così Marco ed io entrammo nell’immensa sala, tutta quanta rivestita di tessuto rosso, le poltroncine e pure le pareti. C’erano una ventine di file a partire dal basso, poi il corridoio che divideva la metà inferiore da quella superiore dove c’erano altre venti file. Poi ovviamente c’erano i corridoi dai lati ed uno in mezzo. Marco ed io decidemmo di sederci nella parte superiore. Ci sedemmo praticamente nei primi due posti della terza fila a partire dal basso della parte superiore a destra del corridoio. Io mi sedetti interna mentre Marco si sedette esterno verso il corridoio, io con le gambe accavallate e lui con le gambe aperte.
- vuoi qualcosa da bere prima che inizia il film? – mi chiese lui premuroso.
- va bene una coca – gli risposi.
- anche io ne avevo proprio voglia, così ne prendo due, cannuccia vero? – mi chiese.
- si grazie – gli risposi.
- perfetto, ora corro e ritornerò in men che non si dica – annunciò lui alzandosi e uscendo a passo veloce dalla sala per ritornare nell’atrio dove c’era anche il bar. Mi sembrava di vivere in un sogno. Io con il ragazzo per il quale avevo sempre avuto un cotta alle medie, al cinema insieme, io e lui da soli, insieme.
Poco dopo ritornò con le due lattine. Si sedette e mi porse la mia con allegata la cannuccia.
- grazie – lo ringraziai.
- figurati, poi ti ho costretto ad accompagnarmi quindi mi sembra un po’ il minimo – mi rispose.
In quell’momento l’orologio segnò le quattro e mezza. Si spensero le luci mano a mano partendo dal basso verso le file più in alto e il film iniziò. Persi la concezione del tempo e non mi resi nemmeno conto del tempo che passava. A un certo punto, forse metà film, mi resi conto che ero praticamente sprofondata addosso a Marco. avevo il suo braccio sinistro intorno al collo e la testa appoggiata sulla sua spalla sinistra. Mossi leggermente la testa per guardarlo. Lui era completamente concentrato sul film, io non sapevo nemmeno di cosa parlavo, lui era l’unica cosa sulla quale ero completamente concentrata a guardare. In quel momento notò che lo stavo guardando e girò la testa facendomi uno di quei suoi meravigliosi sorrisi che ti stendono. Il cuore incominciò a battere all’ impazzata, non so quanto ancora avrei resistito al suo sguardo. Era come una calamita che mi attirava. In quel momento provai anche le famose farfalle nello stomaco. Si muovevano da una parte all’altra come se volessero spiccare il volo. Il mio braccio destro era dietro al sua schiena. Mi venne distinto, alzai la mano destro e la appoggia sul suo collo spingendolo verso di me, quando fu ben vicino fui presa da un attacco di rimorso ma ormai non potevo più scappare da quella situazione che avevo appena creato. Le nostre labbra erano sempre più vicine fino a quando si congiunsero in una cosa sola. In quel momento sentii tutto il calore del suo corpo passare al mio. Le famose farfalle finalmente avevano spiccato il volo e avevano lasciato la mia pancia grazie al cielo. La magia di quel bacio però finii quando da parte di tutti e due mancò il fiato per andare avanti. Marco non disse una parola, aveva uno sguardo stupito e sorpreso, ma mi sembrava fosse felice sotto sotto. Nessuno dei due disse più una parola, a parte che stavamo guardando un film al cinema e quindi non si poteva parlare più di tanto. Marco mi riabbracciò, stavolta però mi tenne più forte di prima, come se avesse paura di perdermi. Io riappoggia la testa sulla sua spalla e mi riaccomodai nel mio caldo,comodo e confortevole cuccio
ciao a tutti, rieccomi dopo un po', il computer non mi funzionava ma stasera riesco a postare finalmente.
CAPITOLO 9.
MARCO.
È successo tutto in un istante, un istante magico e di follia, in un istante in cui tutto è cambiato. Renata mi ha preso e mi ha baciato, mi ha baciato sulle labbra ed è stato meraviglioso. Io le ho lasciato fare e non ho detto niente. Infondo anche io lo desideravo più che mai. Poi l’ho stretta di nuovo a me e l’ho fatta riaccomodare tra le mie braccia per il resto del film. Ero, come possiamo dire, felice. Si, ero proprio felice. Ero contento. Notai che anche lei era contenta. Ero rimasto stupito del gesto e penso che anche lei si sia stupita di se stessa ma sotto sotto penso che fosse felice pure lei. Era da abbastanza tempo che continuavo a pensarla, almeno adesso mi ero tolto il peso. Per il resto del film mi guardò ininterrottamente per cui decisi di non disturbarla e restai concentrato sul film per tutto il tempo. Se mi fossi girato forse avrebbe guardato altrove, facendo finta di niente, cosa che non voleva capitasse. Mi piaceva essere guardato soprattutto se si trattava di lei. Dopo un po’ il film finii. Erano le sei e mezza. Stemmo un po’ li ad aspettare che i titoli di coda finissero. Presi l’iniziativa e mi alzai.
- allora andiamo? – le dissi porgendole la mano.
- certo – mi rispose lei afferrando la mia mano e alzandosi.
- adesso la riaccompagno a casa signorina – le dissi cercando di farla sorridere e ci riuscii anche con successo. Uscimmo dal cinema e incominciammo a ripercorrere la strada verso casa mano nella mano.
Camminavamo ad andatura lenta. Stavolta al contrario dell’andata non avevamo fretta e potevamo goderci tutto il tragitto per bene. Ad un certo punto prese la parola un po’ titubante.
- Marco? – disse.
- si, dimmi pure – le risposi.
- quello che è successo prima.. – iniziò lei.
- quello che è successo prima è stato fantastico – le dissi interrompendola per non farla pentire di quello che c’era stato poco fa tra di noi.
- e poi lo volevo fare anch’io da un po’, diciamo che mi hai preceduto nel tempo – le spiegai.
- io non sai da quanto volevo farlo, poi dal giorno della tua festa non riesco più a toglierti dalla mente – mi disse lei.
- cosa intendi con la prima frase? – le chiesi.
- è dalle medie che ho una cotta per te, scemo, pensavo mi fosse passata ma dal giorno della tua festa non riesco a smettere di pensarti – mi spiegò lei.
- dalle medie? – le chiesi stupito.
- esattamente – mi rispose lei annuendo.
- sono proprio un idiota allora a non essermene mai accorto – le dissi facendola sorridere.
- comunque tra di noi è stato bello solo che tu sei fidanzato – continuò lei.
- lo so, però per Silvia si tratta solo di una cosa estetica, ti ho pensata di più te in questa settimana che Silvia in quest’ultimo anno che stiamo insieme – la rassicurai.
- mi fa piacere, però non c’è ne saranno altri fino a quando non la lascerai – mise subito in chiaro le cose lei.
- allora lo farò direttamente domani, il più presto possibile – le risposi.
- tanto fra me e lei era solo una cosa estetica, proviamo a vedere come andrebbe una relazione tra di noi – le proposi.
- per me va bene, basta che prima lasci Silvia – rispose lei.
- domani la lascerò allora, vedrai – la rassicurai.
- comunque nemmeno a me dispiacerebbe avere una relazione con te, e provare se tra di noi può funzionare – mi disse dolcemente.
- sono felice – le risposi. Ormai eravamo quasi arrivati davanti casa sua.
- me lo dai un ultimo bacio prima di scappare – le dissi.
Renata mi si avvicinò, era talmente vicino, appoggia le testa sulla mia spalla destra.
- no, non te lo do – mi sussurrò all’orecchio destro maliziosa. In quel momento mi percorse un brivido lungo tutta la schiena.
- piuttosto dammi il tuo cellulare – mi disse.
Io obbedii, presi il cellulare dalla tasca dei jeans e glielo porsi. Lei incominciò a digitare qualcosa e poi me lo ridiede. La guardai interrogativo.
- ti ho scritto il mio numero così te lo salvi – mi spiegò.
- perfetto – le risposi.
- ora ti saluto che Dani mi sta aspettando – mi disse lei.
- va bene – le risposi.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao – la salutai io.
La vidi per l’ultima volta mentre entrava in casa. Quando la porta si chiuse mi incamminai verso casa. Durante il tragitto presi il cellulare e salvai il suo numero. Cenai e dopo pranzo verso le otto e mezza andai da Carmine per raccontargli quello che era successo. Con noi c’era anche Ivan.
- allora raccontaci tutto, com’è andata la tua uscita? – chiese curioso Ivan.
- è andata bene, ci siamo baciati – risposi.
- sei stato tu? – chiese Carmine.
- no, ha preso lei l’iniziativa per prima – spiegai.
- e adesso come siete rimasti d’accordo? – chiese nuovamente Carmine.
- praticamente lunedì lascio Silvia e proviamo a metterci insieme e vedere come va – spiegai.
- c’è da parte di tutti e due quindi la voglia di instaurare una relazione? – continuò a chiedere lui.
- si, mi ha salvato il suo numero sul cellulare – dissi.
- cosa aspetti a chiamarli così lei si salva il tuo pir.la – esclamò Ivan.
È vero, non ci avevo pensato.
Le mandai un messaggio con scritto: ciao sono Marco.
- bene, gli ho mandato il messaggio – commentai.
Poco dopo arrivò il messaggio di risposta da parte sua: perfetto così ora ti salvo.
- cosa ti ha detto? – chiese Carmine.
- che ora si è salvato il mio numero – risposi.
- quindi domani sarà il grande giorno in cui lascerai Silvia – annunciò Carmine.
- certo – risposi orgoglioso.
La serata passò allegramente in compagnia dei miei due amici e di un paio di lattine di birra. In poco tempo arrivarono le dieci e mezza. Adesso che veniva buio più facilmente si doveva ritornare a casa prima, io e Ivan dopo aver salutato Carmine ci incamminammo. Anche quel meraviglioso giorno di settembre finii.
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