CAPITOLO 19.
RENATA.
Era sabato 23 novembre, i minuti sembravano interminabili, sembravano ore. Erano le quattro e cinquantacinque, alle cinque sarebbero arrivati Dani e Serena ed ero impaziente, non avevo idea di come vestirmi e mi serviva davvero aiuto, nel senso che avevo tanti bei vestiti e abiti da mettere però non sapevo quale scegliere. Continuavo a guardare l’orologio che ticchettava quando vidi la lancetta grande posarsi sul dodici e quella piccola sul cinque. Mi sentii rallegrata, ora sapevo che sarebbero arrivati a momenti ed infatti non mi sbagliai, sentii suonare il campanello e corsi giù per le scale ad aprire la porta. Mi trovai davanti Dani e Serena e li feci entrare. Sarebbero stati con me fino alle sei, perché poi dovevo lavarmi tutta quanta, anche i capelli e intanto però erano li con me per decidere il vestito. Non perdemmo tempo ed andammo subito in camera mia dove inizio la selezione. Presi un abito verde e me lo posai davanti, non era esageratamente scollato, era a maniche lunghe ed era lungo più o meno fino alle ginocchia.
- questo è perfetto – esclamò Dani.
- non che non è perfetto, sembra da suora – risponde Serena.
- non deve mica sembrare una put.tana, deve uscire con un ragazzo – disse lui.
- si ma deve essere un po’ meno vestita, lo deve far eccitare un po’, sennò che gusto c’è – continuò lei.
- va bene, il prossimo – trillò Serena. Persi allora un abito giallo senza le spalline che mi arrivava fino a sopra le ginocchia.
- no – dissero insieme Dani e Serena.
- questo vi dico no anch’io, il giallo non mi ci sta proprio, nemmeno il rosso e l’arancione – dissi e intanto presi un altro abito nero semplice liscio in pizzo che ogni tanto lasciava intravedere la pelle nuda.
- questo è carino – disse Dani.
- si, è carino, ma non mi convince del tutto – rispose Serena. Intanto presi l’ultimo vestito che avevo, era viola ed arrivava fino a sopra le ginocchia, era senza le spalline, era stretto da sotto il seno fino all’ombelico e poi si apriva la gonna svolazzante, era tutto viola lucido, liscio, senza niente.
- questo è il top – esclamò Serena.
- si è perfetto ma tu non esci così – disse Dani.
- perché? – domandai.
- perché è troppo scollato e troppo corto, se vuoi farti stuprare fai pure – rispose lui.
- nessuno la stuprerà, deve solo uscire con un ragazzo – affermò Serena.
- esatto – risposi io.
- però ti metti un copri spalle sopra, visto che sicuramente farà freddo – sentenziò lui.
- va bene capo – risposi io felice. Perfetto, ora avevo trovati il vestito perfetto per l’appuntamento, l’avevo comprato quell’ estate quel vestito viola, mi piaceva un sacco, era bellissimo per questo non l’avevo mai messo su, volevo tenerlo per un occasione speciale e direi che quello era proprio il caso. Poi tra l’altro il viola ci stava benissimo con i miei capelli rossi ramati arancioni. Scegliemmo anche le scarpe e puntammo su ei tacchi non molto alti viola pure loro. Vennero le sei e Dani e Serena se ne andarono via. Intanto mi feci la doccia e mi lavai pure i capelli, finita la doccia mi rinchiusi in bagno ad asciugarmi i capelli che solitamente era la parte più lunga. Finito di lavarmi e di asciugarmi i capelli erano circa le sei e cinquantacinque. Indossai il vestito viola e mi pettinai per l’ultima volta i capelli. Mi sedetti sul letto ad aspettare ed intanto il sole tramontava giù. Sentii il campanello suonare, presi il copri spalle e scesi giù ad aprile e mi ritrovai davanti Marco. Mi persi nel suo sguardo dolce e intanto lo osservai, indossava una camicia bianca infilata dentro i jeans neri ed aveva pure la cravatta nera abbinata ai jeans. Il suo sorriso era meraviglioso e io come sempre mi ci perdevo, pure nei suoi occhi così espressivi e dolci, e i suoi riccioli castani.
- ciao – mi salutò lui mentre mi guardava dalla testa ai piedi stupito.
- ciao – lo salutai io mentre richiudevo la porta alle mie spalle.
- sei bellissima – disse lui.
- pure tu sei molto elegante – risposi mentre mi guardava. Iniziò a guardarmi dal basso per poi salire, si soffermò abbastanza tempo sulla parte stretta del vestito.
- ehi, io sono qua sopra – richiamai la sua attenzione.
- oh scusa – alzò lui la testa leggermente imbarazzato.
- ma sbaglio o questo vestito ti fa il seno più grosso? – chiese lui tentando di difendersi e salvarsi.
- non lo so, può essere, comunque anche i tuoi jeans ti fanno il pacco più grosso o sbaglio? – gli risposi a tono mettendolo in difficoltà.
- ehi, non ti fermerai mica solamente al mio pacco? – chiese lui facendo il finto offeso.
- tu ti sei fermato solamente alle mie tette – gli rinfacciai.
- ok, colpa mia, scusa – rispose lui sorridendo ed alzando le mani in segno di sconfitta.
- perdonato – gli dissi sorridendo. Ed intanto mi prese sotto il suo braccio sinistro ed iniziammo a camminare.
- allora dove mi porti? – gli domandai io curiosa.
- è un segreto – rispose lui.
- ma ci sarà tanto da camminare ancora? – domandai.
- un pochino, perché? – chiese lui poi a sua volta.
- perché ho i tacchi – gli risposi.
- ah, ecco perché mi sembravi più alta – disse lui.
- comunque non preoccuparti, che siamo quasi arrivati – continuò. Intanto stavamo ancora continuando a camminare, io ero stretta a lui, sotto al suo braccio, era bellissima come sensazione e poi lui era fantastico e anche quella sera era tutto fantastico.
CAPITOLO 20.
RENATA.
Io e Marco continuavamo a camminare abbracciati l’uno all’altra, passammo attraverso il parco della città, io non ero mai stata al di la, so che c’era un fiume dopo al parco e poi non sapevo niente. Il parco era costeggiato da albero, alcuni sempreverdi e altre invece che perdevano le foglie e d in questo caso le avevano già perse o ne avevano poche visto che ormai eravamo in pieno autunno. Lungo il sentiero del parco erano disseminate varie panchine ed ogni tanto quelle il legno con il tavolo incorporato. Poi c’erano anche le altalene, lo scivolo giallo. Tutto in quel parco sembrava magico, poi specialmente adesso che era tutto e che fra le varie foglie negli alberi che stavano cadendo e quelle ancora attaccate, e la distesa di foglie per terra formavano un tappeto di colori meraviglioso: giallo, arancione, rosso, viola, marrone, verde. Poi al nostro passaggio le foglie che cadevano erano spettacolari, sembravano dei fiocchi di neve, intanto con la mia mente me lo stavo immaginando d’inverno con la neve. Continuammo a camminare ed oltrepassammo il parco, cera la fila di alberi dove dietro sentivo il rumore dell’acqua del fiume. Attraversammo un ponte di legno dove si vedeva sotto l’acqua scorrere. Mi staccai da Marco e corsi vicino alla ringhiera del ponte per vedere sotto l’acqua che passava. Lui mi guardo sorridendo.
- comunque siamo arrivati – disse.
Davanti a noi al di la del ponte c’era un ristorante, era piccolo e non c’era molta gente però era carino. Entrammo e notai infatti che non c’era quasi nessuno. Marco camminava deciso ed io lo seguivo arrivammo in una terrazza aperta con intorno nella ringhiera i fiori e a centro c’era un tavolo già preparato con il cartellino e il nome: Pedretti. Aveva fatto riservare il tavolo e a giudicare da com’era dentro il ristorante direi che quello era proprio il tavolo più bello. Mi affacciai alla ringhiera anche qua per vedere sotto l’acqua del fiume che scorreva. Nel muro di sotto c’era l’edera rampicante che saliva su e arrivava fino alla ringhiera dove c’erano altri vasi di fiori. Alcuni erano degli ibischi che io li adoravo, tre ibischi gialli, uno rosa e uno rosso e poi altri fiori che non mi interessava sapere. La terrazza non era enorme, era abbastanza piccolina però non importa il dove ma con chi e comunque a me piaceva. Sul tavolo c’erano la tovaglia bianca, i due piatti, le forchette, il cucchiaio, il coltello, due tovaglioli, il bicchiere basso normale e il calice. In mezzo c’era il cesto del pane e poi l’olio, il sale e il pepe. Anche se c’era il corso d’acqua non penso che ci sarebbero state zanzare, era freddo per loro, niente poteva rovinare questo momento.
- allora ti piace? – domandò Marco.
- è stupendo il posto , e tu sei favoloso – risposi correndo ad abbracciarlo mentre lui stupito sorrideva.
Ci sedemmo nei tavoli ed ordinammo da mangiare, solo una portata, non mi interessava mangiare chissà quanto, il giusto. Nel giro di mezzora arrivò da mangiare e poi finito di mangiare discutemmo del più e del meno.
- perché mi hai portata qua? – gli chiesi.
- perché è un posto speciale, non ci ho mai portato nessuno e tu sei la prima che porto, l’ho scoperto per caso un giorno mentre stavo passeggiando e non avevo niente da fare questa estate, non volevo venirci sempre e infatti stavo aspettando un occasione speciale per poter venir qua, e direi che l’ho trovata – spiegò.
- che cosa dolce, io non mi sono mai spinta più in la del parco, sapevo che c’era qua il torrente ma non ero mai andata oltre, avevo visto così vagamente di sfuggita solo il ponte ma anche neanche – dissi.
- comunque ora che siamo qua ne approfitto per dirti quello a cui era destinato questa serata – disse lui.
- ti ho portata qua per dirti che sono veramente dispiaciuto di quello che ho fatto e di quello che è successo circa un mese e mezzo fa, sono stato un co.glione, un vero stupido e per questo volevo chiederti scusa per tutto – ammise.
- hai fatto tutto questo solo per chiedermi scusa? – gli domandai.
- si – rispose lui.
- comunque sei perdonato – lo rassicurai. Sembrava veramente pentito e secondo me lo era veramente.
- e mi dispiace che Silvia ti abbia fatto cornuto – gli dissi un po’ sorridendo perché mi faceva ridere quella parola.
- ti dirò che onestamente ha fatto proprio bene, mi serviva una bella lezione per imparare chi avevo davvero davanti, e adesso l’ho capito – rispose lui.
- sono felice che tu abbia imparato la lezione – dissi guardandolo. Era proprio dolce e anche tenero. Poi aveva fatto tutto questo solo per chiedermi scusa, mai nessun ragazzo lo aveva fatto nei miei diciassette anni di vita e mi sa proprio che non avrei potuto aspettarmi una cosa del genere mai da nessun altro, ma neanche lontanamente la sorpresa più bella che in un futuro avrebbero potuto farmi, avrebbe superato d’intensità quel momento. Era stato speciale, era stato tutto perfetto.
- comunque il conto ce lo dividiamo a metà – ipotizzai.
- ma ti pare, pago tutto io – rispose lei.
- ma no dai, dovrei contribuire anch’io – dissi.
- l’ho fatto per farmi perdonare e per chiederti scusa quindi il conto lo pago io, la cena te la offro io – finii.
Finito di parlare decidemmo di andare a fare un a passeggiata per il parco. Ci alzammo, lui pagò il conto da vero gentleman e poi uscimmo, erano ormai le nove e mezza ed era già buio pesto. Non dico che avevo paura del buio certo però che faceva sempre un certo effetto il parco al buio. Attraversammo il ponte e ritornammo dalla parte di la del parco, grazie al cielo che c’erano dei lampioni ogni tanto. Improvvisamente sentii un rumore, come un ramo caduto a terra che veniva calpestato e mi strinsi a Marco ritornando sotto il suo braccio sinistro.
- ehi piccola, mica avrai paura? – mi chiese lui.
- no che non ho paura – risposi.
- ma stai tremando – constatò lui.
- è perché è freddo e comunque non c’è nulla di male, è un parco, è buio, e poi non si sa mai chi si può trovare in giro – affermai.
- quindi hai paura? – continuò.
- va bene ho paura, cosa ce di male? – dissi.
- non ce nulla di male e poi volevo ricordarti che ci sono qua io a proteggerti e che nessuno ti farà del male o ti toccherà finche ci sarò qua io – mi rassicurò lui.
- che dolce che sei – gli dissi.
- figurati, è il mio dovere – mi rispose sorridendo. Intanto io gli presi con la mano sinistra il mento e gli diedi un bacio sulla sua guancia sinistra mentre lui continuava a sorridere. Continuammo a camminare per il parco abbracciati mentre io giocherellavo con la sua cravatta tirandogliela di qua e di la e lui ovviamente mi lasciava fare senza dire nulla. Ogni tanto parlavamo di qualcosa. Mi riaccompagnò a casa quella serata finii piacevolmente. Arrivati davanti casa mia ci salutammo, lui prima di ripartire si assicurò che io fossi dentro al sicuro. Prima di chiudere la porta lo salutai dandogli nuovamente un bacio sulla sua guancia destra e lo abbracciai. Per tutta la serata avevamo parlato insieme, eravamo stati bene insieme e altra cosa che ho notato non aveva mai provato a baciarmi o palparmi: era stato veramente un gentleman. Infondo doveva farsi perdonare e per non rovinare tutto aveva mantenuto le giuste distanze e a me era piaciuta un sacco quella serata. Mi sentivo al sicuro e protetta dal resto del mondo quando stavo con lui. Io ero sempre più sicura che lui era quello giusto per me. Quando fui dentro casa lo guardai mentre si allontanava con le mani in tasca fino a quando di lui non restò solo che l’ombra. Io salii al piano di sopra, entrai in camera mia e mi tolsi il vestito viola buttandolo sulla sedia della scrivania che portava i vestiti. Dopo di che mi buttai come un sacco di patate nel letto sotto alle coperte e mi addormentai proprio felice con il sorriso sulle labbra.
rieccomi, buongiorno a tutti e grazie delle visite e dei commenti. si continua...
CAPITOLO 21.
DANI.
Era martedì 26 novembre e come tutti i giorni renata ed io stavamo andando a scuola e nel tragitto stavamo parlando del più e del meno, grazie al cielo non era qualcosa che riguardava Marco. In questi due giorni aveva continuato solo a parlare di Marco e dell’appuntamento di sabato sera sia a me che a Serena. Si vedeva che era cotta e innamorata. Stavamo parlando dei compiti.
- comunque prima che inizi la lezione durante l’intervallo me li fai copiare? – le chiesi.
Renata aveva uno sguardo sognante, penso proprio che nemmeno mi aveva ascoltato.
- Renata – la chiamai mentre lei ritornava tra di noi.
- si? – chiese lei.
- ti stavo dicendo che mi devi far copiare i compiti – continuai.
- si va bene – disse lei.
- non starai ancora pensando a lui? – domandai.
- si – ammise diventando rossa come i capelli.
- e che sono felice di tutto, adesso voglio uscire di nuovo con lui, voglio rivederlo – continuò lei.
- comunque tu non fare niente, deve essere lui a chiederti di uscire nuovamente, tu non devi fare niente, sarà lui a fare tutto se ci tiene a te – le dissi.
- va bene – rispose lei. Ritornando a me invece c’era una cosa che era da un po’ che volevo fare, che volevo sapere per approfondire e capire di più. Stavolta ci sarei riuscito, sarebbe stata la volta buona, me lo sentivo. Decisi di prendere la parola.
- comunque forse dopo chiedo a Camilla di uscire – dissi.
- oddio, ma è fantastico – mi rispose lei.
- si, vediamo che mi dice – continuai.
- sicuramente ti dirà di si, e se non può vi metterete d’accordo per un’altra volta, ne sono certa, in ogni caso andrà bene- esclamò.
- speriamo – risposi.
Entrammo nel cortile della scuola e ci dirigemmo verso l’atrio, salimmo le scale ed entrammo in aula, era ancora presto così prima che arrivasse anima viva copiai i compiti da Renata. Finii di copiare i compiti poco prima dell’arrivo del professore che iniziò subito la lezione. Durante quelle ore di lezione non ascoltai nemmeno una parola, continuavo a pensare a Camilla e alla sua possibile risposta alla mia richiesta. Volevo fosse un si ad ogni costo, volevo avere un contatto in più con lei delle semplici chiacchiere qua a scuola e in giro così. Finalmente dopo tre ore di rottura suonò l’intervallo e con calma scesi le scale per andare nel cortile. Renata si aggregò a Serena a metà scale ed io continuai la mia corsa verso il solito posto dove stavamo sempre io e Camilla. Arrivato in fondo mi fermai, lei era sempre la come al solito seduta sulla muretta ad aspettarmi. Ripresi a camminare però stavolta con più calma e tranquillità, intanto pensavo e vedevo scorrermi tutta la vita davanti anche se in effetti era un po’ ridicolo, visto che dovevo solo chiederle di uscire e c’erano cose ben peggiori a questo mondo.
- ciao scemo – mi salutò lei sorridendo.
- ciao – la salutai io sorridendo, ero di un insolita felicità.
Lei era seduta sulla muretta con le gambe accavallate mentre io mi appoggiai rimanendo in piedi, lei era a sinistra ed io a destra. Quello era il momento giusto e non me lo sarei lasciato sfuggire.
- volevo chiederti una cosa – iniziai.
- si dimmi – disse lei.
- sabato questo, il trenta, ti andrebbe di uscire insieme? – le domandai.
- certo, alla sera o al pomeriggio? – chiese lei.
- alla sera se ti va – le risposi.
- per me è perfetto, anzi, se a te sta bene puoi venire a casa mia, ci guardiamo un film e poi dormi li, tanto posto ce n’è – propose lei.
- perfetto, a che ora? – chiesi io stavolta.
- vieni alle otto e mezza – mi rispose lei.
- e devo portarmi pure il pigiama? – domandai ancora un po' perplesso.
- certo scemo, sennò con cosa dormi – mi rispose lei ridendo.
- in effetti – finii sorridendo anch’io.
- dai siediti – mi invitò lei a sedermi anch’io sul muretto.
- no no grazie, sto bene in piedi – risposi.
- e poi dopo devo stare per altre due ore seduto – continuai.
- questo è vero – esclamò lei alzandosi.
- comunque mi fa piacere avere trovato un amico speciale come te – mi disse avvicinandosi. Diventava sempre più vicina e il mio cuore continuava sempre a battere più forte, era come un tonfo ormai, sembrava un tamburo. I suoi occhi meravigliosi ed espressivi che mi guardavano, adoravo come mi guardava, come sorrideva e come mi faceva sorridere. Venne vicino a me e mi abbracciò appoggiando la sua testa sulla mia spalla destra. Poi prese con la sua mano destra la mia faccia dandomi un leggero schiaffo nella guancia sinistra per dopo darmi un bacio sulla guancia destra. Io rimasi li con la bocca leggermente aperta tipo un ebete mentre lei sorrideva.
- comunque ora vado prima che finisca la pausa – disse lei.
- certo – risposi.
- ci vediamo sabato – mi disse allontanandosi.
- certo, a sabato – risposi.
- e ricordati il pigiama – finii lei.
- non me lo dimenticherò – le risposi.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao – la salutai infine io.
Tornai in classe e renata mi guardò scrutandomi dalla testa ai piedi. Era la mia migliore amica e lo vedeva che c’era qualcosa di strano in me. Quel qualcosa di strano era la felicità che avevo in corpo per via dell’uscita di sabato con Camilla. Anzi più che uscita stavamo semplicemente a casa sua, ma eravamo da soli e potevamo parlare. Tornando a casa raccontai a renata del tutto e lei non fu molto sorpresa del fatto che fosse andato tutto bene, per me però era strano. Così finii quella giornata.
buonasera a tutti e rieccomi, finalmente ho ritrovato l'ispirazione, purtroppo mi si è rotto il computer vecchio ed è stato riparato ma lo stesso non va, nel frattempo è pure arrivato un computer nuovo che nessuno è in grado di usare qua in casa e siamo messi apposto.
vi lascio qua alcuni capitoli siccome è circa da due mesi che non postavo. alcuni li avevo già scritti tempo fà ma stasera mi è arrivata l'ispirazione e sono andato avanti. più che l'ispirazione diciamo che di fantasia ne ho molta, solo che mi manca la voglia di buttare giù il tutto su un documento ma ora ecco il continuo. li metto qua così so che sono al sicuro sempre meglio del computer che non si sa mai che scherzi possa farmi.
grazie a chi leggerà ancora.
CAPITOLO 22.
RENATA.
Era venerdì 29 novembre e come ogni venerdì mattina ero a scuola. Ero scesa giù insieme a Serena per l’intervallo e stavamo parlando del più e del meno quando qualcuno fece irruzione nel nostro spazio vitale. Silvia ci venne davanti ed era abbracciata con Carmine.
- allora come va? – ci chiese.
- sparisci dalla mia vista – le ordinò Serena.
- tu non ti rivolgi a me così – disse Silvia.
- io mi rivolgo a te come caz.zo mi pare – ribatté Serena.
- comunque vedo che hai trovato una nuova compagna, hai lasciato tu Camilla, oppure lei è passata all’altra sponda – continuò Silvia stuzzicando Serena. Serena si alzò inviperita guardando Silvia e non distogliendo mai lo sguardo da lei. Sentivo che era parecchio incaz.zata. Anche Silvia la guadava con uno guardo di sfida.
- guarda che non mi fai paura – disse Silvia.
- nemmeno tu a me – rispose Serena. Fu un secondo che si saltarono addosso ed iniziarono ad azzuffarsi. Sembravano due gatti che litigavano per il territorio e nessuno dei due voleva cedere. Io e Carmine eravamo li in disparte che guardavamo quella scena di violenza animale. In quel momento arrivarono anche Marco ed il suo amico: Ivan. Arrivarono anche le sue due amiche di Silvia delle quali neanche sapevo il nome, una era alta con i capelli castani mentre l’altra era bassa, normale tipo come Serena ed aveva i capelli neri. Anche loro si misero li con noi a guardare la scena.
- non sarebbe il caso di dividerle? – propose Carmine.
- no no, lasciaci godere ancora un po’ la scena – rispose l’amica di Silvia, quella alta. Incredibile come le sue due amiche si godevano a vedere la scena: Serena che picchiava Silvia. Dicevo così perché per quanto Silvia possa sembrare forte a parole non lo è altrettanto a fatti e Serena la stava mettendo sotto. In quel momento stanche di starsene li le sue due amiche se ne andarono. In quel momento sentimmo una voce che ci diceva di smettere: era il preside. Silvia e Serena smisero di menarsi e ritornarono composte alzandosi da terra con tutti i capelli arruffati.
- allora, cosa sta succedendo qui? – chiese il preside.
- questa selvaggia mi stava aggredendo – rispose Silvia indicando Serena.
- veramente è stata colpa tua – rispose Serena a tono.
- e voi non avete fatto niente per dividerle? – domandò poi guardando verso me, Marco, Carmine ed Ivan.
- molto male tutti quanti – affermò poi.
- cosa potevamo fare? Se ci immischiavano facevamo peggio – tentò di protestare Carmine.
-esatto – disse Marco stando dalla sua parte.
- comunque domani pomeriggio vi voglio tutti qui – disse il preside.
- ma è sabato – ricordò Serena.
- non mi interessa, mi ridipingerete l’atrio – disse il preside.
- che cosa? – domandò Serena.
- si, hai capito bene, tutti voi dipingerete l’atrio della scuola domani pomeriggio che non c’è nessuno – affermò il preside indicando Serena, Marco, Carmine, Ivan ed io.
- tu no ovviamente – disse rivolto a Silvia.
- a proposito, stai bene? – continuò il preside.
- si signor preside, sto bene adesso – rispose Silvia mentre si allontanava con il preside.
- a che ora dobbiamo essere qui? – domandò Carmine.
- per le due - rispose il preside.
Tutti quanti ci girammo a guardare male Carmine e serena.
All’una quando ritornai a casa raccontai di tutta la vicenda a Dani che era quasi incredulo. Quella giornata finii e ben presto iniziò sabato 30 novembre. Per Dani sarebbe stata una giornata di divertimento perché avrebbe visto Camilla ma non per me, io oggi dovevo dipinger l’atrio della mia suola per colpa di quella baldracca bionda di Silvia che come sempre ci stava rovinando la vita. La cosa che più mi scocciava era il fatto che la persona che aveva più colpe di tutti cioè lei se ne stava a casa calma e tranquilla senza fare nulla e senza nessuna preoccupazione mentre ci toccava a noi dipingere l’atrio. Carmine e Serena ne avevano un po’ di colpe ma Marco, Ivan ed io non c’entravamo proprio nulla e le due amiche di Silvia si erano salvate per un soffio. Arrivammo tutti quanti la per le due. Io avevo i capelli legati con una coda alta e lo stesso Serena, mentre Marco che aveva anche lui i capelli lunghi aveva una fascetta che glieli teneva lontani dal viso. Quel suo dolce viso angelico che da un po’ di tempo illuminava ogni mia giornata. Ci salutammo tutti quanti ed entrammo, il preside non c’era nemmeno però c’era la bidella che ci mostrò l’atrio da dipingere, a terra c’era già la carta di giornali per non sporcare e ci mostrò i rulli con i quali avremmo dipinto. Sparsi qua è la lungo l parete da dipingere c’erano vari barattoli di vernice bianca. Poi, sempre la bidella, ci consegno delle divise per non sporcarci. Quella mia e di Serena era un salopette bianca, mentre quella per i ragazzi era la stessa salopette versione blu di jeans. Iniziammo così a dipingere, nessun fiatava. Verso le quattro già buona parte dell’atrio era stata fatta. Dipingendo con il rullo ci si metteva molto meno, era grande e quindi era tutto facilitato, mancavano però ancora varie pareti prima di finire.
- una delle cose che più mi scoccia maggiormente è che una delle persone che ha più colpe di questa faccenda non è qua con noi a lavorare– disse ad un tratto Serena.
- forse perché lei è più furba di tutti noi – rispose Carmine.
- furba un caz.zo, sicuramente gliela data pure al preside quella t.r.o.i.a – continuò Serena.
- più furba di te sicuramente – rispose Carmine.
- senti da che pulpito – disse Serena.
- dai, non litigate che prima finiamo e prima ce ne andiamo da qui – disse Ivan.
- si, ha ragione – lo assecondai.
CAPITOLO 23.
MARCO.
- a proposito, ci servono dei nuovi pennelli, questi ormai sono finiti – dissi ad un tratto.
- dovrebbero essercene nell’aula di artistica – rispose Renata.
- ti va di accompagnarmi a prenderli che io non so dove sono? – le domandai.
- certo, comunque nemmeno io so dove sono, li cercheremo – acconsentii lei.
Salimmo le scale per andare all’ultimo piano dov’era l’aula di artistica. L’aula era vuota, nei banchi non c’era nessuno, ci guardammo intorno. In fondo all’aula c’era un mobile con dei cassetti, e di fianco alla cattedra l’armadio di ferro.
- allora, nei cassetti ci sono i disegni quindi no.. – iniziò lei.
- allora saranno sicuramente nell’armadio – finii.
Mi avvicinai all’armadio nel quale c’era già inserita la chiave per aprirlo, la girai ed aprii. Renata guardò da cima a fondo con circospezione ma non c’era niente, solo qualche libro e ancora disegni.
- nello stanzino – disse lei. Uscimmo dall’aula e ci avviammo dentro allo stanzino dove di solito c’era tutto. Lo stanzino era stretto, infondo c’era una finestra e sia a destra che a sinistra lungo le pareti c’erano due scansie che contenevano un po’ di tutto, c’era perfino uno specchio alto come me. Guardando cosi a casaccio in giro vidi dei barattoli di vernice, solitamente se c’è della vernice sicuramente ci saranno pure i pennelli pensai ed infatti c’era il barattolo con dentro tutti i pennelli solo che purtroppo vidi che erano piccoli ed a noi ci servivano il più grossi possibile per finire prima. Non avendo trovato ciò che cercavo ritirai indietro il braccio sbattendo addosso alla scansia. Non mi accorsi però che in una delle mensole sotto c’era, in bilico nel punto più in fuori della mensola che era stracolma, un vaso pieno di acqua con dentro dei pennelli che molto probabilmente erano li che si dovevano pulire. Sbattei addosso alla scansia e feci cadere quel vaso, di colpo senza neanche pensarci afferrai il vaso prima che cadesse a terra e lo bloccai all’altezza della mia vita, salvai il vaso di vetro e i pennelli però tutta l’acqua che c’era dentro si rovesciò sui miei jeans creando l’effetto pisciata addosso. Renata mi guardò ed iniziò a ridere. Mi girai verso lo specchio e mi guardai pure io sorridendo mentre Renata risistemava il vaso con i pennelli. Mi girai verso Renata che stava ancora ridendo.
- eh oh, mi scappava – dissi e intanto lei continuava a ridere. Adoravo vederla felice, poi qualche minuto di svago dopo ore chi dipingevamo ci voleva. Era una gioia per il mio cuore vederla felice e che ero proprio o farla ridere. Lei si ricompose sorridendo.
- forse è meglio che ritorniamo giù, ci staranno aspettando, comunque i pennelli sono qua – disse lei indicandoli proprio sulla mensola opposta alla quale avevo guardato, ed erano pure ben in vista.
- oddio – risposi stupito.
- a volte le cose che cerchiamo sono proprio sotto i nostri occhi ma non ce ne accorgiamo – disse lei.
- o forse sono solo io ad essere scemo – risposi sorridendo e pure lei sorrise.
- può essere – rispose lei mi bloccava il mento con la sua mano destra e baciava la mia guancia destra. Io ovviamente non feci nulla e la lasciai fare, adoravo quando lo faceva, mi teneva vivo. Speravo veramente un giorno di avere un rapporto felice e duraturo con lei. Ormai era una certezza però eravamo ancora agli inizi e non dovevo correre troppo. Eravamo li, l'uno davanti all’altra, vicinissimi visto che lo stanzino era piccolo è stretto, la sentivo respirare e lei sicuramente sentiva il mio di respiro. Era una così bella sensazione, avrei potuto stare li per ore a guardare quegli occhi e ad ammirare tutta la sua bellezza che anche se non parlava faceva rumore lo stesso.
- dai, andiamo sennò pensano male – disse lei mentre si avviava verso la porta dello stanzino.
- aspetta, dobbiamo pulire l’acqua per terra – le ricordai.
- è vero, grazie al cielo che gran parte e sui tuoi pantaloni – rispose lei sorridendo. Andò nel bagno delle ragazze che era li vicino e prese un moccio con il quale asciugò il pavimento. Finito di pulire riportammo al suo posto il moccio, ovvero Renata riporto il moccio al suo posto visto che era il bagno delle ragazze ed io non potevo entrare. Subito dopo scendemmo le scale e ritornammo in atrio dov’erano gli altri con i pennelli. Tutti quanti mi stavano scrutando sorridendo.
- mi sono rovesciato addosso un vaso d’acqua, state tranquilli – li tranquillizzai mentre ancora sorridevano.
- ah ecco, sarebbe stato grave se alla tua età ti fossi pisciato addosso – esclamò Ivan.
- guarda comunque che c’erano i bagni – disse Carmine.
- ma non mi sono pisciato addosso – esclamai di nuovo mentre tutti ancora ridevano.
Riprendemmo a dipingere e verso le sei e mezza di sera finimmo il lavoro. Il preside venne li e si complimentò.
- allora, non siete felici di aver contribuito allo sviluppo estetico della nostra scuola? – chiese.
- è una delle mie gioie della vita – rispose sarcastica Serena.
- pure della mia – continuò Carmine sarcastico pure lui e il preside li guardo male.
comunque, ora restituite le divise e poi potete andare – comunicò il preside. Restituii la divisa e poi mi tolsi la fascetta dai capelli e me la misi in una delle tasche posteriori dei jeans. Intanto guardai Renata che dopo aver restituito la divisa era andata in bagno e si era lavata le mani e dopo di che si era sciolta i suoi lunghi capelli arancioni. Intanto Serena dopo aver salutato tutti soprattutto Renata se ne era andata, anche Carmine ed Ivan se ne andarono dopo aver salutato me e Renata. Gli ultimi ad andarcene fummo io e lei.
RENATA.
Quel sabato pomeriggio di intenso lavoro era finito grazie al cielo. Tutti se ne erano già andati ed eravamo rimasti solo io e Marco.
- andate pure ragazzi, avete finito – ci esorto il preside come quasi volesse buttarci fuori dai co.glioni. Io e Marco ci guardammo. Erano quasi arrivate le sette di sera.
- Dai che ti riaccompagnò a casa se per te non è un problema – propose lui.
- Figurati, a me fa piacere – risposi e lui sorrise, quel sorriso meraviglioso che ti faceva sciogliere come neve al sole. Ci incamminammo e intanto parlammo del più e del meno. Si notava che era autunno inoltrato e che stava sopraggiungendo l'inverno, prima c'era il sole, ora era buio e c'era pure un vento che mi muoveva fuori i capelli che avevano un leggero boccolo dovuto alla piega dell'elastico per capelli che avevo prima.
Notai durante il tragitto che mentre parlavamo mi guardava spesso, continuava a guardarmi la mia faccia e i miei capelli e sinceramente la cosa non mi dispiaceva. Adoravo essere osservata soprattutto da lui, che guardava i miei capelli meravigliato.
Arrivati davanti a casa lo salutai con un bacio sulla guancia mentre lui sorrideva come un orsetto felice. Entrai e lo vidi sparire. In effetti era strana la sensazione che provavo quando stavo con lui, ero felice ma allo stesso tempo avevo paura di perderlo però non volevo sembrare troppo interessata.
Entrai in casa e sali le scale per andare in camera mia e in quel momento mi ricordai di Dani e del suo appuntamento con Camilla. Erano circa le sette e mezza quando presi il telefono e gli mandai un messaggio con scritto di non preoccuparsi e che tutta sarebbe andato per il meglio in ogni caso. Dopo aver mandato il messaggio gettai via il telefono sulla scrivania e mi sdraia nel letto.
Mi tolsi con calma i vestiti ed andai a farmi la doccia mentre i miei erano di sotto che cucinavano. Dopo la doccia mi asciugai ed andai a mangiare infine passai la serata guardando un film dopo l'altro ma con la mente pensavo sempre a Marco ed ogni tanto lasciavo qualche spazio a Dani e al suo appuntamento ma ero sicura che sarebbe andato per il meglio.
CAPITOLO 24.
DANI.
Verso le sette e mezza Renata mi aveva mandato un messaggio con scritto di non preoccuparmi e che tutti sarebbe andato per il meglio in ogni caso. Sarà ma io ero un pò agitato lo stesso. Dovevo essere da Camilla alle otto e mezza, avevo appena finito di farmi la doccia e mi stavo vestendo. Decisi di indossare un paio di jeans blu semplici e una maglietta bianca a righe blu scure. Presi il pigiama come aveva detto Camilla e lo misi in una borsa e presi anche il dentifricio e lo spazzolino da denti per il mattino dopo. Non avevo idea su cosa spettarmi da quella serata, sarebbe stato tipo un appuntamento barra pigiama party a due. L'ansia stava prendendo il sopravvento anche se Camilla la conoscevo da circa tre settimane, tra un pò quasi un mese. Ma nonostante ciò quando stavo in sua compagnia ero strano, ma era una bella sensazione quella che provavo. Ormai si erano fatte le otto e mi feci accompagnare davanti casa sua dai miei. La macchina passò oltre ed io mi avviai per il vialetto fino ad arrivare davanti alla porta. Suonai il campanello e venne ad aprirmi lei meravigliosa come non mai.
- ciao, benvenuto, prego entra – mi invitò lei ad entrare.
- ciao, permesso – risposi mentre varcavo l'entrata di casa sua. La sua casa era enorme e magnifica, piena di oggetti lussuosi e di quadro, era in stile antico con le colonne romani che sostenevano il portico davanti la porta di casa ed un giardino grande anche quello con la siepe lungo il vialetto. Guardai lei, aveva i capelli lunghi sciolti ed indossava un pigiama rosa confetto che faceva contrasto con i suoi capelli neri blu. Il pigiama comprendeva una maglietta a maniche corte leggermente scollata a v sul davanti e dei pantaloncini molto, molto corti. Lei notò che la stavo guardando e sorrise.
- Non ti dispiace vero se io ho già il pigiama per stare comoda? - mi chiese.
- No no, figurati – le risposi.
- A proposito, tu lo hai portato? - continuò a chiedermi.
- Si – le risposi.
- Ora seguimi – disse lei incamminandosi e salendo la lunga gradinata di casa sua che portava al piano superiore, sembrava un castello, non una casa. Mentre salimmo le scale mi spiegò che era da sola a casa, i suoi genitori stavano via qualche fine settimana ogni tanto a causa del lavoro. Entrammo in camera sua che era tutta sui toni del rosa e del viola. Aveva un letto matrimoniale enorme con il baldacchino e le tende che scendevano giù. Davanti al letto c'era una televisione al plasma gigante. Lei si accomodò sul letto prendendo il telecomando e poi mi guardò.
- Allora, hai qualche idea su che film guardare? - mi chiese.
- Sinceramente no – le risposi.
- Ho in dvd uno nuovo dell'orrore, ti va di vederlo? - mi chiese.
- Certo – le risposi.
- Perfetto, così se mi spavento uso te come cuscino – disse alzandosi e avvicinandosi alla tv.
- Ora buttati sul letto e mettiti comodo – mi ordinò lei scherzosamente.
- Agli ordini – risposi togliendomi le scarpe e sdraiandomi sul letto. Lei prese il dvd e lo attaccò, dopo di che accese la tv e si sistemò pure lei nel letto con il telecomando in mano. Io era a sinistra e lei era a destra. Notai che a sinistra della stanza dalla mia parte del letto c'era una finestra più grande del normale sempre con le tende rosa che guardava sul giardino.
- A proposito, ma io resto così o mi metto il pigiama? - chiesi guardandola.
- No no, resta pure così – disse lei guardandomi dalla testa ai piedi. Accese con il telecomando il dvd ed il film iniziò. Durante il film senza accorgercene ci eravamo avvicinati sempre di più l'uno all'altra. Quando il film finii notai che lei aveva la testa sul mio petto ed eravamo quasi abbracciati. Il film ogni tanto ci aveva fatto prendere qualche spavento con qualche colpo di sorpresa ma era stato abbastanza tranquillo, c'era di meglio come c'era di peggio. Camilla si alzo e rimise il dvd nella custodia e spense la tv. Il film era durato circa due ore ed erano circa le dieci e mezza. Camilla si sedette nel letto e mi guardò curiosa.
- Che cosa vogliamo fare? - mi chiese.
- Non lo so, decidi tu – le risposi affidando a lei la responsabilità.
- Ti va di giocare a verità o pegno? - mi chiese.
- Certo – le risposi.
- Allora io ti faccio una domanda e tu devi rispondere sincero e se non vuoi rispondere ti tocca il pegno, facciamo una a testa – spiegò lei.
- Perfetto – risposi.
- Allora iniziò io, come deve essere la tua ragazza ideale? - mi chiese. Ero abbastanza imbarazzato.
- Beh, deve essere dolce, carina ed un pò particolare come me, deve essere anche interessante e affascinante e talvolta misteriosa, non deve essere appiccicosa e frivola, e magari anche un pò per le sue, sulle nuvole – le risposi con sincerità. In quel momento mi resi conto che stavo descrivendo lei. Che figure che faccio.
- Bene tocca a te – disse.
- Vediamo, come deve essere invece il tuo ragazzo ideale? - le chiesi, non sapendo cosa domandarle esattamente le rigirai la mia domanda.
- Allora, deve essere dolce, simpatico, divertente e un pò scemo, deve saper stare allo scherzo e mi deve far divertire, poi deve essere particolare e stravagante per le sue, deve difendermi e proteggermi e deve dimostrarmi che ci tiene a me sul serio, deve trattarmi come se fossi l'unica al mondo, come una principessa – rispose lei.
- Con questa reggia come casa sei già una principessa – esclamai sorridendo e facendola ridere.
- Scemo – mi rispose lei ridendo. Ero felice di vederla felice e di vederla ridere e sorridere, ogni suo sorriso faceva sorridere pure me.
- Passando a domande diverse preferisci di più la doccia o la vasca da bagno? - domandò lei.
- Doccia, è più veloce e comoda – risposi.
- Dopo allora quando andrai in bagno perchè prima o poi so che ti occorrerà di andare guarda bene la vasca da bagno idromassaggio che c'è – disse lei.
- Non ti faccio nemmeno la domanda perchè credo di aver già capito che tu invece preferisci la vasca da bagno – dissi.
- Esatto – mi confermò.
- Anche se spesso faccio la doccia per fare prima – continuò lei. Adesso toccava a me con la domanda.
- Che lavoro fanno i tuoi? - le domandai. Dopo di che pure lei mi domandò il lavoro dei miei. Continuammo cosi su domande generiche per un pò fino quando le domande normali cominciarono ad esaurirsi.
- Ti piacciono di più le bionde o le more? - mi domandò lei.
- Ti dirò che mi son sempre piaciute le bionde ma ultimamente sto rivalutando le more – le risposi. Se ci fosse stata qua Renata avrebbe brontolato domandandosi dove sono finite le rosse.
- E a te piacciono di più i biondi o i mori? - le chiesi io.
- Mi sono sempre piaciuti i mori ma ultimamente sto rivalutando i biondi – rispose lei.
- Che cos'hai sotto al pigiama? - domandai malizioso.
- L'intimo normale – rispose lei perplessa.
- Tu invece indossi gli slip o i boxer? - mi domandò lei stavolta maliziosa.
- Boxer – risposi imbarazzato. La conversazione stava diventando leggermente piccante e mi resi conto che ero stato proprio io a portarla su questa direzione. Eravamo entrambi in difficoltà e rossi ed accaldati in volto. L'emozione stava prendendo il sopravvento. Erano quasi le undici e mezza di sera ed entrambi eravamo stanchi ma allo stesso tempo molto lucidi nonostante tutto.
- Che cosa pensi di me? - mi domandò lei. Oddio, che domanda brutta e difficile. Non perchè lei sia brutta ma perchè avevo paura di fare brutte figure io. Ad essere sinceri la adoravo, sia come carattere che fisicamente, il suo atteggiamento e il suo modo di fare, era perfetta.
- Posso fare il pegno – chiesi. Lei mi guardò perplessa.
- È così brutto quel che pensi di me? - domandò.
- No, ma è difficile - le risposi.
- Va bene, come pegno fai dieci flessioni – annunciò lei. Scesi dal letto e mi piegai iniziando a fare le dieci flessioni del pegno. Quando finii mi rialzai e mi risedetti sul letto con le gambe aperte e Camilla mi si avvicinò e si sedette pure lei con le gambe accavallate.
- E tu invece che cosa pensi di me? - le domandai io. Lei era un pò rossa e abbastanza imbarazzata.
- Beh, sei dolce, sei scemo, mi fai divertire e pure ridere a volte, ma in senso buono, sei stravagante e quando sono con te mi sento una principessa, poi sopporti tutte le mie stranezze – rispose lei sinceramente. In quel momento venne sempre più vicina, mi prese con la mano il volte e mi bacio a stampo, non ebbi nemmeno la forza di reagire a ciò che stava succedendo. Ero felice ed euforico però ero anche imbarazzato come non so cosa. Lei dopo quel bacio a stampo tornò indietro timidamente e un pò sconsolata rimettendosi apposto.
- Comunque tu sei perfetta e non hai stranezze, sei la mia principessa – dissi guardandola. Stavolta presi io l'iniziativa e la baciai. Presi il suo viso con la mia mano e ci avvicinammo baciandoci con passione con la lingua, un vero bacio, un signor bacio.
CAPITOLO 25.
DANI.
Mi svegliai stranito, pieno di sonno ma tutto sommato felice, oggi non c'era la sveglia e si poteva rimanere a letto quanto si voleva, era domenica. Domenica 1 dicembre. Guardai l'orologio e vidi che erano le otto e mezza. Ma si, restiamo ancora un pò qua a dormire, si sta così bene qua al calduccio nel lettone. Dico lettone per via della sua immensità, e pure le tende intorno c'erano. Mi guardai intorno e pensai a ieri sera, era stato tutto molto bello, il bacio con Camilla, il primo dato da lei durante il quale non ho avuto neanche la forza di reagire e sono stato li impalato come un idiota. Ed il secondo dato da me, al quale abbiamo partecipato tutti e due. Un vero bacio che neanche migliori film. Ho sempre creduto molto nell'amicizia tra maschio e femmina e la mia amicizia che ormai dura da anni con Renata ne è la prova però stavolta ho provato qualcosa in più rispetto alla semplice amicizia per Camilla. Stavolta, non ne ero sicuro perché era ancora strana la situazione e dovevo ancora elaborare il tutto, ma forse ero innamorato di lei, provavo dei sentimenti verso di lei, altri sentimenti. Era tutto complesso e difficile da spiegare ed erano solo le otto e mezza di mattina, non era il momento di ragionare, era solo il tempo di godersi quel momento e quegli attimi. Eravamo a letto e lei era alla mia destra che aveva la testa appoggiata sul mio petto ed era completamente sommersa dalla coperta rosa, spuntavano fuori solo i suoi capelli mentre io sbucavo fuori con le spalle e con la testa che era appoggiata al cuscino. Cercai di svegliarmi e di essere un pò lucido e vidi la borsa che conteneva il pigiama sulla maniglia della porta della stanza. Feci un breve ragionamento. Se il pigiama è la io con cosa sto dormendo. Non sarò mica andato a dormire in boxer solamente. Scesi giù tra le coperte le lenzuola con la mano sinistra e iniziai a tastare, ero a petto nudo però indossavo ancora i jeans. Guardai intorno nella stanza per cercare di vedere se trovavo la mie cose. Vidi sullo schienale di una sedia la mia maglietta bianca a righe e poco più sotto quella bianca normale. Inoltre sulla sedia c'era anche la mia cintura. Perfetto, ora avevo trovato tutto. In quel momento vidi la massa di capelli di fianco a me muoversi, sentii una mano accarezzarmi il petto e salire sempre più in su. Sorrisi ed improvvisamente Camilla sbuco fuori dalle lenzuola ed appoggio la testa sulla mia spalla destra mettendosi comoda.
- buongiorno principessa – la salutai.
- buongiorno – mi saluto lei sorridendo.
- Come hai passato la notte? - le domandai.
- Meravigliosamente grazie a te – mi rispose.
- Ora io vado in bagno a lavarmi i denti e poi scendo giù a preparare la colazione mentre tu stai qua e intanto ti prepari – ordinò lei.
- Va bene capo – le risposi dolcemente mentre lei si alzava dal letto. Entro nel bagno e si lavò i denti e poi ritornò in camera. Tirò la tenda che c'era davanti al letto.
- Tiro un secondo qua la tenda così mi cambio e tu non mi vedi – spiegò lei.
- Ok – risposi leggermente imbarazzato al pensiero che lei al di là della tenda si stava cambiando e molto probabilmente era già in intimo. Avevo visto spesso Renata in intimo quando si doveva cambiare per uscire ed io la aiutavo con lo scegliersi i vestiti, ma ora era diversa la cosa. Renata non mi faceva lo stesso effetto che mi fà Camilla, Camilla è molto più che la mia migliore amica, è qualcosa di più. Tirò la tenda e la vidi con indosso la mia maglia.
- Non ti dispiace vero se prendo la tua maglia? - mi chiese.
- no no, figurati – le risposi rosso in faccia.
- perfetto, fa freddo ma non voglio vestirmi, così resto qua in pigiama e tendo sopra la tua maglia che mi scalda – disse lei.
- cosa vuoi per colazione, tè? Caffè? - mi chiese.
- forse caffè così mi sveglio fuori – risposi.
- bene, tra dieci minuti sarà pronto, vieni giù – mi disse uscendo dalla stanza. Mi alzai con il rumore dei suoi passi che scendevano le scale e inizia a raggruppare le mie cose. Le scarpe erano ancora vicino al letto. Andai in bagno e come aveva detto ieri sera guardai la vasca da bagno, era enorme, sembrava un mini piscina dentro casa. Dopo aver finito con il bagno ritornai in camera sua, presi dalla sedia la cintura, la infilai nei passanti la allacciai. Indossai la maglietta bianca da sotto e poi mi infilai le scarpe. Raggruppai lo spazzolino da denti, dentifricio e li misi nella borsa del pigiama che non era neanche stato usato. Finito questo scesi giù e raggiunsi Camilla in cucina. Lei era seduta e sulla tavola dalla parte sinistra opposta alla sua c'era un caffè che molto probabilmente era per me mentre davanti a lei su una tazza verde del tè. Mi sedetti sulla tavola e bevemmo il tutto, intanto passò il tempo e arrivarono le nove e mezza.
- a proposito a che ora hai detto ai tuoi che ti vengano a prendere? - mi domandò lei.
- nessun'ora, quando voglio torno a casa a piedi – le risposi.
- ok – mi rispose mentre mi guardava sorridendo e pure io non potevo fare a meno di sorridere guardandola. L'atmosfera era quasi magica, era come se il tempo d'improvviso si fosse fermato e c'eravamo solo noi. Finita la colazione ritornammo in camera sua che dovevo prendere la borsa con le mie cose e lei mi restituii la maglia che indossai subito, anche perché sarei sembrato un pir.la ad andare in giro in maniche corte a dicembre. Ci salutammo e prima di andarcene lei mi si avvicino e mi diede un bacio a stampo sulla bocca. La salutai e ritornai a casa a riportare le mie cose e pranzai. Intanto scrissi a Renata nel frattempo durante il tragitto verso casa e le chiesi se al pomeriggio potevo andare a casa sua per raccontarle il tutto e mi rispose di si, che non vedeva l'ora di sapere i dettagli. Al pomeriggio mi ritrovai a casa della mia migliore amica e parlammo della serata e del suo pomeriggio a scuola a ridipingere l'atrio. Finii quella domenica e verso le sei di sera salutai pure Renata e torni a casa mia. La prima giornata di dicembre era finita e già mi mancava il sole e l'estate. Era triste vedere che era già buio alle quattro e che le giornate si accorciavano a vista d'occhio.
CAPITOLO 26.
RENATA.
Dicembre era iniziato. Ero felicissima per il fatto che a Dani stessero andando bene le cose tra lui e Camilla, ed anch'io ero felice perché io e Marco stavamo facendo progressi e forse tra un pò eravamo pronti per instaurare una relazione, però avevo un pò di paura. In ogni caso se non me lo avesse chiesto lui glielo avrei chiesto io. Non potevo sempre aspettare gli altri e pure io non volevo sempre darla vinta o affogare i miei bisogni e le mie necessità per la paura di perdere le persone. L'unica pecca era che Serena era sempre in collera a causa di Carmine e di Silvia. Comunque per il resto le cose stavano andando per il meglio, Dani aveva stretto amicizia con Marco, Carmine e Ivan. Inizialmente lo aveva fatto per me per il fatto che sapeva che provavo qualcosa per Marco ma poi si era trovato bene e si frequentavano. Fate conto che si vedeva con loro almeno due volte a settimana e si riunivano tutti a casa di Marco perché effettivamente quanto a dimensione era la più grande. Io e Dani ci vedevano due giorni a settimana e la domenica pomeriggio sempre. Per quanto riguarda la settimana a volte capitava che non ci vedevamo per gli impegni ma la domenica pomeriggio sempre e allora li ci aggiornavamo su tutto. E per il resto del tempo cioè il sabato e quel giorno a settimana che non stava ne con me ne con i ragazzi lo passava insieme a Camilla. Io invece continuavo a frequentarmi con Serena e Camilla e avevo consolidato e legato con loro ancora di più rispetto a prima. Ormai era dicembre inoltrato, era lunedì 16 dicembre ed erano le sette e mezza di mattina e come sempre mi trovavo nel tragitto che andava a scuola insieme a Serena. Erano cambiate alcune abitudini anche se noi come persone non eravamo cambiati, tutti avevamo mantenuto il nostro carattere ed eravamo sempre noi stessi. Ammetto che un po mi mancavano le chiacchierate senza senso con Dani di prima mattina. Cosa poteva venire fuori di mattina che ci si era appena alzati dal letto in effetti. Però tra me e lui il rapporto non era cambiato, ci vedevamo quei tre giorni a settimana ed erano sufficienti per me. Era anche un bene che lui era riuscito a farsi degli amici maschi ed io delle amiche femmine. Tutti questi anni eravamo sempre stati io e lui da soli. Quella mattina mi ero svegliata tranquilla, nel senso, sempre la solita sensazione di euforia estrema quando vedevo o stavo con Marco ma era da un pochino che non succedeva niente, da quel venerdì di fine novembre quando Serena e Silvia avevano litigato. Ormai, dopo aver dipinto l'atrio al posto di qualcun'altro ed essere stata trattata come un oggetto da una persona che credevo di amare, l'avevo già toccato il fondo e peggio di così non poteva andarmi. Guardando il lato positivo toccato il fondo non si poteva far altro che risalire e le cose in effetti da novembre a questa parte mi stavano andando per il meglio. Ero riuscita a riappacificarmi con il ragazzo che mi aveva spezzato il cuore e del quale ero innamorata anche se forse ora come ora non lo volevo ammettere agli altri ma soprattutto a me stessa e forse era proprio cosi; e poi mi ero fatta due nuove amiche, Serena e Camilla, soprattutto Serena che eravamo ancora più unite grazie al fatto che avevamo in comune l'odio verso Silvia, visto che tutti e due i ragazzi che ci piacevano erano stati per più o meno tempo fidanzati con lei. Entrammo a scuola con calma e mentre eravamo nel cortile ci venne incontro Camilla. Io mi dovevo sorbire tutte e due le versioni della storia, quella di Dani e quella di Camilla, visto che tutti e due mi raccontavano della loro relazione, lei come amica e lui come migliore amico. Mentre percorrevamo il cortile vidi dall'altra parte Marco insieme agli altri tre. Lo guardai e notai che anche lui in quel momento mi stava guardando e mi salutò con la mano sorridendo e pure io feci lo stesso. Infine dovetti abbandonare lo sguardo quando entrammo nell'edificio e li lo persi di vista. Entrammo in aula e ci sedemmo nei nostri posti. Iniziò la lezione e durante l'intervallo io e le altre stavamo parlando del più o meno quando vidi Marco venirmi in contro insieme a Dani.
- ciao – ci salutarono loro.
- ciao – li salutammo noi.
- come state? - ci chiese premuroso Marco.
- bene grazie – risposerò Serena e Camilla.
- bene – risposi io sorridendo e guardandolo negli occhi mentre mi sorrideva e mi scrutava.
- devo chiederti una cosa – disse lui.
- dimmi – risposi.
- ti andrebbe venerdì 27 e sabato 28 di venire a casa mia e stare li?, intendo proprio stare insieme, ti porti le tue cose e stiamo li noi due, vieni al venerdì pomeriggio e resti li fino alla domenica mattina – mi chiese lui.
- certo che mi andrebbe, ma come mai questa domanda? - chiesi io a mia volta.
- i miei saranno via in vacanza con i miei zii per la settimana di natale, quindi anche per farmi compagnia e stare un pò insieme – rispose lui.
- che bella cosa, comunque io ci sto – confermai.
- bene, ti aspetterò allora, così passi natale con i tuoi e poi noi ci vediamo dopo – disse lui.
- aspetta, ma tu con chi passerai a natale se i tuoi andranno via? - gli chiesi.
- starò dai miei nonni, non preoccuparti – mi rispose sorridendo.
- quindi allora noi ci vediamo venerdì 27 e sabato 28, ma dormirò anche da te? - domandai.
- certo, quindi portati il pigiama, vari vestiti, spazzolino, dentifricio, i tuoi prodotti di bellezza, qualunque cosa che ti faccia sentire a tuo agio – disse lui premuroso.
- bene – gli risposi.
- beh, ora vi salutiamo allora ragazze – disse Dani.
- ciao – ci salutarono loro.
- ciao – li salutammo noi. Quando furono ben lontani riprendemmo a parlare.
- meglio di così non ti poteva andare – commentò Serena.
- ammetto che ultimamente e stranamente mi stanno andando bene le cose – dissi.
- a proposito, sabato pomeriggio ci vediamo vero? - chiese Serena.
- no, io purtroppo non posso, lo sai che devo uscire con Dani – rispose Camilla.
- dove andate stavolta? - le chiesi.
- andiamo a far compere, ci sono tutti i regali di natale da fare – spiegò lei.
- e tu invece? - Serena guardò me.
- io sono libera, ci possiamo vedere pure – le risposi.
- perfetto, allora ti verrò a prendere a casa tua e ci facciamo un giro al parco – disse Serena.
- ma vuoi fare un giro per modo di dire o per camminare? Così so se mettermi la tutona oppure vestirmi un pò più decentemente – le chiesi.
- facciamo un giro per camminare così intanto parliamo – mi rispose.
- quest'inverno siamo tutte impegnate in effetti – constatò Camilla
- vero, io starò con Marco gli ultimi giorni di dicembre, tu starai con Dani e natale lo passeremo tutte in famiglia – analizzai la situazione.
- e io la solita deficiente senza neanche più la sua migliore amica – disse Serena facendo la faccia da finto cucciolo.
- dai che ci vedremo qualche giorno – le dissi.
- si esatto, appena abbiamo un minuto libero ci scriviamo e ci mettiamo d'accordo – disse Camilla.
- tanto noi ci vediamo sabato – le ricordai.
- vero, nessun'ora, quando ho voglia vengo a prenderti a casa tua – rispose infine Serena. La conversazione si fermò bruscamente quando ci passo davanti per l'ennesima volta Silvia abbracciata a Carmine, sembrava ogni volta lo facesse apposta per far innervosire Serena e mi dispiaceva vedere la mia migliore amica così. Quel momento suonò la fine della pausa e riprendemmo con la testa tra i libri scolastici e anche quella giornata finii. Il pomeriggio era stato noioso, ultimamente li passavo spesso dentro casa e se dovevo vedere qualcuno dei miei amici solitamente lo vedevo dentro casa sua o mia quindi stavo poco all'aria aperta, solo alla mattina il tragitto da casa a scuola e viceversa. Quel pomeriggio avevo studiato un pò e per la maggior parte lo avevo passato dentro casa mentre la mia mente vagava. Volevo che fosse subito venerdì 27 dicembre per stare tutto il tempo con Marco soli io e lui. Beh, ma volevo anche che fosse sabato così uscivo con Serena e parlavamo un pò delle nostre vite. Lei ultimamente mi stava aiutando molto ed io la consolavo per via dei suoi problemi, ci stavamo dando una mano a vicenda. Quel freddo e desolato lunedì di dicembre finii.
CAPITOLO 27.
RENATA.
Quella settimana era passata in fretta, la scuola era finita ed erano iniziate finalmente le vacanze di Natale. Era l'una di sabato 21 dicembre e quel giorno mi aspettava un pomeriggio intenso a parlare con la mia migliore amica degli ultimi mesi cioè Serena. Non sapendo a che ora sarebbe arrivata mi ero già preparata e la stavo aspettando, avevo già indossato la tutona per stare comoda per camminare e il giubbottone con il berretto e la sciarpa erano già pronti per essere indossati. Verso l'uno e mezza sento suonare alla porta e vado ad aprire mi trovo davanti Serena.
- ciao – la salutai.
- ciao – mi salutò lei.
- da un pò che non ci si vede – disse scherzosa visto che c'eravamo viste anche il giorno prima e pure quello prima ancora, praticamente ci vedevamo quasi ogni giorno della settimana.
- un secondo che mi vesto e poi arrivo – le dissi.
- va bene ma muoviti, che qua ci diventa buio alle quattro se vogliamo farci un giretto bello lungo – continuò lei.
- si arrivo, sono pronta – le dissi infilandomi il giubbotto e mettendomi il berretto e la sciarpa. Uscii di casa e chiusi la porta dietro di me. Ci dirigemmo verso il parco e lo attraversammo, camminando lungo il sene del parco passammo per il ponte e vicino intravidi il luogo dove Marco mi aveva portato al nostro primo appuntamento per chiedermi scusa. Iniziammo a camminare per uno dei tanti sentieri di collina. Dove abitavamo c'erano le colline tutto intorno, non era un paese di montagna ma vicino c'erano tanti bei posti di collina. Lungo il sentiero c'era un paesaggio molto suggestivo, quasi tutti gli alberi avevano perso le foglie con l'arrivo dell'inverno, poi c'erano molti sempreverdi, le strade di colline erano magnifiche, sarebbero state ancora più magnifiche con la neve ma non si può avere tutto. Le strade erano rigorosamente di campi e di terra e sassi, non c'era cemento in collina, era un bel paesaggio incontaminato. Durante il nostro cammino parlammo di varie cose.
- allora tra una settimana a quest'ora sarai da Marco – annunciò Serena.
- si, e non vedo l'ora – risposi.
- ma riuscirai ancora a resistergli? - domandò lei.
- certo, non posso cedere – affermai.
- nel senso, per quanto ancora riuscirai a non cedere? - chiese.
- lo so che è difficile perché vorrei dirgli ciò che provo e tante altre cose ma non posso, voglio che sia lui a fare il primo passo giustamente – spiegai.
- hai ragione ma tu non sei molto brava con il tenere nascoste le cose e purtroppo so che parlerai prima o poi – disse lei.
- non è vero – risposi e lei mi guardò male.
- ho molto autocontrollo io – continuai.
- infatti hai dato un pugno a Silvia così perché hai molto autocontrollo e la prima volta che lui ti ha invitata ad uscire sei subito caduta tra le sue braccia – mi rinfacciò Serena.
- ok, forse qualche volta mi lascio un pò andare ma non questa, deve essere lui a chiedermelo, stavolta sarò io a fare la difficile – dissi fiera.
- ti auguro di riuscirci allora – disse sarcastica.
- ma dai, hai così poca fiducia in me? - chiesi facendo la faccia da cucciola e la bocca da papera.
- mi fido di te, ma so che tu cederai come sempre – disse.
- comunque non che tu sia tanto meglio ad aver picchiato Silvia – le rinfacciai io stavolta.
- si lo so, ma mi da su i nervi – disse.
- da su i nervi a tutti quella – risposi.
- poi che odio vederla con Carmine solo così per farmi arrabbiare me, lei non ci tiene lui ma lo fa solo per farmi odio a me – spiegò.
- io l'ho sempre detto che quella non è un essere umano – affermai.
- no, è umana ma è una zoc.cola, e una grandissima t.r.o.i.a – continuò lei.
- cosa vuoi farci, comunque secondo me tu dovresti provarci con Carmine, se non gli dici i tuoi sentimenti lui non si accorgerà mai di te – le dissi.
- finché c'è quella in giro io non muoverò un dito – disse infine Serena. Continuammo a camminare quando poi ad un certo punto usci fuori con un strano argomento mai sentito prima d'ora.
- a proposito, tu ci vieni alla festa di capodanno organizzata da Silvia? - mi chiese.
- no, non ho mai sentito parlare – risposi. Essendo sempre stata amica solo di Dani io ignoravo cosa succedeva la fuori tra gli altri studenti della mia scuola.
- è una festa che fa ogni capodanno Silvia, che ci riuniamo tutti nel palazzo del municipio, e si aspetta fino alla mezzanotte per fare il conto alla rovescia e brindare, e poi c'è il buffet e ci sono pure vari giochi – spiegò.
- che genere di giochi? - domandai perplessa e Serena mi guardò un pò imbarazzata facendo una faccia strana.
- ho paura ora di saperlo – dissi.
- e fai bene – confermò lei.
- a parte che mi posso immaginare conoscendo il soggetto – continuai.
- beh, ecco, c'è una sfida alla reginetta di capodanno, che incoronano la più bella e vince sempre lei, poi c'è mister tartaruga che sfilano sempre ragazzi belli e anche li si decreta il vincitore – iniziò.
- oddio – risposi.
- poi anche ci sono altri giochi tipo chi colpisce e fa cadere la bottiglia o la torre di bottiglie vince il pupazzetto, poi c'è quello delle mele, che chi prende con i denti una mela dentro ad un barile pieno d'acqua vince un altro premio e così via – continuò.
- io comunque non ci verrò – dissi.
- ti conviene venirci, Marco ci verrà di sicuro, tutti ci andranno – mi rispose.
- e cosa andrò a fare la io? - le domandai.
- non lo so, ma nemmeno io sono messa bene visto che mi odia – continuò.
- ci odia, odia tutte e due – finii.
- comunque tu la settimana prossima che ti vedi con Marco chiedigli e poi fammi sapere, io ci andrò solo se ci andrete tu e Camilla – disse Serena.
- ma Camilla ci va o no? - le chiesi.
- non lo so, gli anni scorsi siamo andate ma solo così per curiosità – disse.
- poi con Dani, non si sa mai cosa vogliono fare loro due – continuai.
- comunque la settimana prossima chiederò a Marco e poi ti scriverò e ti farò sapere – dissi. Continuando a camminare parlammo anche di altre cose per esempio di cosa mi sarei dovuta portare quando sarei andata da Marco per quel fine settimana.
- ti conviene portarti un pigiama sexy – disse lei.
- certo che me lo porterò, così per eccitarlo ma non soddisfarlo – dissi fiera sorridendo e lei mi guardò male.
- e anche il costume da bagno – continuò.
- cosa me ne dovrei fare del costume da bagno che siamo a dicembre? - le chiesi.
- non si sa mai, magari ha una piscina o una vasca idromassaggio dentro casa – disse lei.
- comunque però bella idea, me lo porterò si che non si sa mai – risposi. Continuammo a parlare e intanto il sole scendeva inesorabile. In breve tempo divenne buio e ritornammo tutte e due a casa, quando entrai dalla porta di casa guardai l'orologio nel muro e vidi che erano solo le quattro e mezza di pomeriggio, maledetto inverno proprio.
CAPITOLO 28.
RENATA.
Da quel pomeriggio con Serena passò quasi una settimana, eravamo a venerdì 27 dicembre ed io ero nella mia stanza intenta a scegliere cosa dovevo portarmi via per il soggiorno a casa di Marco. Erano due giorni ma non volevo trovarmi impreparata. Natale era passato veloce, come ogni anno lo avevo festeggiato a casa dei nonni insieme ai miei. Avevo telefonato a Dani per gli auguri e mi ero sentita per messaggio anche con Marco, le mie due amiche e gli altri. Tanto tra qualche ora avrei fatto personalmente gli auguri a Marco. Presi un borsone enorme per mettere dentro tutte le mie cose.infilai vari vestiti, magliette, calze, il pigiama sexy e il costume da bagno come mi aveva consigliato Serena. Misi dentro anche vari bagnoschiuma, shampoo, la spazzola, forcine e fermagli per capelli, ciabatte, e pure il regalo di natale per lui. In teoria non avevo dimenticato niente. Mi sentivo leggermente una zoc.cola per il regalo ma non avevo potuto resistere quando lo avevo visto li passando casualmente per un negozio di articoli sportivi. Avevi visto che c'erano i boxer con tutte le squadre di calcio e quindi avevo comprato per lui i boxer con lo stemma del Milan. Li avevo impacchettati e quel pacchetto glielo avrei dato come regalo di natale sperando che non pensasse male di me. Ma non poteva pensare male di me visto che il peggio lo aveva già passato con Silvia. Erano circa le due di pomeriggio. Presi il borsone e mi incamminai verso casa sua. Arrivai davanti alla porta e suonai il campanello, nel frattempo guardai la casa e constatai che era era molto grande a differenza di casa mia che più piccina. Lui aprii subito la porta e mi guardo sorridendo.
- ciao – lo salutai.
- ciao – mi salutò lui.
- come stai? - gli chiesi.
- bene grazie, e tu? - mi chiese a mia volta.
- anch'io sto bene – gli risposi.
- a proposito, buon natale – dissi dandogli un bacio affettuoso sulla sua guancia destra.
- buon natale anche a te – mi disse lui prendendo su il mio borsone con la mano destra e mettendoselo sulla spalla.
- su entra – mi disse varcando la porta.
- permesso – dissi entrando timidamente, anche se sapevo che non c'era nessuno in casa fino a domenica a parte lui. Era strano, non era la prima volta, c'ero già stata il giorno del suo compleanno ma era sera e non si vedeva bene tutto, adesso con la luce del giorno vedevo chiaramente ogni cosa.
- ti mostro la tua camera, seguimi – disse salendo le scale per il piano di sopra con il mi borsone in mano. Che dolce che era a portarmi pure il borsone che pesava come non so cosa. Mi porto in una stanza con un armadio, una cassettiera, una scrivania ed un letto matrimoniale con i comodini da entrambi i lati. E ovviamente c'era lo specchio grande come una persona normale vicino alla cassettiera. La stanza era molto carina però era deserta, vuota, tranquilla.
- questa è la camera degli ospiti – spiegò lui appoggiando il borsone sul letto.
- a ecco perché è vuota – constatai.
- li c'è l'armadio e la cassettiera per metterti le tue cose – disse lui.
- bene, grazie – lo ringraziai.
- ora ti faccio fare un giro veloce della casa – disse lui prendendomi per mano uscendo dalla stanza, percorremmo i lunghi corridoi di casa sua e mi mostrò al piano superiore la camera dei suoi, la stanza di suo fratello e a sua camera. Mi fece vedere il bagno e c'era proprio la vasca idromassaggio come aveva pensato Serena. Mi disse però che la vasca idromassaggio lui non la usava quasi mai perché era più comoda la doccia del bagno di sotto. Mi spiegò che c'era pure la soffitta ma che nessuno ci andava. Scendemmo le scale e mi mostrò al piano di sotto la cucina immensa ad isola, la sala da pranzo con il tavolo e il salotto enorme con due divani, la televisione e il camino che ovviamente era acceso perché era inverno. Scendemmo ancora e mi mostrò di sotto il garage, la cantina e la dispensa. Risalimmo di sopra e ritornammo in quella che sarebbe stata la mia camera per quei due giorni.
- siccome il letto è matrimoniale se vuoi e se per caso hai paura dormo con te, se no se non vuoi me ne dormo in camera mia – disse lui facendo la faccia da cucciolo.
- ci devo pensare – gli risposi e lui mi guardò malizioso.
- ora vai che sistemo le mie cose – dissi spingendolo fuori.
- ok signorina – rispose lui uscendo. Aprii il borsone iniziai a sistemare i miei vestiti nell'armadio, sistemai il pigiama sexy ed il costume nel cassetto del comodino, sistemai le maglie e gli altri accessori di intimo e di bellezza nella cassettiera, sistemai li dentro i miei bagnoschiuma e shampoo, misi sopra la cassettiera la spazzola con i fermagli per capelli che quelli mi servivano sempre. Misi il regalo per Marco sopra la cassettiera ed il borsone lo appoggiai davanti al letto e dopo di che lo chiamai e arrivò subito.
- dimmi tutto piccola – mi disse.
- questo è per te – dissi porgendogli il pacco.
- grazie, ma che cos'è? - domandò stupito e felice.
- è il regalo di Natale, non ho resistito a comprarlo quando l'ho visto – risposi. Lui scartò il pacchetto e lo aprii trovando i boxer e li guardò sorridendo.
- grazie, sono troppo belli, io però non ti ho preso niente – disse lui.
- non preoccuparti, il mio era solo un pensiero così – gli risposi mentre lui si provava i boxer mettendoseli davanti ai jeans e guardandosi allo specchio come stava.
- come mi stanno? - mi chiese.
- ti stanno bene – risposi leggermente imbarazzata.
- ma se non li hai neanche guardati – disse lui. Io ero abbastanza imbarazzata ed abbassai lo sguardo per guardarlo in quel punto. Mi sa che lo stava facendo apposta e ci stava pure godendo.
- si, concordo che ti stanno bene – risposi mentre lui sorrideva guardandomi. Finito quella scena scendemmo di sotto e notai che erano le quattro. Per passare le ore che ci dividevano al pranzo guardammo la televisione e parlammo del più e del meno insieme. Più che altro la televisione quasi nessuno tra noi la guardava, era come una specie di sottofondo mentre parlavamo. Parlammo di varie cose e di vari argomenti e intanto si fecero le sei e mezza di sera. Siccome nessuno dei due voleva fare da mangiare, o meglio, io non sapevo fare da mangiare, sapevo fare solo la pasta che era il piatto più semplice, ordinammo il cinese con consegna a domicilio. Nel frattempo mentre lui era sdraiato sul divano che faceva zapping io avevo preparato la tavola. Il cinese arrivò alle sette e mezza, Marco pagò l'uomo delle consegne e quando tutto fu preparato in tavola iniziammo a mangiare di gusto. Mangiammo e dopo di che buttammo via le vaschette e spreparammo la tavola mettendo i piatti in lavastoviglie. Finimmo di mangiare che erano le otto e tutti e due ci lavammo, lui si fece la doccia nel bagno di sotto ed io mi coccolai nell'idromassaggio nel bagno di sopra. Per il momento non era ancora servito il costume da bagno ma non si poteva mai sapere cosa sarebbe accaduto domani. Dopo essermi lavata entrai in camera, indossai l'intimo sotto e mi misi il pigiama quando sentii bussare.
- è permesso? - chiese Marco.
- si, entra pure – risposi io. Lui entrò e mi fece vedere che stava indossando proprio i boxer che gli avevo regalato io. Aveva indosso solo quello. Era come un orso felice dopo che aveva mangiato il miele e si guardava vanitoso allo specchio. Dopo di che uscii ed entrò nella sua camera e poco dopo lo seguii. Si era appena infilato un paio di jeans quando aprii bocca.
- a proposito, non ti dispiace se stasera per stare qua a casa resto in pigiama per stare comoda vero? - gli chiesi.
- no no figurati – disse lui girandosi e guardandomi dalla testa ai piedi.
- grazie allora – gli risposi mentre mi guardava. Aveva un espressione da ebete, come se non avesse mai visto un corpo femminile, aveva la bocca mezza aperta ed un espressione in faccia. Tutto questo per aver visto le mie gambe.
- a proposito, hai la cerniera aperta – gli dissi cercando di riportarlo alla realtà. Lui abbassò la testa e si guardò e subito dopo si tirò su con la mano destra la cerniera.
- comunque lo sapevo, mi stavo vestendo e me li ero appena infilati e dovevo ancora chiuderli – disse lui cercando di essere credibile. Io stavo ridendo sotto ai baffi.
- ok, come vuoi – gli risposi sorridendo.
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