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Discussione: La scelta del destino

  1. #1
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    Predefinito La scelta del destino

    Ciao a tutti! Dopo tantissimo tempo ho deciso di postare la mia terza FF sperando riscuota lo stesso "successo" delle precedenti. Initile ricordarvi che i vostri pareri, sia negativi che positivi, tra i commenti sono sempre ben accetti! Buona lettura Randa!

    Capitolo 1:
    Una leggera brezza mi scostò i capelli sulla faccia, assaporai quel momento di quiete estiva chiudendo gli occhi.
    CIAFF!
    Mi toccai la fronte dolorante. “Ma sei cretino?? Mi hai fatto male!” urlai a mio fratello che intanto rideva del suo, secondo lui, ‘simpatico’ schiaffo. “No, tu adesso le prendi!” cercai di afferrarlo per la maglia ma lui fu più veloce di me allora lo rincorsi per tutta la fermata facendo lo slalom tra gli altri studenti.
    “Guarda! E’ arrivato il pullman!” mi fece notare lui nel momento in cui lo raggiunsi.
    “Questa volta sei stato fortunato… Carmine!” scandii bene il suo nome sapendo che gli dava fastidio essere chiamato così.
    “Non… chiamarmi… Carmine!” ribadì lui a denti stretti.
    “Perché… Carmine?” insistetti mentre salivo e raggiungevo il posto accanto al mio migliore amico. “Ciao Dani!” lo salutai ignorando le bestemmie di mio fratello.
    Il ragazzo, che ascoltava l’Ipod, mi sorrise. “Cosa?”.
    Svoltai gli occhi all’aria e gli scostai una cuffia. “Ciao Dani!” risi.
    Notai le sue guance prendere colore. “Ah… ehm… ciao!”.
    Scossi la testa divertita. Lo conoscevo dai tempi dell’asilo, sia lui che gli altri del gruppo; loro andavano in classe con mio fratello perché erano un anno più grandi di me, facevano il quinto. Ma, nonostante l’età, con Dani c’è sempre stato un rapporto diverso. Eravamo simili ma diversi. Ci volevamo un gran bene e, anche se qualche volta litigavamo, tornavamo a sorriderci semplicemente perché non potevamo stare lontani l’uno dall’altra. Il nostro essere timidi ma vivaci ci aveva attratti dal primo istante che ci eravamo conosciuti e si era rafforzato con gli anni.
    “Ed ecco la sorellina Ruggiero!” mi voltai sentendo nominare il mio cognome. Davanti a me c’era il ragazzo per cui avevo una cotta dall’età di sei anni, faceva parte della nostra cerchia di amici. Il suo nome, o meglio soprannome, era Ste.
    “Ehi ciao!” risposi con naturalezza pur sentendomi avvampare.
    “Che per caso ti ritrovi una penna? Ho chiesto agli altri ma ne sono tutti sprovvisti!”
    Lanciai un’occhiata a mio fratello, solo in quel momento mi resi conto che al posto dello zaino aveva una semplice tracolla. Sospirai. “Eccola qui!” gli porsi la mia biro.
    Il ragazzo mi fece l’occhiolino. “Grazie!”
    Lo seguii con lo sguardo finché non si avvicinò ad una ragazza abbastanza carina che, presupposi, aveva appena conquistato; sgranai gli occhi quando mi resi conto che stava usando la mia penna per scriverle qualcosa sul braccio. Non ci voleva un genio per capire che si trattava del suo numero di telefono. Stava usando la mia penna per scrivere sul braccio di quella lì! E io, che lo conoscevo da tempo, a malapena avevo il suo contatto Facebook!
    Mi poggiai sullo schienale grugnendo rumorosamente.
    “Dovresti esserne abituata ormai!”
    Lanciai un’occhiataccia a Dani. Naturalmente lui era l’unico a sapere della mia infatuazione; mi aveva sempre detto che non l’approvava perché Ste non era un tipo da relazioni serie, ma io non potevo farci niente pur sapendo che aveva ragione. L’amore quando ti prende non ti molla più.
    “E come si fa ad abituarsi? Se una persona ti prende il cuore difficilmente te lo restituirà!”.
    Il ragazzo sgranò gli occhi. “Ooh! Ma quale perla di saggezza è appena uscita dalla tua bocca!” sghignazzò.
    Gli diedi un leggero buffetto sul braccio. “Scemo!”.

    In classe era la solita noia. La professoressa spiegava e io disegnavo coppie impegnate in lunghi e focosi baci che finivano sempre per essere cancellati dalla mia collera. Ero la tipica ragazza che si infastidiva quando vedeva fidanzati scambiarsi delle effusioni in pubblico solo perché li invidiava. Però ero un tipo romantico quindi, in cuor mio, non avevo mai smesso di sperare nell’amore.
    Qualcuno bussò alla porta e, per la prima volta dall’inizio dell’ora, alzai lo sguardo, incuriosita dalla ragazza che era appena entrata accompagnata dal bidello.
    “Professoressa lei è la nuova alunna che aspettavate!” annunciò l’uomo indicando quella bellissima figura che sorrideva sicura di sé. E come darle torto? I ragazzi della mia classe avevano iniziato a bisbigliare tra loro al suo ingresso, soffermandosi sulle sue gambe snelle e le curve al posto giusto.
    “Prego, siediti pure accanto alla signorina Ruggiero.”
    E te pareva! Stavo così bene seduta da sola! I miei compagni non mi capivano e io non capivo loro, non accettavano che io preferissi parlare di musica o calcio piuttosto che di moda e gossip; guardando la ragazza che si stava avvicinando non avevo dubbi su quali fossero i suoi hobbies.
    “Ciao! Io sono Chiara.” bisbigliò allungando la mano.
    “Io Donatella!” risposi educatamente.
    “Che materia è?”.
    Guardai la professoressa. “Italiano credo… o storia!”.
    Chiara rise di gusto.
    Non sembrava così male infondo. Dovevo conoscerla meglio.
    Come previsto alla ricreazione tutti i miei compagni si accerchiarono intorno ai nostri banchi, presentandosi uno alla volta e cercando di fare una buona impressione. Alcuni scambiarono addirittura qualche parola con me, sicuramente perché avevano notato quanto feeling si stesse creando tra noi.
    Chiara mi guardò cercando aiuto e io le proposi di andare in bagno. Ci chiudemmo a chiave tirando un sospiro di sollievo.
    “Sono sempre così invadenti i tuoi amici?” domandò divertita.
    Aggrottai la fronte. “Non sono miei amici, di solito mi ignorano!”.
    Il suo sorriso svanì. “Perché mai? Sei così simpatica!”.
    Alzai le spalle. “Semplicemente non siamo compatibili.” dichiarai tranquillamente.
    Arricciò le labbra. “Mmh… Secondo me non ci provate neanche!”. Mi guardò netto, scostandosi una ciocca di ricci dietro le spalle. “Ripeto: sei simpatica, io credo andreste d’accordo se solo provaste a conoscervi meglio!”.
    Abbassai lo sguardo fissando le punte delle scarpe. “Dici?”.
    “Dico! Dico! Hai altri amici fuori le mura scolastiche, no?”.
    “Certo!” risposi con energia. “La comitiva di mio fratello! Il mio migliore amico fa parte di essa!”.
    Rise. “Non avevo dubbi che il tuo migliore amico fosse maschio!”.
    Restai perplessa. “Perché?”.
    Indicò il mio abbigliamento. “Sei una tipa mascolina tu, no?” pronunciò le parole in un sussurro, come se abbassando la voce io non ci rimanessi male.
    Arrossii di colpo. “Beh si…” ammisi sorridendo.
    Lei tirò un sospiro di sollievo constatando che non mi ero offesa. “Ti piace il calcio vero?”.
    Sgranai gli occhi. “Ma tu da quale pianeta vieni?”.
    Rise ancora. “Sono un’ottima osservatrice io!”.
    La campanella suonò.
    “Dobbiamo tornare in classe.” Annunciai con un rumoroso sospiro.

    COMMENTATE!! http://forum.teamworld.it/forum1743/...ml#post8424956
    Ultima modifica di stepedro4ever; 30-08-2013 alle 10:31
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  2. #2
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Buongiorno a tutti!!!!

    Capitolo 2:
    All’uscita da scuola ero ancora con Chiara quando mio fratello e il resto della comitiva ci raggiunse per aspettare il pullman insieme.
    “Ehi Dani!” toccai il braccio del mio amico che si girò sorridente. “Lei è Chiara. Chiara, lui è il mio migliore amico Dani!”.
    La ragazza allungò la mano per stringere quella di lui. “Piacere di conoscerti!”.
    “Io sono Ka!” s’intromise mio fratello spingendo lievemente l’amico per attirare l’attenzione di Chiara.
    “E chi te l’ha chiesto?” lo stuzzicai io.
    “Zitta moscerino!”
    Dani cercò di distrarmi prima che rispondessi dando inizio a un’ennesima lite tra noi. “Ehi Dò! Stasera vieni alle prove?”.
    “Certo!”.
    “No!”.
    Mi voltai verso Ka. “Come hai detto scusa?”.
    Il ragazzo incrociò le braccia sul petto. “Non ti voglio!”. Restai qualche secondo in silenzio, c’ero rimasta un po’ male. Carmine lo notò e si rimangiò tutto. “D’accordo vieni.” Sbuffò. “Porta anche la tua amica!”.
    “Si, porta la tua amica!” gli fece eco Ste, il quale era intento a chiacchierare con Chiara e Pedro, il cantante del gruppo nonché migliore amico di Ste.
    “Verrei volentieri ma devo finire di mettere in ordine casa! Ci sono ancora parecchi scatoloni da svuotare. Credo che per la prossima settimana riuscirò a venire.” Ci informò la ragazza con un lieve rammarico nella voce.
    Mi dispiacque vederla così triste. “Vuoi che venga io ad aiutarti?” le proposi dolcemente.
    Gli occhi verdi di Chiara s’illuminarono di gioia. “Verresti? Ma saremmo solo in due! Mia madre non potrà aiutarci…” bisbigliò l’ultima frase quasi con un lieve sussulto nella voce.
    Sorrisi. “Certo! Ci divertiremo!” le passai un braccio intorno al collo. “Così faremo prima e potremmo fare una pausa per ascoltare loro!” indicai i ragazzi. “Ci stai?”.
    “Ci sto!”.

    Diedi l’ennesima occhiata al bigliettino che stringevo tra le mani, la piccola mappa con la scrittura di Chiara era ben leggibile ma un po’ confusa. Mi grattai il naso perplessa.
    “Dunque il negozio di animali è questo qui!” guardai l’enorme vetrina addobbata con giochi per cani, cucce varie e acquari. Abbassai lo sguardo sul foglio che indicava una strada di fronte al bar accanto al negozio. Mi voltai a destra, ce n’erano due. “Mh… a questo punto mi conviene fare a tocco!” dissi a me stessa, ma un attimo prima di iniziare notai qualcuno che agitava le braccia dal balcone situato nella strada più vicina a me. “Chiara!” agitai anch’io la mano per farle capire che l’avevo vista.
    Entrai nell’appartamentino dove abitava lei con sua madre: scatole e cianfrusaglie varie erano sparse dappertutto; dovetti fare un paio di saltelli qua e là per non inciampare in coperte o pupazzi sparsi.
    Chiara mi accolse con in braccio una scatola di cartone da cui fuoriusciva l’angolo di un portafoto e la testa di un orsacchiotto di pezza. “Scusa per il casino, da questa parte!”.
    Seguii la ragazza che mi portò in una bella stanza illuminata da una grande finestra e dalle mura color violetto, all’interno di essa c’era un letto singolo con la spalliera contro il muro e il comodino accanto, dall’altra parte un imponente armadio a due ante ancora vuoto.
    “Questa è la tua stanza?” domandai ancora incantata dalla positività che emanavano quelle quattro mura.
    “Futura stanza si!” sorrise lei poggiando la scatola sul materasso ancora scoperto.
    Feci alcuni passi fermandomi al centro del raggio che faceva capolino dalla finestra. “Cavolo io resterei per sempre qui dentro! Ne farei il mio covo segreto!”.
    “Io invece vorrei scappare…” bisbigliò lei, forse a se stessa.
    “Cosa?”. Feci finta di non averla sentita.
    “Niente! Niente! Mi aiuti a prendere un altro paio di scatole?” si corresse subito cambiando argomento.
    Fortunatamente per me i mobili erano stati già lavati in precedenza da Chiara (non mi lasciai sfuggire i suoi occhi tristi quando mi disse che aveva fatto tutto da sola perché sua madre lavorava) così il mio compito era solo quello di aiutarla a predisporre gli oggetti nei luoghi giusti. Mi divertii ad ascoltare i suoi aneddoti della vita che aveva condotto a Torino prima di trasferirsi qui a Milano e di come si sentisse disorientata dall’organizzazione dei mezzi pubblici.
    “Sul serio qui vi complicate troppo la vita!” affermò sottolineando la frase. “Da noi sono pignoli da far paura!”. Rise mentre mi guardava in bilico sulla scala nel tentativo di disporre i suoi peluche sulla parte alta del mobile.
    “Hai troppi pupazzi per i miei gusti!” dichiarai con una smorfia per lo sforzo. Presi l’orso che avevo visto in precedenza nella scatola ma lei mi fermò.
    “No!”. La disperazione nella sua voce era fin troppo accentuata per un semplice peluche. “Questo và sul mio letto.”
    Notai con quanta foga stringesse quel pupazzo, come se la sua vita dipendesse da lui. “Ci tieni particolarmente vedo”. Le sorrisi con dolcezza.
    Lei ricambiò accarezzando la testa dell’animale. Lo guardò per qualche secondo negli occhi per poi sedersi sul letto, io feci lo stesso.
    Chiara alzò lo sguardo verso di me per regalarmi un sorriso triste, nei suoi occhi si leggeva la malinconia che aveva dentro. Restai in silenzio finché non fu pronta a parlare.
    “Lui è Toby! Un nome comune lo so, ma cosa pretendi da una ragazzina di cinque anni?”. Fece spallucce ritornando con lo sguardo sull’orso. “Me l’aveva regalato il mio papà… “ il suo sorriso si spense a quelle parole. Quando ritornò a parlare aveva la voce cupa di una persona che stava cercando con tutte le sue forze di non piangere. “Sono sempre stata gelosa di lui!” alzò il pupazzo fino al suo viso mentre io mi domandavo se stesse parlando di Toby o di suo padre. Domanda scema.
    “E’ un bell’orso!” accarezzai il manto marrone dell’animale soffermandomi sul ciuffo che spiccava tra le orecchie. “Che ne dici di fargli fare amicizia con il peluche sul mio letto?”. Sorrisi.
    Chiara mi guardò perplessa. “Credevo non ti piacessero i pupazzi!”.
    “Non molto, ma anche il mio mi ha vista crescere!” risposi allegramente.
    Vidi i suoi occhi riprendere quella vivacità che per qualche minuto l’aveva abbandonata. “In questo caso accetto!”.
    “E ho anche un’altra proposta al momento!” dichiarai alzando l’indice.
    “Spara!”.
    “Ti và di fare una pausa per andare ad ascoltare i miei amici suonare e poi, magari, potrei farti conoscere Billie! Il mio dalmata-peluche!” inarcai le sopracciglia speranzosa.
    Lei annuì prontamente. “Stavo per chiedertelo io!”.
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  3. #3
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Girai la chiave nella serratura del garage, per fortuna avevo quella di riserva altrimenti mio fratello non avrebbe mai potuto sentirmi mentre suonavano.
    “Ehilà?” urlai senza ricevere risposta. Come previsto stavano provando e l’assolo di chitarra era quasi impossibile da superare, persino per la mia voce stridula. “Dai entra!” invitai la mia amica prima che la musica uscisse e bussasse nella casa di qualche vicino lamentoso.
    Percorremmo il breve corridoio raggiungendo la porta che ci separava dai Finley, così si chiamava il gruppo. Entrammo in silenzio cercando di non distrarli; Dani fu il primo a vederci, ci salutò con un accenno di testa mentre con le bacchette era impegnato a rullare sui vari piatti e tamburi.
    “Sono bravi cavolo!” sussurrò Chiara al mio orecchio.
    “Si, sono fiera di loro!” ammisi raggiante. “Ma non dirlo a mio fratello sennò si monta la testa eh!” mi affrettai ad aggiungere.
    La ragazza emise un breve risolino. “No, tranquilla!”.
    “Allora? Che ne pensate?” domandò Pedro cercando di staccarsi i riccioli che gli si erano attaccati alla fronte. “Monotoni? Noiosi?”.
    “Ma che monotoni e noiosi!” lo rimproverò Ste. “Siamo stati fantastici! Soprattutto io!”.
    Pedro roteò gli occhi e ci guardò come per dire “Scusatelo”. Noi rispondemmo con un sorriso.
    “Siete una forza!” dichiarò Chiara entusiasta, con dei piccoli colpi delle mani.
    “Lo pensi davvero?”. Pedro le mostrò un sorriso a trentadue denti. “Ne sono contento, cioè, ne siamo contenti!” si grattò la nuca imbarazzato.
    Guardai Chiara mentre abbassava lo sguardo sorridente. Mmh…
    “Vi và una bella limonata fresca?” domandò Ka mentre poggiava la sua chitarra al muro.
    “Si!” rispondemmo in coro.
    “Bene allora… andate a prenderla!” ci sorrise buffamente. “Sto scherzando! Ora vado io!” borbottò in risposta alle nostre occhiatacce. “Ste!” prese l’amico per un braccio. “Vieni ad aiutarmi!”.
    “Che pa**e!” sbuffò il bassista lasciandosi trascinare.
    “Bene!” esordì Dani molleggiandosi sulle punte dei piedi. Noialtri lo fissammo aspettando che aggiungesse qualcosa.
    “Che?”
    “Niente!”. Dani, rosso in viso, strinse le labbra fino a farle diventare bianche.
    Pedro alzò perplesso un sopracciglio poi si voltò verso di noi, o meglio, verso Chiara. “Sabato avete impegni?”.
    “Non credo…” rispose la ragazza, abbassando per l’ennesima volta lo sguardo. Quando il cantante la guardava lei diventava rossa in viso e perdeva del tutto la sicurezza in sé diventando timida e impacciata.
    Mi avvicinai a Dani, intento ad avvitare il charleston, per dargli una leggera gomitata nelle costole. “Hai visto quei due?” sussurrai compiaciuta.
    Lui alzò la testa guardando perplesso la coppietta. “Stanno parlando!”.
    Sospirai. “Grazie per l’illuminazione, non l’avrei mai capito senza di te!”.
    “Prego”. Ritornò a piegarsi sul rullante.
    Roteai gli occhi. “Daniii!” bisbigliai spazientita aggrappandomi alla sua maglietta. “Guardali bene! Sono cotti l’uno dell’altra!”.
    “Dici?” bofonchiò lui con la testa tra le mie mani per obbligarlo ad osservarli.
    Gliela strinsi leggermente. “Dico! Dico! Sono così teneri…”. Il batterista roteò lentamente la testa verso di me. “Cos’è quella faccia?” inarcai le sopracciglia.
    Mi fissò per qualche istante negli occhi schiudendo la bocca per dire qualcosa, ma poi si affrettò ad abbassare lo sguardo e dire “Niente”.
    Mollai la presa perplessa mentre lui restava seduto sulle ginocchia continuando a controllare chissà cosa del rullante.
    Ka e Ste rientrarono con un vassoio di bicchieri e una bottiglia di limonata fresca. Ci sedemmo in cerchio sorseggiando la bevanda e constatando che, con il caldo che c’era, ne avevamo proprio bisogno.
    “Allora Chiara!” parlò mio fratello sorridendo alla ragazza accanto a lui. “Sabato vorresti venire, con quella rompiscatole di mia sorella, al nostro concerto?”.
    Lei portò il bicchiere all’altezza delle gambe che in quel momento aveva incrociato. “Ehm…”.
    “Gliel’ho già chiesto io!” andò in suo soccorso Pedro.
    Ka restò per un attimo sorpreso. “Ah!”. Fissò l’amico quasi divertito. “Bene!”. Si portò il bicchiere al viso ma io, seduta alla sua sinistra, riuscii a scorgere il lieve sogghignò che aveva in volto un attimo prima che la limonata toccasse le sue labbra.
    Aggrottai la fronte. Conoscevo quell’espressione. Significava che aveva in mente qualcosa. Ma cosa?
    Guardai Ste alzarsi e prendere in mano il basso. “Ragà adesso ritorniamo a suonare?” domandò scorrendo le dita sulle corde.
    “Subito!”. Ka batté le mani e si alzò seguito da Dani e Pedro.
    Quest’ultimo allungò le mani in direzione mia e di Chiara per aiutarci a sollevarci, notai che quelle di lei restarono qualche secondo in più tra quelle del cantante e non potei far altro che sorridere fra me e me pensando a quanto fosse carini insieme.
    “Perché non l’hai fatto anche tu?” scherzai con Dani quando vidi che anche lui aveva notato il gesto.
    Il batterista mi guardò serio. “Stavo per farlo ma tu hai preferito Pedro!”. Lo fissai sconcertata mentre mi voltava le spalle e tornava sullo sgabello dietro la batteria. Alcune volte era fin troppo permaloso. “Chiara vuoi venire nella mia stanza?” chiesi un po’ brusca.
    “Perché non restate un altro pò?” la precedette Pedro guardandola.
    La ragazza mi fissò supplichevole.
    Sorrisi. “Va bene!”.

    Dai dai che tra qualche capitolo ci saranno delle svolte..... intanto commentate!! http://forum.teamworld.it/forum1743/...l-destino.html
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  4. #4
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Ciao a tutti!!! Terzo Capitolo..

    Capitolo 3:
    Le prove finirono un’ora dopo; i ragazzi decisero di andare al loro solito bar per parlare della scaletta per sabato mentre io e Chiara scegliemmo di rifugiarci nella mia stanza.
    “La tua camera è fantastica!” dichiarò raggiante sfiorando con le dita i vari soprammobili e soffermandosi a fissare la lampada a bolle che avevo sulla scrivania. “Che meraviglia!”.
    “E lui è Billie!” le mostrai il peluche a dalmata che avevo sul letto.
    Gli occhi di Chiara s’illuminarono di meraviglia, si piegò sull’animale per vederlo più da vicino. “E’ tenerissimo!”.
    Alzai le sopracciglia perplessa. “E’ un peluche, cos’ha di tenero?”.
    La ragazza mi lanciò un’occhiataccia. “Anche un peluche può essere tenero! Con questo musetto poi!”. Ritornò ad ammirare Billie. “Non è vero?”.
    Sbattei le palpebre. “Fantastico! Adesso parli anche con loro?”.
    Lei sbuffò. “Ovvio che no!” e si voltò per guardare le foto appese.
    La sua risposta non mi sembrava molto convincente ma ognuno di noi ha le proprie manie, no?
    “Che bella questa!” la sentii dire dopo qualche secondo.
    “Quale?” mi affrettai a raggiungerla lasciando scorrere lo sguardo sulla foto che il suo dito stava indicando. L’immagine impressa rappresentava io e i ragazzi impegnati a montare la tenda nel giardino di Dani. “Ah si! Purtroppo quella nottata fu rovinata da un violento acquazzone… “ dissi con rammarico.
    “Ah!”. Chiara continuò a far correre gli occhi su ognuno dei volti. “Ma quanti anni avevate?”.
    Feci spallucce. “Credo facessimo le medie!”.
    Lei annuì. Guardò più in alto, verso il bordo del quadro a calamita, soffermandosi sulla foto mia e di Pedro scattata nel giorno del mio ultimo compleanno.
    Osservai anch’io quell’immagine sorridendo al ricordo di quel momento, entrambi avevamo la faccia buffa perché ci avevano colto in un momento di pazzia.
    “Qui eravamo al mare in Croazia!” indicai la foto più in basso ma notai che Chiara la guardò di sfuggita per ritornare a guardare il primo piano di Pedro e me. “Lui è il mio migliore amico dopo Dani!” le confessai senza guardarla.
    “Chi?” mi guardò facendo finta di non capire.
    Mi voltai lentamente per vederla arrossire e poi ritornai sulla foto. “Pedro! Chi stiamo guardando sennò?” risposi innocentemente cercando di trattenere un sorriso.
    “Oh!” esclamò.
    La sbirciai di sbieco. “Come mai sei color peperone?” domandai con finta innocenza.
    “Ma che dici?” balbettò spazientita. “Non è vero!”.
    Non riuscii più a trattenermi, scoppiai a ridere sotto lo sguardo infuriato di Chiara. “Te l’hanno mai detto che non sei brava a mentire?”. Risi ancora più forte.
    Lei incrociò le braccia sul petto facendo la finta offesa ma presto il suo broncio si trasformò in risa.
    “Si vede così tanto?” mi domandò timorosa dopo un breve silenzio.
    “Che ti piace Pedro?” sghignazzai.
    Roteò gli occhi, arrossendo per l’ennesima volta. “Si!”.
    “Beh!”, le poggiai una mano sulla spalla, “Ti ho appena detto che non sei brava a mentire!”. Chiara si morse un labbro preoccupata. “Ma non temere, i maschi non notano queste cose!” aggiunsi per confortarla.

  5. #5
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    “Ma a Chiara piace Pedro?”.
    Quasi mi strozzai con la Pepsi che stavo bevendo. “Cosa?” riuscii a dire tra un colpo di tosse e l’altro.
    Dani mi batté diversi colpi dietro la schiena. “Ho detto: a Chiara piace Pedro?”.
    “Sst!” gli tappai la bocca con le mani. “Che gridi?”.
    Il batterista si liberò imprigionando le mie mani tra le sue. “Sei tu che me l’hai fatto ripetere!” bisbigliò.
    Socchiusi gli occhi avvicinandomi alla sua faccia. “Si, ma non dovevi gridare comunque!”.
    “Ok! Ok!” si allontanò di scatto abbassando gli occhi. “Hai vinto tu!”. Guardò in direzione della coppietta intenta a chiacchierare, dopo una breve occhiata si voltò verso di me. “Secondo me è ricambiata alla grande!”.
    “Dici?” li guardai euforica. In effetti Pedro non smetteva di sorriderle e di guardarla. Ok, forse era anche nella sua natura essere così gentile con tutti, però c’era più di una semplice cortesia da parte sua.
    “Cos’è quella faccia?”
    Guardai Dani che cercava di leggermi nel pensiero. Mi grattai il mento. “Niente!”.
    Piegò la testa di lato per osservarmi meglio. “Tu e tuo fratello avete la stessa espressione quando avete in mente qualcosa!” scosse la testa. “Ed è questa!”.
    “Non è vero!” lo fulminai. “Stavo solo pensando che quei due sono troppo timidi per fare il primo passo, hanno bisogno di una mano.”
    Dani sollevò le braccia al cielo. “Io lo sapevo!” sospirò.
    Gli afferrai un braccio per guardarlo dritto negli occhi. “Ti ricordo che sono sempre io quella che ti aiuta con le ragazze!”.
    Alzò un sopracciglio. “Veramente mi hai aiutato solo un paio di volte e ad entrambe ho dovuto chiedere scusa per colpa del tuo…”, fece virgolette con le mani, “… accanimento!”.
    Sentii le guance in fiamme. “Beh però c’ho provato, e poi ti sono sempre stata vicina!” gli ricordai affondando un dito nel suo petto.
    Il biondino si massaggiò il punto. “Ahio! E va bene, ti aiuterò!” sbuffò, “Ma promettimi che non esagererai come tuo solito e che lascerai fare al caso!”.
    “Lo prometto!” alzai una mano.
    “Con entrambe le mani!”.
    Sbuffai sciogliendo le dita che avevo intrecciato dietro la schiena. “Ok…”.
    Dani sorrise scompigliandomi i capelli. “Brava ragazza!”.
    Gli tirai un buffo dopo essermi riaggiustata la capigliatura. “Lo sai che ti odio quando fai così!” mi arrabbiai.
    Lui sghignazzò. “Lo so!”.
    Sentii la porta del garage aprirsi per lasciare entrare Ste. Sospirai.
    “E con lui come la mettiamo?” domandò serio il batterista.
    Guardai il bassista parlare vivacemente al cellulare. “Non lo so, per lui sono invisibile!”. Ripensandoci sono invisibile un po’ a tutti i ragazzi.
    Dani mi fissò. “Ma perché proprio… lui?” indicò il ragazzo che adesso stava facendo il galletto con Chiara. “Tu hai bisogno di uno più serio! Di uno che ti sappia amare davvero!” disse agitando le mani.
    Sorrisi amareggiata. “Ne conosci qualcuno?”.
    Dani mi guardò negli occhi per qualche secondo poi abbassò lo sguardo digrignando i denti. “Sono sicuro che esiste…” sussurrò.
    Mi fece tenerezza la sua premura; lo abbracciai in una stretta che lui ricambiò volentieri. “Ti voglio bene scemo!”.
    Lo sentii sospirare. “Anche io scema!”.
    “Beh? Oh! Che stiamo facendo qua? Giù le zampe da mia sorella!”
    Sentendo la voce di mio fratello chiusi gli occhi senza lasciare andare Dani. “Ignoralo…”.
    “Ehm… vorrei tanto ma mi sta minacciando con la paletta della chitarra!”.
    Sorrisi. “Sta tranquillo, non potrebbe mai fare del male alle sue chitarre!” lo strinsi più forte.
    Dani mollò improvvisamente la presa. “Ora che guardo meglio quello è il basso di Ste!”.
    Soffocai un grido spingendo via il batterista. “Che vuoi Ka?” gridai.
    Si chinò sul tavolo che ci divideva. “Si dia il caso che sei troppo giovane per restare incinta!”.
    Lo guardai perplessa. “Con un abbraccio? Vuoi che ti spieghi come nascono i bambini o credi ancora alla storia delle api?”.
    Il batterista accanto a me si lasciò sfuggire una risata che venne subito interrotta dall’occhiataccia di mio fratello.
    “So come nascono i bambini!”
    “Ah si?” incrociai le braccia poggiandomi allo schienale. “Allora illuminami!” lo provocai.
    A quel punto Dani era in preda a una crisi isterica.
    Ka gli lanciò una bottiglietta vuota che il ragazzo scansò, poi tornò a guardare me. “Sei troppo piccola per i ragazzi!”.
    “L’anno scorso tu avevi una ragazza!” gli ricordai.
    Ka mi sfidò con lo sguardo. “Io sono un maschio, è diverso!”.
    Mi alzai di scatto facendo barcollare la sedia. “La tua mentalità è diversa! Sei un troglodita maschilista!” gli urlai contro.
    Il chitarrista indicò la porta. “Vattene! Subito!”.
    “Me ne vado solo perché lo decido io!” urlai mentre uscivo a grandi passi. “Sei un idiota! Non ti volevo come fratello!”.
    Ka spalancò la bocca, “E io come sorella!” replicò a gran voce.
    “Idiota!”, conclusi sbattendo la porta.
    Corsi in camera mia con gli occhi che mi pizzicavano, mi lanciai sul letto facendo cadere Billie.
    Perché non capiva che io gli volevo bene? Che lo ammiravo ed ero orgogliosa di lui? Perché mi odiava tanto e mi voleva sempre lontana dalla sua vita?
    Qualcuno bussò alla porta che avevo lasciato aperta. “Ehi?”. Era Chiara.
    “Entra!” risposi con la voce soffocata dal copriletto.
    La sentii sedersi sul bordo del materasso. “Tutto ok?” mi accarezzò un polpaccio.
    Tirai su col naso. “Hai un fazzoletto?”.
    “Si!”, armeggiò qualche secondo con la sua borsetta, “Tieni!”.
    Mi misi a pancia in su. “Grazie!” soffiai.
    Chiara mi guardò dolcemente. “Sono sicura che non pensavate quello che avete detto!” sorrise. Giocherellai con le punte dei capelli restando in silenzio, lei alzò lo sguardo sulle foto. “Guarda qui come eravate teneri!”. Indicò una dove avevamo quattro e tre anni, entrambi col pannolino, e ci stavamo abbracciando affettuosamente.
    “Un attimo dopo averla scattata eravamo lì a tirarci i capelli!” risi al ricordo.
    Anche Chiara rise. “Credo che quello sia il vostro modo di farvi notare l’uno dall’altra!”. La guardai senza capire. “Voglio dire che, essendo entrambi parecchio orgogliosi, non vi verrebbe mai in mente di dire per primo all’altro quanto gli vogliate bene!”.
    Aggrottai la fronte. “E allora perché non mi vuole mai con lui?”.
    Fece spallucce. “Non saprei… magari è una specie di psicologia inversa la sua!” guardò la mia espressione smarrita. “Nel senso che ti vorrebbe lì ma si vergogna di dirtelo, così ti dice di andartene solo perché sa che tu, testarda, resteresti lì per fargli un dispetto!” alzò le mani divertita.
    “Ah!” mi morsi un labbro.
    “Ehilà!”
    Ci voltammo entrambe in direzione della porta dove c’era Dani con un’aria preoccupata. Mi sedetti facendogli segno di entrare.
    “Come và?” domandò massacrandosi nervosamente le mani.
    Gli mostrai il mio sorriso migliore. “Tutto ok!”.
    “Bene!” sorrise anche lui sollevato. “Sarà meglio che glielo vada a dire!”.
    Sgranai gli occhi. “Cosa?”.
    Il ragazzo sorrise astutamente. “Quando sono uscito per venire qui Ka mi ha chiesto, girandoci intorno, di vedere come stavi! Ma ovviamente tu non sai nulla!”. Mi fece l’occhiolino.
    Mi voltai incredula verso Chiara e lei mi guardò come per dire “Hai visto?”.
    Mi alzai per abbracciare il batterista. “Grazie Dani!” dissi entusiasta.
    Quando andò via ritornai accanto alla mia amica con un sospiro.
    “E adesso parliamo di chi ti piace!” annunciò lei con un sorrisetto.
    “Prego?”
    Con uno scatto raggiunse il mio armadio “Posso?”. Annuii. Aprì un’anta ficcando la testa tra i vestiti, estrasse alcuni pantaloni e un paio di magliette. Esaminò l’altra parte con la stessa espressione impassibile, alla fine chiuse pensierosa.
    “Lì non troverai il ragazzo che mi piace!” la informai sarcastica.
    Lei mi fece la lagna. “Ma dai? Anche perché so già di chi si tratta…” alzò l’indice.
    Inarcai le sopracciglia. “Davvero?”.
    “Già!”. Si inginocchiò davanti a me prendendo le mie mani tra le sue. “Tu sei sicura di te stessa?”.
    Sbattei le palpebre. Le sue domande senza collegamenti apparenti mi facevano girare la testa.
    “Beh…” mi grattai la testa. “No…” ammisi.
    “Ti senti attraente?”
    “No.”
    “Bella?”
    “No.”
    “Interessante?”
    “No.”
    “Uhm…” arricciò le labbra. Picchiettò l’indice sul mento finché un lampo non le passò nello sguardo. “Che ne dici se provo a renderti più sicura di te?” si entusiasmò.
    “Ehm…”
    “Alzati!” mi tirò su facendomi roteare su me stessa. “E sta dritta con quella schiena!”.
    Ubbidii preoccupata. “Che hai in mente?”.
    “Vuoi fare colpo o no?” domandò spazientita.
    “Eh… credo…” mi guardai intorno in cerca di una via di fuga.
    Alzò su il mento. “Si o no?”.
    “Si!”
    “Bene!” sorrise. Mi osservò dalla testa ai piedi. “Domani mattina andiamo a fare shopping!”.
    “Domani abbiamo scuola!”
    “Ah già!” corrugò la fronte. “Allora domani pomeriggio!”.
    Notai il fuoco ardere nel suo sguardo. Perché tutt’ad un tratto ero terrorizzata dalla mia amica?

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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Ciao a tutti! Questo capitolo forse è un pò meno interessante ma da qui iniziano i primi cambiamenti e non aggiungo altro.... :P

    Capitolo 4:
    In classe era ora di inglese; la professoressa era intenta a spiegare il Simple Past alla lavagna mentre io ero rifugiata nel mio mondo. Lanciai un’occhiata a Chiara notando che era concentrata sugli appunti, forse dovevo seguire un minimo anche io.
    Qualche minuto più tardi la mia compagna di banco mi diede una leggera gomitata al braccio per farmi girare, e lei, con lo sguardo alla lavagna da finta interessata, mi porse il foglio dove credevo stesse scrivendo la lezione. Dentro c’era una lista delle cose da comprare nel pomeriggio. Un brivido mi corse lungo la schiena. Sgranai gli occhi quando arrivai al punto cinque dove c’era scritto ceretta in casa.
    Scossi la testa e ripiegai il foglio consegnandoglielo di nuovo. Chiara restò perplessa. Le accennai un “no” con la testa che lei ignorò scrivendo qualcos’altro su un altro foglio.

    Ricordati che lo fai per te stessa!

    Roteai gli occhi e le risposi:

    Si, ma non sono masochista!

    Chiara sbuffò e fece segno di fidarmi di lei. ‘Na parola!
    Mi porsi nella sua direzione facendo ben attenzione a non essere vista dalla professoressa. “E a proposito di fidarsi…” diedi un’altra occhiata all’insegnante. “Tu ti fidi di me?”. Chiara fece cenno di si. “Bene! Allora lascia che ti dia una mano con Pedro!” bisbigliai.
    La ragazza arrossì di colpo. “Che? Sei impazzita?” bisbigliò di un grado maggiore.
    Le sorrisi astutamente. “Io aiuto te, tu aiuti me!”.
    Abbassò la testa nascondendosi dietro il ragazzo che aveva davanti. “D’accordo!” sussurrò preoccupata e strinse la mano che le stavo sporgendo.

    Una mano mi cinse le spalle. “Ciao ragazze!” voltai lo sguardo verso il proprietario della voce vedendo Ste che aveva l’altro braccio intorno alla vita di Chiara. Sobbalzai, e anche il mio cuore.
    “Ciao Ste!” arrossii violentemente.
    Perché? Perché ero stupida?
    Il ragazzo poggiò i suoi grandi occhi neri su di me. “Siete pronte per domani sera?” sorrise raggiante. Mollò la presa dalla mia spalla per agitare la mano. “Sarà una figata pazzesca! E voi avrete il posto in prima fila!”; ma la mia mente era ancora su quel contatto che mi stava facendo sorridere come un’ebete.
    Perché non mi facevo avanti? Che cosa avevo da perdere? Alla fine non avevamo neanche questo gran rapporto quindi non sarebbe cambiato nulla se mi avesse respinto. Ma ero una fifona. E timida. Una timida fifona.
    “Oh! E guarda dove vai!” mi urlò contro il ragazzo su cui mi ero appena scontrata.
    Aggrottai la fronte. “Scusa! Ma stai calmo!” gli risposi chinandomi a raccogliere il libro che mi era caduto di mano.
    Lui sbuffò sistemandosi la cartella sulle spalle. “Ma guarda te…” e se ne andò borbottando.
    Sto cretino!
    “Tutto ok?” Chiara mi raggiunse prendendomi per le spalle. “Avete fatto un bel boom!” spalancò le mani per simulare una bomba che esplodeva.
    Annuii stringendo il libro al petto.
    La ragazza allungò il collo per leggere meglio la mia espressione. “Sembri turbata…” arricciò le labbra.
    “No, tranquilla!” mi sforzai di sorriderle. Ma lei non mi credette. Ok forse dovevo dirle quello che mi frullava nella testa.
    “Senti Chiara…” spostai il peso da un piede all’altro. “Domani ti và di passare da casa per aiutarmi a vestire più…” abbassai lo sguardo arrossendo “… femminile?”.
    La mia amica passò da un’espressione preoccupata a un sorriso euforico. Mi prese le mani tra le sue. “E me lo chiedi? Certo!” mi abbracciò. Poi si allontanò per guardarmi in faccia. “Oggi pomeriggio compreremo tutto l’occorrente per domani e per il resto della tua vita!” annunciò raggiante.
    Deglutii. “Ehm… facciamo solo per domani!”.
    Chiara scosse la testa. “Almeno per tutto l’anno! Va bene?”.
    Sorrisi. “Va bene!”.
    “Ciao Doni! Ciao Chiara!” sentii urlare qualcuno alle mie spalle, era Dani che ci stava raggiungendo.
    “Ciao batteriologo! Che fine hai fatto?”.
    Si grattò la nuca. “Ero con gli altri dal professore di matematica, ci ha fermati per parlarci di alcuni casini che abbiamo combinato prima!” arrossì.
    Scossi la testa divertita. “Ma la volete piantare di improvvisare i concerti in classe? Così vi farete sospendere!” sorrisi.
    Abbassò lo sguardo imbarazzato. “Tu lo capisci sempre!”.
    Gli cinsi un braccio intorno al collo. “Sono o non sono la tua migliore amica? Ti conosco come le mie tasche!”.
    Mi guardò beffardo. “Ma se le tue tasche sono sempre incasinate come la tua testolina!” mi scompigliò i capelli.
    “Ah ma allora è un vizio!” gli feci il solletico tra le costole.
    Lui rise. “Guarda che è anche il tuo punto debole quello!” e mi imitò facendomi sobbalzare.
    Risi anch’io. “Ahah str**zo!”.
    “Qualcuno ti ha chiamato Ka!” disse Ste sfottendo mio fratello.
    Scoppiai a ridere e il bassista mi fece l’occhiolino che mi scaturì, indovinate un po’, un bel rossore sulle guance.
    “Oh ma che simpatico!” il chitarrista gli diede una spinta facendolo arrivare con un salto alla fermata del pullman.
    “Ma sei scemo?” s’innervosì il bassista, poi si voltò verso di me. “Come fai a sopportarlo notte e giorno?” indicò con il pollice il ragazzo.
    Feci spallucce. “Mi faranno santa un giorno…” risposi con naturalezza.
    Ste mi prese sottobraccio. “Poi un giorno mi spiegherai il tuo segreto…”.
    Perché ho la sensazione di stare per svenire? Un altro contatto del genere e io posso dire addio alla mia razionalità.
    Sfuggii alla presa maledicendo la mia timidezza. “Ehm… Chiara?” mi voltai verso la ragazza cercando di riprendere il controllo di me. “Mangi a casa vero? Così poi usciamo subito!”.
    Lei annuii. “Ok!”.
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    I primi negozi che ci toccarono furono quelli d’abbigliamento, ovviamente. Prima che potessi rendermene conto ero in un camerino circondata da più di dieci vestitini colorati e in un bagno di sudore per la fatica. Non avevo il tempo di indossarne uno che Chiara mi spingeva dentro con altri capi che lei stessa sceglieva.
    Dopo diverse occhiatacce della commessa per tutto il disordine, le facce schifate della mia amica e la constatazione che quei prezzi erano troppo alti per il mio portafoglio piangente entrammo in un centro dove c’erano negozi a entrambe le facciate del corridoio. Zigzagammo da una parte all’altra come trottole impazzite finché non scovammo una piccola bottega, a basso costo, piena di robe colorate e bigiotterie carinissime.
    “Prova questo!” Chiara mi porse un vestito blu elettrico ad impero con una fascia nera sotto il seno e una scollatura a U.
    Sgranai gli occhi. “Sei sicura?” domandai poco convinta mentre toglievo il capo dall’attaccapanni.
    Annuì. “Fidati!”.
    Entrai in camerino spogliandomi lentamente mentre pensavo a come avrebbero riso i miei amici non appena mi avessero vista vestita così. Uscii fermandomi davanti lo specchio. Inarcai le labbra perplessa quando mi osservai da ogni lato senza essere davvero soddisfatta.
    “Che ne pensi?”
    “Il vestito è carino ma manca qualcosa…”
    “Il vestito è perfetto, io parlavo di queste!”
    Mi voltai verso il paio di zeppe in sughero con la fascia di seta nera che Chiara mi stava sventolando sotto gli occhi.
    Le indicai. “Dovrei mettere queste?”.
    Chiara sorrise. “Provale!”. Le poggiò accanto al divanetto dove mi sedetti per indossarle. Mi alzai titubante notando che fossero più comode di quanto pensassi, quando tornai davanti allo specchio rimasi a fissarmi sorpresa. L’abito arrivava fino a metà coscia lasciando scoperte un paio di gambe che nemmeno credevo di avere.
    “Le zeppe mettono in evidenza anche il tuo collo del piede da ballerina!” aggiunse Chiara rafforzando i miei pensieri. “Hai visto che bel pezzo di gnocca che sei?” sorrise allegra. “E pensare che dobbiamo ancora provvedere a trucco e parrucco!” sghignazzò.
    Le lanciai un’occhiata sconvolta. “Sono davvero io questa?”.
    Lei si mise dietro di me poggiando il mento sulla mia spalla per guardare il mio riflesso. “Tu ti sottovaluti troppo cara!”.

    Entrammo in un centro estetico dove scoprii che Chiara aveva prenotato dal giorno prima. Ci fecero sedere su dei divanetti comodissimi e immergere mani e piedi nell’acqua tiepida.
    “Allora…” cominciò la mia amica rilassandosi sullo schienale. “Da quanto tempo va avanti questa cotta?”.
    Sentii le guance prendere colore. “Si nota così tanto?”.
    Mi lanciò una breve occhiata e richiuse gli occhi. “Beh, neanche tu sei brava a mentire!” sospirò. “Quindi?”.
    Mi sentivo un po’ a disagio a parlare della mia cotta per Ste davanti a due estetiste che facevano finta di non ascoltare.
    “Eh… un po’… di anni…”
    Una di loro mi guardò intensamente senza battere ciglio, poi ritornò a occuparsi dei miei piedi.
    “Anni?” Chiara era sconvolta. “E quando ti deciderai a darti una mossa? Siete così carini insieme!” sorrise.
    Arrossii. “Davvero?”.
    Annuì “Si!”. Sospirò. “Il modo in cui vi guardate… la vostra complicità… il vostro non poter far a meno l’uno dell’altra… siete perfetti insieme!” concluse con uno sguardo sognante verso un punto indefinito del soffitto.
    Restai in silenzio. Beh, non è che avessimo tutta questa confidenza o complicità. Anche se a pensarci bene da quando lei era entrata nella nostra vita il bassista si era reso conto che c’ero anch’io. Quindi Chiara avrà pensato che siamo molto intimi.
    “Perché sorridi come una co**iona?”
    Sbattei le palpebre rendendomi conto di avere tre paia di occhi che mi fissavano preoccupati.
    “Ehm…” abbassai lo sguardo sulle unghie dei miei piedi che erano diventate blu elettrico. “Pensavo…”.
    Chiara sorrise. “Cavolo è più grave di quanto pensassi! Tu sei proprio andata Dò!” agitò le mani non curante degli schizzi di acqua buttati qua e là. L’estetista che si stava occupando di lei la bloccò lanciandole un’occhiataccia di rimprovero.
    “Qual è la prossima tappa?” domandai ripensando ai preparativi per domani.
    La mia amica sorrise sghembo. “Qui a Milano c’è un mio amico parrucchiere, ma ha anche una sezione per il trucco. Andremo lì a occuparci di entrambi!”.
    La ragazza che mi stava facendo le unghie la fissò a bocca aperta. “Eh… stai parlando di Johnny?” domandò quasi isterica.
    Chiara annuì compiaciuta. “Si, proprio lui! Lo conosco da qualche anno, gli ho chiesto questo favore e lui ha accettato immediatamente.” Si guardò il risultato della sua mano destra ignorando le occhiate di stupore che si erano scambiate le due estetiste.
    Capii quell’agitazione solo quando arrivammo al negozio: era situato all’angolo di una strada e occupava quasi mezzo isolato; pensai che fosse piuttosto appariscente visto da fuori e non mi sbagliavo. All’interno era anche più grande di quanto credessi con le pareti che sembravano dipinte d’oro e grandi lampadari coperti di cristallo che pendevano dal soffitto.
    “Ti piace?” domandò Chiara vedendomi a bocca aperta.
    Annuii senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla grossa fontana situata al centro di quell’enorme stanza. “Ma è straniero?” chiesi ripensando al nome del parrucchiere.
    Lei sorrise. “No, è il suo nome d’arte. Ma anche tu penserai allo stesso nome quando lo vedrai.” Mi fece l’occhiolino.
    “In che senso?”
    “Johnny!” urlò illuminandosi in viso.
    Mi voltai. Oh ca**o. Ma questo è Johnny Depp! Cioè. E’ ovvio che non sia lui ma questo ragazzo sarà un suo fratello non riconosciuto dalla famiglia. O un parente molto stretto. No, che parente stretto? Questo è per forza suo fratello gemello.
    “Ti presento la mia amica Donatella!”
    Lui si mosse agilmente per allungare la mano che strinsi ancora sotto shock. “Piacere cara!”.
    Aggrottai la fronte. Ok. Era il fratello gemello gay di Johnny Depp. Peccato. Mi voltai delusa verso Chiara e lei capì la mia espressione. “Che spreco eh?” sussurrò.
    Il ragazzo agitò le braccia facendo segno di raggiungerlo; ci fece accomodare sulle poltroncine dopo aver passato venti minuti sotto le mani esperte delle ragazze addette allo shampoo le quali ci massaggiarono la testa facendoci dimenticare, per qualche minuto, ogni preoccupazione.
    “Uhm…”. Johnny stava analizzando i miei capelli da un quarto d’ora con un’espressione tra il cupo e l’incredulo. Continuava a fissarli attraverso il riflesso dello specchio davanti a me, ogni tanto alzava una ciocca e ne esaminava le punte scuotendo la testa. “Hai mai pensato di farti un caschetto cara?” domandò ad un tratto.
    Il panico mi assalì. “No…” balbettai.
    Arricciò le labbra. “Beh! Io proporrei un taglio sino a qui!” fece scorrere i miei capelli tra le sue dita dall’attaccatura dei capelli dietro il collo scalando verso le spalle.
    Spalancai gli occhi. “Così corti?” ormai boccheggiavo.
    Mi lanciò un’occhiata offesa. “Fidati di me, hai il viso giusto!”. Posò lo sguardo sul laccio dei capelli che avevo al polso. “Così eviti anche di legarteli rischiando di restare calva!” aggiunse con una lieve irritazione nella voce.
    Mi voltai verso Chiara e lei mi incoraggiò con un sorriso. Sospirai. “Ok…”.
    Johnny si rallegrò improvvisamente. “Bene!” prese un paio di forbici dal cassetto. “Cominciamo!”.

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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Ciao a tutti! In questo capitolo iniziamo a scoprire qualcosa in più della vita di Chiara.....

    Capitolo 5:
    “Ma sembro scema?”
    Chiara roteò gli occhi per l’ennesima volta da quando eravamo uscite dal parrucchiere. “No!” sospirò. Guardò la mia espressione preoccupata e sorrise. “Sta tranquilla che farai un figurone!” mi accarezzò una ciocca. “E con questi!” indicò la mia busta dei trucchi appena comprati e la busta del vestito “I ragazzi ti ronzeranno intorno come api al miele!”.
    Guardai il suo taglio. Anche lei aveva i capelli corti ma ricci e in più si era lasciata fare dei colpi di sole che mettevano in evidenza la sua abbronzatura. Era ancora più bella di prima.
    Continuammo a chiacchierare fino a casa riuscendo ad arrivare prima che facesse buio e mia madre iniziasse a fare squilli di minacce.
    Fu mio fratello ad aprirci la porta, spalancò la bocca sorpreso quando mi vide. “E tu chi sei?” scherzò squadrandomi dalla testa ai piedi, soffermandosi a guardare le unghie dei piedi.
    Cavolo. Era meglio se mi mettevo delle scarpe chiuse oggi.
    “La tua bella sorella!” rispose al mio posto Chiara.
    Arrossii. “Ehm… Dov’è mamma?” mi guardai intorno non vedendola spuntare da nessuna parte.
    Ka incrociò le braccia poggiandosi al muro. “Aveva una cena con papà e altri amici, ricordi?”.
    Il suo sguardo insistente mi metteva a disagio. “La pianti di fissarmi?” m’irritai.
    Con mia grande sorpresa lui sorrise e disse “Stai benissimo!”.
    Ora mi erano persino arrivate le vampate di calore. “Fa caldo qui!” sventolai le mani davanti alla faccia per farmi aria.
    Ka, sempre nella stessa posizione, alzò un sopracciglio. “Ma se fa un freddo boia!”.
    “Sarà meglio che vada!”. Chiara aveva capito la mia agitazione e volle venirmi in soccorso cambiando argomento. Ma quanto volevo bene a quella ragazza?
    “Aspetta! Ka la accompagniamo, vero?”.
    Il ragazzo annuì prendendo le chiavi della macchina. “Stavo giusto per dirlo io!”.

    Arrivammo sotto casa di Chiara; notai che le luci erano spente, segno che la madre non era ancora rientrata. Le bloccai una mano mentre stava scendendo, lei si bloccò e io la guardai negli occhi. “Grazie, davvero!” sorrisi. La ragazza mi strinse la mano ricambiando il sorriso e facendomi la linguaccia. La guardammo mentre chiudeva il portone e ripartimmo.
    Pensandoci io non sapevo niente di lei. Avevo intuito che era successo qualcosa al padre a cui lei era molto legata ma della madre non parlava per niente. Quale lavoro poteva fare da non rientrare quasi mai a casa? Perché passava tutto questo tempo da sola?
    Il suo sguardo era così triste. Spesso l’avevo trovata a rimuginare da sola e qualche volta l’avevo sorpresa con gli occhi lucidi. Speravo con tutta me stessa che avesse qualcuno a cui confidare questi suoi… segreti, perché lei non meritava di stare così.
    “A che pensi?”. La voce di mio fratello mi fece tornare alla realtà.
    Feci spallucce. “Un po’ a tutto”.
    Lo vidi agitarsi sul sedile. “Senti…” diede un piccolo colpo di tosse. “Io… beh… io vorrei darti una cosa…” approfittò del semaforo rosso per allungare la mano fino al sedile posteriore. “Tieni.” Mi porse un piccolo incarto colorato chiuso con lo scotch.
    Lo aprii incuriosita. Dentro c’era il suo primo plettro. “Per me?” domandai sorpresa rigirandomi l’oggetto tra le mani. “Perché?”.
    Mi lanciò un’occhiata nervosa. “Ti piace?”.
    “Certo che si!” risposi euforica. Riguardai il piccolo portafortuna di mio fratello segnato dal tempo da graffi e una piccola spaccatura al lato. “Ma tu ci tieni molto! Perché vuoi darlo a me?”.
    “Beh…” mi sorrise brevemente. “Hai appena risposto alla domanda”. Una macchina passò giusto in tempo per illuminarlo in viso e farmi notare che era leggermente arrossito. “Mi dispiace per quello che è successo e…” altro colpo di tosse “… volevo che tu sapessi che, nonostante le nostre liti furiose, io ci tengo a te. Sei mia sorella cavolo!” si raddrizzò sul sedile.
    Mi veniva da piangere, ero troppo contenta. “Grazie fratellone!” e con grande stupore, sia mio che suo, mi ritrovai ad abbracciarlo stretto, e lui, intento a guidare, poggiò la sua testa alla mia dopo un breve bacio sulla mia fronte.
    “Beh adesso staccati sennò divento troppo dolce!”
    Risi di gusto. “Ma dove stiamo andando?” domandai notando che non avevamo imboccato la strada che ci portava a casa.
    “Devo passare un attimo da Dani!” svoltò l’angolo fermandosi davanti al giardino del batterista. Scese dall’auto “Aspettami qui, torno subito!”.
    Feci cenno di si e lui chiuse lo sportello scomparendo poco dopo. Passarono alcuni minuti e l’aria nella macchina cominciava ad essere pesante. Quel genio che mi ritrovavo per fratello aveva lasciato i finestrini chiusi e si era portato le chiavi, così fui costretta a scendere dall’auto ma non me ne pentii perché ne approfittai per godermi l’aria fresca della notte e il cielo privo di nuvole con la luna che illuminava le strade. Ma che romanticona che sono!
    Sentii dei passi venirmi incontro, credendo che fosse Ka mi voltai dicendo “Hai fatto presto!” ma subito mi bloccai incrociando lo sguardo sorpreso di Chiara. “E tu che ci fai qui?”.
    La ragazza restò di sasso. “Io… ero andata a fare la spesa!” balbettò.
    Guardai le sue braccia libere. “Ah…”.
    Lei evidentemente capì quello che stavo pensando e aggiunse in fretta. “Ma purtroppo era già chiuso…”.
    Però non aveva messo in conto che io conoscevo la città meglio di lei e che, quindi, sapevo che vicino casa sua c’era un minimarket aperto fino a tarda ora. “Vuoi che ti dia un passaggio fino a casa?”.
    “Di nuovo? Non ti preoccupare! Mia madre mi sta aspettando!” si sforzò di sorridere mentre riprendeva a camminare. “A domani!” salutò con la mano.
    “Ciao” risposi perplessa. Ora era chiaro che mi nascondeva qualcosa.
    “Che fai fuori dalla macchina? Potrebbero rapirti!” mi rimproverò Ka al suo ritorno.
    Mi allacciai la cintura di sicurezza lanciandogli un’occhiata torva. “Sempre ottimista tu, eh?”.
    Fece spallucce. “Sei minorenne, sei sotto mia responsabilità!”.
    “Ah! Allora sono al sicuro!” risposi sarcastica. Dopo un breve silenzio mi schiarii la voce “Ka…”.
    “Dimmi”.
    “Cosa c’è nei pressi di casa Calvio?”
    Aggrottò la fronte. “Precisamente dove?”.
    Indicai la fine del vialetto, dove avevo visto venire Chiara. “Lì!”.
    “Uhm…” rifletté qualche secondo. “Se non sbaglio un ospedale, una clinica per malati di mente e uno spizio. Diversi posti allegri insomma…”.
    “Ah…”. Perché il mio cuore aveva iniziato a battere così velocemente?
    “Perché?”
    “Niente, non ci sono mai stata!”
    “Nello spizio? Vuoi che ti porti a fare una gita?”
    Lo fulminai con lo sguardo. “Ah! Che simpatico! Intendevo in quella via!”.
    “Aah…” parcheggiò sul viottolo di casa. “Scendi và!” mi scompigliò i capelli.
    “Ma la volete piantare tu e Dani di fare sta cosa?” mi sistemai l’acconciatura nuova, in cuor mio felice di quel suo gesto affettuoso.
    Notai mio fratello cambiare atteggiamento. “Lo fa anche lui? Non l’avevo notato”. Sembrava innervosito.
    “E’ il mio migliore amico! E’ ovvio che mi sfotte!” cercai di correre ai ripari ma lui sembrava pensieroso. “Che c’è? Ti da fastidio?”.
    Ka posò i suoi occhi verdi su di me, per un attimo mi sembrò in collera ma poi sorrise. “No, mi fido di lui”.

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    Predefinito Re: La scelta del destino

    WOW! quante visite! sono contenta, grazie mille!

    Capitolo 6:
    Continuavo a camminare su e giù per la stanza.
    “Vuoi stare calma?” s’irritò Chiara prendendomi per le spalle. “Così sudi e rischi di doverti fare un’altra doccia!”.
    “Ma…” fissai terrorizzata il vestito poggiato accuratamente sul letto. “Non so se ce la faccio a indossarlo! E se cado? E se lo rovino? E se si strappa e resto in mutande?”.
    “Vuol dire che provvederò a farti mettere un intimo sexy!” scherzò lei. La guardai in preda al panico. “Ero ironica!” scosse la testa.
    Sorrisi tesa. “Che faccio?”.
    “Respira profondamente!” inspirò invitandomi a fare lo stesso. “Ora libera i polmoni!” eseguii l’ordine. “Bene! Adesso siediti che provvederò a truccarti e poi…” sospirò “Penseremo a indossare il vestito…”.
    Feci come mi aveva detto, mi fidavo di lei. Chiusi gli occhi rilassandomi sotto il tocco delicato del pennellino che scorreva con maestria sui miei occhi, la vidi armeggiare con diversi tipi di blu che avevo comprato insieme ad altri colori il giorno precedente, poi fu il momento della matita nera e infine del mascara.
    “Aspetta!” disse bloccandomi sulla sedia. “Devo metterti il lucido color ciliegia, adatto al colore della tua pelle!” la lasciai eseguire l’operazione. “Aspetta…” mi fermò nuovamente. “Non puoi vederti allo specchio finché non sarai pronta da capo a piedi!” mi ordinò.
    Sospirai arrendevole dopo che cercai di dissuaderla dal mettermi quel vestito per optare su un paio di pantaloncini e scarpe comode, ma lei fu irremovibile. Indossai quel santissimo abito e le zeppe.
    “Aspetta!” mi tirò per un braccio un attimo prima che andassi davanti allo specchio. “Devo darti una cosa!”.
    Sorrisi ripensando al plettro che mi aveva regalato mio fratello. Lanciai un’occhiata sul comodino dove c’era la scatola che custodiva quel piccolo ma prezioso oggetto.
    “Tieni!” Chiara impugnava tre piccoli bracciali nero lucido identici tra loro. “Te li ho presi ieri dal negozio dove hai comprato il vestito!”.
    La guardai sorpresa. “Non dovevi, grazie!” fissai meravigliata quei piccoli accessori che adesso erano al mio polso.
    Fece spallucce. “Ho pensato che non potevi indossare un vestitino così carino senza gli addobbi giusti!”.
    La abbracciai. “Sei un mito!”.
    “Adesso corri ad ammirarti!” mi incoraggiò con una pacca affettuosa sul sedere.
    Mi lasciai sfuggire un piccolo gridolino di gioia quando mi fermai davanti allo specchio. Davanti a me c’era il riflesso di una ragazza che non avevo mai visto prima: con dei capelli sciolti che fungevano da cornice a un viso illuminato dalla giusta quantità di trucco e delle gote leggermente rosee che risaltavano il sorriso illuminato da una giusta tonalità di rosso. Il tutto evidenziava un vestito che ricadeva sulle giuste curve, nascondendo quei rotoli insoddisfacenti di una dieta mai iniziata e mostrando l’unica parte che mi piaceva di me stessa, le gambe.
    “Beh?” Chiara era agitata per il risultato.
    La guardai raggiante. “E chi è questa?” risi.
    Lei si tranquillizzò. “Allora ti piace!”.
    “Si!”
    “Bene!” sorrise soddisfatta. “Ora tocca a me!”.

    Dopo un altro paio d’ore eravamo finalmente pronte; in tempo prima che Ka iniziasse a bussare violentemente alla porta urlando di sbrigarci.
    “Arriviamo!”. Mi spruzzai del profumo controllandomi per l’ennesima volta davanti allo specchio, ma questa volta con l’aggiunta della pochette. Scesi le scale facendo ben attenzione a non prendere storte o finendo con le chiappe all’aria. Arrivai all’ultimo gradino con un sospiro di sollievo. Nella sala non c’era nessuno a parte qualche pezzo della batteria di Dani. Vidi quest’ultimo entrare passandosi un braccio sulla fronte sudata, evidentemente stava caricando gli attrezzi in macchina. “Oh! Credevo ve ne foste andati tutti!”.
    A quelle parole Dani alzò lo sguardo accorgendosi solo in quel momento che nella stanza ci fosse qualcun altro. Restò immobile a fissarmi con la bocca socchiusa, incapace di fare alcun movimento. I suoi occhi scorrevano lentamente dalle mie gambe fino alla testa e così via.
    “Dani?” lo guardai preoccupata pensando gli si fosse bloccata la schiena. “Vuoi una mano?”.
    Il ragazzo sbatté le palpebre più volte. “Sei…” deglutì. “Sei…”.
    Spalancai le braccia imbarazzata. “Si, sono proprio io!” risi.
    Scosse la testa avvicinandosi con gli occhi fissi nei miei. “Non volevo dire questo…”.
    Il mio sorriso svanì. “Sto male?” mi preoccupai scorrendo lo sguardo dal mio vestito a lui.
    “No…” sbatté di nuovo le palpebre restando poco distante da me. “Volevo dire che sei… bellissima…” arrossì pur senza spostare gli occhi dai miei.
    Aprii la bocca senza emettere alcun suono. Era la prima volta che un ragazzo mi faceva un complimento, ed era incredibilmente piacevole. Ma lui era il mio migliore amico, questo significava che lo diceva perché mi voleva bene. “Grazie!” abbassai lo sguardo.
    Dani sembrò riprendersi dal suo stato confusionale. “Ehm… dov’è tuo fratello?”.
    Feci spallucce. “E chi lo sa? Io sto aspettando Chiara che è andata in bagno!”.
    “Ah!” il ragazzo guardò al di là della mia spalla. “Ehm… forse è meglio se finisco di caricare le cose in macchina!” e si dileguò con il resto degli attrezzi.
    Mi voltai verso le scale trovando una Chiara dallo sguardo allegro e un Ka nervoso. “Che c’è?”.
    “Sali in macchina!” mi ordinò mio fratello passandomi accanto.
    Corrugai la fronte in direzione di Chiara e lei fece spallucce.
    “Ferma!” sentii Chiara.
    “Che?”
    Lei sorrise sghemba. “Allora? Hai già conquistato il primo ragazzo della serata!”
    Arrossii. “ Macché? E’ il mio migliore amico, conosce le mie insicurezze, avrà voluto incoraggiarmi!”.
    Chiara sbuffò. “Non ti arrendi mai tu? Il ragazzo che ti piace rimane abbagliato dalla tua bellezza e tu…”.
    La interruppi agitando le mani. “No aspetta, cosa?”
    “Dicevo: il ragazzo che ti piace ti fa…”
    La interruppi di nuovo scoppiando a ridere. “Ma che dici? A me piace Ste!”
    La ragazza rimase a bocca aperta per qualche secondo. “Chi? Ste? Ma… io credevo…” boccheggiò “Tu e Dani…” scosse la testa “Tu e Ste? Ma… come?” mi fissò sconcertata.
    Aggrottai la fronte. “Mi piace da parecchio! Hai detto che l’avevi capito ma credo tu abbia preso un abbaglio!” risi di nuovo.
    “Sono sconvolta, io credevo…” s’interruppe vedendo mio fratello entrare. “Stasera non ti toglierò gli occhi di dosso!” bisbigliò.
    “Suona come una minaccia!” sorrisi.
    Lei annuì. “Lo è!”.

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  10. #10
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    Predefinito Re: La scelta del destino

    Più aumentano le visite e più sono contenta!! Grazie ancora.. :')

    Capitolo 7:
    Come aveva annunciato Chiara rimase al mio fianco durante tutto il concerto, ma i suoi occhi non erano concentrati su di me come aveva detto ma su Pedro. Saltammo tutto il tempo e lei andò in estasi quando il cantante le allungò la mano mentre cantava la versione inglese di una loro canzone e io le urlai all’orecchio “Quindi il Pedretti vorrebbe toccare le tue mani e le tue labbra rosse eh?”, lei sorrise ancora più euforica e io scoppiai a ridere. In quella canzone c’era un piccolo assolo di basso e io rimasi incantata a guardare Ste muovere quelle quattro corde che tanto adorava.
    “Te lo stai mangiando con gli occhi!”. Questa volta fu Chiara a sfottere me. “Ma perché non ti rivolgi altrove?” suggerì.
    “E dove?”
    Lei indicò il punto dove c’era la batteria. Nel voltare lo sguardo incrociai gli occhi di Dani e mi bloccai. Il mio migliore amico mi stava fissando. Suonava energico. Sudava. Ma mi fissava. Ritornai imbarazzata su Ste ma la mia mente continuava a pensare allo sguardo profondo che sentivo ancora addosso. Perché d’un tratto sembrava così… triste? Lanciai un’occhiata nella sua direzione scorgendolo impegnatissimo a suonare e con gli occhi sorridenti sulla folla. Scossi la testa. A volte la mente gioca brutti scherzi.
    Dopo un paio d’ore i ragazzi terminarono seguiti da urla d’entusiasmo e applausi; com’era d’abitudine Ka e Ste lanciarono i loro plettri e Dani le bacchette, poi scesero dietro le quinte dove li raggiungemmo.
    “Ehi!” gli urlammo dall’altra parte del corridoio.
    Pedro agitò la mano. “Venite ragazze!”. Mi squadrò da capo a piedi meravigliandosi del mio abbigliamento. “Ma… sei proprio tu?” mi sorrise.
    Ricambiai imbarazzata. “Certo!”.
    “Stai benissimo!” mi abbracciò.
    “Sei una favola!”. Il mio cuore accelerò di colpo quando sentii questa frase essere pronunciata da Ste. Mi voltai incrociando il suo sguardo. “Adesso venite con noi al bar!”.
    “Vuoi farci ubriacare?” domandò Chiara facendo ridere il gruppo.
    “Mi hai beccato!” sghignazzò il ragazzo.
    Pedro mi si avvicinò furtivo. “Ehi Dò… posso parlarti?”. Annuii seguendolo dietro l’angolo. “Ehm… senti…” si grattò agitato la testa.
    “Pedrè!” lo interruppi capendo la sua difficoltà. “Vuoi parlarmi di Chiara?”.
    Il ragazzo fu sorpreso. “Eh… si… insomma… che cosa ha detto quando le ho allungato la mano?”.
    Risi. “Ahah subito al sodo eh?” lo vidi arrossire. “Pè, perché non le chiedi d’uscire?”.
    Si agitò di colpo. “Dici?” si morse un labbro.
    “Dico!”
    Ritornammo dai nostri amici che, a parte Chiara, non avevano notato la nostra assenza. Quest’ultima mi stritolò una mano perché voleva sapere cosa mi aveva detto il cantante ma io fui irremovibile, allora lei si arrese con uno “Str**za!” seguito da una piccola spinta.
    Quando i ragazzi ebbero finito di farsi la doccia andammo nel locale dov’era solito riunirsi e io, naturalmente, mi sedetti accanto a Dani.
    “Ehilà batteriologo!” gli diedi una pacca sulla spalla.
    Lui rise. “Hai la gonna ma sei la solita maschiaccia!” mi provocò.
    Arrossii. “Non farmelo ricordare và! Ho dovuto togliermi le scarpe dopo la seconda canzone perché mi facevano male i piedi!” ammisi, facendolo ridere di nuovo.
    “Avevi intenzione di saltare con quella roba lì?” domandò indicando con la birra le mie zeppe. “Tu sei fuori!” mi diede una leggera spallata.
    “Ehi Dò!” mi chiamò Ste.
    “Dimmi!”
    Mi passò un bicchiere pieno di ghiaccio e mojito, addobbato da una foglia di menta. “Te lo offro!”.
    Fissai il contenuto. “Grazie bass man!”.
    Quando Ste si girò dall’altra parte Dani si avvicinò sussurrandomi “Glielo dici tu o glielo dico io che odi la menta?” sorrise divertito.
    Lo fulminai con lo sguardo. “Non posso dirglielo! Farei una figuraccia!”.
    Il batterista mi guardò sorpreso. “Non avrai intenzione di berlo!”.
    Chiusi gli occhi. “Non ho altra scelta…”
    Dani sgranò gli occhi. “Non ci posso credere!” si stupì. “Questa non voglio perdermela!” rise.
    Lo ignorai poggiando le labbra alla cannuccia. Cavolo se odiavo la menta! Già il solo avvicinare il naso al bicchiere mi aveva fatto venire la nausea. Diedi diverse sorsate profonde che mi fecero girare la testa; guardai quanto ne mancava scoprendo con orrore che ero ancora a metà porzione.
    “Ti arrendi?” mi provocò il batterista.
    “Mai!” e mandai giù altro liquido.
    “La tua faccia schifata è fantastica!” rise ancora il ragazzo. “Tra un po’ vomiti!”.
    “Ti prego bevine un po’ anche tu!” lo implorai passandogli l’altra cannuccia nera del bicchiere. “Non posso lasciarlo qui!” bisbigliai guardando in direzione del bassista.
    Dani sorrise scuotendo la testa. “Ah, queste ragazze!”. Con due sorsi finì tutta la bevanda.
    “Vuoi l’altra?” domandò Ste poco dopo.
    Guardai terrorizzata il batterista che incrociò le braccia divertito. “Ehm… meglio di no, grazie!”.
    Il bassista fece spallucce e tornò a parlare con Ka. Io sospirai sollevata.
    “Vuoi ballare?” sentii dire da Pedro. Mi voltai vedendolo, rosso in viso, con la mano a mezz’aria in direzione di Chiara. Solo allora mi accorsi che la musica era cambiata e adesso c’era un lento. La ragazza accettò raggiante e li vidi sparire tra la folla.
    “Che teneri!”. Poggiai una mano sulla spalla di Dani.
    Il ragazzo mi guardò sorridente. “Non dirmi che vuoi ballare anche tu!”.
    Ricambiai lo sguardo. “Sarebbe bello ballare con la persona che ti piace!” risposi sognante.
    D’un tratto lo vidi arrossire e schiudere la bocca ma una voce dietro di lui lo precedette. “Balliamo?”. Era Ste.
    Stentavo a crederci. Restai qualche secondo a fissarlo incapace di accettare l’idea che ce l’avesse con me. Ma i suoi occhi erano nei miei e la sua mano aspettava la mia. Con il cuore in gola acconsentii poggiando la mia mano sulla sua, lasciandomi trascinare al centro della pista. Con un gesto deciso accompagnò le mie braccia dietro il suo collo e mi strinse a sé. Credevo stessi sognando. Ci muovevamo lentamente e io riuscivo a percepire il dopobarba sul colletto della camicia. Dondolavamo girando su noi stessi; e quando mi trovai in direzione del tavolo dove c’erano Ka e Dani incrociai di nuovo quello sguardo che poche ore prima mi aveva bloccata. Dani mi stava di nuovo fissando. Ma questa volta distolsi subito gli occhi.
    “Che c’è?” mi sussurrò all’orecchio Ste.
    Socchiusi gli occhi. “Niente, tranquillo…”.
    Sentii la sua presa farsi più sicura sui miei fianchi. “Ehi Dò!” aspettò la mia risposta.
    “Si?”
    “Vuoi uscire con me?”. Gli schiacciai un piede. “Ahia!” si lamentò massaggiandosi la punta.
    Mi coprii la bocca imbarazzata. “Scusami!”.
    Lui mi guardò serio ma sorrise quasi subito. “Capita!”. Mi sentii subito sollevata quando mi riaccolse tra le sue braccia. “Beh?” domandò allegro.
    Mi sentii avvampare. “Ok!”.
    Allontanò il suo profumo da me per guardarmi negli occhi. “Domani?”.
    Sorrisi. “Domani!”.
    Ste continuò a fissarmi a lungo. Sembrava così dolce quando mi sorrideva. Mi scostò una ciocca di capelli dalla guancia guardandomi netto. Il suo viso si avvicinò al mio, le sue labbra si schiusero quando toccarono le mie. Mi stava baciando. Il mio primo bacio ed era con Ste. Sentii le sue mani scorrere sulla schiena e sulle braccia. La sua lingua cercava la mia ma io mi sentii goffa nonostante aspettassi questo momento da tanto, imprecai nella testa. Il bassista si scostò soltanto per sorridermi, poi continuo a baciarmi.
    Poco dopo si separò definitivamente visto che la canzone era finita e noi dovevamo tornare al tavolo. Ma la favola continuò anche lì perché, nonostante non ci baciassimo, lui si sedette accanto a me restando a chiacchierare animatamente per il resto della serata.

    eheheh.. xD http://forum.teamworld.it/forum1743/...l-destino.html
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