ciao a tutti, vi lasciò il capitolo venti, non succederà nulla di particolare ma la storia intanto prosegue.
CAPITOLO 20.
CARMINE.
Erano le cinque appena passate, Renata che era venuta a casa di Serena per vedere come stava se n’era andata. Io restai ancora un po’ e ne approfittai per fare un po’ le coccole alla mia piccolina. Dopo una mezzora, verso le cinque e mezza me ne andai anch’io, la salutai con un bacio appassionato e mi diressi verso casa del mio amico. Erano là tutti quanti. Ivan venne ad aprirmi e ci riunimmo tutti quanti nel salotto seduti nel divano.
- allora fustone, hai saputo la bella notizia? – si affrettò subito Dani a chiedermi.
- si, l’ho saputo questa mattina – risposi.
- noi l’abbiamo saputo poco fa – spiegò Ivan.
- dov’eravate sta mattina e gli ultimi giorni della settimana scorsa all’ andata e al ritorno da scuola? – chiese Marco e sinceramente ero anch’io curioso di sapere.
- visto che Serena stava male ci siamo offerti di accompagnare Renata a scuola e di riportarla a casa – spiegò Dani.
- capito, Serena quando ritornerà a scuola? – mi chiese Marco.
- questa settimana resterà a casa – spiegai io.
- perfetto, allora domani voi due statevene alla larga che ad accompagnare la rossa a scuola e a riportarla a casa ci penso io – disse deciso Marco.
- Marco, quella è una passeggiata da vecchietti, invitala ad uscire – propose Dani.
- credimi, lei di certo non rifiuterà – risposi pensando a quella che mi aveva detto prima lei.
- perché lo dici con così tanta sicurezza? – mi chiese Marco.
- l’ho incontrata appena adesso che sono andato a trovare Serena – risposi.
- va bene, adesso mi faccio venire qualche idea, al momento dobbiamo definire il tipo di relazione, non è ancora ufficializzato niente - spiegò.
- come? – mi chiese Dani.
- nel senso che mi sono dichiarato, l’ho baciata e gli ho confessato i miei sentimenti, lei ha detto che mi ricambia ma non ci siamo messi insieme, non abbiamo stabilito niente per quanto riguarda una possibile relazione – spiegò ancora Marco.
- cosa hai intenzione di fare? – chiesi.
- domani le chiedo se sabato vuole uscire e allora rendo ufficiale tutto – disse lui deciso.
- io se fossi in te non aspetterei, domani pomeriggio vai a trovarla e rendi ufficiale tutto già domani – disse Dani.
- come faccio a rendere tutto ufficiale, con Silvia ci ha pensato tutto lei – spiegò Marco.
- vai là, le chiedi: vuoi metterti insieme a me, e sei apposto – spiegai.
- capito, domani allora vado a casa sua e lo faccio, sennò aspetto sabato – continuò Marco. Che nervoso che mi faceva venire con i suoi soliti discorsi.
- fallo direttamente anche domani e dopo sabato la inviti ad uscire – proposi io.
- va bene, ma non voglio pressarla troppo, non voglio essere troppo invadente, come io ho i miei amici e i miei spazi anche lei giustamente li avrà – spiegò lui ragionevole. Questo discorso si, va bene, mi sembra più che giusto. Anche io lascio a Serena i suoi spazi di tempo per stare con Renata e lei contraccambia lasciandomi uscire con i miei amici.
- questo si, sono d’accordo con te – dissi.
- pure io – rispose Dani e Ivan annuii.
Marco prese dal frigorifero quattro birre che fra una chiacchiera e l’altra non ci volle molto prima che ce le scolassimo tutte. Quell’ uggiosa giornata d’ottobre finì e ognuno torno alla propria dimora.
eccomi qua con il prossimo capitolo, grazie per i commenti e chi segue la mia storia, vedrete quanto bello è.
CAPITOLO 21.
MARCO.
Era venerdì 19 ottobre. Uscii di casa presto, al contrario del mio solito, e mi diressi verso la scuola passando davanti casa di Renata. Lei non c’era ne ancora , forse era troppo presto, rimasi quindi lì ad aspettarla per cinque minuti finche non la vidi uscire dalla porta di casa. Lei era sorpresa di vedermi. Sorrisi e lei ricambio.
- Ciao – mi salutò.
- ciao dolcezza, come va? - la salutai.
- bene grazie, e te invece come stai? – mi chiese lei a mia volta.
- bene anch’io – risposi.
- stavo aspettando Dani – mi disse lei.
- oggi non verrà, e neanche domani, ti ci accompagno io questi due giorni fino a scuola e ritorno finché Serena non si sentirà meglio – le spiegai.
- che bello, un cambio di accompagnatore – disse lei ridendo.
- esattamente, dai andiamo sennò facciamo tardi – le ricordai.
- senti da che pulpito che viene la predica, tu che sei sempre in ritardo – mi rispose a tono lei.
- non è vero – cercai di difendermi.
- si che è vero – mi rispose di nuovo sorridendo.
- ti va di uscire sabato sera? – le chiesi.
- certo, dove andiamo? – chiese lei incuriosita.
- stavo pensando che potevo venire a casa tua e che potevamo guardare un film insieme – proposi.
- fermati anche a mangiare già che ci sei? – mi chiese dolcemente lei.
- per me va bene, a che ora facciamo? – io.
- alle sette più o meno si mangia, quindi vieni prima alle sei e mezza – lei.
- perfetto – finì io.
Entrammo a scuola incominciò quel venerdì mattina. Arrivò presto l’una e riaccompagnai a casa Renata parlando e conversando sempre degli argomenti più svariati.
Passò velocemente la giornata di venerdì e in men che non si dica si fecero le sei e mezza di sabato 20 ottobre. Mi preparai, era una serata in sua compagnia a casa sua, non dovevo vestirmi elegante, indossai un paio di jeans e la felpa rossa e nera che mi aveva regalato per il mio compleanno per restare caldo in quella fredda sera d’ottobre. Dopo i preparativi uscii di casa e mi diressi verso la meta. Suonai il campanello e lei venne subito ad’aprirmi. Indossava un pigiama rosa svolazzante con vari inserti di pizzo che lasciavano un po’ a desiderare l’immaginazione mentre i capelli erano svolazzanti, un po’ ricci e un po’ lisci, il ciuffo ogni tanto scendeva sugli occhi e lei con la mano destra lo spostava.
- ciao – mi salutò lei.
- ciao piccola – la salutai io.
Mi fece entrare in casa e mi fece accomodare nel divano mentre il mangiare in cucina si stava preparando. Parlammo del più e del meno finché non vennero le sette e un quarto e ci sedemmo nel tavolo in cucina, io a destra mentre lei si sistemò alla mia sinistra e mangiammo. Aveva preparato le fettuccine con l’anitra. Le adoravo, lei sa tutto di me visto che siamo stati i migliori amici delle medie. Mangiammo scambiandoci ogni tanto qualche parola.
Finito di mangiare feci per alzarmi ma lei mi bloccò. Prese il tovagliolo e mi pulì l’angolo della bocca che molto probabilmente era sporco di ragù d’anitra.
- Grazie dolcezza – la ringraziai.
- di nulla scemotto – mi rispose lei sorridendo.
Sorrisi anch’io, la sua allegria era contagiosa. Mi alzai dal mio posto.
- però, stai proprio bene con la mia felpa addosso – notò lei che era ancora seduta.
- grazie – risposi facendo un giro su me stesso come un modello.
- poi anche mi tiene caldo in queste fredde giornate – continuai.
- immagino – rispose alzandosi.
- dai andiamo in salotto – mi invitò lei.
La seguii e ci sedemmo nel divano. Lei si sedette con le gambe incrociate sopra il divani mentre io avevo le gambe aperte e distese giù. Decisi di prendere la parola.
- Renata, l’altro giorno al compleanno di Dani che ti ho detto quello che provo per te, io ti amo e volevo sapere se ti andava di ufficializzare la cosa – spiegai.
- anch’io ti amo, non hai idea da quanto io stessi aspettando quel momento, forse da due anni, tu mi fai provare emozioni che nessun’altro mi ha mai fatto provare, sei come l’aria che respiro, oserei quasi dire che nulla al mondo è più unico di noi due insieme, sei l’altra metà che mancava per completarmi – mi rispose lei dolcemente.
- anche tu per me sei la mia metà mancante, manca ossigeno nell’aria senza te, mi lasci sempre senza fiato, volevo chiederti: ti va di stare insieme a me? – chiesi guardandola dolcemente.
- certo, quindi adesso tu sei il mio fidanzato – disse Renata.
- e tu sei la mia fidanzata – continuai io.
- non sai da quanto aspettavo questo momento, ogni volta che ti vedevo il cuore mi scalpitava e le pupille mi si dilatavano, adesso che stiamo insieme sarà sempre lo stesso ma sarà diverso – disse lei.
- pure io, adesso saprai che se ti sto guardando con un sorriso da idiota è perché ti amo e non riesco a resisterti, ogni tuo movimento, ogni tuo gesto, qualsiasi cosa tu dica o tu faccia, mi regali certi attimi davvero mozzafiato – le spiegai.
Lei si avvicinò a me, mi girò dolcemente la testa verso la sua parte con la mano sinistra, io seguii il movimento e poco dopo le nostre labbra erano di nuovo così terribilmente vicine, si appoggiarono e mi mostrarono nuovamente tutto l’affetto e l’amore che provavamo l’uno verso l’altra in un bacio che mi lasciò senza fiato. Dopo poco ci staccammo.
- Sei spettacolare – le dissi.
- anche tu – rispose lei.
Passarono un'altra decina di minuti, eravamo nel divano a coccolarci, l’uno con l’altra, eravamo proprio teneri. Si erano fatte le nove e mezza, lei accese il televisore.
- Niente dvd? – chiesi.
- no, ho programmato tutto, stasera fanno 30 giorni di buio, il mio film horror preferito su Italia uno– mi rispose lei.
- capito – risposi.
Il film iniziò, io e lei eravamo nel divano accoccolati, mano nella mano. È stata una serata splendida, mi sono fidanzato con la ragazza più dolce e meravigliosa di questo mondo e adesso posso baciarla e coccolarla senza farmi nessun problema. Mi faceva perdere la ragione. Vivo solo di te
Di ogni gesto che fai
Di quegli attimi che tu soltanto mi dai.
Ogni giorno di più sai convincermi che,
nulla avrebbe senso se non fossi qui.
Con me.
Verso le undici e mezza il film finì. Spense il televisore e restammo lì ancora a coccolarci. Il sonno però ebbe la meglio e in preda alla stanchezza più assoluta Renata si addormentò. Che dolce che era quando dormiva.
La presi in braccio e salii le scale portandola nella sua stanza e posizionandola sopra il letto. Tirai su le coperte visto che quella sera faceva un freddo ed era anche già in pigiama pronta per andare a letto. Era proprio tenera con quel pigiama in pizzo. Io ero al calduccio con la felpa che mi aveva regalato lei, adesso ci avrei pensato io a scaldarla. Non avevo voglia di ritornare a casa, era troppa strada ed ero terribilmente stanco. Mi tolsi le scarpe, la felpa e poi i jeans prima di sdraiarmi sul letto sotto le coperte insieme a lei. La abbracciai e le feci appoggiare la schiena sul mio petto e poco dopo mi addormentai in preda al sonno anch’io.
CAPITOLO 22.
RENATA.
Mi svegliai nella mia stanza infreddolita. La sera prima ero così stanca che pensavo di essermi addormentata nel divano, invece ero nel mio letto e c’era anche Marco con me. Ero felice, Marco ed io c’eravamo messi insieme. Faceva freddo e stavo anche leggermente tremando, decisi di rifugiarmi al calduccio tra le sue braccia. Girai la testa per guardare l’orologio mentre una ciocca di capelli rossi mi cadeva sopra gli occhi. Erano le otto e mezza ma tanto era domenica. Il mattino dopo a quest’ora saremo dovuti già essere a scuola. Marco stava ancora dormendo beatamente come un angioletto. Era così dolce con tutti quei riccioli castani arruffati. Mi accomodai tra le sue braccia appoggiando la testa sul suo petto. Potei sentire il battito del suo cuore, stavo troppo bene, mi sentivo al sicura e protetta se c’era lui con me, se lui era al mio fianco. In quel momento lo senti sbadigliare e si stiracchio le braccia.
- buongiorno – lo salutai dolcemente visto che si era appena svegliato.
- buongiorno piccola – mi salutò lui.
- hai dormito bene nel mio letto? – gli chiesi.
Lui fece uno sguardo stupito e poi si ricordò.
- oddio è vero, mi sono addormentato qua – rispose lui.
- io ho dormito bene comunque, stavo così calda tra le tue braccia – continuai.
- sono felice di averti scaldata – mi rispose lui dolcemente.
- dovremo alzarci – dissi io.
- ancora cinque minuti – replicò lui.
Mi avvicinai e incominciai a fargli il solletico mentre lui si dimenava e rideva.
- va bene, va bene, ma ti prego smetti – mi implorò.
Smisi e ci alzammo, io andai in bagno a sistemarmi mentre lui incominciò a rivestirsi. Finito con il bagno mi pettinai i capelli perché dopo una notte così erano tutti aggrovigliati ma restai in pigiama, era troppo comodo. Uscii dal bagno e lui era già vestito e pronto.
- Posso usare il bagno? – mi chiese.
- si – gli risposi.
Anche lui andò in bagno a sistemarsi e poco dopo uscii. Scendemmo di sotto e ci sedemmo nel tavolo nel quale ieri sera avevamo mangiato le fettuccine con l’anitra.
- Vuoi del tè caldo? – gli chiesi.
- si grazie – mi rispose lui.
Preparai il pentolino con il tè e poi le tazze con dentro la polvere. Facemmo colazione e dopo i vari saluti e convenevoli se ne ritornò a casa. Quello forse poteva dirsi uno dei giorni più felici della mia vita.
Il mattino dopo, lunedì 22 ottobre Serena ed io stavamo andando a scuola e nel frattempo le stavo raccontando di quello che era successo.
- allora devi raccontarmi tutta la serata – disse lei.
- è venuto a casa mia e abbiamo mangiato le fettuccine con l’anitra, poi ci siamo messi insieme e poi abbiamo guardato un film – incominciai.
- che film? – mi chiese lei.
- 30 giorni di buio, il mio preferito – risposi.
- com’era vestito? – mi chiese.
- indossava la felpa che gli ho regatato – esultai felice.
- e te invece? – continuo l’interrogatorio.
- io avevo il pigiama rosa per stare comoda – risposi.
Lei mi guardo sbarrando gli occhi. Sapevo cosa pensava ma non me ne importava.
- e quindi vi siete messi assieme? – mi chiese.
- si, adesso siamo proprio fidanzati, come tu e Carmine – risposi.
- si è dato da fare però, ha lasciato la stron.za e ti ha chiesto di fidanzarti con lui – disse.
- poi io mi sono addormentata e lui mi ha portata a letto in braccio e ha passato la notte lì con me – spiegai.
- che dolce che è stato – rispose lei.
- poi alla mattina ci siamo svegliati e abbiamo fatto colazione insieme, infine lui è ritornato a casa – raccontai.
- diciamo che meglio di così non ti poteva andare – affermò lei.
- si, tutto finalmente sta andando per il verso giusto – risposi felice.
Continuammo a camminare e raggiungemmo il cancello della scuola.
CARMINE.
Io, Marco, Dani e Ivan stavamo camminando verso le scuola e stavamo discutendo di quello che Marco aveva fatto questo fine settimana.
- allora, raccontaci tutto? – chiesi curioso.
- dunque, sono andato a casa sua e abbiamo mangiato le fettuccine con l’anitra, poi ci siamo messi insieme e abbiamo guardati un film, infine lei si era addormentata e io l’ho portata in braccio fino al letto, poi mi sono addormentato anch’io li con lei – spiegò lui.
- quindi adesso anche tu sei fidanzato come Carmine – chiese Dani.
- esattamente – rispose Marco.
- e al risveglio cos’è successo? – chiese Ivan.
- mi sono svegliato che lei era abbracciata a me, poi abbiamo fatto colazione e infine sono ritornato a casa – continuò lui.
- capito, diciamo che meglio di così non ti poteva andare – affermai.
- penso proprio di no – rispose lui.
Incominciò anche quella mattinata e velocemente finì.
ciao a tutti eccovi il prossimo capitolo, grazie come sempre a chi segue la mia fanfiction.
CAPITOLO 23.
RENATA.
I mesi passarono velocemente, ottobre finì, novembre volò e venne già dicembre, io e Marco eravamo felici di stare insieme, io trascorrevo normalmente la mia solita vita con l’unica differenza che adesso c’era anche lui che ne faceva parte.
Eravamo proprio perfetti insieme, lui era dolce, spesso durante i lunghi e noiosi pomeriggi di studio mi veniva a trovare a casa per farmi compagnia, qualche volta il sabato uscivamo insieme ma non sempre, voleva lasciarmi i miei spazi e anche io e Serena avevamo tanto da dirci e da raccontarci, in un luogo un po’più intimo e non solo durante il tragitto casa scuola che, come abbiamo sempre fatto, condividevamo.
Marco e le sue continue sorprese cancellavano ogni traccia di monotonia.
Anche tra Serena e Carmine andava tutto bene, si vedeva che si amavano e poi erano due caproni , erano fatti per stare insieme. Anche Dani e Ivan si erano fidanzati e anche per loro le cose stavano andando bene. Per quanto riguarda Silvia, lei e Marco ebbero qualche altra discussione prima di capire che doveva togliersi dalla sua vita e non ci mise molto a rimpiazzarlo con qualcun altro, che chiaramente, come aveva sempre fatto con Marco, tradiva ogni tanto con il belloccio di turno.
Insomma tutto era perfetto, le cose non potevano andare meglio di così.
Era sabato 15 dicembre e Serena ed io stavamo andando a comprare i regali di natale per i rispettivi fidanzati senza che loro lo sapessero ovviamente.
Serena aveva comprato per Carmine un pigiama, era dolcissimo, già me lo immaginavo Carmine con addosso quel pigiama. Io invece per Marco comprai una bella sciarpa grossa che gli tenesse caldo, eravamo ancora in pieno inverno.
Anche Natale passò, arrivò l’ultimo dell’anno che passai insieme a Marco, Serena e Carmine in una villetta in montagna di amici di amici di Marco. Verso la mezzanotte facemmo il conto alla rovescia e quando incominciò il nuovo anno bacia romanticamente il mio amore, lo stesso fecero gli altri due piccioni. Se il nuovo anno doveva iniziare volevo che iniziasse alla grande e quale miglior modo se non baciando il ragazzo che per anni ho tanto desiderato e che ora finalmente era lì con me, insieme a me da due mesi, una settimana e quattro giorni. Non so se il calcolo fosse giusto ma mi ricordo come se fosse ieri quel sabato 20 ottobre in cui mi ha chiesto di fidanzarmi con lui.
Il nuovo anno incominciò e in men che non si dica iniziò gennaio.
Lunedì 7 gennaio era il compleanno di Ivan e come ormai da copione io e Serena insieme ai ragazzi ci siamo riuniti a casa di Marco a festeggiare tutti insieme. Anche gennaio passò.
Nel frattempo Ivan si era lasciato con la fidanzata, si erano accorti che tra di loro non c’era amore, un po’ come tra Marco e Silvia, quindi per il bene di tutti e due e di comune accordo si sono lasciati. Lui nonostante non fosse più fidanzato era felice ed era rimasto in buoni rapporti con la ragazza con cui ha condiviso gli ultimi due mesi. Dani invece era ancora felicemente fidanzato e il rapporto tra Serena e Carmine, i due piccioni, non poteva che andare meglio.
Forse era proprio vero, come diceva il verso di una canzone: di incredibili storie ce ne sono tante ma meglio di noi non c’è niente.
Quella canzone poteva descrivere perfettamente alla lettera tutto quello che era successo tra me e Marco in quegli anni. Dai migliori amici che eravamo alle medie, quando condividevamo tutto, quando già da allora eravamo in sintonia l’uno con l’altra ma ancor eravamo troppo piccoli e innocenti per capirlo. Dopo due anni che non ci siamo più parlati per colpa delle varie circostanze, adesso eravamo di nuovo insieme e non più come semplici amici ma come fidanzati. In Questo mondo dei grandi
Noi giocavamo coi sogni
Per rifugiarci in un posto lontano da
Questa realtà
Ma ora che ti ho qui davanti
Non serve chiudere gli occhi
Per inventare un posto che non c'è
Neanche nelle favole
E non bastano mesi
E non bastano anni
E non basta una vita con te
Ma è bastato soltanto un secondo per capire che
Di incredibili storie ce ne sono tante
Ma meglio di noi non c'è niente
Meglio di noi non c'è niente
Anche se a volte il mio cuore
Tremava sotto lo zero
Insieme abbiam superato
Montagne di incertezze di paure
E con un paio di ali
Abbiamo scritto nel cielo
Quattro incantevoli pagine di
Questa storia che non ha
Mai la stessa musica
E non bastano mesi
E non bastano anni
Non basta una vita con te
Ma è bastato soltanto un secondo per capire che
Di incredibili storie ce ne sono tante
Ma meglio di noi non c'è niente
E lo voglio cantare una volta per sempre che
Meglio di noi non c'è niente
Meglio di noi non c'è niente
E non bastano mesi
E non bastano anni
E non basta una vita con te
Ma è bastato soltanto un secondo per capire che
Di incredibili storie ce ne sono tante
Ma meglio di noi non c'è niente
E lo voglio cantare una volta per sempre
Che meglio di noi non c'è niente
Meglio di noi non c'è niente
Meglio di noi
Meglio di noi
Meglio di noi non c'è niente
Era proprio vero: meglio di noi non c’è niente.
ciao a tutti, vi lascio il nuovo capitolo dove le cose si complicheranno. grazie a tutti.
CAPITOLO 24.
RENATA.
Nel frattempo iniziò il mese nuovo. Era giovedì 14 febbraio, san Valentino, era da qualche giorno che non vedevo Marco e per l’occasione gli avevo comprato una scatola di cioccolatini a forma di cuore e una bottiglia di spumante per festeggiare.
Erano le quattro di pomeriggio e mi stavo dirigendo a casa sua quando lo vidi nella porta, era con una ragazza, era con Silvia e si stavano baciando. Improvvisamente mi crollò il mondo addosso. Lasciai cadere per terra la bottiglia e la scatola di cioccolatini. Mi girai di scatto e me ne andai via, via da lui. In quel momento l’unica persona in grado di consolarmi era la mia unica e inimitabile migliore amica.
Decisi di scappare e di andare a casa sua. Nel frattempo Marco aveva visto per terra i cioccolatini e la bottiglia di spumante rotta in mille vetri. Si allontano da Silvia e corse per raggiungermi.
Avevo il cuore a pezzi, non volevo parlargli, io che credevo che veramente ci sarebbe potuto essere qualcosa tra di noi invece era come tutti gli altri ragazzi, era ritornato da quella deficiente bionda, anche se continuavo a pensarci e più ci pensavo più non trovato il motivo e il perché di quello che avevo appena visto. Camminai velocemente non volevo che mi raggiungesse ma purtroppo per me il piano fallì.
Marco mi raggiunse e mi bloccò, mi prese per i fianchi e mi girò verso di lui mentre incominciavano a scendermi tutte le lacrime che avevo trattenuto per lui in quegli anni. Avevo sofferto da morire a vederlo sempre insieme a Silvia e ora che tutto sembrava perfetto mi sembrava di essere ritornata nel passato. Un amaro salto indietro nel tempo.
- Renata ti prego, lasciami solo spiegare – implorò lui.
- cosa c’è da spiegare, mi sembra di aver visto tutto – gli dissi.
- non è come credi, non abbiamo fatto niente – cercò di spiegare lui.
- niente? Ho visto che vi stavate baciando – dissi io cercando di restare lucida.
- non è andata così, lasciami spiegare – implorò ancora lui.
- io con te non voglio più avere niente a che fare – urlai.
- Renata ti prego – implorò lui.
- ti prego che cosa? La stavi baciando, o forse mi sto sbagliando? – chiesi sarcastica in preda ad un attacco isterico.
- no, non ti stai sbagliando – ammise lui.
- allora non abbiamo più niente da dirci, fra noi è finita – cercai di finire il discorso e di andarmene.
- come è finita? Che vuol dire che è finita? – chiese lui con gli occhi lucidi.
- esattamente questo, è finita, addio – lo salutai e me ne andai piangendo verso il mio rifugio sicuro.
Grazie al cielo che quel pomeriggio Serena era da solo, Carmine non c’era, era andato a casa di Ivan a parlare delle loro faccende. Quando Serena mi vide in lacrime capii che era successo qualcosa, mi aprii e mi fece accomodare nel suo letto mentre piangevo tra le sue braccia.
- Renata prova a spiegarmi un secondo quello che è successo, sennò non ti posso aiutare – mi parlò dolcemente.
Io continuavo a singhiozzare, non avevo la forza di andare avanti.
- Dai Renata, reagisci e prova a raccontarmi tutto – chiese ancora dolcemente lei.
Alzai il viso dalla sua spalla e la guardai dritta negli occhi.
- oggi sono andata a casa di Marco per portargli il mio regalo per san Valentino e l’ho trovato là che si baciava con Silvia – spiegai in lacrime.
- poi? – chiese ancora.
- poi me ne sono andata e lui mi è venuto dietro, cercando di scusarsi e di spiegarsi – continuai.
- che scusa ha trovato? – chiese lei.
- non è come sembra, ti posso spiegare e tutte quelle cose lì, ma cosa c’è da spiegare, la stavi baciando punto e basta, un bacio come quelli non viene per sbaglio o così, c’era qualcosa sotto – spiegai.
- secondo te perché lo ha fatto? – mi domandò Serena.
- non lo so – riposi.
- che vuol dire che non lo sai? – mi chiese lei.
- che nemmeno io riesco a trovare una spiegazione di quello che ha fatto, eravamo la perfezione insieme, non c’era neanche una virgola che fosse storta nella nostra storia – provai a spiegare.
- anche secondo me c’è qualcosa sotto – disse lei.
- non aveva motivo per farlo, io più ci penso più non ci trovo spiegazione per quel gesto – dissi.
- e se lui fosse solo la povera vittima – provò a ipotizzare Serena.
- come la vittima? – chiesi io.
- nel senso che lei è l’artefice di tutto e lui la vittima che purtroppo non ha potuto scappare da quella situazione e sfortunatamente al momento sbagliato nel momento sbagliato sei arrivata te – spiegò lei.
- ancora non capisco – borbottai io perplessa.
- lei lo sta manovrando, lo sta ricattando e lui è costretto ad ubbidirle – spiegò infine lei.
- in ogni caso poteva parlarmene – borbottai.
- Renata, purtroppo certe cose sono troppo complicate, come hai sempre detto te, dai tempo al tempo e speriamo la cosa si risolva sennò al massimo chiederemo un chiarimento – disse Serena.
Io annuii.
- Comunque non al momento non voglio più parlargli e non voglio vederlo – dissi mentre nel frattempo un po’ le lacrime si erano asciugate.
- va bene, ti capisco ed è più che normale la tua reazione, cerca di evitarlo fin che puoi, tu resta con me che ci sarò sempre con te a proteggerti – disse dolce e rassicurante la mia migliore amica.
- va bene – finì io.
Restai in compagnia sua per circa due ore fino a quando non si fecero le sette e tornai a casa per la cena. Quell’ orribile giorno finii e si fece spazio il giorno seguente.
buon ferragosto a tutti. vi lasciò il nuovo capitolo, grazie per tutti i commenti. in questo capitolo non succederà nulla di particolare ma la storia intanto va avanti. restate con me che prossimamente succederanno tante cose.
CAPITOLO 25.
MARCO.
Era sabato 16 febbraio, per questi due giorni Renata non mi aveva rivolto la parola e neppure mi aveva guardato, mi sentivo morire, mi sentivo uno straccio, ma come darle torto, ci sono ricascato in questa maledetta trappola, Silvia mi ha di nuovo usato e mi ha di nuovo rovinato la vita. Io naturalmente come un co.glione le ho lasciato fare e lei non ci ha pensato due volte a ridurre in frantumi la mia vita nuovamente.
Era sabato pomeriggio, erano quasi le tre e fuori c’era un tiepido sole. Improvvisamente suonò il campanello ed andai ad aprire: era Carmine. Lo feci entrare e ci accomodammo nel divano.
- adesso devi spiegarmi tutto – affermò freddo lui.
- che cosa dovrei spiegarti? – chiesi io.
- perché hai fatto quello che hai fatto a Renata? – mi domandò.
- non è stata colpa mia, e lei che è venuta da me e mi ha baciato, quindi è stata colpa sua tecnicamente – risposi.
- non proprio, tu non hai fatto niente per impedirle di farlo – mi disse.
- ma che cosa avrei dovuto fare? – chiesi isterico.
- scansarla, mandarla via – rispose lui.
- non è così facile – risposi.
- per te è tutto complicato, ma sai che ti dico, sei te che ti complichi la vita – affermò lui.
- cosa vorresti dire? – io.
- ne fai un dramma per qualsiasi cosa – spiegò lui.
- l’ho appena persa, secondo te non dovrei farne un dramma adesso? – chiesi ironico e nervoso.
- questo si, ma credimi che Renata non aspetta altro che tu ti faccia perdonare per ritornare con te, si vede che è cotta, siete fatti per stare insieme, sembra che vi abbino creato apposta per unirvi – parlò Carmine.
- ne sei sicuro? – domandai io.
- certo che ne sono sicuro, ora però devi farti perdonare, e alla svelta – disse lui.
- cosa potrei fare? – gli domandai.
- questo non lo so amico, devi pensarci tu e trovare tu un modo, io di certo non posso dirti quello che devi o non devi fare – affermò lui.
- ti lascio farlo solo per questa volta – cercai di implorarlo.
- sinceramente nemmeno io ho idea di cosa tu possa fare per farti perdonare – rispose.
- bene – dissi sarcastico.
- Marco, cosa vuoi che faccia? Hai fatto proprio un bel casino stavolta – disse lui.
- lo so, ma adesso voglio rimediare – dissi.
Ci fu un minuto di silenzio.
- come stai? – mi domandò premuroso.
- malissimo, è da due giorni che non mi parla, mi sento morire dentro -risposi.
- ci tieni tanto e si vede, e anche lei tiene tanto a te, solo che adesso ha un po’ perso la fiducia visto quello che è successo – parlò saggiamente Carmine.
- e se provassi a parlarle? – domandai.
- intanto è un inizio, provaci che non si sa mai, però devi cogliere il momento buono – spiegò lui.
Offrì da bere al mio amico che passò tutto il pomeriggio a discutere con me.
La settimana finì e iniziò quella nuova.
buongiorno, grazie a tutti quanti per i commenti e per leggere la mia ff. ecco il nuovo capitolo.
CAPITOLO 26.
MARCO.
Un'altra settimana passò e intanto Renata non mi rivolgeva la parola, dovevo fare qualcosa ma non sapevo che cosa. Era venerdì mattina, erano le undici e lei stava salendo le scale, era da sola, era il momento giusto per agire. Le corsi dietro e la raggiunsi.
- Renata ti prego, noi dobbiamo parlare – le dissi.
- non abbiamo niente da dirci, tu preferisci lei, anche se io so perfettamente che non è così perché fra noi si sentiva che c’era qualcosa, ma se ti va di stare con lei per me va bene – affermò lei.
- ma io non voglio stare con lei, io voglio stare con te, sei te l’unica che voglio, con lei è stato solo uno sbaglio, uno sbaglio fin dall’inizio – cercai di difendermi.
- allora si vede che ti piace sbagliare visto che alla fin fine vai sempre da lei – mi disse lei, calma e tranquilla come se non le importasse nulla. Mi si spezzava il cuore vederla così, che avevo fatto, quel giorno avrei dovuto respingere Silvia e invece mi sono lasciato sopraffare.
- Renata, adesso fai l’indifferente perché stai soffrendo e lo capisco, ma io so che tra di noi due c’è qualcosa, c’è sempre stato qualcosa da quando ci siamo conosciuti 11 anni fa in prima elementare – dissi.
Mi vennero in mente una miriade di ricordi. Quanto avrei voluto tornare indietro nel tempo, sicuramente Silvia non l’avrei mai guardato, sarei sempre stato solo e unicamente per Renata, era lei il mio sole, la mia forza, da idiota l’avevo tagliata per due anni dalla mia vita, ora che era ritornata ci ero ricascato di nuovo.
- So benissimo che fra di noi c’è qualcosa, lo so, e se potessi ti bacerei anche adesso subito – disse lei.
- e perché no, puoi farlo – le dissi io. In quel momento mi vennero alla mente tutte le immagini dei nostri baci più dolci, romantici e passionali che in quei mesi ci eravamo dati.
- non posso farlo finché continuerai a comportarti come un co.glione, se continuo sempre a perdonati troppo facilmente tu continuerai sempre a ricascarci, è un circolo vizioso – continuò lei.
- io non avrei voluto cascarci, devi credermi – provai a difendermi.
- immagino, ma va sempre a finire così – mi rispose lei.
- Renata, io ci tengo a te, non voglio perderti per niente al mondo – la implorai, ormai avevo gli occhi lucidi.
- lo so, nemmeno io voglio perderti, però devi mettere la testa prima – mi disse lei abbracciandomi e appoggiando la testa sul mio petto. Ricambiai l’abbraccio, era da una settimana che non le parlavo, che non la toccavo, che non sentivo più la sua presenza su di me e adesso era li. Dopo qualche minuto si distaccò dall’abbraccio e prese timidamente parola.
- fra di noi non potrà mai esserci alcuna relazione finché non ti metterai la testa apposto e fari un po’ di ordine nella tua vita – mi disse.
Dopo di che se ne andò e io scesi le scale amareggiato. Poco più in giù vidi Silvia. Dovevamo parlare e dovevamo chiarire che a nostra relazione era finita ancora il 17 ottobre quando mi sono fidanzato con Renata.
- Cercavo proprio te, dobbiamo parlare – le ordinai.
- ma certo Marco, vuoi un replica del bacio che ci siamo dati a san valentino - chiese lei ironicamente mettendomi le mani addosso.
Incominciò a baciarmi sul collo per poi salire fino al lobo dell’ orecchio sinistro e alla guancia arrivando nell’ angolo sinistro della bocca.
- Silvia ti prego smettila – le dissi cercando di mantenere la calma.
- e perché mai’ – mi domando lei, sempre, maledettamente sensuale.
In quel momento notai che stava passando Renata insieme a Serena e che ci stava guardando schifata con un evidente disappunto.
- Silvia basta, non l’hai ancora capito – le dissi togliendola da me.
- cosa c’è, forse non sono bella, oppure preferisce qualche rossa di nostra conoscenza – mi chiese lei inviperita.
- Silvia, fra di noi non c’è mai stato niente, quel bacio che ci siamo dati a san Valentino, sei stata te a baciarmi e io purtroppo non ho fatto niente per evitarlo, io non ti voglio più, come te lo devo dire, te lo vuoi mettere in testa – le dissi.
- fai quello che vuoi ma sappi che mi rimpiangerai – urlò lei isterica andandosene. Potevo chiarire con Silvia che tra me e lei non c’era niente una volta per tutte e invece non sono riuscito a combinare ancora niente.
Ero proprio un idiota, faceva bene Renata ad evitarmi, non riuscivo nemmeno a controllare i miei impulsi. Ma le cose dovevano cambiare, io volevo che cambiassero, non mi lascerò mettere i piedi in testa da nessuno. Quel giorno finì.
Renata ci teneva a me e avrebbe voluto stare con me, però ero io il problema, ero io che dovevo fare qualcosa per cambiare la situazione. Ero io che dovevo mettermi in discussione.
ciao a tutti, domani parto e vado a milano marittima.
tornerò sabato forse, spero continui a piacervi la mia fanfiction e ci vedremo prossimamente.
CAPITOLO 27.
RENATA. Io di Marco non ne volevo più sapere. Come no. Vorrei averlo qui, vorrei baciarlo, vorrei abbracciarlo, vorrei farmi coccolare tra le sue braccia ma le cose non potevano andare avanti così.
Gli avevo detto questa mattina che lo desideravo più che mai ma se lui non cambiava fra di noi non avrebbe mai potuto esserci niente.
Era venerdì pomeriggio, Serena era venuta a casa mia e stavamo parlando del più e del meno e di varie cose.
- Allora, oggi hai parlato con Marco, cosa ti ha detto? – chiese Serena.
- ha tentano nuovamente di giustificarsi – spiegai io.
- e tu cosa gli hai detto? – domandò.
- gli ho detto che volevo stare con lui, che lo desideravo più che mai, ed è vero, però fra di noi non poteva esserci una relazione se lui continuava a fare l’idiota – le risposi.
- hai fatto bene, deve mettersi la testa apposto – affermò lei.
- glielo detto anch’io, che deve anche fare ordine nella sua vita – continuai.
- e possibilmente tagliare i rami secchi – finì lei.
Passammo il pomeriggio a parlare delle nostre faccende. Sabato pomeriggio Serena sarebbe uscita con Carmine mentre io ero rassegnata a stare a casa da sola. Erano fa conto le tre e mezza del pomeriggio quando sentii suonare il campanello. Oddio, se è Marco gli sbatto la porta in faccia. Vado ad aprire e grazie al cielo non è Marco: è Ivan.
- Ciao – mi salutò lui.
- ciao piccolo – lo salutai io.
- Carmine mi ha detto che oggi eri a casa da solo e quindi sono passato per tenerti un po’ di compagnia – spiegò lui.
- che dolce che sei – dissi schiaffeggiandolo dolcemente nella guancia sinistra con la mano destra.
Lo feci entrare e ci accomodammo in camera mia. Ci sedemmo comodamente nel mio letto e incominciò la conversazione.
- sono venuto a trovarti perché so quanto ci stai male per la storia di Marco – spiegò lui.
- che tesoro, però non ci si può far niente purtroppo – risposi.
- volevo cercare di farti sorridere un po’ e di tirarti su il morale – disse lui.
- anche qua non c’è niente da fare, tutto dipende da Marco – gli spiegai.
- Renata, odio vederti soffrire così – cercò di consolarmi.
- sei dolce, e apprezzo il fatto che tu cerca di farmi sorridere, ma non c’è niente da fare – risposi.
- mi dispiace, però intanto posso tenerti compagnia – propose lui.
- questo si, ma andrà a finire che a furia di stare con me ti deprimerai anche te – dissi sarcastica.
- non è vero, io comunque lo faccio perché ci tengo a te – disse lui.
- davvero? – chiesi io.
- certo, siamo amici, è da un po’ che ci conosciamo e da quel che ho capito posso dirti che non ti meriti di soffrire – affermò lui.
Passammo il pomeriggio a parlare del più e del meno, non tirammo fuori l’argomento Marco, dovevo cercare di distrarmi il più possibile e pensare a lui mi provocava solo sofferenza e patimento. Quell’argomento era da tirare fuori per le discussioni mie con la mia migliore amica. Il pomeriggio con Ivan fu molto piacevole e verso le sue e mezza, quando il sole incominciò a calare, se ne ritornò a casa. Ero distrutta, senza di lui non potevo stare, lo desideravo e lo volevo per me, ma se lo perdonavo così facilmente e se gliela davo vinta così facilmente cosa mai avrei ottenuto. Che fra qualche mese ci sarebbe ricascato. Mi manca di morire però, mi manca stare tra le sue braccia, vedere il suo sorriso, sentire la sua risata, la sua voce, tutto di lui mi faceva impazzire.
Il sole se ne andò definitivamente, domani era domenica e dopodomani lunedì ma non avevo voglia di andare a scuola, era solo che una sofferenza, vederlo e non poterci fare niente. Io ero cambiata per lui, anzi, no, ero sempre me stessa solo che mi ero fatta coraggio ed aveva superato le mie insicurezze. Allora questo voleva dire che era lui che doveva svegliarsi e farsi coraggio.
eccomi di nuovo qua, ritornato dalla vacanza a Milano Marittima con i Finley. peccato che non c'era anche Ivan. ma ci siamo lo stesso divertiti.
eccomi qua con il prossimo capitolo.
CAPITOLO 28.
SERENA.
Odiavo vedere la mia migliore amica in quello stato, mi è dispiaciuto da morire sabato lasciarla da sola, io sono andata a casa di Carmine e ci siamo fatti un po’ le coccole. Per me le cose in amore non potrebbero andare meglio, mi dispiace solo per Renata, non sopporta vederla soffrire, però ha ragione anche lei, perdonargli a Marco tutto e subito vorrebbe dire che fra qualche altro mese avrebbe potuto ricascarci. Magari no, ma chi lo sa con certezza quello che sarebbe potuto accadere. Era lunedì 25 febbraio ed io ero uscita di casa per raggiungere Renata per andare a scuola. Camminavo un spaesata per le strade ed i sentieri, forse ero uscita un po’ prima del solito, mi sembrava strano ma c’era un silenzio assoluto e la cosa mi preoccupava. Non avevo mai sopportato il traffico, il rumore, infatti questo paese è un po’ fuori dalla globalizzazione però non c’èra mai stato questo silenzio. Sarà che anche il mondo si è accorto che c’è qualcosa che non va. Trovai Renata seduta sulle scale che mi aspettava, quando mi vide si alzò e continuammo la strada insieme.
- Serena – mi chiamò Renata.
- si – risposi.
- non so come fare – disse lei.
- per cosa? – chiesi.
- per risolvere questa situazione – mi rispose.
- Renata, tu non devi fare niente, è lui che deve prendere provvidenti – gli spiegai.
- ma io non vogliono restarmene con le mani in mano mentre il tempo passa, ne ho già perso abbastanza di tempo – parlò lei.
- ti capisco, ma dalla vita non si può ottenere tutto – cercai di consolarla.
- quella stron.za però ha sempre ottenuto tutto – affermò lei.
- per questo non sa cosa vuol dire apprezzare le cose e adesso ne vorrebbe sempre di più – le dissi.
- e mi pare ci sia anche riuscita nel suo intento – mi rispose lei.
- Renata, lei non ha ottenuto niente, Marco l’ha assecondata un po’ ma poi la respinta – cercai di spiegarle.
- cosa pensi voglia dire? – mi domandò.
- che ci tiene a te e anche tanto – risposi.
- anch’io ci tengo a lui, ma non può continuare a fare come gli pare – mi disse.
- ti capisco perfettamente – le risposi.
Entrammo dal cancello e raggiungemmo l’aula per incominciare la mattinata. Si vedeva che Renata era demoralizzata ai massimi livello. Io non potevo vederla così, dovevo fare qualcosa, ma anche io non potevo farci niente, l’unico che avrebbe potuto fare qualcosa per farla stare meglio era Marco.
Finita scuola ripercorsi come al solito la strada insieme a Renata, il discorso era sempre il solito, stava provando a formulare le ipotesi più assurde, era in preda ad una crisi isterica, io non potevo vederla così, non volevo vederla così e dovevo assolutamente fare qualcosa. Dopo essere ritornate a casa il pomeriggio uscii e in poco tempo mi ritrovai davanti casa di Marco. Suonai e in poco tempo ero dentro, eravamo io e lui seduti sul divano faccia a faccia.
- Penso tu sappia cosa mi porta fino a qui – dissi.
- immagino, ma io non posso farci niente – mi rispose.
- cosa vorrebbe dire che non puoi farci niente? Sei stato tu a spezzarle il cuore, come minimo qualcosa per farti perdonare potresti farlo – affermai.
- Serena, sono distrutto – mi rispose.
- perché Renata non è mica a pezzi per colpa tua? – replicai.
- quel giorno è stato tutto uno sbaglio – disse lui.
- come uno sbaglio? – chiesi.
- stavo aspettando Renata, sapevo che sarebbe venuta a trovarmi, sento suonare il campanello, penso sia lei, corro ad aprire senza guardare e mi ritrovo davanti Silvia – spiegò lui.
- fin qua va bene, e per quanto riguarda il bacio? – continuai.
- non so nemmeno cosa dirti per quanto riguarda il bacio, è stato un attimo, lei mi è saltata addosso e mi ha dato quel bacio, io non ho neanche avuto il tempo di reagire – cercò di spiegare lui.
- va bene, ma perché mai è venuta a trovarti, tu e lei avevate chiuso no? – domandai.
- andiamo, sai benissimo com’è fatta, e che non molla la presa fino a quando non ha ottenuto ciò che vuole, in questo caso rovinarmi la mia vita – mi rispose lui amareggiato.
- so perfettamente meglio di te com’è quel avvoltoio – risposi.
- no, tu non hai idea di dove può arrivare per ottenere il suo scopo, sarebbe capace di qualsiasi cosa – disse lui.
- tu però non ami Silvia? – gli chiesi.
- certo che non la amo – mi rispose.
- ma allora perché non l’hai mandata via? – gli chiesi ancora. Volevo arrivare al fondo di questa faccenda.
- non sapevo cosa voleva da me, poteva essere qualsiasi cosa, quindi ‘ho fatta entrare per sentire un po’ cosa voleva – spiegò lui.
- capisco perfettamente che lei sia perfida e meschina ma anche tu sei un idiota a farti trattare così da quella stron.za – affermai irritata.
- lo so, io amo Renata e farò di tutto per riconquistarla, lei è la persona migliore sopra a questo mondo perché solo lei mi sa capire e solo con lei sono veramente me stesso, sono veramente felice – affermò.
- il mondo ha sempre saputo che fra te e Renata c’era qualcosa in più di una semplice amicizia e lo ha sempre saputo ancora da tanti anni fa – gli dissi.
- si ma alle medie, eravamo due ragazzini di quattordici anni, cosa potevamo saperne noi dell’amore – rispose.
- non hai idea di quanto ci sia rimasta male che non ha più potuto parlarti per due anni quando ti sei fidanzato con quella pu.ttana bionda – continuai.
- credimi che mi dispiaceva anche a me, ma io ho sempre continuato a pensarla, in ogni momento – spiegò.
- allora forse non ti è venuto in mente che avresti potuto fare qualcosa già allora e non aspettare due anni – risposi.
- c’era qualcosa che mi bloccava, non so che cosa fosse, era strano, ma ora che ho rotto tutte le barriere sono pronto per riconquistarla – affermò lui deciso. Diciamo che i buoni propositi e le buone intenzioni ci sono.
Sono sempre più convinta che sia Silvia la causa del malessere generale di Renata, lei direttamente o no causa sempre solo sofferenza alla mia amica. Ma io mi chiedo, perché lo fa? Cosa vuole da Renata? Cos’ha contro di lei?.
- Comunque io sono dalla tua parte – dissi a Marco.
- quindi mi aiuterai? – mi chiese lui.
- se posso fare qualcosa si, ma non posso nemmeno io fare granché – risposi.
Gli sorrisi e anche lui ricambiò.
- so che ci tieni tanto a lei, e anche lei ci tiene tanto a lei, vi siete aspettati da sempre, adesso però cerca di far ordine in quella tua testa e pensa a un modo per farti perdonare – gli dissi dolcemente.
- va bene – rispose lui.
- e soprattutto devi togliere Silvia dalla tua vita completamente – finì.
Lui annui. Io me ne ritornai a casa continuando a pensare cosa provocava a Silvia tutto quell’odio nei confronti di Renata. Quel giorno il sole pallido e cupo, triste anche lui tramontò.
eccomi di nuovo qua a lasciarvi il ventinovesimo capitolo.
CAPITOLO 29.
RENATA.
Ero davvero distrutta, quel lunedì pomeriggio Serena mi aveva detto che aveva un importante faccenda da sbrigare e quindi io sono andava a farmi una passeggiata per conto mio. Ero stufa del comportamento di Marco, anche se lui ci teneva a me non poteva andare con la prima persona che gli capitava a tiro. Non aveva morale, poi andando con quell’oca la morale la si perdeva del tutto. Eppure io non le avevo fatto niente, ma lei mi odiava e non sapevo perché. Non sapevo perché in prima superiore si era inventata quelle cose insensate su di me e così facendo mi aveva fatto odiare da tutti gli altri, non sapevo perché ancora nonostante tutto mi odiasse e forse non avrei mai avuto una risposta. Più che una risposta ,i sarebbe piaciuto che mi avesse lasciato in pace, che mi avesse lasciato vivere la mia vita e che lei avesse vissuto la sua senza intralciarci nel nostro cammino. Ma forse chiedevo troppo?. Assolutamente no che non chiedevo troppo, lei è sempre stata una sadica perversa che deve rovinare la vita agli altri sennò non è felice.
Mi incamminai verso l’entrata del parco e presi il sentiero di sassi. Almeno li si stava bene immersi nel verde delle piante, che pian piano stavano riprendendo le foglie che avevano perso in autunno.
Mi sedetti su una delle panchine di legno lungo il sentiero e stetti un po’ lì per riflettere.
CARMINE.
Oggi pomeriggio ero solo soletto come un cagnolino, Serena mi aveva detto che aveva delle faccende importanti da sbrigare e che quindi sarei rimasto solo.
Decisi di andare a farmi una passeggiata nel parco. Lì si stava bene, immerso nel verde dei sentieri, si respirava sano ossigeno ed era un ottimo posto per ragionare e per pensare.
Vidi seduta su una panchina Renata, mi avvicinai e mi sedetti vicino a lei.
- ciao piccolina – la salutai dolcemente.
- ciao gorilla – mi salutò lei scherzosa.
- cosa ci fai qua tutta sola a deprimerti così? – le chiesi.
- Serena aveva un importante faccenda da sbrigare e quindi sono venuta qua – mi rispose.
- pure a me ha detto così – le spiegai.
- mi chiedo cosa debba fare – borbottò dubbiosa Renata.
- non lo so – dissi.
- comunque come ti va la vita grande capo? – mi chiese.
- bene, e a te invece? – risposi e a mia volta le feci le stessa domanda però con un po’ di timore, sapendo quello che le era successo.
- sto tirando avanti – mi rispose lei.
- piccola, sai benissimo che lui ci tiene a te, anche se a volte non lo dimostra – cercai di consolarla abbracciandola. Lei si abbandonò al mio abbraccio e sprofondò tra le mie braccia appoggiando la testa sul mio petto. Dopo un po’ si tirò su.
- grazie – mi disse.
- e di cosa? – le chiesi un po’ perplesso.
- che mi consoli sempre e che sei sempre dolce con me – rispose lei.
- dovere, e poi mi dispiace vederti così, triste, infondo sei la migliore amica della mia fidanzata, considerami un po’ come il tuo fratello maggiore – le dissi dolcemente.
- va bene, d’ora in poi sarai il mio fratello maggiore che mi consola e che mi protegge – mi rispose lei abbracciandomi stringendomi forte.
- certo – le affermai.
- visto che sei il mio fratellone, mi porti in groppa – mi chiese dolcemente con lo sguardo da cucciola.
- agli ordini – le dissi sorridendo mentre ci alzammo contemporaneamente.
Mi abbassai e lei mi saltò in groppa sulla mia schiena aggrappandosi al mio collo come in una sorta di abbraccio da dietro. Io le presi le gambe e le assicurai alla mia vita in modo che non cadesse.
- su forza – mi incitò lei allegra.
Io obbedì e incominciai a camminare, trasportandola lungo il sentiero. Lei intanto era aggrappata a me, era abbracciata da dietro alla mia schiena e poggiava la testa quasi sopra la mia. Camminai per poco più di cinque minuti poi mi chiese di scendere per sgranchirsi le gambe.
- ti sei stancata? – le chiesi dolcemente.
- no, è troppo bello ma avevo le gambe che mi si erano addormentate – mi rispose.
- capito – affermai.
- non sono pesante vero? – mi chiese lei con una sorta di malizia giocosa.
- no affatto – le risposi.
- comunque sei proprio forte – mi disse ad un tratto mentre stavamo ripercorrendo il sentiero.
- in che senso? – le chiesi perplesso.
- nel senso che sei qua, che mi consoli, mi rallegri, cerchi di farmi ridere, io lo apprezzo – mi disse guardandomi negli occhi.
- sono felice, ma come ti ho detto, è mio dovere, sono il tuo fratellone maggiore – le risposi sorridendo.
Renata ed io ripercorremmo il sentiero per uscire dal parco e poi la riaccompagnai a casa. Erano quasi le sei e mezza e in quel lunedì pomeriggio stava incominciando a calare il sole per dar spazio alla notte.
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