Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
Non potevo mancare troppo a lungo. Sentivo il bisogno di scrivere, di spiegarmi.
Grazie a chi mi segue.
9.
‘Sei l’unico naufragio in cui non potrei mai annegare.’
E’ notte fonda.
Non ho più ore del giorno in cui poter distinguere cosa faccio perché, da un po’, sono tutte uguali e, allo stesso modo, vuote. Odio la notte, odio dover stare sveglia quando dovrei solo chiudere gli occhi e dormire, non pensare più a niente perché lo faccio tutto il giorno, a tutte le ore. Odio dover guardare il soffitto per ore interminabili in cerca di risposte che non cadranno mai dal cielo, perché non siamo in una fiaba e la vita è tutto tranne che pace, amore e fraternità.
Ci illudiamo di esser felici, di aver trovato qualcuno disposto ad accettarti e ad amarti davvero, senza freni né rinunce, ma poi questa felicità la vediamo sfiorire, sparire, sfuggire dalle nostre mani come se niente fosse.
Sono nel letto in stato vegetativo da quattro giorni esattamente, non sono andata a scuola, non ho studiato, non sono uscita, non ho risposto al telefono, alle chiamate dei miei amici, non ho visto la luce del sole. La stanza non è illuminata da giorni e tutto è esattamente come lo avevamo lasciato quattro giorni fa. Ho lasciato tutto così per paura di cambiare qualcosa, di cambiare anch’io spostando i residui. Volevo tornare indietro, inseguirlo, dirgli che se avesse chiuso quella porta dietro le sue spalle si sarebbe portato via un pezzo, due pezzi, tutti i pezzi di me.
Ma poi per una sorta di orgoglio non mi sono nemmeno alzata, per ostacolarlo. Ho lasciato che andasse via, perché quando lo guardo non provo più solo malessere, provo mille dolori, uno dietro l’altro, uno più forte dell’altro. Non è più felicità mista alla voglia di averlo, non è più solo questione di essere consapevoli di amarlo ma di non averlo, ora ce l’ho avuto per pochi attimi, per pochi giorni, per una vita, non importa. L’ho baciato, ho sentito come se tutto prendesse forma nella sua bocca, come se il mondo fosse meno sporco, con lui.
Vorrei potergli dimostrare che l’amore non si sceglie ma arriva e stravolge senza nemmeno potersi ribellare. Vorrei potergli sussurrare mentre dorme parole dolci, parole imponenti, importanti. Vorrei entrargli nei punti più deboli che ha per fortificarli, per non fargli avere più paura. Vorrei semplicemente vederlo guidare, cantare canzoni a squarciagola in macchina mentre siamo diretti chissà dove, vorrei spogliarlo di ogni vestito e di ogni insicurezza.
Ma chi potrà mai vedere i suoi occhi con la stessa voglia di penetrarli come faccio io?
Chi potrà mai vedere dolci i suoi difetti più ambigui? Lo guardo e sento di aver trovato un posto nel mondo sicuro, per tutti. Come se avessi cercato un tassello, un piccolo tassello, minuscolo e insignificante ma che ha sempre fatto la differenza perché senza di esso il puzzle non era completo e risultava brutto agli occhi di chi lo guardava. Quando cerchi qualcosa a lungo, con intensità, hai paura, lotti, ci speri, soffri e quando la trovi dovresti far di tutto per tenerla con te, per non lasciare che altri se ne approprino.
La pizza è sul tavolo, la televisione è ferma sullo stesso canale da quella sera, da quando lui se n’è andato. La felpa è lì, nel posto in cui lui non ha avuto il coraggio di tornare, per riprenderla.
E insieme a quella felpa ci sono le mie lacrime e il mio dolore perché la vita mi ha sbattuto la porta in faccia e se n’è andata.
E’ ora di alzarmi, penso.
Il fatto che io stia depressa su un letto da giorni non aiuta me, prima di tutto.
In questi casi penso sia meglio reagire che piangersi continuamente addosso.
Mi alzo dal letto, ho un mal di testa incredibilmente sconcio.
Prendo in cellulare in mano ed è come se avessi abbracciato la speranza, non potrò mai desiderare altra chiamata se non la sua.
Dieci messaggi, due chiamate.
Compagni di scuola, mamma, papà, lui.
Apro i messaggi distrattamente, svogliata di sentire e vedere sempre le stesse facce e sempre gli stessi pensieri, desiderosa di farmi male, ancora, insieme a lui.
E’ strano dire così, quando una persona non vive e non prova non sa mai, fino in fondo, cosa gli aspetta, cosa dovrà sopportare.
Il rapporto che ho con Marco è un rapporto pieno di sfumature, mai banali, complicate. E’ tutto così naturale, così ampio, così fuori dalle logiche comuni. E’ ridere, sorridere ad ogni gesto spontaneo, è ritrovarsi immersi l’uno nell’altro senza aver mai voglia di rinunciare. Ho sempre avuto paura di controllare sentimenti di questa portata ma poi è arrivato lui a dirmi che è possibile. Che l’amore brucia ed è incontrollabile e lui ne è stato la prova. Quando ti ritrovi in cose del genere è quasi impossibile prendere un treno ed andarsene perché più ti fai del male più ci ritorni, più ci fai l’amore.
Non è nemmeno questione di non volersi ferire, è questo che lo amo e amo ogni singolo dolore che mi provoca.
Lo richiamo.
<< Ehi…>>
<< Mi avevi chiamata, devi dirmi qualcosa?>>
<< Sì, in realtà volevo dirti che pomeriggio siamo vicino casa tua per il famoso meet a cui ti avevo detto di partecipare. Tu puoi entrare senza alcun permesso. Ti aspetto, dobbiamo parlare.>>
La frase: ‘Dobbiamo parlare’ riesce sempre ad essere maledetta.
<< Penso che verrò.>>
<< Non esiste penso, esiste che ho voglia di vederti anche solo per un attimo, ho voglia di rimediare al male che ti sto facendo, Chiara. Sei irrinunciabile. Più mi accorgo che la cosa sta diventando segreta e clandestina più ho voglia di vederti e baciarti delle ore intere, senza pentimenti. >>
Sorrido dietro al telefono e, forse, lui quel sorriso l’ha visto comunque.
<< Ci vediamo dopo.>>
<< Ieri sono venuto davanti scuola tua ma non ti ho vista, da nessuna parte.>>
<< E’ da quando sei andato via l’altra notte che non esco di casa. Se pomeriggio mi trovi con due occhi gonfi non spaventarti, ok?>>
<< Sei bella anche con gli occhi gonfi, perché sono pieni di me.>>
Ditemi se posso non perdonare il fatto che lui abbia una fidanzata ed è giusto che faccia così, ditemi se posso non amarlo più di quanto mi spetti.
<< Non ne parliamo, Marco.>>
<< Devo lasciarti perché Dani non so cosa voglia, dobbiamo finire i preparativi per pomeriggio, credo.
A dopo amore. >>
Chiude senza lasciarmi il tempo di chiedere il perché, senza capire perché il fiato mi stia mancando.
Riesce sempre a farmi convincere che non esiste delusione tanto grande da poter sovrastare ciò che mi provoca, io non riesco a pensare di doverne fare a meno, perché ogni mia parte si rifiuterebbe.
Perfino il sole, il mare, i mobili di casa mia, il letto su cui ci siamo baciati, il Duomo, la musica, l’universo intero si rifiuterebbero di sapere che non siamo insieme, perché non saremmo nel posto giusto.
Decido di mettere a posto casa, oggi ha perfino senso spolverare, perché non lo faccio mai con tanta voglia. Oggi emana calore perfino la pioggia e il cielo cupo di una Milano innamorata, piena di strascichi della sera precedente.
Inizio a prepare qualcosa da mangiare, perfino l’appetito assente da giorni è tornato. E’ incredibile quanto possa essere strano dipendere totalmente da una persona. E’ sbagliato, forse, ma, allo stesso tempo, è bello dipendere da lui e non da una qualsiasi altra persona.
Con lui è naturale perfino giocare alla Play come un vero maschio e incazzarsi quando si perde, con lui vien naturale mangiare scomposta, abbracciarsi sotto la pioggia, ridere per una cazzata che mi avrebbe fatta solo piangere. Con lui è normalità anche ciò che è strano, forse perché niente è abbastanza strano quando si tratta di lui.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
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Accendo il computer per ascoltare un po’ di Ed Sheeran che non guasta proprio mai e mi riempie il cuore di tutte le cose buone.
Spengo la televisione per far sì che non possa disturbare la sua voce dolce e importante.
Mi metto seduta a tavola venti minuti dopo assaporando tutto ciò che ho preparato solo perché ero felice mentre lo facevo. Sparecchio, faccio una doccia veloce e riposo sperando di non arrivare lì totalmente rin*******ita per non aver dormito quattro giorni.
Stranamente ci riesco e mi risveglio un’oretta e mezzo dopo, felice di sapere dove io sia diretta.
Felice di sapere che arrivarci poi, sarà mille volte più ripagante.
E’ arrivata l’ora di mettermi qualcosa addosso ed uscire, ho voglia di stringerlo e di sentire che nulla è cambiato, che gli occhi e il cuore non mentono mai.
Che non si può mentire all’amore incondizionato.
Sono pronta in pochi minuti, non sono il tipo di ragazza che impiega ore per prepararsi prima di uscire.Tengo solo al profumo, perché è la cosa che voglio fargli rimanere presente, che voglio non dimentichi mai.
Mi guardo allo specchio e noto che il sorriso ha coperto anche le imperfezioni.
Esco di casa, con un’aria nuova, più sana.
Arrivo nel posto del meet che è praticamente a due minuti di casa mia e lo vedo sorridere, fuori.
E allora io sorrido, fuori e dentro.
Mi vede e mi cammina incontro.
<< Sei bellissima. >>
Mi abbraccia e io lo stringo forte a me, quasi volessi dirgli che non deve permettersi più il lusso di staccarsi.
Mi dirigo verso Ka e gli altri e li saluto.
<< Speravamo che saresti venuta! >> dice Dani con un sorrisone.
Questi quattro ragazzi sono un rifugio.
Ivan mi abbraccia, forte.
<< Un giorno io e te dovremo parlare, di solito si ascoltano sempre due versioni. >> dice Ka con tono serio.
<< E’ un piacere Ka, quando vuoi. >>
Mi sorride anche lui, felice che io possa raccontarmi.
Non fa in tempo a rispondermi che Marco mi tira verso di lui.
<< Arrivo subito >> dice con un tono di chi poi non arriverà mai.
<< Don’t make promises that you won’t keep.>>
Inizio a ridere sguaiatamente come quando una cosa mi diverte troppo.
Ci allontaniamo dagli altri, dagli sguardi complici di Ka.
<< Non allontaniamoci dai, le ragazze staranno per arrivare! >>
<< Solo un bacio e poi andiamo. >>
<< Non dovevi parlarmi? >>
<< Se mi baci, mi ricarico. >>
Sorrido e poggio le mie labbra sulle sue, lui apre piano le sue e mi cerca, fino a trovarmi. Perché lui mi trova sempre.
Mi poggia piano al muretto di fronte e iniziamo a perderci, a ritrovarci, a riperderci, a ritrovarci come non mai.
Mi guardo intorno per vedere se è arrivato qualcuno, per evitare altri problemi.
Ma lui non lo fa, quindi smetto anche io.
Gli accarezzo i capelli, la sua mano è sul mio collo e il suo respiro è nel mio.
Capisco ogni giorno di più, ogni bacio di più che è questo ciò che voglio dalla vita.
Mi sorride staccandosi dal bacio, dalla voglia irrefrenabile di ricominciare.
Noto che ha la barba più lunga e dei baffetti che lo rendono ancora più uomo.
Amo anche questo, lo amo curato o no, lo amo uomo, più ragazzo, più bambino perché m'appartiene.
<< Stai bene così, sembri più uomo. >> sorrido nel dirlo, sorrido perché qualsiasi cosa che gli dico esce spontanea e libera.
Mi da un altro bacio veloce, sincero.
<< Ma ora dovrei sorbirmi tutte quelle che conosco girarti intorno e fare smancerie? Io so le intenzioni di ognuna, stai ben attento. >>
Ride.
<< Tu sai sempre tutto, tu sai cose di me che nemmeno io so. >>
<< Cosa dovevi dirmi?>>
<< Volevo chiederti scusa quando mi manca il coraggio, Chiara. Ma non posso seriamente rinunciare a te. >>
<< Sei sicuro di voler condividere le giornate con il maremoto di emozioni di cui sono fatta? >>
<< Sono sicuro di volerti come mai ho voluto altro. >>
Sento le parole crearsi come per magia, sento di dovergli mezza vita.
Inizio a parlare a raffica senza sapere nemmeno cosa stia uscendo dalla mia bocca e lui mi bacia, mi bacia perché ha bisogno delle certezze, delle mie mani sicure.
<< Andiamo, dai. Se non ti trovano e ci vedono arrivare inizieranno i film. >>
<< A metà meet ti prendo e ti porto in un posto. >>
Ci dirigiamo verso gli altri, è arrivata solo una ragazza che non conosco, per fortuna.
Questo senso di segreto mi opprime ma mi stimola allo stesso tempo.
Mi siedo lì, vicino a loro.
Non ho nemmeno chiesto il motivo per cui mi abbia chiamata amore, ore prima. Non sento il bisogno di chiederglielo, perché lo so già. Perché Marco ha ragione, io so già tutto.
Incrocio il suo sguardo così tante volte che mi sembra di incrociare la vita.
Ha la vita in quegl’occhi, lo giuro, non sono pazza.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
10
‘Guarda che spazi sconfinati hai in quel cuore, che meraviglia emani.’
E’ una noia totale guardare le fans che gli girano intorno e fanno gli occhi dolci.
Soprattutto perché sono una fan anch’io e ho imparato a conoscere bene ognuna di loro.
Cerco di non pensare ulteriormente alla situazione che si aggrava da sei anni a questa parte e lo guardo, capendo che è l’unico motivo per cui questo sole riesca a splendere in una giornata umida di fine Ottobre. Riesco a sorridergli comunque, nonostante la paura che qualcuno possa capire cosa ci sta travolgendo, sarebbe l’ennesimo scoop inutile del momento.
Io e lui non siamo uno scoop, siamo molto di più che una semplice notizia su cui gli altri ricamano sopra. Ma questo non lo spiego, perché sarebbe troppo difficile da far capire a persone irrilevanti come loro.
Io voglio finire a far l’amore nel suo letto per giornate intere, non sulle bocche di tutti.
Ricambia il sorriso ma lui non ha paura, non ha mai avuto paura di guardarmi negli occhi.
Anche quando magari gli tremavano le gambe, quando non era sicuro che tutto questo poteva esser giusto, quando sapeva di avere una fidanzata a carico e sette anni di fidanzamento alle spalle.
Nemmeno ore intere di ripensamenti gli hanno impedito di guardarmi e di vedere in me la freschezza che gli è sempre mancata, due occhi stanchi, spossati da storie difficili che hanno dovuto guardare per troppo tempo, ma innamorati, lucenti, desiderosi di guarire nei suoi.
Penso si chiami ‘Principio d’amore’ questo. Quando ti accorgi di vedere troppa positività nell’altro, quando nemmeno il giusto riesce a prevalere sul cuore, quando cuore e mente guardano nella stessa direzione, per una volta. Quando sai che l’amore sta iniziando, forte, ad appropriarsi della tua vita e di ogni battito.
Ivan si avvicina a me.
<< Pensi troppo, tu.>> lo dice con un sorriso bello, affettuoso. Di chi sa cosa sto pensando.
<< Che ne dici se ci allontaniamo un attimo, per parlare? Ho detto che sarei andato a prender delle cose di là. >> mi chiede.
Scendo dal tavolino su cui ero seduta e lo seguo, senza dire una parola.
Ka ci segue a ruota, insieme a Dani.
<< Ma mi state pedinando? >>
<< Diciamo che era questa l’intenzione. >> risponde Ka, ironizzando.
<< Sai cosa vogliamo sapere, perciò, insomma, parla. Senza tanti giri di parole.>> interviene Dani.
<< E’ solo che quando si provano certe cose per il cantante preferito della band che segui da quand’eri un’insignificante bambina è brutto dover nascondere. E’ brutto perché spesso si cerca di essere ciò che non si è realmente. Mi son sentita in colpa tante volte, ragazzi. Ma se tutto questo non è mai andato via non è poi colpa mia. Ci ho provato e ho fallito. >>
<< In fondo siamo ragazzi normalissimi Chiara, e tu questo lo sai bene. Capita ed è lecito innamorarsi di una persona, in questo caso di lui, anche se di lavoro fa il cantante.>> E’ Ka a prendere la parola.
<< Lo so, però è fidanzato, però un conto era rimanerne innamorata, un altro è che ci siamo baciati e che non riesce a starmi lontana e che, quando mi guarda, mi sembra di aver ripreso a vivere. >>
Lo dico tutto d’un fiato, abbassando lo sguardo.
Ka continua a parlare, evidentemente sapeva già cosa doveva dirmi, da un po’.
<< Non è colpa di nessuno se arrivano situazioni nella vita che stravolgono quelle che c’erano prima. Non è colpa di nessuno se Marco ha trovato una stabilità persa, con te. Vedo che mette un’anima diversa in tutto quello che fa da quando esce dalla porta di casa tua, Chiara. Io lo conosco e so che se qualcosa non gli interessa con tutto sé stesso non mette sul precipizio le altre cose.
La sua storia con Elena stava cadendo a pezzi da un po’. Tu sei stata un motivo fondamentale per spingerlo in qualcosa di meglio. Perché per Marco sei il meglio di tutta la situazione e di tutte le idee che aveva in testa. Sei molto di più delle partite alla Play, molto più delle coccole su un letto. Quando parla di te riesco ad intravedere la felicità di aver, finalmente, trovato qualcosa di sicuro, a cui aggrapparsi. >>
Ascolto Ka con due lacrimucce che escono, inaspettatamente. Avete presente quelle lacrime che ti girano negli occhi e non sanno se uscire o rimanere al sicuro? Le mie hanno deciso di uscire, per esplorare.
Le sue parole hanno, ancor di più, chiuso e ricucito dubbi che non mi lasciavano dormire, sensi di colpa totalmente laceranti e incompatibili col cuore.
<< L’unica cosa che posso dirti è di viverti le emozioni con la massima naturalezza, perché quando vi vedo insieme c’è vita nell’aria, Chiara. >>
Dani ha un cuore grande quanto mille pianeti addossati e anche i suoi pensieri hanno un fondo importante, estremamente vero e sincero.
Alla fine è Ivan a chiudere il discorso, come mi aspettavo succedesse. Ho amato questo momento, ho amato aver accanto tre persone che son sempre state parte del mio percorso di vita. Delle botte prese, dei sassolini che intralciavano la strada, dei mezzi sorrisi che non hanno mai avuto il coraggio di tramutarsi in sorrisi interi, in cui si vede la gioia, di vivere.
E ora son lì, a dirmi che devo vivermi tutto col cuore, con la mente, con ogni singolo aspetto della mia vita, senza pentirmene mai.
<< Pensa solo che ci son cose che, alla fine, son destinate ad essere. E penso che questa sia una di quelle cose. Sorridi e ama. >>
Mi viene da abbracciarli e lo faccio. Li stringo forte e ogni paura si dissolve, al centro di quell’abbraccio pieno di gratitudine, di aiuto, di silenzi assordanti.
<< Ora andiamo lì, cioè. Mi avete lasciato il Pedretti da solo, con quella massa scalmanata di fans in calore? >>
Ridono di cuore, ridiamo di cuore per la naturalezza che riusciamo a mettere ovunque, insieme.
Si incamminano e li seguo.
Salutano le fans, il meet finirà tra un paio di minuti. Io e Marco potremo andar via, finalmente, lontano da occhi indiscreti e voci di ****a.
Appena tutti hanno preso il loro posto e la calma è, finalmente, tornata nel tendone mi sento stringere da dietro, mi abbraccia e mi tira verso di sé.
Mi giro di scatto per stampargli un bacio.
Mi guarda come si guardano le cose preziose della vita, senza alcuna riserva.
Prendo il suo viso tra le mie mani e lo bacio dolcemente.
<< Dove andiamo, dolcezza? >>
<< Non so, decidi tu.>>
Mi prende per mano e mi ci ritroviamo in macchina.
Parte senza una meta. Ma son poco sicura che questa meta lui non la conosca perché somiglia a casa sua.
<< Non mi hai fatto nemmeno salutare i ragazzi! >>
<< E che fa? Li saluterai un altro giorno. >>
Lo osservo mentre guida e ripenso ancora alla completezza che mi riserva lo star vicino a lui, alla tranquillità.
Voglio vederlo guidare tutti i giorni della mia vita, voglio guardare il modo in cui sposta quel ciuffo tutti i giorni della mia vita, senza mai esserne stufa.
Perfino il motore dell’auto ha un suono gradevole, mi sta facendo perfino amare il sole in una giornata autunnale. Io che ho sempre odiato il sole nei giorni di pioggia e la pioggia nei giorni di sole.
Mi sta facendo amare i gusti diversi, le cose che non pensavo di poter mai amare. Eppure con lui ho capito che qualcosa arriva senza preavviso e ti cambia l’identità, il codice fiscale, l’indirizzo, il numero di telefono e non ti da nemmeno il tempo di ribellarti perché sei già una persona diversa, anche emotivamente. E’ l’amore che è così, che ti fa sentire una persona nuova, aperta ai bisogni del mondo. Aperta alle cose che hai sempre odiato ma che all’improvviso ti piacciono, ai momenti che non avevi mai pensato di poter amare eppure ci sei dentro, totalmente.
L’amore è anche averlo accanto in un auto che ha tutti i numeri uguali nella targa, dove ci sentiamo riparati dai male terreni, dalle paure carnali, dalla tristezza, dai ricordi lontani.
Quell’auto si ferma davanti casa sua. Rimango spiazzata perché potrebbe arrivare Elena, perché è pericoloso ma, ve l’ho detto, a lui non importa niente di tutto ciò.
Mi guarda e io capisco di dover scendere.
In attimo ci ritroviamo in casa sua che è ben arredata, al passo coi tempi. Ha un bel divano in pelle bianco, uno dei tanti che ho sempre voluto vedere nel mio soggiorno. Ma non ho tempo di ispezionare troppo perché io so che andremo in quella stanza e lì rimarremo finché non ci accorgeremo di rimanerci addosso, attaccati, finché non ci ameremo fino a sentirci ovunque, fino a non poterci più scrollare di dosso.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
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In effetti mi trovo lì, su quel letto che ho immaginato, desiderato, bramato per anni. Stavolta ci siamo, ci siamo con ogni convinzione possibile.
Sono su di lui e mi guarda, incredulo, forse, di potersi trovare lì, con una ragazza che è diventata la ragione di ogni canzone, sorriso, parola pronunciata.
Forse non sa che è tutto perfetto, che le sue mani stanno per trovarmi, che, presto, diventeremo parte di qualcosa di veramente unico.
Sento le sue mani su di me, ci baciamo con una voglia mai avuta prima d’ora, con un calore che si sta impossessando di ogni respiro. I nostri respiri sono forti ma leggeri allo stesso tempo, desiderosi di trovarsi, di non perdersi, com’è già successo. Mi spoglia lentamente. Ci mette una dolcezza così vera che tremo, al pensiero di sentirmelo dentro. Le nostre lingue si incontrano così tante volte che smetto di contarle perché ho troppo bisogno di vivermelo. Si ferma durante un bacio per sorridermi, lo faccio anche io. Lo aiuto a spogliarsi. Le sue mani scendono sulle mie e le afferrano con dolcezza. I corpi si toccano, si vogliono, si cercano con amore, con passione, con eleganza, perché son destinati ad unirsi. Lo guardo più volte, per non perdermi nessun momento, per immagazzinare tutto. Cerco di ascoltare attentamente anche il suono del suo respiro, per custodirlo. Non mi chiede nemmeno se ho fatto l’amore prima di stasera perché non gli importa, lui mi sente sua, io gli appartengo e vuole avermi nella mia interezza, nei miei bisogni.
Lo sento dentro, lo sento lì. E fare l’amore con una persona, per la prima volta, mi pare la cosa giusta, la cosa più sentita, naturale del mondo. Il mio piacere si è unito al suo e continua a farlo, per interminabili minuti, per minuti che non vorrei mai veder terminare. Mi bacia delicatamente il collo, la spalla, gli occhi. Sorride mentre fa tutto questo perché è felice di farlo.
Dopo un’ora ci ritroviamo abbracciati, sudati, felici sotto un lenzuolo bianco. Mi sta stringendo e io me ne accorgo anche se sto dormendo. Me ne accorgo perché so, che questa serata, rimarrà impressa come un marchio sul cuore. Non un tatuaggio perché potrebbe togliersi, ma come un vero e proprio marchio. Ho voglia di rimanergli accanto tutta la notte e lo tengo stretto.
Forse perché vorrei fargli capire che mi ha passato sé stesso, stasera, e che è stato come fare l’amore anche col suo cuore e la sua anima. Mi è vibrato addosso, mi è rimasto dentro, non andrà più via. Sono certa di tutto, di ogni momento dato e ricevuto, stasera.
Vorrei dirgli tante cose, ma rimango zitta accanto a lui, accanto alle lenzuola piene di un profumo che è la miscela tra il mio e il suo, con sottofondo un temporale autunnale, appena iniziato, che avrà colto di sopresa centinaia di persone che camminavano a piedi, senza ombrello e senza riparo.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
11.
'Mi fai del male e, poi, del bene.'
Ci siamo svegliati nella penombra di una stanza dimenticata dal resto del mondo ma trovata da noi. Noi che in quel letto ci siamo scambiati i pezzi e, poi, ce li siamo rimontati, subito dopo.
E' una di quelle stanze che si trovano in una bella casa, con ottimi mobili, un buon profumo di lavanda e, sparsi, due paia di calzini neri, lì chissà da quanto. Cerco tracce di Elena sul cuscino, sperando di sentirmi meno in colpa, non trovandone. E riprendo le nostre tracce che si sono sparse sul pavimento, insieme ai vestiti. Mi sento piena ma allo stesso vuota e scavata da sensazioni che continuano a non tradirmi, a spargermi negatività, dentro. Negatività che, poi, sparisce guardando il suo viso che riposa sul cuscino, i capelli che riposano lì, insieme a lui, insieme a due occhi chiusi ma in cui riesco, comunque, a vedere un prato verde di metà Agosto. Ma cos'è l'amore? Se non il suo profumo che ti sveglia alle nove di mattina mentre fuori la pioggia si schianta al suolo? Cosa potrebbe mai essere, se non la sua bocca ancora rossa per i baci della sera precedente? Lo guardo e il dolore sporge, dai miei spiragli. Lo guardo e penso che, poi, se non lo guardassi non sarei io, non avrei nessuna voglia di guardare un altro, alle nove di mattina. Mi avvicino a lui e annuso il suo collo, piano, lasciandogli un po' di aria fresca quando poi mi allontano. Lui la sente e si muove, in quel letto, muovendomi anche l'anima. E mi trapassa il cuore, i sentimenti e, ad un tratto, sento che l'aria mi manca, che il fiato è corto e che vorrei tenerlo stretto a me quando fuori c'è il sole, quando fuori nevica, quando l'aria è calda e insopportabile o quando è fresca, piacevole e ti sfiora la pelle.
Io vorrei sfiorargli tutti i lati, tutti i dolori, tutte le volte in cui mi guarda e io sento di poter amare, di non aver paura.
Lui la paura me la metabolizza e quando, a volte, torna io gliela ripresento e lui la scaccia via, come quando io scacciavo i mostri brutti che erano sotto al mio letto, da bambina.
Apre gli occhi e mi guarda, sa che ci sono io e non la sua ragazza ed è felice di questo.
Stavo per andare via, per prendermi quei vestiti da terra. Stavo per abbandonare tutto quello per cui ho sempre vissuto ma poi lui ha aperto gli occhi, mi ha sorriso, mi ha fatto un gesto con la mano per dirmi: 'Vieni quì' e io ho buttato tutto a terra, di nuovo, e mi sono buttata nelle sue braccia, come riparo da forti getti d'acqua.
Il problema, lo chiamo così, è che gli basta un movimento con la testa, un respiro, un momento per convincermi che lo amo, in un modo sconosciuto a tutti, con una forma d'amore non ancora importata sulla terra. Mi stringe forte al suo petto, nello stesso modo in cui stringevo, quelle poche volte in cui ci giocavo, le bambole, quando mi sentivo sola e non capita dagli umani. Lo fa con forza, tenerezza, audacia, calore. Sembra che stia abbracciando un mondo, non una persona, perché lo fa maledettamente bene, perché sento che potrebbe saltare in aria tutto perché io sicuramente rimarrei al sicuro, negli scavi delle sue ossa.
E' in quegli angoli di ossa che mi sono riparata quando cadevano le bombe, quando il mio cuore non riusciva più a reggere tutto, quando, quel giorno, ho capito che stava ricambiando, come non mai, ciò che avevo dentro. Quando lui, quel giorno, tutto ciò che avevo dentro, l'ha fatto scoppiare e io mi son dovuta aggrappare, per rimanere viva.
E' che, con lui, mi sembrano accettabili anche i colori che non mi sono piaciuti e che non ho mai osato indossare, con lui ciò è bianco è rosso, perché diventa amore e prende tutt'altra forma.
Ho provato a spiegarglielo ma, poi, io l'ho guardato e sapevo che i miei occhi avrebbero spiegato meglio, delle parole.
A volte parlare è superfluo e l'ho capito da quando parlo con lui, da quando mi dedica le sue chiamate a metà giornata. Anche quando è stanco lui mi chiama, per sapere se sto bene, se ho mangiato, se ho studiato, se va tutto bene, se ho voglia di vederlo.
A volte, lo so, fa delle domande scontate però anche lui ha paura.
A volte lo vedi lì, seduto in un angolo. E forse pensa a cosa potrebbe costargli starmi accanto tutta la vita, se riuscirebbe a sopportare le mie urla quando sono incazzata, i miei sbalzi d'umore continui, le mie manie, i miei lacrimoni quando qualcosa mi ha ferita, le mie debolezze che sembrano poche ma, che alla fine, son centomila, a cosa potrebbe costargli chiudere una storia di anni e anni, di sacrifici enormi.
Io non lo disturbo, voglio che rifletta bene. Io so che pensa questo, perché mi sembra di leggergli nella mente, ogni volta. E mi sembra di arrivargli in luoghi inesplorati in cui non sarebbe potuto arrivare nemmeno Colombo, negli anni migliori. Ho tipo un pass, uno strano pass a forma di cuore. Un lasciapassare, uno strumento creato apposta per me che mi permette di mettergli in ordine dove più ne ha bisogno. Ci entro tutti i giorni, in quella specie di stanza dove non passa il sole e quante cose ho visto, io non posso nemmeno dirlo.
Ho visto la sua vita, le rinunce che ha fatto, le porte sbattute in faccia, le lacrime che ha versato e per chi. Era tutto in un ordine sparso, confuso. Io ho messo tutto a posto con calma e giudizio, poi sono uscita e lui era guarito. Una scarica elettrostatica è Marco, una di quelle macchinine telecomandate regalate ad un bambino per cui lui diventa felice, inaspettatamente e con poco.
<< Buongiorno, sei bellissima. >>
Gli sorrido io, con l'ordine addosso. E gli passo tutto ciò che ho senza freni, senza più macabre paure.
Quelle paure ce l'ho, a dir la verità, ma non voglio passargli quelle, voglio passargli tutto ciò che di buono racchiudo, tutto ciò che potrebbe far nascere un arcobaleno quando il cielo non è nuvoloso, quando le foglie non sono bagnate, quando non è piovuto.
Per dimostrargli che esistono cose, legami speciali in cui nessuno, oltre a noi, può ripararsi. Perché sono privati e personali e perché esistono cuori che si appartengono, in ogni parte del mondo e creano connubi pari alla perfezione.
Io gli rispondo che mi pare di vedere una stella guardandolo e lui mi bacia delicatamente, per non farmi male.
Ora non sanguino, Marco, non temere.
Aspetta che vado a prendere il pass anche io e, perfavore, riordina il caos che ho addosso, riordinami la mente, il cuore e tutti gli organi messi alla rinfusa, perché sento che non funzionano più, perfettamente.
Ti prego non guardare altrove, perché mi scioglierei, peggio di un ghiacciolo lasciato in una veranda dove filtrano i raggi del sole, ad ogni ora del giorno.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
12.
'Mischiamoci anche i pezzi dell'anima e, ti prego, non chiedermeli indietro.'
Ho provato a ridirglielo che avevo trovato l'aria buona in quel suo respiro ma non ne ho avuto, nemmeno questa volta, il tempo.
Sono rimasta attaccata ai suoi respiri senza potergli dire che sono pezzi di me, ancore sicure a cui aggrapparsi quando il mare è burrascoso e rischi di morirci affogato dentro.
Perché mi è bastato sentire i suoi capelli che mi sfioravano il viso, quando mi sono avvicinata per baciarlo.
Poi l'ho baciato, e gli elettroni che, prima, giravano intorno ai miei atomi, si sono improvvisamente mescolati ai protoni e hanno girato insieme, per la prima volta, fregandosene della chimica.
Fregandosene del filone a scuola, delle nuvole confuse, perché non sanno se uscir fuori o rimanere lì, dove sono. Non sanno se, uscendo, potrebbero infastidire chi aveva deciso di andare a fare una passeggiata rinfrescante, dopo la pioggia notturna.
Io sto bene quì, tra l'odore dei suoi capelli e della sua pelle.
Non c'è sole che fa capolino sugli occhi, sui lineamenti delle labbra, su quelle ciglia che mi sembrano le più perfette che possano esistere, eppure è illuminato, dall'amore che, continuamente, gli trasmetto, che gli ho attaccato addosso come un francobollo su una lettera, ancora da spedire.
Oltre a tutto questo, lui mi ha ridato la voglia di amare, vivermi, senza dolori nel petto e paure, la bellezza della vita che ci appare, improvvisamente, nelle cose in cui pensavamo di non trovare mai.
Io quella bellezza l'ho trovata perfino quando lui si è alzato per andare a bere dell'acqua e mi sono accorta che avrei voluto esser partecipe di quella scena per giorni, mesi, anni, vite intere, vite infinite, immortali.
Nello stesso modo ho pensato di volergli scacciar via ogni lacrima perché, dell'acqua, probabilmente, avrebbe potuto danneggiare qualcosa su quel viso e appassirla. Ma i giorni non potrebbero bastare per osservarlo in ogni suo momento, per osservare ogni suo gesto spontaneo e non, ogni residuo di sorriso, ogni risalto, ogni strana mossa, il modo in cui mangia, i capelli fuoriposto, gli occhi assonnati, le mani grandi, il viso segnato dalla stanchezza dopo un giorno di lavoro, ogni suo specchio interno ed esterno, i suoi occhi che riflettono la luce del sole.
Non ce l'avrei fatta con soli giorni a ricavare tutto questo, a vivermelo come avrei dovuto, ecco perché hanno inventato l'infinito, per noi due Che secoli e secoli non sarebbero mai abbastanza con lui.
Perché io questi gesti voglio amarli, capirli, piangerli, sognarli, biasimarli, criticarli, sentirli, appoggiarmi a loro, crollare con loro, voglio adorarli, pianificarli, fermarli, viverli, per sempre.
E se quel per sempre, di cui tutti parlano, dicono che non esiste, noi non lo inventiamo, glielo sbattiamo in faccia.
Perché c'è, e io lo sento, proprio mentre le mie gambe stanno nelle tue, perché sento freddo, e tu le riscaldi, le ripari.
Nello stesso modo sento che amo quando cerchi il lato fresco del cuscino, quando cerchi l'asciugamano dopo esser uscito dalla doccia, quando parli con la bocca piena di pizza e io rido, amo ogni tuo dito della mano, del piede, ogni pezzo di pelle, ogni mossa studiata, calcolata giorni prima, ogni accenno, ogni accento, ogni schema tutte le volte in cui provo ad alzarmi e mi stringi a te, per paura che non torno.
Tornerò sempre dov'è casa, Marco.
E se non dovessi farlo prendi quella macchina con la targa speciale e cercami in Francia, che certamente sono lì.
Le lenzuola ci stanno proteggendo dalla cattiveria che c'è là fuori, dal male che potrebbe, improvvisamente, toglierci la libertà di poter fare l'amore. Dimmi che sono io quella che vorresti vedere domattina, dimmi che è il nero il colore dei tuoi sogni, quello che hanno i miei capelli.
Dimmi che, quando tornerà il sole, mi riscalderai comunque, perché il sole non basterà a farlo.
Dimmi che, anche se dovesse improvvisamente finire il cielo, tu mi porterai in uno di quei luoghi non ancora scoperti e rimarremo abbracciati lì, finchè passa la paura.
Semplicemente vorrei far finire i miei giorni con te.
Questo freddo io non lo sento, ho la pelle ben calda, non esposta al dolore.
Io non sento niente, Marco. Sento solo un pizzico di gioia che ogni tanto mi trapassa la spina dorsale, sento che domani, probabilmente, verrò a suonarti al campanello e mi aprirà un'altra, che non sono io. Un'altra che avrà i capelli biondi, che si trucca tanto, che ama i vestiti estrosi, che costano un sacco. Ho paura di vederle indossare la tua felpa rossa, quella che avevo addosso io, prima, quando mi son dovuta alzare.
Io sono quella del: 'Ma non mi trucco, perchè ora è tardi e ci impiego troppo.'
Io sono quella dai capelli color ebano e dai sorrisi color oro, quella dal cuore aperto, risanato, cucito con mille fili di colori diversi ma che, nonostante tutto, non piange, perché non ce la fa più.
Sono stati i tuoi abbracci a cucirmi le pieghe che facevano male e che corrodevano, nello stesso modo potresti riaprirle e non voglio, perché farebbero troppo male, troppo dolore io non posso più addolcirlo.
C'ho messo lo zucchero nelle ferite ma, a furia di mettercene, non funziona più.
Ma ti prego, pensaci, pensami, pensati.
Senti come mi stringi, quanto sei felice, quanta aria si respira, quanta ne circola.
Senti che ti amo e che io, probabilmente, rinuncerei ad una vita, senza te.
Poi, improvvisamente, mi guarda. E io ci vedo un luna park, là dentro. <<Ti amo, piccola.>>
Parole che esplodono nel braccio, nei muscoli, nello stomaco.
E tu non lo sai, Marco, che sto continuando a guardarti perché mi stai sussurrando, piano, un ti amo soffocato dai miei singhiozzi.
Sì, io inizio a piangere, perché sto vivendo in due parole, perché io non pensavo fosse possibile amare e sentirlo così a fondo, tanto da sentirsi male e rischiare di morire. Me l'hai detto.
Me l'hai buttato addosso come una bomba a mano, ed è esplosa.
E io non saprò mai dirti cosa sta per uscire, perché io non ti amo.
Io ti scelgo, ti accetto, ti desidero, voglio vederti ridere e piangere, insieme a me. Io non ti amo, io non so nemmeno dirtelo quanto mi sei dentro, perché le parole le ho mangiate a colazione.
Perché, dio, quali parole posso inventare? Quale vocabolario contiene qualcosa che si avvicini a te, a noi, al modo in cui, stanotte, mi spingevi dentro la vita?
Lo abbraccio, piangendo.
L'urto con la sua pelle è una miscela di gas chimici, di troppo amore, di uno stato liquido che passa allo stato solido, di cuori che scoppiano e poi cercano i pezzi dell'altro. << Ti amo, ma scusa se è poco. Io...>>
Io gli rispondo così e non mi spiego più di tanto, perché lui ha capito.
Perché si è avvicinato e sapeva che avevo bisogno di questo e, in un attimo, abbiamo ripreso a fare l'amore, più forte che mai, mentre la mia professoressa, a scuola, spiegava qualcosa di cui non m'importava niente e mentre un passante, sotto quella finestra, urlava nel traffico mattiniero della Milano che va a lavoro.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
13.
'Basta un niente, e ritorna tutto.'
Ossigeno.
Ne ho perso tanto di ossigeno, ma poi lui me l'ha ridato seduta stante su quel letto di casa mia, su questo letto di casa sua, in macchina mentre, bello com'è, poggia il braccio al lato, insieme a molto altro, a tanto altro di più. Per esempio me l'ha ridato sottoforma di momenti, di saluti mai mancati, di scelte sicure, di baci pieni, di mani che si intrecciano, formando poesia.
Io non sono una poetessa e, forse, non potrei mai esserlo. Però ho usato tante di quelle metafore che, ora, paragonarlo ad altro mi sembrerebbe assai banale, e privo di meraviglia. Per esempio non mi piace usare le similitudini, perché nessuna cosa potrebbe avvicinarsi, che ne so, ai suoi capelli appena sveglio o ai suoi sospiri.
Sarebbe come paragonare la vita alla morte, un gran controsenso, un gran paradosso.
Paradosso o no, tu esisti, io esisto e, di conseguenza, esiste il suono del mare che culla gli animi e il gabbiano che, dopo la pioggia, torna sulla spiaggia per cercare qualcosa da mangiare, perché vuole sopravvivere. Tutti vogliamo sopravvivere, Marco.
Ai dolori, alle tempeste, al raffreddore autunnale, alle ferite interne che non si vedono ma bruciano da morire e non basta un disinfettante per far passare i malanni, alle situazioni non corrisposte, quelle che, davvero, ti fanno morire.
Poi ci sei tu. In mezzo ad un mondo corrotto e malandato, tu fra i dolori e le gioie che uno ha, fra le decisioni che ti rendono sicuro e quelle che, invece, ti danno da pensare per notti, giorni, anni interi.
Tu che ridi e fai ridere la stella che hai appena guardato, tu che smuovi le cose, non le fai appassire, le rendi migliori, le fai belle e piene di ogni vita, di ogni forza, di ogni gentilezza.
Ero malata di una malattia indescrivibile, e lo sono ancora.
Ma tu non me la fai pesare e sentire, ed è come se mi avessi fatta rinascere, da uno stato prematuro di morte certa.
Mi alzo dal letto e lo guardo, lì che dorme.
E penso che Dio, qualcosa di giusto, l'ha creato.
Mi rivesto. Ma nella fretta, forse, lascio il mio elastico, che ha lo stesso profumo di pesca che hanno i miei capelli, perché li ha avvolti.
Immagino che lo annuserà, appena se ne accorgerà, e non me lo ridarà più, perché poi dovrò costringerlo e non lo farà comunque.
Sorrido pensando alla scena e sorrido perché il mio cuore mi si riscalda, subito, pensandoci.
Ha la capacità di creare terremoti pazzeschi ma di non fare danni. E' incredibile cosa riesca a fare, che stato riesca a mantenere, in che modo riesca a farmi amare. Io che, l'amore, l'ho accolto e poi l'ho spinto, perché non riuscivo a trovare niente che fosse lui. Che un'altra persona che non è lui, non la posso amare.
Sarebbe come dire che amo la pioggia mentre, poi, il giorno dopo, dire che la odio, e che voglio il sole.
Lui è l'unico controsenso che non riesco ad avere, che proprio non mi contraddico quando parlo di lui. Perché mente, cuore, arti, muscoli, legamenti, organi, ossa vanno nella stessa direzione e amano nella stessa direzione, gli stessi capelli, gli stessi sguardi, lo stesso sorriso che crea panico.
Mi avvicino per dargli un bacio e lo faccio con tutta la dolcezza che mi è stata data, perché non voglio creargli scompiglio.
Io che lo amo, proprio non vorrei scuoterlo e fargli male.
Mi viene voglia improvvisamente di urlargli che lo amo, di salire sul grattacielo più alto del mondo e urlare da là sopra, per far capire che è mio, che mi appartiene dal giorno in cui ha capito di esistere, che vorrei averlo tutto per me, che fa male, che odio dover sopportare tutto questo, ma che lo faccio per vedere i suoi occhi, per non perderli tra la folla. Se li perdessi, perderei la coscienza, la virtù, la capacità di intendere e di volere e non vorrei certamente nient'altro.
Sicuramente mi accorgerei anche se, solamente, un riccio fosse diverso dal suo, sicuramente conosco a memoria ogni suo dettaglio.
Mi aggrapperei ai ricordi, e ci dormirei su, per tutta la vita.
Poi mi viene voglia di scrivergli un libro, di strapparmi il cuore dal petto e porgerglielo, di fargli uno striscione che arrivi fino in Australia. Ma non lo faccio, perché non sono altro che la seconda scelta, la caramella mangiata per seconda, perché non si è ancora sazi.
Mi crolla il sole, la luna, il pianeta, addosso. Pure Marte, mi crolla addosso. Sto bene, poi male, poi ho paura di non uscirne mai, di non essere l'unica, in tutto ciò.
Esco velocemente da casa, e il suo profumo mi si sta infilando nella trachea, e mi fa quasi soffocare. Io vorrei piangere, ma una spinta troppo forte d'orgoglio non me lo permette. Vorrei andarmene, sapete? E smetterla con questi incontri fuggitivi, con queste frasi di circostanza. Ma poi io non voglio, perché scappo da tutto e, scappando da tutto, finisco per esaurirlo, davvero, quest'ossigeno.
A Milano non piove, ma il freddo mi ha assalita.
Finisco per prendere una metropolitana desolata, alle tre del pomeriggio.
E' un attimo, squilla il cellulare.
<< Perché sei andata via? Mi sembra vuota la casa. >>
<< Marco, voglio andar via, sul serio. Dimmi dov'è l'uscita, indicamela. >>
Lo dico e, nel petto, fa male il cuore e tutto ciò che gli sta vicino.
E il coltello sta girando nelle ferite e le fa sanguinare, gira, gira sempre di più fino a non permettermi di sentire altro.
<< Tu non te ne vai da me, Chiara. >>
<< Io lo sto già facendo. >>
Chiudo il cellulare, di scatto.
Sto cercando di difendermi dalle martellate, voglio che smettano.
Marco, ti prego. Cercami ovunque, vienimi a riprendere.
Lascia stare tutto e scappa con me, dove nessuno potrà dirci nulla, dove l'amore vero viene considerato rarità e non peccato.
Io arrivo sotto casa, e vorrei tornare indietro, rifare tutto.
Un tuono mi costringe a nascondermi sotto il porticato.
Sento un leggero soffio di vento che mi accarezza il collo, è lui.
E' lui che sta annusando il mio elastico e sta pensando a me, a come ho fatto l'amore, a come gliel'ho insegnato, a come gliel'ho permesso, a me, solo a me, che ora sono andata via.
E io, io c'annego nel profumo che ho addosso, peggio di un tatuaggio che non si può cancellare, peggio di un marchio, peggio di una scritta perenne e indelebile, peggio di tutto.
Annego, e nessuno mi salva.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
Ciaaaao.
Non abbiate paura, sono sempre io.
Ho lo stramaledetto vizio di dimenticare le password, quindi mi son dovuta riscrivere, penso per la quarta volta.
In ogni caso, dovevo farlo perché devo portare avanti la FF ed ho bisogno di scriverla.
In conclusione sono tornata, spero vi faccia piacere. C:
14.
'Ora so, per certo, che rumore fa un cuore quando si frantuma.'
Indifferenza. Regna indifferenza nell'aria, ma non nel cuore. Tutt'al più regna nel mio cervello che si sforza, con ogni possibilità, di non lasciarsi trascinare da quel cuore, quel maledetto cuore. Maledetto consigliere, maledetti e belli, allo stesso tempo, i giorni in cui si è innamorato e i suoi battiti diminuivano, per il dolore.
E' passata una settimana e io non ho risposto a nessuna delle sue chiamate.
Io non posso stare alle sue regole, ai suoi baci, ai pomeriggi sotto le coperte, con la paura che possa andar via da un momento all'altro e lasciarmi lì, distesa, senza vita, su quello stesso divano. Ho paura di crollare e non riuscire ad alzarmi più, come tante volte ho fatto. Ora ho paura di non riuscirci. Perché stavolta il dolore mi spezzerebbe le gambe e io, ora, ci son troppo dentro, sono abissata nelle sue mani, nel suo tocco, nei suoi capelli scomposti ma perfetti, come le goccioline di rugiada stazionate sulle foglie, in una mattina gelida.
Mi alzo dal letto, però è una giornata come un'altra, forse sarà anche peggio tra un paio di minuti.
Strofino gli occhi e, a strofinarli, ricordo quella scena di una settimana fa quando, a guardare le sue dita avvicinarsi ai suoi occhi, ho avuto un tuffo al cuore, senza motivo. Perché è un gesto semplicissimo, spontaneo, uno di quei gesti mattutini che si fa senza pensarci tanto su, niente di che. E forse è per questo che mi è piaciuto così tanto. Io, per esempio, non riesco a strofinarmi bene gli occhi come fa lui. La sua è un'arte. Decido di fare una doccia veloce, opto per una tuta ed esco di casa, stranamente speranzosa. I ragazzi, oggi, mi hanno invitata a fare colazione con loro e non posso mancare. Non penso ci sia anche lui. Ma se c'è, rimarrò totalmente estranea e distaccata, ho bisogno di disintossicarmi.
Chiudo la porta dietro di me e guardo dietro, tipico.
Un altro gesto istintivo che abbiamo in comune, io e lui.
E, istintivamente, ora, mi viene da annusare la mia mano, così.
Nonostante infinite docce io continuo a sentirmelo dentro, addosso, sopra, sotto, ovunque, sperduto chissà dove.
Con una paura mortale che possa riemergere e buttarmi giù, in fondo all'oceano, senza che io possa salvarmi. Perché, dopo tante volte, non risali più dal fondo.
Arrivo e Carmine scende dalla macchina, sorridente. Non ho idea di dove siano gli altri ma suppongo arriveranno presto.
Ha comprato una nuova macchina che è enorme e la guardo stupita.
<< Ma questa macchina viene dal futuro? E' enorme. >>
Ride e mi viene incontro. Lo abbraccio perché ne sento il bisogno e le sue braccia che mi stringono mi rassicurano, almeno per quei pochi secondi.
<< No, viene dal presente. Ma l'aggettivo enorme è azzeccato. >>
<< Beh, direi.>>
E' un c*zzone fantastico.
<< Dove sono gli altri? Aria di bidone? >>
<< Ma come fanno a bidonare due bellezze come noi? Sarebbero cretini. >>
Sorrido, perché è un tiramisù migliore del dolce stesso.
Decide di fumare una sigaretta e io mi poggio accanto a lui, sul muretto. Anche se l'odore di quel piccolo involucro di tabacco mi ha sempre infastidita a lui non riesco a declinare niente, nessuna proposta.
<< Dimmi qualcosa, Chiarè. >>
<< Posso dirti tutto, ma non ciò che vuoi sapere. Te lo leggo negli occhi. Lui c'è?>>
<< Non so, ieri sera era vago. Non ha risposto né sì, né no. Non so dirti. Comunque sai che puoi dirmi tutto. Qualsiasi cosa ti passa per la testa, dimmela. So chi è lui, so cosa ha in quella ***** di testa. E so anche che il cuore è un muscolo predominante, che ti fotte. Senza lui non vivi, senza lui non ami. E quì sta il guaio. Che senza il cuore non fai niente, manco un passo per andare a prenderti un panino in cucina quando hai fame. >>
<< Sono stanca di sottostare. Non sono la cretinetta disposta a tutto per avere il cantante degli Hasta Luego. Non sono quel tipo di persona. Non voglio i pettegolezzi perché sono stata a letto con lui. Se è sentito, voglio essere considerata ragazza, donna, fidanzata e rispettata. Non gli ho chiesto di lasciare Elena. Gli ho chiesto di lasciare me, in pace. Cristo, un giorno dovrò pur guarire. Un giorno dovrò pur smettere di sentire queste ******e lacrime che spingono perchè vogliono uscire, ad ogni costo, ogni volta che ne parlo. Questo dolore dovrà pure anestetizzarsi. Così forse sarà, ma non voglio più toccarlo. >>
Abbassa la testa, è nervoso. Era intera quella sigaretta ed ora è totalmente rimpicciolita, è rimasto giusto un ultimo tiro. Dopodiché, lo so, mi risponderà.
<< Hai ragione. E dirti che hai ragione non ti ricuce le ferite. Chiara, ascoltami bene. >>
Mi alza il viso, improvvisamente. Lo guardo, con serietà.
<< Marco non va a letto con le ragazzine che ci pedinano sotto casa. Marco non ha scopato con nessuna di queste nemmeno a diciotto anni, quando ancora non sapevamo nemmeno cosa c*zzo fosse la vita e cosa avremmo ricevuto, da essa. Non sapevamo nemmeno a cosa stavamo andando incontro, non ci aspettavamo nulla. Figurati, ora, a 27 anni suonati. So che ti ha parlato, in linea generale, della storia con Elena, ma io so tutto. Ed è una di quelle storie da cui non esci dall'oggi al domani. O scappi, o rimani. Non ci sono mezzi termini o scorciatoie. Marco vuole evadere e tornare da te. Sei incazzata perché non lo fa, perché non trova il coraggio. Sei incazzata perché non se ne va da te, e torna il sabato pomeriggio solo per un bacio o un pomeriggio insieme. Non è il bacio o un pomeriggio diverso, è il tuo bacio e il pomeriggio diverso, con te. Sii forte, Chiarè. Perché ne uscirete. Incazzati, ora. Sputagli in faccia il dolore. Ma ricordati che torna da te, quel sabato pomeriggio. >>
Ho tante parole e tante lacrime soffocate, che non sanno dove andare.
Lo abbraccio, più di forte di prima. Con una stretta soffocante, al riparo dal vento freddo che mi scompiglia i capelli.
Arrivano gli altri. Sento la voce di Ivan che è un tranquillante e la dolcezza di Dani che si avvicina. E poi sento la sua di voce, e mi si gela il sangue.
Carmine mi lancia un'occhiata d'intesa che raccolgo al volo, senza parlare.
Saluto tutti.
<< Beh, buongiorno! >>
Dani e Ivan parlano in coro, e ridono, per l'intesa che abbiamo.
Mi abbracciano e ricambio con dolcezza e affetto incredibile quell'abbraccio uscito dal cuore. E mi sento circondata da tutte le cose buone del mondo.
Rispondo senza alcun timore, perché loro sono casa e il fuoco mentre fuori nevica.
E' stanco, Marco. Glielo leggo negli occhi, è affranto.
Forse avrà scopato male con Elena, penso.
Ci sediamo dentro perché il freddo è agghiacciante.
Ordiniamo le solite cose. I soliti cornetti, i soliti caffè e il mio solito succo di frutta. E poi ci sono loro, i soliti sorrisi.
<<Tutto apposto a scuola? >> mi chiedi Dani.
<< Ma sì, dai. E' il periodo più stressante per le interrogazioni ma è cosa da niente. >>
Ivan sorseggia il caffé e quasi si strozza.
Parte la risata di Carmine, seguita dalla nostra.
Questo è uno di quei momenti vivi, che riempiono.
E, un giorno, lo userò se mai mi venisse chiesto di descrivere uno dei momenti più completi della mia vita.
Ha riso anche Marco, ed ho riso anche io.
Sento un muro di certezze instabili tra di noi.
Mi fa segno di uscir fuori, solo un attimo. Mentre Dani ci racconta una esperienza traumatica con la sua auto e Ivan maledice, perché non riuscirà mai a bere quel caffè, senza che gli vada di traverso, se continuiamo di questo passo.
Mi isolo un attimo con i pensieri e non ho voglia di uscire, perché dal tepore caldo passerei al troppo freddo, e non reggo più. Non reggo più nemmeno gli sbalzi di temperatura, oltre a quelli d'umore.
Guardo la felpa che ha addosso e poi mi fermo a guardare la sua bocca. Paradiso e inferno. E io mi sento un'anima peccatrice, inviata per sbaglio nel paradiso, da qualche traghettatore poco attento.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
15.
'E' sempre più facile perdersi, che proteggersi.'
Ritorno in me e ascolto divertita il racconto di Dani. Ivan, ancora, è lì, con in mano un caffè che, a mio avviso, non riuscirà a bere. Ride di cuore, insieme a tutti noi. Perché è bello ridere, quando ridi con persone che ti ravvivano le giornate e te le fanno amare, anche se sono brutte, anche se alcune fanno davvero male. Ero ferma alla sua bocca, poi sono salita su e ho guardato il naso, e gli occhi. E lì qualcosa mi ha colpita in modo troppo violento nell'addome e ho dovuto smettere di guardare. Come segno di sconfitta ho abbassato lo sguardo, indifesa. Lui se n'è accorto, si è avvicinato, ha interrotto la conversazione e mi ha portata fuori. Ho detto ai ragazzi che sarei tornata presto ma lo sguardo di Carmine affermava che stavo facendo la cosa giusta. Io non sento nulla di giusto, lì dentro. Questo cuore mi sta morendo addosso, perché continuano a dire che è giusto, se porta a questo dolore? Come fa ad esser giusto quando muore un cuore? Fa troppo freddo qua fuori. E' anche il freddo che ho dentro che prende il sopravvento e mi viene difficile stare esposta a quest'autunno.
<< Andiamo in macchina, hai freddo. >> dice questo, con timore.
E io non rispondo, ma lo seguo.
Mi siedo al mio posto, lo guardo mentre si posiziona sul suo e non so perché brividi mi trapassano e manco, manco di tutto.
Mi manca la forza e cerco di vedere se posso trovarne un po' sui sedili di quella macchina ma non c'è nulla, se non le sue mani. Si avvicina e riscalda le mie, dolcemente, perché sono infreddolite. Gli sorrido. So che non dovrei, ma mi viene troppo spontaneo. Ricambia.
Quel sorriso riesce ancora, dopo sette anni, dopo mille danni, a farmi sentire la stella più guardata, in mezzo a tutte quante. E non so come faccia ad avere un sorriso del genere, non so chi ha avuto tutta questa fantasia e tutta questa classe nel farglielo.
Dovrei scoprirlo, per fargli i miei più sentiti complimenti.
Vorrei che non parlasse, per non rovinare tutto, ma so che lo farà, che è inevitabile.
Con gesto istintivo incrocia la sua mano nella mia, e la stringe piano. Ha una stretta talmente delicata, talmente dolce, da non sentirla nemmeno.
<< In realtà io non voglio parlarti, vorrei soltanto stringerti, e darti certezze. >>
<< Potresti farlo, io non te l'ho mai vietato. Ma se non vuoi vattene, Marco. Fallo per me. Se davvero qualcosa hai là dentro vattene e lasciami vivere, guarire da sola. >>
<< E' tutto così complicato Chiara, è tutto f*ttutamente e dannatamente complicato, più di quanto qualcuno possa immaginare. >>
<< Lo so, ma lo è sempre stato. Cosa credi? Che lo è soltanto per te? Che sei l'unico a perdere qualcosa, qua dentro? Lo è stato anche per me quando, tutti quegl'anni, ho dovuto far finta di niente, ma avevo addosso un macigno. A chi avrei mai potuto scaricarlo questo macigno? Chi l'avrebbe mai sopportato, al posto mio? Era lì, silenzioso, e mi opprimeva. >>
Gli occhi suoi non sono più così chiari, ora gli tremano, gli trema tutto, gli trema il dolore.
La sua mano continua ad essere nella mia. Si gira, un po', poggia la sua schiena al sedile, e chiude gli occhi.
<< Chiara, io ti amo. E voglio chiudere tutto ciò che mi ha fatto soffrire in passato, voglio ricominciare, riprendere a vivere, voglio averti come ragione di tutto. >>
<< E perché non lo fai, Marco? Perché hai paura del futuro o, ancora peggio, del passato? Ti ho dato mille motivi, mille scelte, mille possibilità. Così tante che avresti dovuto quasi portarmi in qualche posto sconosciuto e rifarci una vita lì, lontano da tutti. O non vuoi perché sono una tua fan e quindi le cose non sono così pure come pensavo io? Mi hai usata per scopare, solo questo ti andava bene. Lo so fare, vero? Mi ero illusa che la dolcezza che avevi usato era reale, che era per me, che ero realmente il tuo motivo. Invece non ero nessun motivo, non ero il perché, non ero il sì, non ero il no, ero semplicemente quella con cui ti era piaciuto stare, per una notte. Ho pensato tante volte di sbagliarmi ma pochi giorni fa ero sotto casa tua, ero venuta lì a chiederti scusa, non so poi per cosa, e ho visto lei che entrava, in quella f*ttutissima porta. Ho avuto come la sensazione di essere stata appena morsa da una vipera e sentivo quel veleno che si diffondeva, ovunque. Mi è arrivato al cuore il veleno, Marco, e l'ha atrofizzato, ancora. Ho pensato a noi, mentre facevamo l'amore e si è trasformato in sesso, in spine, in fuoco che mi stava ardendo addosso. Trovami ora un antidoto contro il veleno o, ancora peggio, trovami un antidoto contro la delusione, contro il dolore. Lasciami in pace, Marco. Rimani lì, vivi nello stesso modo in cui vivevi prima di scoprirmi, e lasciami vivere, sopprimiamo tutto, ti prego. >> Le parole mi escono con forza. Sono impassibile, impassibile con delle lacrime che scendono continue, e fanno male sul viso. Pure quelle fanno, tutto fa male.
Le asciugo, malamente.
Sta piangendo anche lui. E non avevo mai visto i suoi occhi bagnati, mai in vita mia avevo visto uno spettacolo del genere.
Vorrei far qualcosa, ma non spetta a me e il silenzio si impossessa del momento e fa quasi paura. Affonda il viso nelle sue mani e soffoca lì il suo dolore.
<< Io non ho scopato con te, Chiara! Io non ti ho usata, io non ho fatto niente di tutto ciò. Va bene?! >> urla quelle parole, con rabbia, perché non viene creduto.
<<Non so cosa c*zzo farmene del passato, non so uscirne. Sette anni non so terminarli, così. Sto dicendo che ti amo e che non sei una ragazzina, non sei una qualunque. Tu su quel letto ci hai lasciato l'amore, Chiara. E io mai l'ho sentito così pienamente, prima d'ora. >>
<< Se non vuoi, se non ci riesci, se ti è impossibile, lasciami stare! Questo ti sto chiedendo! Di farmi riprendere in mano la vita. Fammi scendere da questa macchina e chiudiamola qua, ora. E non cercarmi, più. >>
<< Non lo farò. >>
<< Hai idea di quanto faccia male tutto questo? Di quanto orrore sento ogni volta che esco da quel letto? Elena non si accorgerà mai di un odore diverso? Non si accorgerà mai che non la ami più o che, forse, non l'hai amata mai? Non ti senti orribile? >>
<< Non ci riesco se so di fare l'amore con te e non con qualunque altra persona. Non riesco a vederci dell'orribile. >>
<< Lo fai anche con lei e lo spacci per amore. >>
Sbatte un pugno sul volante.
Apro lo sportello.
Lui mi blocca.
Io cerco di fargli mollare la presa, piangendo.
Mi trattiene. Cerca di calmarmi, mi abbraccia, continuo a tirargli pugni, lo allontano. Cerca di distruggere quel muro ma io voglio mantenerlo, e nascondermici dietro, proteggermi.
Non sento più freddo, non sento nulla, non funziono più.
Re: Non scegli chi amare, sono gli occhi che scelgono per te.
16.
'Non guardarmi così che m'innamoro, senza rimedio.'
La sua mano fredda è ancora nella mia e non trova tepore, nemmeno quì. Non trova un po' di caldo, né un riparo, e nemmeno noi. Lo sguardo mi va fuori, vedo le foglie arancioni, gialle, staccarsi dagli alberi perché sono precarie quanto i nostri sentimenti, quanto la nostra felicità. La felicità la acchiappi e poi ti cade dalle mani, come le foglie instabili su un ramo. Passano la primavera e l'estate comode comode su un albero, finché la tristezza le fa cadere, e perdono sicurezza. La vita è ingiusta e questo lo sappiamo tutti, perfino le foglie. Vedo Carmine sulla porta del bar che sta fumando la sua sigaretta poggiato al muretto, al solito muretto. Guarda anche lui le foglie e forse anche lui pensa che la felicità è istantanea e muore di colpo, spostata dal vento. Mi guarda, dettato da qualche sesto senso, e vede le mie lacrime certamente, perché butta la sigaretta a terra e si precipita verso di me. Non mi chiederà cos'ho, perché lui lo sa e non c'è bisogno di chiederlo. Certe volte le parole sono inutili perché continuano a scavare e si finisce per creare solchi interminabili. Mi abbraccia e io ricambio, perché due braccia sicure, a volte, attutiscono i colpi in faccia. Carmine guarda Marco, e Marco fa un cenno con la testa, Carmine se ne va. Forse lui crede che basta un cenno per mandar via le persone, forse non sa che quando una persona la si sente nello strato più spesso dell'anima, non se ne va. Nemmeno se la mandi via a calci. Forse lui non sa proprio niente. Parte con la macchina, non mi lascia il tempo di dire niente. Spinge sull'acceleratore, ma non ho paura. Io quando sto con lui, paura non ne provo mai. Sento il respiro venirmi meno, ma la paura mai, quella mai.
<< Marco, dove stiamo andando?>>
Zittisce. Forse vorrebbe portarmi da quella felicità, ma non sa dove abita, e non può.
Non si sta dirigendo verso casa, prende l'autostrada e non ho veramente idea di dove stiamo andando. Apre il finestrino, un po'. Ho freddo ma non gli dico di chiuderlo perché il vento che scompiglia i suoi capelli è spettacolare. Li aggiusta, e il vento li scompiglia di nuovo. Mi viene da sorridere e lo faccio, distrattamente. Il dolore mi fa perfino sorridere.
Mi guarda e lo nota. Cerco di imbronciarmi per sembrare quella forte, quella che mantiene l'incazzatura ma mi viene difficile, perché lo guardo e mi sembra sopportabile anche il dolore. Fa uno di quei suoi strani cenni con la bocca perché sta per dire qualcosa e asciugo con dolcezza una lacrima che mi era rimasta sul viso. Mi accarezza la gamba, vorrei farci l'amore. Notte, giorno, mattina, sera, finché il mio corpo non si saprà più distinguere dal suo, finché non mi mescolo con lui e ne esce fuori il capolavoro del secolo, quello che tutti guardano con una meraviglia inaudita e fa scalpore. Uno di quei dipinti per cui si fanno aste costosissime, in cui persone di alta società spendono milioni e milioni di dollari per acquistarlo. Se solo mi dessi la possibilità di amarti come si deve. Ti riempirei pure gli spazietti più piccoli, quelli a cui nessuno fa caso. Io farò caso a tutto, amore, te lo giuro.
<< Ti amo. >> prova a dirmelo, sperando che il dolore mi abbia un po' lasciata in pace. E forse è così, perché mi tremano le gambe mentre lo dice.
Non gli rispondo, ma il senso di appartenenza me la fa pagare perché gli accarezzo la mano mentre guida. E' il cuore che ha dato il comando al cervello e lui, che era d'accordo, non ha esitato. So che starà per sorridermi in uno di quei modi suoi soliti. Anche quando il resto del mondo non avrà significato tu ce l'avrai, Marco. Sappi che se un giorno dovessi perdermi in qualche buio da cui non so uscire, tu sarai l'unica certezza in mezzo al nulla. Sappi che se vuoi la vita te la dò, ovunque io sia. Anche se potrebbe servirmi io non esiterò e te la darò, perché voglio stare con te, anche quando non ci saremo. Sto per addormentarmi e sento il suo sguardo protettivo, su di me. Mi guarda come si guardano i beni preziosi, come si guarda il sole dopo averlo a lungo aspettato. Forse ci siamo aspettati a lungo senza saperlo e, ora, ogni giorno, vorremmo guardarci per non perderci. Le parole mi muoiono nella trachea, ma le mie mani lo chiedono, lo vogliono, lo cercano, quasi lo pretendono. Mi addormento mentre un vortice di idee mi invade il cervello, mi addormento per non volerlo più. Mi sveglio un'oretta dopo col suo piumone addosso, quello che porta sempre in auto per qualsiasi emergenza, sa di lui. Mi stiracchio e mi giro di scatto verso di lui. In sottofondo c'è 'Wish you were here' dei Pink Floyd. Sta canticchiando e sorride nel farlo. Perché gli piace e perché anche se ci sbattiamo le porte e gli sportelli in faccia, io sono lì, sotto al suo piumone, accanto a lui.
<< Siamo quasi arrivati. >>
<< Come hai fatto a sapere che sono sveglia se non ti sei nemmeno girato a guardarmi? >>
<< Ho imparato il tuo respiro, sia da sveglia che mentre dormi. E sei uno spettacolo in entrambi i modi. >>
Sorrido, e mi sorride pure il cuore.
<< Tu mentre dormi arricci il naso in modo strano e non riesci a dormire senza starmi in qualche modo vicino. Quando provo ad allontanarmi cerchi sempre qualcosa che mi appartiene. >>
<< E' il tuo profumo che mi droga anche nel sonno. >>
Sorride, sorride sempre, e m'innamoro sempre. E le sue parole mi passano l'aria, ogni volta, faccio scorta.
Fuori dal finestrino c'è il mare. Ha deciso di portarmi quì.
Ammiro lo spettacolo perché il mare mi porta sempre emozioni nuove, me le mobilita. Lui lo sa, lui sa sempre tutto. Il vento stavolta mi piace ancora di più. Si ferma a parcheggiare e infila la felpa che prima aveva tolto. Rimaniamo fermi nell'auto per un po', io guardo i suoi occhi ancora lucidi e tutta la vita mi passa nei suoi occhi per un istante.
Rivivo ogni emozione, la sento dentro e viva più che mai.
La prima delle emozioni è lui che mi ha portata al mare e questa brezza leggera ci scompiglia gli animi. Si avvicina a me e io mi faccio piccola piccola nel piumone nascondendomi il viso. Mi da un bacio sul naso e accenna un sorrisino perché ama quando gioco a fare la bambina, perché mi ama e non sa come dimostrarmelo, non sa se ce la fa, se ne è degno.
Tolgo un po' il viso dal piumone e si avvicina alle mie labbra. Ci guardiamo negli occhi. Siamo due dispersi, io e lui. Ore fa piangevamo e ora siamo a due passi dal viverci. Siamo uno di quegli amori incomprensibili, maltrattati, odiati, che ti spaccano in due il cranio. Ci facciamo un male inguaribile quando basterebbe guardarci negli occhi e trovare le risposte.
<< La mia risposta sei tu. >>
Lo sussurra, quasi. E io, pian piano, guarisco.
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