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thread: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.

  1. #41
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    41.

    Tu, sei la mia coperta di Linus

    Sdraiata sul letto mi lascio accarezzare, o meglio tirare i capelli, da Gaia che ha avuto la brillante idea di farmi una treccia dopo aver guardato insieme Rapunzel. Fosse per me, non sarei mai riuscita a farlo. Insomma, sono abbastanza impedita a riguardo. Eppure quelle mani che dividono i capelli in ciocche più o meno grandi e le intrecciano le une sulle altre, mi fanno sentire bene in questo momento. Distolgono i pensieri. Mettono un freno ai pensieri. Pensieri che guarda caso vanno sempre a dipingere due occhi dolcissimi, un sorriso smagliante, un paio di baffi che mi auguro abbiano vita breve. È partito da una settimana, fin qui, nessun problema se non la lontananza. Chiudo gli occhi e sospiro, mentre Gaia ferma le mani e mi guarda curiosa, o forse timorosa di avermi fatto male.
    I: “Tranquilla, è tutto ok! Ho una soglia del dolore elevata.”
    G: “Ok, sta uscendo una specie di incrocio tra i codini di Sailor Moon e Geri Halliwell.”
    I: “Mi sto preoccupando, lo sai?”
    G: “Ma va, che sei fi*a lo stesso.” E si rimette ad armeggiare borbottando qualche cosa che non riesco a capire veramente.
    I: “Ti manca Dani?” le mani si bloccano nel momento esatto in cui pronuncio il nome del suo ragazzo. Lega alla bell’è meglio i capelli e si lascia andare appoggiano la testa sulla mia spalla, incastrandosi perfettamente. Guancia a guancia, la posizione più scomoda forse, ma la migliore per parlare tra di noi.
    G: “Moltissimo, però se penso a quello che fa quando è lontano da me, sorrido. So che è felice!”
    I: “Già, esatto.”
    G: “Poi, tornano presto e si fa sentire il più possibile. Insomma, nonostante tutto, c’è.” Sospira e non posso far altro che sorridere. È così meravigliosamente bella quando parla di Dani. A volte lo ammazzerebbe, ci metterei la mano sul fuoco, ma non può stare senza di lui troppo a lungo. Fare pace è sempre la miglior soluzione. Di nuovo un flash, il sorriso di Pedro, ma cerco di scacciarlo velocemente.
    I: “Dani sarebbe fiero di te nel sentire quanto hai appena detto.”
    G: “Pedro?”
    I: “Abbiamo uno strano meccanismo: litigare nei momenti sbagliati. Come se ci fosse un momento giusto per mettersi uno contro l’altro. È solo che sono troppo orgogliosa per mandargli un sms o chiamarlo.”
    G: “In fondo, è una cosa semplice da fare.”
    I: “Perché le cose più semplici, son sempre le più difficili?! Mi sono ridotta a guardare il cellulare in continuazione. Non posso credere che non senta minimamente la mia mancanza, non voglio. Lo so, è colpa mia. Sono una persona strana, ma mi è sempre piaciuto esserlo. Ho difetti grossi come una casa, ma sono umana e credo sia normale ammetterlo! Odio non riuscire a fargli capire quanto sia importante per me. Odio sentirmi incapace di dirgli quanto lo ami. Odio me stessa per non essere in grado di stargli accanto come dovrei. Ho paura, solo tanta paura.”
    G: “Maledetta, mi commuovi. Perché non riesci a dirgliele tutte queste parole?”
    I: “Non lo so. È come se avessi un freno a mano tirato sul cuore.”
    G: “Mettilo in folle, allora.”
    I: “Mi manca così tanto.”
    G: “Scriviglielo. Adesso!” afferma prendendo il cellulare e consegnandomelo tra le mani. Un attimo dopo le mie dita scorrono veloci sulla tastiera componendo quelle parole che erano un macigno sul cuore.

    Solo due parole: mi manchi. Scusami, sono un’idiota.

    La risposta non tarda ad arrivare. È fulminea, come se lui dall’altro lato non vedesse l’ora di leggere un mio messaggio. Come se non aspettasse altro che un mio gesto, una scemenza per parlarmi di nuovo.

    Non sai quanto ho sperato di leggere queste parole. Arrivo il prima possibile, solo per tenerti stretta a me. Manchi e non solo perché devo dividere la stanza con Ivan!

    Rido con le lacrime agli occhi immaginando la giungla in qui quei due potrebbero vivere. Faccio leggere il messaggio a Gaia, la quale finisce per contorcersi dal ridere insieme a me.
    Il mattino dopo, ci ritroviamo occhi negli occhi. Occhi felici, brillanti. Oggi mi attende una full immersion di Pedro. Ma, come al solito, non riescono ad essere puntuali. Quella, non è mai stata nel loro dna. Passo il pomeriggio davanti al computer per finire una maledetta relazione per l’università, mentre con un occhio osservo il cellulare rischiando ogni secondo di più lo strabismo.
    G: “Ehi, vado da Dani. Voglio fargli una sorpresa per cena!” urla dal salotto prima di chiudere la porta di casa. Sospiro ancora insultando quest’attesa che non vuole finire. Un quarto d’ora dopo, suonano alla porta. Sicuramente Gaia avrà dimenticato qualche cosa e sarà tornata indietro.
    I: “Che hai dimenticato, scema?” chiedo dal citofono strozzando una risata e aprendole automaticamente senza aspettare la sua risposta. La vedo correre in camera a prendere il cellulare e salutarmi al volo con un cenno del capo. Si, l’amore gioca brutti scherzi. Un minuto dopo, il campanello suona ancora. Sbuffo aprendo nuovamente la porta in attesa di un’altra comparsata di Gaia.
    I: “Vabbè che l’amore è cieco, ma io fossi in te qualcosa per la memoria lo prenderei, vecchietta!” urlo dalla cucina dopo aver posato il bicchiere contenente il the. Torno in sala e mi trovo davanti il sorriso divertito di Pedro venirmi incontro. Mi abbraccia, mi stringe, mi stritola, mi incolla a se stesso senza lasciarmi scampo.
    P: “Dovevi riscuotere un abbraccio, o sbaglio?” sussurra la mio orecchio
    I: “Io, non sono brava con le parole. Ai gesti poi non arrivo nemmeno come vorrei. Quindi, ti prego, fammi parlare anche a vanvera, anche se non ha un filo logico quello che ti dirò non interrompermi. I-io voglio farti capire, voglio renderti partecipe. Non voglio più sentirti dire che a volte dubiti dei miei sentimenti, di me, di noi.”
    P: “Shh non è importante, mi hai dimostrato molto questa settimana. Sul serio. Siamo qui, insieme.” gli metto un dito sulle labbra, fermando il flusso delle sue parole e fissandolo con dolcezza
    I: “Per me, è importante. Se ti dico che ti amo non ti sto facendo una promessa perchè so riconoscere che non sono una persona brava in queste cose. Se ti dico che ti amo ti sto dicendo che ti amo, che questa è la mia vita ma adesso è un pò anche tua. Ti sto dicendo che mi sto impegnando a fare qualcosa in cui credo, qualcosa di importante e questo qualcosa è senza dubbio stare con te. Ti sto dicendo che voglio fare il mio meglio, ti sto dicendo che non sono perfetta ma voglio che tu mi veda come sono: piena di difetti, ma innamorata. Se ti dico che ti amo ti sto chiedendo di fare lo stesso: di mostrarmi la tua vita così com’è, con tutto il caos che una vita può contenere, e di infilarmi in questo caos con te. Ti sto chiedendo di non aspettarti grandi cose perchè per me l’amore è fatto di cose semplici. Ti sto chiedendo di tenere sempre a mente che non mollerò, che finchè ci sarò ci sarò al cento per cento. Perchè ti sto dicendo che ti amo. Io ti amo.” Non parla più. Mi guarda con occhi lucidi, incapace di dire qualsiasi cosa.
    P: “Tu, sei la mia coperta di Linus. Ti amo anche quando fa male, perché il bene che mi doni lo so solo io. Non posso stare senza di te. Mai.”
    Lo bacio circondandogli il collo con le mie braccia, stringendolo a me con quanta più forza ho a disposizione. Mi manca ancora il respiro di fronte a lui. Le sue mani che si impossessano del mio viso delicatamente.
    P: “Insieme, fino alla fine. È una promessa.” Annuisco complice ed emozionata da tutte queste parole che metteranno radici nei nostri cuori, per non muoversi più. “Voglio fare l’amore con te, adesso.”
    I: “Ah, ecco perché sei tornato così in fretta…” lo bacio
    P: "Vorrei ben dire, dopo una settimana con Ivan!" ride mentre si sposta verso la camera da letto per fare il pieno di noi.

    ________________________________________________
    Sono in iper ritardo. Vi chiedo immensamente scusa!
    Grazie di cuore, a tutte.

    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-23.html

  2. #42
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    42.

    Sono così, sai, le persone sensibili. Sentono il doppio, sentono prima. Perché, esattamente un passo avanti al loro corpo, cammina la loro anima.


    Luci che si rincorrono per le strade.
    Freddo che esce dalla bocca ogni volta che respiro.
    Neve che abbraccio e che ogni anno mi viene a trovare.
    Alberi colorati sui balconi o dietro le vetrine.
    Natale è alle porte. È il periodo più favoloso dell’anno. Sogno ad occhi aperti come i bambini, ma purtroppo causa studio non sono riuscita a preparare ancora l’alberello in casa. Scendo in cantina per andare a ricercare scatoloni nei quali spero di trovare tutto l’occorrente, ma quello che riesco a vedere supera le mie più rosee aspettative. Compio diversi viaggi prima di riuscire a portare tutto in salotto. Mi fermo con il fiato corto e la lingua di fuori a causa dello sforzo appena fatto. Non ci sono per niente abituata. Penso sia il primo anno in cui mi tocca mettere gli addobbi da sola. Mi sale una tristezza incredibile. In genere il giorno preciso in cui a casa facevo l’alberello, c’erano grosse litigate con mia madre per via della disposizione delle palline o dei nastri argentati. Questa pace mi suona strana. Rifletto e sbuffo ancora nel tentativo di togliere lo scotch dallo scatolone, faccio movimenti strani e mi ritrovo seduta per terra con l’adesivo addosso.
    Suonano alla porta e corro ad aprire con un sorriso sulle labbra. È Pedro. Ora, si che si inizia a ragionare.
    P: “Dimmi che sono arrivato in tempo! Non me lo sarei perdonato.” farfuglia come una macchinetta senza prender fiato tra una parola e l’altra. Lo accolgo con in mano le forbici ed altro nastro adesivo.
    I: “Ecco, tutti tuoi guarda. Ti prego, fallo tu o divento jack lo squartatore!” riferendomi all’apertura degli scatoloni. Si avvicina per osservarmi meglio e mi strappa dalla maglia un pezzo di scotch, per poi darmi un bacio sulla fronte.
    P: “A quanto vedo a far danni sei brava da sola. Dai, da dove iniziamo?” guardando in modo preoccupato la quantità di roba presente ai nostri piedi. Decidiamo di partire dall’alberello. È sintetico, un vero reperto preistorico che si monta pezzo dopo pezzo e richiede l’apertura dei singoli rami fatti dal fil di ferro e rivestiti di gomma verde. Insomma, un lavoraccio se ci aggiungiamo il fatto di doverci mettere dopo tutto il resto.
    Una volta completato l’assemblaggio delle parti, mi blocco ad osservare con quanta cura e precisione il mio ragazzo sta togliendo da una busta le palline colorate. Gli rubo l’altro pacchetto ed inizio ad infilare gli addobbi sui rami, concentratissima. Due braccia si attorcigliano sui miei fianchi e un paio di labbra si posa sul mio collo impedendomi di continuare come vorrei l’operazione.
    P: “Ma tu, fai sempre così?” sussurra dolcemente bloccandomi le mani
    I: “Così come?” domando non capendo il filo logico del suo ragionamento
    P: “Corri, traffichi…fai tutto da sola.” mormora per poi stringermi più forte affondando il mento sulla spalla a mo di appoggio, in attesa della mia risposta che mi sfugge rapida dalle labbra
    I: “Io spero di fare tutto con te.” le braccia allentano la presa e riesco a voltarmi per guardarlo negli occhi quel tanto che basta, che serve per fargli tornare una scintilla luminosa. Mi bacia, felice per poi prendere un nastro argentato e passarmelo attorno alle spalle come un boa di piume.
    I: “Oddio, levami questo coso o sarò piena di brillantini per i prossimi giorni!” inizio ad imprecare mentre lui ride di gusto. Smetto di parlare e lascio che la sua risata entri dentro me, provocandomi tanti sorrisi ebeti sul volto. Se ne accorge.
    P: “Che hai?”
    I: “Amo quando ridi e amo ancora di più sapere che la causa della tua risata sono io.” faccio spallucce per poi togliermi il nastro di dosso e addobbare l’albero. A lavoro ultimato mettiamo nuovamente le scatole nello scantinato per poi abbandonarci sul divano nella contemplazione del nostro capolavoro. Tra le braccia di Pedro che giocano con i miei braccialetti, sono in pace con il mondo.
    I: “Ehi, non trovi che la Torre di Pisa sia dritta in confronto al nostro albero?” chiedo divertita nel notare l’andamento storto che ha l’impalcatura dell’alberello
    P: “Abbiamo fatto proprio un capolavoro, allora.”
    I: “Non ti ho nemmeno ringraziato.” rifletto a voce alta
    P: “L’ho fatto volentieri. Non devi!” ribatte lui baciandomi dolcemente i capelli
    I: “Voglio, invece. Sai, questo è il primo Natale in cui sono sola a dovermi occupare della casa e degli addobbi. A Roma lo facevo con mia madre e c’erano fuoco e fiamme verbali per tutto il pomeriggio. Oggi con te qui non ho sentito né nostalgia, né solitudine, ma soprattutto ho provato una sensazione di pace che non ti saprei spiegare in altro modo. Tu, sei casa. Mia.”
    P: “Anche per me è una novità. Con te parlare al plurale è diventato normale. Addobbare casa tua, mi ha fatto sentire uno di famiglia. A volte ci penso, sai?”
    I: “A cosa?” chiedo curiosa appoggiando il viso sul suo petto e giocando con i cordini del cappuccio della sua felpa che scendono ai lati
    P: “Ad una famiglia nostra. Una casa nostra. Una vita nostra. Io e te che ci lanciamo piatti per la cucina, che litighiamo di fronte al televisore per una partita, che ascoltiamo musica cantando insieme, che facciamo l’amore in camera o sotto la doccia, tu che sbagli il bucato e le mie maglie bianche che improvvisamente diventano colorate, il buongiorno e la buonanotte, un bambino che abbia il tuo sguardo dolce e il mio sorriso, i pranzi in famiglia e le cene con gli amici, le torte che mi preparerai....insomma, tutto.” si ferma e imbarazzato abbassa lo sguardo, distogliendo per un attimo gli occhi dai miei. Faccio scorrere la mano sul suo profilo, obbligandolo dolcemente a guardarmi ancora. Sorrido, commossa dalle sue parole che come sempre hanno la capacità di smuovermi l’anima.
    I: “Io non sono più io, senza di te. E mi fai impazzire dentro ogni volta che parli così. Non ho abbastanza parole per dire quello che sto provando adesso se non che questi tuoi pensieri sembrano così reali, veri, nitidi.”
    P: “Lo sono, amore.”
    I: “Infame! Lo fai apposta.” ribatto imbarazzata arrossendo violentemente
    P: “Lo ammetto, ma non è colpa mia se sei meravigliosa così. Arrossisci ancora se ti chiamo amore.”
    I: “Oh è un vizio il tuo!” rido lasciandomi coccolare dalla sua risata ancora una volta “Resti qui stanotte?”
    P: “Certo, resto quanto vuoi.” Risponde affondando le mani nei miei capelli per accarezzarli lentamente
    I: “Anche per tutta la vita?” domando con un filo di voce temendo non abbia nemmeno sentito
    P: “Per sempre.” Mi prende il viso ed inizia a baciarmi con foga, facendomi finire sotto di lui in un attimo. Le sue mani in cerca delle mie, le sue carezze disarmanti, le sue labbra. Il suo ripetere all’infinito che mi ama, la sua voce, i suoi sussurri. I brividi che sempre mi tramortiscono. Il suo profumo. La familiarità dei nostri corpi che si muovono insieme, si cercano, si vogliono, si trovano. Due calamite che si attraggono.
    Niente potrà mai separarli. Ora, più che mai.

    _______________________________
    Sono pessima. Grazie a tutte!

    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-23.html

  3. #43
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    43.

    If I lay here
    If I just lay here
    Would you lie with me and just forget the world?

    Seduta sul letto con le gambe incrociate, in meditazione su cosa fare. Ci sono giorni in cui non ho voglia di fare niente, starmene semplicemente coricata, seduta, svaccata sul divano in attesa che la giornata finisca. Poi, mi pento, perché mi sembra di lanciare dalla finestra il tempo avuto in dotazione. Si sa, quello, non torna indietro mai.
    Ho appena finito un’intensa sessione di esami. Mi ha portato allo stremo della salute mentale, vicina alla fusione. Aprivo il frigo alla ricerca di acqua e finivo per non ricordarmi nemmeno più il motivo che mi aveva spinta ad andare in cucina. Gaia non è messa molto meglio, ringraziando. Insieme è più semplice sostenersi a vicenda. A causa di quest’esame maledetto ho dovuto saltare l’unico set acustico fattibile. Se domani l’università non pubblica gli esiti del mio lavoro, posso morire d’ansia nel frattempo. Odio l’attesa di questo tipo. Come un spada di Damocle che penzola sul collo pronta a far male. Il tempo da dedicare a Pedro è stato ai minimi storici.
    Poveraccio, l’ho trattato malissimo causa nervoso, tensione e ansia da studio. Ma lui, ha capito. Sempre. Si è messo da parte, mi ha sostenuta nei momenti di sconforto, nei momenti in sui credevo di non riuscire a farcela. Ha passato dei pomeriggi coricato nel mio letto, ascoltando me che ripetevo per la millesima volta le varie sottostrutture del cervello. Credo che se adesso le chiedessi a lui, le saprebbe a menadito. Forse, più di me.
    Nel bel mezzo del flusso di ricordi, sento che la porta di camera mia si apre leggermente, facendo entrare un naso che riconoscerei tra mille.
    I: “Pinocchio, puoi entrare.” lo apostrofo, iniziando immediatamente a ridacchiare per l’espressione corrucciata di Ka “Siediti qui, scemo!” indicandogli il fondo del letto. Prende posto, ancora in silenzio.
    K: “Che stai facendo?”
    I: “Lo stavo decidendo. O meglio, ero intenzionata a fare nulla. Sai, dolce far niente e via dicendo.
    K: “Ma ti prego. Quando hai i risultati?” chiede testando il territorio università
    I: “Domani. Ho un’ansia assurda addosso!”
    K: “Ottimo, così avremo nuovamente il cantante in quadro. No, perché, mi son rotto le palle persino io di sentire la mappatura del cervello!”
    I: “Ma, come. Dovrebbe essere una cosa nuova per te, conoscere com’è fatto un cervello, come si usa, sapere di averne uno in dotazione…” alza gli occhi e mi fulmina con lo sguardo prima di avventarsi su di me e spingermi sul letto iniziando a farmi il solletico. Rido come una pazza, tentando di divincolarmi in ogni modo e con ogni mezzo possibile. Pugni, calci che puntualmente finiscono nel vuoto, schiaffi, morsi.
    I: “Carmine…Ruggiero!” riesco a dire tra una risata e l’altra
    K: “Presente!” ribatte lui prendendosi gioco di me ancora una volta. L’ennesima, direi.
    I: “Smettila!” lo imploro, mentre lentamente le sue mani smettono di torturarmi e i suoi occhi divertiti si fermano sui miei.
    K: “Ho vinto.” Sentenzia soddisfatto, appoggiando le mani ai lati della mia testa e rimanendo sostanzialmente sopra di me.
    I: “Non sapevo fosse una gara. Ti stavo per tirare addosso l’abat-jour. Ringrazia che ho le braccia corte!” sbuffo, battuta dalla sua superiorità fisica. Mi sorride prima di avvicinare velocemente il suo viso al mio per lasciarmi un bacio sulla fronte. Poi con uno scatto si solleva, coricandosi accanto a me.
    K: “Me la fai una promessa?”
    I: “Se posso mantenerla, si. Altrimenti non saprei.”
    K: “Qualunque cosa succeda, qualunque persona decidiamo di essere, promettimi che saremo comunque sempre io e te.” Istintivamente lo abbraccio, dandogli un piccolo morso sulla guancia.
    I: “Direi che siamo la prova vivente che più le cose cambiano, più restano uguali. Passano gli anni, ma quando l’amicizia è autentica, nulla può scalfirla. Ti vorrò sempre bene, Carminella. Sei stato un compagno di giochi fantastico, sei stato la pacca sulla spalla quando facevo gol e il calcio negli stinchi quando ridevo con gli altri bambini della squadra. Sei stato l’abbraccio fraterno dopo un brutto voto. Sei stato e sei il mio supereroe.. Sei una delle parti migliori di me. Sei stato cupido, perché è grazie a te se ho conosciuto la persona che amo. Sei un maestro di chitarra, il mio preferito. Sei il fratello che ho sempre sognato. Sei il mio migliore amico. Da sempre, e per sempre. Non lo dimenticare mai.” il suo abbraccio mi stringe con forza, mentre gli occhi diventano lucidi. Ci guardiamo un secondo negli occhi, riconoscendo la commozione reciproca, per poi sorridere.
    K: “…lo prenderò come un si, allora.”
    Mentre siamo in questa condizione emotiva, sentiamo solamente un colpo di tosse provenire dalla stanza. Questa casa, è un porto di mare oggi. Entrano ed escono persone, senza che me ne renda conto. Ka solleva la testa, per inquadrare il rompiscatole del momento.
    P: “Si può?” domanda lui incerto, quasi sottovoce.
    I: “Hai tre secondi netti per venire qui ed abbracciarmi. Vedi tu.” ribatto mentre lui con un scatto si corica accanto a me, intrecciando le braccia attorno alla mia vita.
    K: “Pè, è la mia mano, quella!” sbuffa facendoci morire dal ridere
    I: “Eccoli qua, gli uomini della mia vita. Scemo e più scemo.”
    P: “Ah, fa sempre piacere ricevere le tue dimostrazioni d’affetto.” Mormora tra i miei capelli, passando le labbra dolcemente sul mio collo.
    K: “Ok, ragazzi, qui mi sento di troppo.”
    I: “Ka, guai a te se ti muovi..” affermo fermandolo “Mi molli una gomitata in faccia! E non vuoii rovinarmi questo visino adorabile, vero?”
    Entrambi si guardano per poi darmi all’unisono della paracula ed iniziare a farmi il solletico. Dolore per le botte date e prese, gioia per gli abbracci di Ka e i baci di Pedro a suggellare l’armistizio. Poco dopo il nostro migliore amico se ne va.
    P: “Oh, finalmente si sta larghi!” dice ridendo allargando le braccia e le gambe a stella sul letto
    I: “No, ma fai pure come se non ci fossi, eh.” Mi lamento tentando di riappropriarmi del mio lato di materasso che mi spetta per diritto. Le sue braccia mi circondano e le sue labbra mi fanno dimenticare il resto del mondo.
    P: “Meglio stare vicini, vicini.” Sussurra a pochi centimetri dal mio viso per poi sorridere. “Domani è il gran giorno, vero?” annuisco, incapace ancora una volta di parlare di fronte ai suoi modi sorprendenti. Passa un dito sulla mia guancia, per poi baciarmi dolcemente. “Appena escono, chiamami. Vengo qui e li leggiamo insieme. Ti va?”
    I: “Grazie, poi..”
    P: “Poi, facciamo tutto quello che vuoi. Insieme. Perché mi sono sentito molto trascurato in queste settimane.” sussurra prendendomi in giro e ricominciando a passare le labbra sul mio collo in modo malizioso
    I: “Mah, perché rimandare a domani?” ribatto stando al suo gioco, finendo automaticamente sopra di lui baciandolo con passione. Sorride compiaciuto dal mio spirito d’iniziativa e inizia a spogliarmi con gesti consolidati.
    P: “Ti amo.” Sussurra al mio orecchio al culmine del piacere, facendomi rabbrividire come ogni volta.
    I: “Io, di più.”
    P: “Non ne sarei così sicuro, sai?” risponde sibillino facendomi un occhiolino di rimando.
    I: “Domani, mi porti sulla neve?”
    P: “Andiamo dove vuoi. Tutto dove vuoi.” La sua voce diventa un sussurro. Si sta assopendo sul mio petto. Gli passo dolcemente la mano tra i capelli, accarezzandolo e cullandolo un po’. È così dolce. Lo amo perché sono un casino e a lui piace mettere in ordine. Non si spaventa quando gli dico che non so cosa fare nella vita e non mi guarda strano se ogni giorno cambio progetto di vita.
    Lo amo perché non ha paura di fare scelte difficili e non ha paura dei miei lati oscuri.
    Lo amo perché non volevamo innamorarci, ma non potevamo non farlo.
    Non gli importa se non mi sono struccata e la mattina sembra un panda, se ho i capelli arruffati e apro la porta con il pigiama, per lui sono sempre bellissima.
    Lo amo perché è facile farlo, anche quando è difficile, anche quando fa male.

    _____________________________
    Eccallà.
    La citazione iniziale è tratta da Snow Patrol - Chasing Cars - YouTube per chi non la conoscesse.
    Ah, i commenti sempre qui: http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-24.html
    Scusatemi per il ritardo, siete meravigliose!

  4. #44
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    44.

    La tua bellezza fa rumore, più di tutte le parole.


    Suona il cellulare, ma non ho voglia di alzarmi e andare a cercarlo. Mi costa troppa fatica e soprattutto implicherebbe mettere in pausa il film che sto vedendo insieme a Gaia ed Ale. Zero voglia. Poco dopo, torna a farci compagnia la suoneria del telefono.
    A: “Ila, ti conviene rispondere. Magari è qualcosa di importante!”
    G: “Già che ci sei, cambia quello strazio di suoneria.”
    I: “Oh spiritosa, così provi quanto abbiamo subito noi qualche mese fa.” Ribatto mentre svogliatamente mi alzo, salutando il cuscino caldo e avviandomi verso il tavolo su cui impazza la musica.
    A: “Non posso che essere d’accordo con lei. A proposito, Gaia, c’è una canzone che ti fa proprio schifo?” chiede sibillina
    G: “Perché?!”
    A: “Così quando Ila cambia la suoneria, la uso per le tue chiamate. Insomma, dovresti sentirti onorata di avere una musica speciale solo per te!”
    I: “Ale, te l’ho mai detto quanto ti adori?!”
    A: “Mmh solo un centinaio di volte, in effetti!”
    G: “Qualcuna non doveva rispondere ad una telefonata, qui?!” urla tra le nostre risate per deviare il discorso. Afferro finalmente il cellulare e zittisco quella suoneria trancia timpani.
    I: “Che c’è?” chiedo svogliatamente
    P: “C’è che dobbiamo parlare. È urgente. Tra due ore allo studio.”
    I: “Mi stai mettendo paura.”
    P: “Quasi dimenticavo: devi venire da sola, senza scorta al seguito. Chiaro?” spiega con un tono che non ammette repliche, facendomi rabbrividire di freddo. Mormoro un si tremolante, mentre la linea cade. Smetto per un momento di respirare, mentre le mie amiche mi chiedono cosa sia accaduto.
    I: “Credo sia uscito di testa. Vuole parlarmi, sembrava incaz*ato. Tra due ore allo studio.”
    G: “Ah, andiamo bene. Prima che tu vada via, vorrei dirvi una cosa.” borbotta arrossendo violentemente e incespicando nelle parole “Riguarda me e Dani.”
    A: “Me curiosa.”
    G: “Ieri sera mi ha proposto di andare a vivere insieme. Io e lui.” sussurra alzando lo sguardo verso di me in cerca di sicurezza, come se fossi in grado di dargliene in questo istante. Sorrido, mentre descrive la serata che probabilmente le ha rivoluzionato la vita.
    I: “Sono felicissima per te. Per lui. Per voi, insomma. Mi sentirò un po’ più sola tra queste quattro mura senza la tua presenza, ma credo che saperti tra le braccia di Dani sia la cosa migliore.” esclamo abbracciandola stretta stretta come piace a lei e ricevendo un qualche insulto amorevole di rimando. Noi, ci vogliamo bene così.
    G: “Adesso, prima di morirmi di paura tra le braccia…vatti a cambiare e corri allo studio!”
    I: “Si, già. Forse è meglio.” Rispondo alzandomi e scappando in camera per infilarmi i jeans e una felpa al volo, pronta per uscire. Mi rifiuto di prendere l’auto, così cammino a passo sostenuto anche per eliminare la tensione che sento salire allo stomaco. Ho paura di essermi persa qualche pezzo per strada, di non essermi accorta di qualcosa di importante. Inizio a farmi un enorme esame di coscienza, analizzando episodio per episodio gli ultimi mesi della mia vita senza trovare un solo motivo valido per spiegare questo strano appuntamento. Magari, ha smesso di amarmi e vuole dirmelo in un luogo insonorizzato, in modo che le urla che gli scaglierei contro non si sentissero nelle vicinanze. Dopo questa ipotesi che mi fa tremare il sangue nelle vene, mi rendo conto di essere di fronte alla porta dello studio con una mano gelata a mezz’aria nel tentativo di afferrare la maniglia ed entrare. Rimango immobile per un tempo che non saprei quantificare, faccio un respiro profondo chiudendo gli occhi e per la prima volta intimorita, busso. Non ricevendo risposte negative, apro lentamente gli occhi insieme alla porta. Entro, cercando con lo sguardo Pedro, come si cerca la luce in un corridoio buio.
    Il mio faro è semplicemente seduto su una sedia posizionata su un tappeto grigio, nel mezzo della stanza. Mi sorride, facendomi cenno di raggiungerlo.
    Quel gesto cancella via un po’ di paura, ma il cuore inizia a galoppare lo stesso.
    P: “Siediti lì, per favore” indicando il divano a fiori di fronte a lui su cui diligentemente mi lascio andare. “Scusami per il modo, probabilmente ti starai chiedendo il motivo di tutto questo.” Annuisco incapace di pronunciare anche un’insignificante sillaba, attanagliata dalla paura come sono. “Stai bene?” chiede preoccupato dal mio silenzio.
    I: “Ho paura.” parole che scivolano via senza che possa fermarle e che vengono accolte con un sorriso dal mio ragazzo
    P: “Non sai quanta ne ho io.” si stringe nelle spalle, afferrando la chitarra che magicamente compare nel mio campo visivo e imbracciandola dolcemente. La mano sfiora le corde, l’altra le pizzica mentre la sua voce inizia ad uscire dalla bocca, ipnotizzandomi. Una canzone nuova, mai sentita prima. Parole che mi colpiscono, mi tramortiscono e mi rendono incapace di realizzare cosa stia succedendo. Parole che sembrano scritte e musicate solamente per me. Le mani che inesorabilmente si muovono a tempo sulle gambe. Gli occhi che cercano e trovano quelle iridi nocciola che riescono a leggere le righe della mia misera anima fragile. Il cuore che impazzisce al punto che la cassa toracica pare troppo piccola per contenere la sua grandezza.
    P: “…con un piccolo gesto, una frase d'amore, tu lo rendi speciale ed un semplice giorno qualunque diventa Natale, diventa Natale.” conclude ripetendo per l’ennesima volta queste semplici parole che hanno il potere di scaldarmi il cuore. Posa la chitarra dolcemente, senza poter staccare gli occhi dai miei. Le sue mani, tremano.
    I: “Grazie per aver suonato per me. Non ti avevo mai visto prima così.”
    P: “Ero un po’ impanicato, ma vedere l’espressione sul tuo viso mi ha dato l’energia giusta. Il resto, è cuore.” sorride stendendo le labbra per poi proseguire “Ti è piaciuta?”
    I: “Moltissimo. È speciale. Non so spiegarti cosa ho provato. Insomma, era come…se le parole fossero solo mie. Strano!” scoppia a ridere vedendo la mia mimica facciale per poi alzarsi in piedi e fissarmi serio
    P: “Eh, ci credo. L’ho scritta per te. Pensando a te, vivendo di te, cantando per te.” Il cervello si scollega improvvisamente, sembra non voler capire.
    I: “Cioè, tu…oddio. Una canzone. Tu hai scritto una canzone per me.” inizio ad urlare impazzita in preda ad una gioia incontenibile. Gli salto letteralmente in braccio avvolgendogli il collo e ripetendogli all’infinito ringraziamenti che sembrano nullità in confronto a quello che ho appena vissuto.
    P: “Devo dedurre che sei felice!” sussurra nel mio orecchio stringendomi forte al suo petto
    I: “Hai solo realizzato un sogno, una roba da niente proprio.”
    P: “Lo so. Per questo avevo paura: pensa se non ti fosse piaciuta o altro. Insomma, avrei rovinato tutto.” lo zittisco dolcemente con un bacio
    I: “Ed io che pensavo volessi lasciarmi, oggi.” affermo mentre un’espressione disorientata e stupita si dipinge sul volto che amo
    P: “C-che cosa?!”
    I: “L’ho detto che mi avevi messo paura, o no? Avevi un tono da brivido. Così, sono scattate mille paranoie..”
    P: “Non lo pensare mai più. Ancora non l’hai capito che per niente al mondo ti lascerei?”
    I: “A volte è bello sentirselo dire.” Sorrido affondando il viso nella sua spalla, inspirando quanto più profumo posso “Ti amo.”
    P: “Anche questo è bello detto da te.” Ride strappandomi un bacio e sollevandomi da terra compiendo alcune giravolte.
    I: “Me la insegnerai a suonare?”
    P: “Se Ka non s’offende!”
    I: “Non lo farà, è una cosa nostra. Mia e tua. Ti rendi conto che quando la canterai di fronte ad un pubblico, io saprò che ogni singola nota sarà rivolta a me soltanto?” annuisce divertito dal mio entusiasmo “Meraviglioso, è meraviglioso. Tu sei meraviglioso. Il mondo da oggi in poi sarà meraviglioso.”
    P: “Tu, lo sei. La bellezza che non ostenta, la semplicità nelle piccole cose.”
    I: “Hai voglia di cantarla ancora?”
    P: “Certo!” risponde prima di baciarmi ed afferrare nuovamente la chitarra per suonarmi ancora la mia canzone. Giorni come questi, cambiano intere esistenze.

    _____________________________
    Auuuuuuuuuguuuuuuuuuuuuuri a tutte voi, che possiate trovare quello che più desiderate sotto il vostro alberello colorato!

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  5. #45
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.


    45.

    Nei sentimenti non esistono mezze misure.
    O fuori o dentro. O ci sei o non ci sei.
    Non puoi esserci un giorno sì e l'altro no.
    O sempre o mai. O tutto o niente.
    Le mezze misure sono per chi gioca, non per chi ama.

    Sono settimane che convivo con questa strana sensazione di attesa. Né positiva, né negativa. Conto i momenti che passo insieme a Gaia, cercando di viverli al meglio soprattutto quando sono tra le quattro mura di casa. Sto aspettando il giorno in cui sorridendo, mi abbraccerà per poi girarsi ed uscire lentamente da questa casa che ormai è anche un po’ sua, per andare da Dani.
    Un momento che puntualmente, è giunto prima del previsto. Almeno per me.
    Sono stata porta pacchi, imbianchina, rifinitrice d’interni, consulente per quanto concerne la sistemazione sulle pareti di poster o quadri, archivista per quanto riguarda la collocazione sulle mensole di sfilze di dvd e dischi da far invidia a Blockbuster. Stessa sorte è toccata ai libri. Ho cercato di essere presente per vivere insieme a lei questa transizione, in ogni modo. Sospiro consapevole che lei con la sua presenza in casa, mi mancherà da morire. Prendo un pacchetto nascosto sotto al mio letto, per timore che riuscisse a trovarlo e mi reco in salotto dove trovo la mia amica pensierosa seduta sul divano. Lo sguardo fisso nel vuoto, come se stesse ripercorrendo pezzi di vita. Con un colpo di tosse, la risveglio dal flusso di pensieri.
    I: “Posso?” indicando il cuscino accanto a lei per sedermi
    G: “Che domande, devi!” mi accoccolo contro lo schienale, rivolgendole un sorriso e rimanendo in silenzio indecisa su come iniziare questo discorso.
    I: “Eccoci, qui.” Sussurro sollevando le spalle rendendomi conto immediatamente dell’ovvietà appena uscita dalla mia bocca
    G: “Già. Chi l’avrebbe mai detto.”
    I: “Ok, basta con la fiera delle frasi fatte.”
    G: “Grazie, anche perché non sarei riuscita a continuare ancora per molto!”
    I: “Non so da dove iniziare, Gaia. Lo sai, non sono molto brava con le parole per cui ho pensato di fare così. Ti ho scritto una lettera che adesso ti leggerò. Ti prego, non ridermi in faccia altrimenti manco comincio!” alzo lo sguardo trovando i suoi occhi divertiti puntati nei miei
    G: “Promesso.” ribatte mentre apro il foglio di carta, leggendo ad alta voce.
    I: “Gaia, amica mia. Scriverti è stata forse una cosa infantile, ma l’unica che mi permettesse di dirti tutto senza dimenticare niente. Oggi è un giorno importante: hai lanciato il cuore oltre il muro di casa e stai per andarlo a riprendere. Come amica, non posso che essere felice, felice e ancora felice per te. Quest’anno vissuto a stretto contatto convivendo è stato semplicemente meraviglioso. Ti ho vista spaesata, intimorita ma sempre armata di un sorriso. Ti ho vista salire su una nuvola rosa insieme a Dani, innamorata come mai prima. Ti ho vista insicura, fragile e al contempo forte, una roccia, la mia ancora, il mio porto sicuro. Sarei falsa se ti dicessi che non vedo l’ora di vederti fuori di casa. La verità è che sono anche un’amica estremamente egoista: ti vorrei qui con e per me, sempre. Tu sei quella che era solo da incontrare, ma che per me ci sarà sempre nonostante tutto. La mia sorella per scelta, perché tra tutte quelle che ho conosciuto è in te che ho visto più volte me stessa. Gaia, amica mia, questa casa da stasera sarà più vuota, più triste forse. Mancherai, tantissimo ma credimi quando dico che il meglio lo vivrai proprio in questo nido che insieme abbiamo arredato, curato e accudito in quest’ultimo mese. Ti voglio un bene dell’anima.” Concludo con gli occhi lucidi, tenendo lo sguardo basso tentando di trattenere le lacrime di fronte a lei, serrando le labbra in un sorriso idiota. Ascolto il suo respiro diventare irregolare, ma prima che possa fare o dire qualunque cosa le porgo il pacco malamente incartato dalle mie mani inesperte. Lo apre delicatamente, per poi scoppiare a piangere come una bambina troppo felice.
    G: “Io non posso accettarlo.” mormora dopo qualche minuto senza togliere gli occhi dalla nostra collezione di Misfits
    I: “Devi, almeno avrò la scusa per venire da te e vederci le nostre puntate preferite!” rido travolta dal suo abbraccio “E adesso, smettila di piangere, ti cola il mascara!” mi pizzica un fianco imprecando in qualche modo che non riesco a capire.
    G: “Grazie, grazie. Sei veramente una stron*a, pure piangere mi fai. Ho paura di svegliarmi da un momento all’altro da un sogno. Tutto è così perfetto.”
    I: “Consolati, è la realtà.” Suonano alla porta e immediatamente i sorrisi diventano impercettibilmente più tesi. È Dani che reclama la sua dolce metà. Ci alziamo lentamente per andare alla porta. Il batteriologo è sorridente, la personificazione della felicità. Mi abbraccia stretta stampandomi un bacio sulla guancia.
    D: “Amore, andiamo a casa?” chiede con uno sguardo luminoso alla sua ragazza che annuisce incapace di parlare. Gaia si volta a guardarmi, mi sorride, mi abbraccia e mi regala tre baci umidicci di lacrime.
    G: “Ci vediamo presto. Prestissimo. Ti telefonerò se per disgrazia il colore della cucina cadrà a pezzi.”
    I: “Oh no. Quella bandana sui miei capelli non tornerà mai più.” ride ricordando quanto l’abbia insultata per avermi obbligata ad indossare quel pezzo di stoffa rosa sulla testa. L’abbraccio ancora, prima di lasciarla andare. La porta si chiude, le loro voci allegre si allontanano dirigendosi verso la mini di Dani. Rimango sola come non lo ero da una vita e finalmente posso rompere gli argini costruiti sugli occhi, dando libertà a quelle lacrime che chiedevano di uscire con prepotenza. Mi lascio andare sul divano, singhiozzando e asciugandomi ripetutamente gli occhi. Non so dire per quanto tempo, mi sento immensamente stanca. E in colpa. E felice. E triste. E felice.
    Il rumore di chiavi che girano nella serratura, mi colgono impreparata e mi spaventano. Un sorriso che amo compare da dietro la porta con una sacchetta di plastica in mano che posa immediatamente per correre ad abbracciarmi.
    P: “Ero preoccupato. Non rispondevi al telefono, caz*o!” sorrido ricordando di aver messo la vibrazione questa mattina e cercando il calore del suo corpo per trovare un po’ di pace.
    I: “Scusami.”
    P: “Macchè, scusami tu. Vieni qui!” mi afferra dolcemente per i fianchi facendomi sedere sulle sue gambe, iniziando ad accarezzarmi come si fa con i cuccioli smarriti. Avevo bisogno di lui per ricominciare a respirare. Non sono sola, mai. “Oggi è stata una giornata difficile per te. Volevo venire prima, ma abbiamo avuto casini in studio e ho fatto tardi come al solito”
    I: “Sei arrivato quando avevo bisogno. Né prima, né dopo. Nel momento giusto.”
    P: “Lo sai che non ti lascio da sola, vero?” annuisco lasciandomi baciare dolcemente dalle sue labbra “Ah, ho portato una cosa. Sai, come nei film, quando le ragazze sono giù di morale mangiano sempre robe dolci...in cucina c’è una Sacher per te.”
    I: “Smetterai mai di stupirmi?”
    P: “No, o almeno, lo spero.”
    I: “Grazie, è un pensiero estremamente dolce. Ho anche fame, per la cronaca. Ne vuoi un po’, tipo mezza torta?”
    P: “Certo!” ride e la sua risata mi scalda il cuore rimettendolo al giusto posto. Parlare con lui della nostra giornata mi fa tornare di buonumore. Mangiamo, scherziamo, diventiamo seri, ridiamo ancora. Tutto questo è solo merito suo. Non mi fa dimenticare le cose, ma le fa vedere con occhi diversi, colorati. Migliori. Le cose brutte, diventano più belle. Lo guardo e tutto ha più senso.
    P: “Che c’è? Mi son sporcato?”
    I: “Nessuno si è mai preso cura di me come fai tu. Voglio dire: mi hai portato una torta entrando come un ladro in casa mia, sapendo che stavo a terra…”
    P: “..e che ti senti in colpa per questi sentimenti negativi che provi, ma che non vorresti sentire.”
    I: “Mi leggi nel pensiero. L’ho sempre sospettato. Hai ragione, e poi mi chiedo: cosa farò adesso?”
    P: “Faremo, prego. Siamo in due.”
    I: “Ok, Pedretti, cosa faremo?”
    P: “Intendi a breve o lungo termine?”
    I: “Perché mi rispondi con una domanda?”
    P: “Perché non rispondi alla mia?” sorrido, questo giochino mi diverte
    I: “Perché non me ne poni un’altra?”
    P: “Mi vuoi sposare?” chiede come se niente fosse, sorridendo soddisfatto per l’espressione che si delinea sul mio viso. Stupore e amore.


    ____________________________________
    Si, sono viva. Si, sono pessima. Si, sono in ritardissimo. Vi chiedo scusa!

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  6. #46
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    46.

    La persona giusta è quella che quando la abbracci ti senti a casa. Il tuo posto nel mondo.

    Non può averlo detto veramente. Si, sicuramente questa domanda è frutto della mia immaginazione. Allucinazioni uditive, ecco come si chiamano in linguaggio tecnico. Allora come mai la mia mano sta tremando ed è incapace di trattenere la forchetta tra le dita, facendola cadere con rumore metallico sul tavolo? Come mai i polmoni stanno bruciando? Mi sono dimenticata di nuovo di respirare? Perché sto zitta?
    Strizzo gli occhi scuotendo ripetutamente il capo come a dar ordine a queste domande. O zittirle.
    Riapro le mie finestre sul mondo e incrocio lo sguardo di Pedro, leggermente insistente. Un colpo di tosse improvviso mi conferma che sto trattenendo il respiro. Sembra debba morire da un momento all’altro, così mentalmente mi do della scema. Come se tutti i giorni qualcuno mi proponesse di passare il resto della mia vita insieme a lui.
    Un sorriso sghembo si delinea sul paziente viso all’altro lato del tavolo, come se fosse divertito dalla mia reazione. È più forte di me, non riesco proprio a proferire parola, io che per anni a scuola ho avuto la reputazione di linguacciuta della classe. Dove sono finite le mie scorte, adesso?!
    Lo guardo ancora, ripetutamente stando in silenzio. Non so cosa stiano trasmettendo i miei occhi in questo istante. Sorpresa. Terrore. Stupore. Ansia. Panico. Gioia. Amore.
    Pedro sposta la sedia quel tanto da permettergli di alzarsi senza fatica, un’espressione indecifrabile sul volto. Mi guarda con un sorriso a metà, per poi fare un passo nella mia direzione, abbassarsi leggermente per darmi un leggero bacio sulla fronte mentre con una mano accarezza i miei capelli con una dolcezza che mi spezza il cuore. Stupida che non sono altro. Non è così difficile: o si, o no. Due cretinissime lettere che si rifiutano di uscire dalle mie labbra.
    Allungo una mano verso il suo braccio, come a fermarlo, ma non mi lascia il tempo di raggiungerlo. Mi volta le spalle ed esce dalla stanza, diretto probabilmente verso casa sua.
    Un’improvvisa tristezza si deposita sui miei occhi e un dolore al centro del petto riattiva i miei neuroni intorpiditi. Dal cervello una scossa raggiunge il cuore.
    I: “Si.” un sussurro che segna il ritorno delle mie facoltà di intendere e volere. Peccato che il destinatario probabilmente sarà fuori di casa, ormai. Mi alzo, scatto verso la porta, scendo le scale di corsa e raggiungo il pezzo di prato che mi separa dal portone. Lo apro e sbuco in strada senza curarmi delle persone che potrei trovare sul marciapiede. Mi volto da tutte le parti, ma non lo trovo. Pedro è sparito. Mi lascio andare per terra dove sono, insultando me stessa ad alta voce per la gioia dei passanti. Un secondo dopo, sento lo scatto del cancello dietro di me. Ah, pure fuori casa mi sono chiusa, complimenti. Mentre parte un applauso mentale, una voce mi richiama. Mi giro di scatto e mi trovo Pedro piegato in due con il fiatone, con una mano a tenere aperto il cancello di casa mia.
    I: “Ma, tu da dove sbuchi? Ti stavo cercando!” urlo senza volerlo
    P: “Ero in casa, dove volevi che fossi?! Esco dal bagno e vedo te che scappi come una furia giù per le scale. Cosa dovevo fare se non cercare di fermarti?”
    I: “Io…credevo te ne fossi tornato a casa. Insomma..” la sua espressione stupita mi spinge a proseguire “Ehm, che ne dici se rientriamo dentro?”
    P: “Si, gente lo spettacolo è finito!” esclama divertito spingendomi nel giardino e chiudendo il cancello alle nostre spalle. In silenzio torniamo in casa.
    P: “Stavi dicendo…?” azzarda per riprendere il filo del discorso
    I: “Pensavo avessi capito o interpretato il mio silenzio nel modo sbagliato. Credevo fosse un addio. Avevi una faccia, dio mio!” esplodo infilando una parola dietro l’altra, ritrovando il gusto dell’eloquio “Sono scesa a cercarti, ma non c’eri più. Mi sono insultata.”
    P: “Si, l’ho sentito.” mi interrompe cercando di trattenere una risata ironica nei miei confronti
    I: “Ecco, appunto. Invece eri qui. Sei sempre stato qui. Non sei scappato.”
    P: “Già.” fa spallucce appoggiandosi al muro del salotto, dando un’occhiata svogliata ai miei dischi
    I: “Fammi capire. Mi hai chiesto di sposarti, sono stata zitta ed ora tutto quello che riesci a dirmi è questo?!” lo fulmino con lo sguardo mentre mi osserva sorpreso “Ok, scusa. Tono sbagliato.”
    P: “Guarda, è molto semplice. O è un si, oppure un no.” chiude gli occhi per sospirare “Altrimenti c’è sempre l’opzione: posso pensarci?”
    I: “No.” ribatto decisa alla sua affermazione
    P: “Ok, capisco.” si sposta in direzione della porta, questa volta sul serio.
    I: “Pedro, che caz*o hai capito?!” lo rimprovero avventandomi verso di lui per abbracciarlo, appoggiando il viso contro la sua schiena, bloccandolo
    P: “Ila, lasciami, su.” sospira, mentre disobbedendogli lo stringo con più forza prima di lasciarlo per farlo girare verso di me
    I: “No, Pedro, non voglio pensarci. Ho aspettato già troppo, direi che i miei tempi di reazione li hai annientati del tutto. Posso risponderti, ora?”
    P: “Se proprio insisti.” sorride, è di nuovo con me adesso
    I: “Mi hai colta impreparata. Non me l’aspettavo, lo hai capito anche tu. Ho smesso persino di respirare. Nel mio corpo si combatteva la terza guerra mondiale tra il cervello, il cuore e la bocca, ma non riuscivo a dirti nulla. Sono andata nel panico, due volte. Ora voglio dirti che questa proposta l’ho sempre immaginata con lui che si inginocchia armato di mille sorrisi mentre estrae dalla tasca della giacca una scatolina colorata, pronto ad offrirmela con un gesto provato e riprovato davanti ad uno specchio. Invece non hai fatto nulla di tutto ciò, me lo hai chiesto e basta, scegliendo la spontaneità. Sarei una pazza a rifiutare tutto questo amore con te. Si, si e ancora si.” le sue labbra si impossessano delle mie senza darmi tregua. Mi abbraccia, mi solleva e mi fa volteggiare come si fa con i bambini. Incastra il suo viso nella mia spalla mentre mi ritrovo con le guance rigate da lacrime di gioia.
    P: “Sono felice. Sono troppo felice.” ripete come se ancora non credesse a quanto appena successo, si solleva per guardarmi negli occhi e noto che anche i suoi sono lucidi peggio dei miei. Istintivamente porto la mano sulla sua guancia.
    I: “Oggi ho pianto troppo per i miei gusti: di tristezza, di abbandono, di gioia, di incontro. Le tue lacrime, mi sorprendono. Sei un’anima rara, tu.”
    P: “Vero, sono una persona sensibile, dopo tutto. Baciami ancora, dai.”
    I: “Non vorrei fare la guastafeste, ma qui” indico il mio anulare sinistro “manca qualcosa.”
    P: “Già. Lo devo comprare.”
    I: “Che cosa?!” ribatto stupita scoppiando a ridere per la sua totale disorganizzazione
    P: “Scherzetto!” si contorce per poi tirare fuori dai jeans una scatoletta di velluto blu scuro, si inginocchia mentre lo osservo divertita, mi prende una mano “Amore mio, vuoi sposarmi?”
    I: “Aridaje, SI!” prendendo la scatola dalle sue mani e aprendola lentamente “Oh mio dio, è un qualcosa di meraviglioso. Grazie!!!!”
    P: “Facciamo le cose fatte bene, dammi la mano che te lo infilo io.”
    I: “Ma guarda come brilla! Va che lo vedono fino a Milano, eh.” gli getto le braccia al collo “Stupendo, perfetto.”
    P: “Lo so. Appena l’ho visto ho pensato a te. Così l’ho preso senza pensarci su due volte. Da adesso, sei mia per sempre.”
    I: “Bella roba. Oh, mi son dimenticata che nel pacchetto è compreso anche quel geniaccio di tuo fratello. Il cognatOmar.”
    P: “Ahahahahahahah sarà felicissimo, vedrai!” mi bacia sulla fronte “E poi, devo dire a Ka che ha vinto.”
    I: “Vinto cosa?”
    P: “Ha scommesso su di me. Su di noi. Mi ha confidato che secondo lui non ci saremmo lasciati mai.”
    I: “Il mio supereroe non perde un colpo!” mi morde una guancia “Smettilaaaa!”
    P: “Adesso, inauguriamo la camera libera?”
    I: “Sei un inguaribile romanticone, proprio.”
    Mi prende in braccio senza darmi modo di liberarmi dalla sua presa per portarmi in camera da letto, dove poco dopo, inauguriamo la nostra nuova vita insieme.
    Oggi, credevo fosse il giorno più triste, ma proprio quando ho smesso di sperare tutto è diventato meraviglioso. Tutto è diventato amore.


    ______________________________________
    Un abbraccione a tutte, siete veramente fantastiche. I vostri commenti mi riempiono di gioia. Grazie di cuore.
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-25.html

  7. #47
    V.I.P


    Mar 2007
    1,050

    Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.

    47.


    Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto il mondo ne rimanga fuori, che sia solo l'esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno.


    Il giorno più bello della vita, non sai mai quando arriverà. Mi sveglio occhi negli occhi con l’uomo che ho scelto come compagno di vita, la prima cosa che vedo è il suo sorriso ed il suo sguardo che pare disegnare ogni centimetro del mio viso. Istintivamente lo accarezzo dolcemente, come a cercare una conferma che quanto accaduto non sia frutto della mia fantasia più sfrenata, ma la realtà.
    I: “Pé, è successo veramente?” domando facendolo ridere di gusto
    P: “Si, piccola smemorata!” sussurra lasciandomi un bacio tra i capelli, stringendosi a me con più forza “L’ho detto che non ti avrei mai più lasciata sola.”
    I: “Bene. Abbiamo un problema non da poco.”
    P: “Sarebbe?!” chiede sorpreso e curioso
    I: “Ka, ti pare?! È il nostro migliore amico. Chi lo prende come testimone? Mica possiamo spartirlo a metà, anche se credo che Ale approverebbe questa nostra iniziativa.”
    Nel bel mezzo del discorso, suona il telefono a Pedro. Chiamatela veggenza, ma si tratta proprio di Ka che ha urgenza di parlare con il resto del gruppo per via di un lavoro in radio che potrebbe interessare i ragazzi.
    P: “Non ti arrabbiare, finiremo questo discorso e troveremo una soluzione. Adesso però devo correre a casa, farmi bello” e qui scoppio a ridere trovando il suo disappunto “e andare in studio per le undici. Pranziamo insieme?”
    I: “Tranquillo, mi vedo con le ragazze per spettegolare su di te e metterle al corrente della tua proposta meravigliosa. Pranza con i tuoi amiccicci.”
    P: “Mi fischieranno le orecchie, mi sa.” esclama mettendosi una mano sulla fronte come una diva consumata del cinema
    I: “Guarda che devi farti bello, e non sarà una cosa breve. Ergo: alza le chiappe e vola!”
    P: “Hai ragione. Invece tu, sei bellissima così, anche con due Louis Vuitton sotto gli occhi.”
    I: “Pff. Riesci sempre a farmi sentire una brutta persona quando mi fai un complimento e non me lo aspetto. Avrò una vita intera per rimediare.” rispondo mentre lui si riveste raccattando vestiti a destra e manca. Che selvaggi, siamo. Mi lancia un bacio al volo uscendo saltellando come una capretta di Heidi. Il mio uomo. Brividi al pensiero. Mi cullo in questi pensieri melensi e divertenti per un tempo indeterminato. A scombinare i miei piani è il suono del campanello di casa. Svogliatamente mi alzo dal letto e con l’andamento da bradipo mi accingo a rispondere al citofono. Sono sorpresa nel sentire la voce del mio migliore amico per strada. Poco dopo entra serio in casa, cercando il mio sguardo curioso. Mi regala un bacio sulla fronte, quelli che tanto adoro, e si appoggia al muro del salotto con le braccia in conserta.
    K: “Stai diventando grande, eh.” sorride facendomi comprendere di essere al corrente della grossa novità
    I: “Io...volevo dirtelo oggi. Ma…” mi zittisce con un cenno del capo
    K: “Ma, nulla. Ho aiutato Pedro nella scelta dell’anello tempo fa. Sapevo sarebbe successo prima o poi. Come ti senti?”
    I: “Malissimo.” ribatto seria facendolo spaventare “Non so come dirtelo.”
    K: “Dirmi, cosa?” domanda allarmato, proprio come volevo accadesse
    I: “Vorrei tantissimo averti al mio fianco come testimone. Perché ci sei sempre stato e sempre ci sarai per me e nelle nostre vite.” sospira rumorosamente trattenendo un insulto “Ma..devo lasciarti a malincuore a Pedro.”
    K: “Vieni qui e abbracciami forte.” non me lo faccio ripetere due volte e mi fiondo tra le sue braccia accoglienti. Mi accarezza i capelli prima di parlarmi ancora. “Non sarò il tuo testimone, ok, ma non ti staccherò un momento gli occhi di dosso. Avrò tutto sotto controllo, forse, se non mi farò prendere dall’emozione del momento. È come se si sposasse mia sorella, in effetti. In ogni caso mi prenoto per essere il padrino del primo marmocchio che avrete. Chiaro?!” alzo gli occhi lucidi divertita dal predicozzo
    I: “Per quanto riguarda la tua domanda…” mi guarda alzando leggermente un sopracciglio “sono la persona più felice della terra. Potrei saltellare come un Teletubbies per la strada salutando la gente e lanciando cuoricini con gli occhi. Rende l’idea?” sento solo una fragorosa risata e il mio corpo sollevarsi da terra per fare una giravolta “Lo prendo come un sì. Ma, tu, non dovresti essere in studio adesso?!”
    K: “Ehm. Vero. Ma dovevo passare da te prima, per condividere tutte queste emozioni fortissime. Gli altri per una volta mi aspetteranno.”
    Un ultimo sorriso. Un ultimo abbraccio fraterno. Un ultima carezza sulle guance rigate di lacrime di commozione.
    Mezz’ora dopo, casa mia è piena di pettegolezzi tra ragazze. Sono seduta tra Gaia ed Ale. Ammetto di non aver seguito granchè del loro acceso dibattito su cosa fosse meglio fare nelle vacanze tra mare e montagna, o viaggio, o altro. Nel momento in cui ritrovo il filo dei miei pensieri, loro stanno discutendo animatamente e diciamolo, queste due non se le mandano a dire, con mio sommo divertimento.
    I: “Mi sposo.” affermo con lo stesso tono di un vecchietto che si domanda che tempo farà domani. Tutto si ferma. Gaia con le braccia sul tavolino e la testa improvvisamente rivolta verso di me, Ale con un cuscino in braccio pronto per esser lanciato su Gaia e lo sguardo sorpreso. Sorrido verso di loro come a confermare che non sono uscita di testa tutto d’un colpo. “Ragazze, HO DETTO CHE MI SPOSO, caz*o.” urlo alzandomi in piedi sul divano e assumendo una posa alla Wonder Woman con tanto di braccio sollevato verso il soffitto. Meno male che siamo solo noi tre in casa. Tempo due secondi, mi ritrovo sommersa dal loro abbraccio. Ovviamente faccio un dettagliato resoconto della proposta e via dicendo.
    I: “Ah, poi avrei una cosetta da chiedervi…”
    G: “Ti do una mano con i preparativi, chiaramente. Manco a chiedere!”
    A: “Idem. Anche per la scelta del vestito. Conoscendoti potresti arrivare in pigiama! E non vogliamo.”
    I: “Molto divertente. Io volevo chiedervi di farmi da testimoni.” sorrido mentre vedo i loro occhi diventare lucidi “Perché siete le uniche che potrebbero prendermi a calci nel sedere per portarmi all’altare e allo stesso tempo preparare un’auto nel retro della chiesa per permettermi di scappare se mai cambiassi idea.”
    A: “Sarebbe un onore per me.” mi abbraccia “Nel caso freghiamo la Bat-mobile di Ka. Pensa che smacco.”
    Verso sera i ragazzi ci raggiungono ed è festa vera, abbracci veri, qualche sfottò ma infinita gioia. La mia famiglia. La mia casa.

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    Perdonate la lunghissima assenza. Sono molto legata a questa storia e credo meritasse un epilogo a tutti gli effetti, cosa che è mia intenzione fare. Grazie a quanti avranno voglia di leggerla (ancora)!

    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-26.html

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