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Discussione: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.

  1. #11
    V.I.P


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    Mar 2007
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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    11.
    Tutti sbagliano, per questo hanno messo le gomme sopra le matite.


    In studio, nei giorni successivi si accendono importanti discussioni tra i ragazzi.
    Iv: “Dani, come procede con Gaia?” domanda catturando l’attenzione generale
    D: “Bene, dai. Non mi posso lamentare, è presto però mi sa prendere. Forse più del dovuto!”
    P: “Ahahah guardatelo come diventa rosso! Si, l’abbiamo perso.”
    D: “Ao, ma tutti con me ce l’avete ora?! Vogliamo parlare di Ka?”
    K: “No, per niente. Piuttosto, tu” indicando malamente Pedro “Che intenzioni hai?” chiede in modo un po’ irruento stupendo il resto della band
    P: “A cosa ti riferisci?”
    K: “Hai capito benissimo.”
    P: “Siamo adulti, ne possiamo parlare tranquillamente, ma proprio non ci arrivo.” sorride ingenuo
    K: “Guai a te. È la mia migliore amica, la ragazza più importante per me dopo mia madre e mia sorella. Ho visto come la tratti e non mi piace per niente.”
    P: “Tu stai delirando, fratello. Mi odia e mi pare pure evidente, no?” cerca conferma dagli altri che ricambiano annuendo
    K: “Non sto parlando di lei, ma di te. Il vuoto dopo la rottura con la tua ex non deve essere riempito usando giochetti come sfottere o allungare le mani su di lei. Ti ho avvisato, le donne degli amici non si toccano.” Sentenzia per poi alzarsi ed uscire dallo studio sotto lo sguardo allibito di tutti i presenti.
    D: “Questo è geloso fradicio, Pè! Più lontano stai da Ila, meglio è.”
    P: “Già, ancora un po’ e diventava verde come Hulk.” Ride “Dai, adesso, vado a farmi una corsetta dato che qui non si prova più! A domani!”

    * * *

    Oggi è un giorno storico.
    Si, di quelli da segnare sul calendario cerchiando il numero del mese con un pennarello rosso.
    Oggi, Gaia viene a correre con me. Manco fossi Bolt, per intenderci, ma poter respirare aria più pulita sotto gli alberi del mio parco mi da quella carica positiva che dura per tutta la giornata. Soprattutto se sono quei giorni ne caldi ne freddi, piatti e pieni di noia.
    Usciamo di casa con la promessa di fare una gran bella colazione al ritorno. Ideona, vero?
    Come quando devo fare le analisi del sangue: penso sempre e costantemente al croissant che divorerò dopo dieci minuti insieme al cappuccino, per superare la paura. Una ******issima paura degli aghi. Ognuno ha la sua.
    Un passo lento, poi veloce fino a correre in modo tranquillo per il parco verde. Inspirare ed espirare, rilassarsi a pieni polmoni con un’amica accanto che sembra una pentola a pressione per quanto brontola.
    I: “Oh se hai fiato per parlare, ne hai ancora per correre!”
    G: “Maledetta tu che con l’inganno mi porti a fare ste cose.”
    I: “Guarda là, c’è Dani!” indico un punto indefinito nel prato vedendo che lei volta immediatamente la testa in quella direzione, scoppio a ridere
    G: “Oh ma sei poi stron*a. Non c’è nessuno!” mi rimprovera iniziando a rincorrermi per picchiarmi
    I: “Lo so, ma era troppo divertente vedere la tua espressione ebete.” Cerco di dire con il respiro affannato per via della corsa. Gaia mi raggiunge fiondandosi sulla mia schiena ed entrambe rotoliamo a terra sull’erba del prato ridendo e riprendendo un po’ di fiato.
    G: “Hai ragione, tutto sommato è divertente correre così!”
    I: “Cioè, ogni dieci metri fermarsi per ridere?! Su, alzati che ripartiamo!” ribatto senza alcun tipo di risultato “Gaia, su le chiappe!” ottenendo come risposta l’ennesimo insulto seguito dallo scatto in avanti a mo di gara. Cominciamo di nuovo a rincorrerci.
    G: “Guarda là, c’è Pedro!” esclama lei, ma se spera che ci caschi sta fresca
    I: “Si, contaci.” corro voltandomi verso di lei senza guardare dove sto andando
    G: “Attenzioneee!” ma ormai è tardi, son finita contro un albero e poi con il sedere per terra.
    I: “Che botta.” Mi massaggio la schiena mentre le risate, veramente, si sprecano. Alzo la testa e sto per insultare Gaia quando mi accorgo della presenza di alcuni bambini. Decido di essere educata e rispettosa, per loro. Suona il telefono della mia amica proprio mentre sto trovando le forze, e perché no, anche la faccia per rialzarmi. Mi fa un cenno con la testa, mi sorride mimando un “Dani, vado!” e scappa via lasciandomi da sola sotto un albero. Oh, magari ricevo l’illuminazione come Buddha. Invece no, altre risate catturano la mia attenzione, soprattutto se unite ad una mano tesa per aiutarmi a rimettermi in piedi.
    P: “Avessi avuto una telecamera ti filmavo e mandavo il tutto a Paperissima!” sfotte il signorino, ma dopo la mia espressione omicida cambia registro “Ok, scherzo. Tutto a posto?”
    I: “Oltre al fatto che mi son quasi rotta il sedere per colpa di questa radice sporgente, è tutto a posto. Ciao e grazie.” Faccio per andarmene ma vengo bloccata dalla sua presa che mi afferra il braccio in modo deciso. Non mi volto nemmeno.
    P: “Non avevi delle domande da farmi?”
    I: “Avevo, hai detto bene.” Sbuffo “Riguardano Ka.”
    P: “Va bene, chiedi pure e se posso rispondo.” Fa per sedersi sotto il mio albero. No, quel posto è mio e basta, non può appoggiarci il culo anche lui.
    I: “No, qui no.” sussurro velocemente sotto il suo sguardo curioso
    P: “Perché che ha quest’albero che non va? Resina? Aghi? Nulla!” brontola di rimando
    I: “Questo è il mio albero, il mio posto e non..”
    P: “..vuoi dividerlo con me.” finisce la frase al posto mio “Bene, signorina, dove vuole andare?”
    I: “Prato? Perché sul legno potrei avere problemi tecnici al posteriore.” rifletto facendolo ridere. Prendiamo posto uno accanto all’altro con le gambe incrociate.
    P: “Se vuoi sapere se Ka è single, ecco, lo è” mi guarda un momento, come se studiasse la mia reazione che non tarda ad arrivare
    I: “Oh, si. Proprio questo volevo sentirti dire.” Faccio spallucce mentre proseguo “È ovvio che lo sappia già! Cretino, sono la sua migliore amica, ricordi?”
    P: “Si, me l’hanno ricordato recentemente questo fatto.”
    I: “L’altra sera Ka è venuto a casa mia, abbiamo parlato un po’ ed ho indagato su Ale. Insomma, parliamoci chiaro: l’ho rimproverato perché ha paura di mettersi in gioco con lei e mi son pure sentita dire che parlo come te.”
    P: “Ah, si capisco. Forse non lo sai, ma l’ultima fidanzata di Ka..”
    I: “Era una grandissima tro*a e lui non riesce più a fidarsi come prima, capisco eccome. Prima o poi capita a tutti di perdere la fiducia negli altri.”
    P: “Lui si fida di te!”
    I: “Hai scoperto l’acqua calda di nuovo. Io, non appartengo alla categoria donne nel suo vocabolario. Sono Ilaria e basta.”
    P: “Si, come mamma e sorella.”
    I: “Esatto! Però possiamo unire le forze e aiutarlo a ritrovare la fiducia. Ci stai?”
    P: “Ma, dovremo vederci da soli?” sembra timoroso nel domandarlo
    I: “In gruppo, ovviamente! Perché dovremmo uscire da soli?! Così ci becca subito e addio piani di gloria.”
    P: “Perfetto. Meno ci vediamo, meglio è.” sentenzia serio guardandomi, cosa che mi infastidisce moltissimo al punto che mi alzo di scatto
    I: “Certo che sei veramente un egocentrico. Non lo faccio per te, ma solo per lui. Se non ti va, basta dirlo senza offendere la gente.” Gli lancio l’ultima occhiataccia prima di voltarmi e riprendere a correre verso casa. Senza dargli modo di darmi una stupidissima giustificazione.
    Che razza di amico è?!

    _______________________
    Tarintuntà eccolo il capitolo 11. Si, proprio come l'altro amordemivida Pavel Nedved. Don't worry, i calciatori sono finiti.
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...-la-tua-7.html

  2. #12
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.


    12.
    Adoro le persone acide: quando dicono qualcosa che si avvicina alla dolcezza o gentilezza, puoi star certo che è sincera.


    Entro in casa sbattendo la porta più del dovuto. Non volevo far casino e dare troppo nell’occhio, ma la maniglia è scivolata con violenza lontano dalla mia presa ferma. Il tutto seguito dai miei sproloqui nei confronti di Pedro.
    Che razza di amico è per Carmine? La cosa è molto semplice: di fronte ad una proposta, per quanto folle o scellerata possa essere, le opzioni restano sempre due. Si, oppure, no. Non ci vuole una laurea per capirlo. Volevo essere d’aiuto, pensavo che lui fosse l’alleato ideale per portare a termine questa specie di missione, ancor più se Carmine mi viene a dire che sull’argomento la pensiamo allo stesso modo. Invece no, è la fiera dell’egocentrismo quell’essere cantante.
    I: “Razza di stron*o ingrato.” Esclamo sfilandomi il telefono dalla tasca della tuta per appoggiarlo sul mobile all’ingresso. Mi sento improvvisamente al centro dell’attenzione, senza volerlo.
    K: “Ehi, che è successo?!” la sua voce irrompe alle mie spalle seguita dalle sue braccia che si attorcigliano attorno ai miei fianchi
    I: “Nulla, il cellulare che rompe le palle.” Invento sul momento, decisamente imbarazzata, la prima balla che mi viene in mente sperando di risultare credibile
    K: “Chi è quel qualcuno che ti turba così? Dimmelo che lo asfalto.” Mi irrigidisco al pensiero “Sto scherzando, dai! Se ti va nei prossimi giorni ti accompagno a prendere un telefono nuovo, magari senza il touch che tanto ti sta antipatico…”
    I: “Ne riparliamo, va bene? Grazie!” tiro un sospiro di sollievo “Ma, che cavolo ci fai qui?!”
    K: “Gaia ci ha invitati tutti a cenare qui. Sono arrivato un po’ prima per stare anche con te, ma tu preferivi scorrazzare nel parco!”
    I: “Ah, si? Bene, mi conviene fare una doccia al volo allora!” gli do un buffetto sulla spalla “Viene anche Ale?”
    G: “Ceeeerto! Tutti al gran completo!” quindi pure Pedro, devo dedurre. Che noia.
    Mi rifugio in camera dove dai cassetti scelgo la maglia da indossare insieme ai jeans, quando la porta scricchiola aprendosi seguita da Ka che si intrufola rapidamente nella stanza. Ha uno sguardo serio.
    K: “Scusa, non volevo entrare così, ma volevo chiederti una cosa…” inizia abbassando lo sguardo verso il pavimento “Pensi veramente che con Ale dovrei provarci seriamente?”
    I: “Lo credo davvero. I tuoi occhi si illuminano quando lei è vicino a te, il suo sorriso è smagliante. Insomma, vi volete bene ma avete paura a pronunciare questa cosa a voce alta. Su, il Carmine che conosco io è uno sbruffone con un tremenda faccia tosta che in cambio di un pezzo di merendina pretendeva in cambio un bacio sulle labbra dalle bambine alle elementari.” dichiaro facendolo ridere di gusto
    K: “Era quello che volevo sentirti dire, merendine a parte.” Mi abbraccia “Quanto è bello riaverti qui! Adesso vado di là dai piccioncini!”
    Faccio una doccia gelata per evitare pensieri incandescenti nei confronti di Pedro. Non vuole che ci vediamo? Bene, lo eviterò come si evita un lebbroso. Non se la merita la mia attenzione e tantomeno i miei pensieri. Mi rivesto in fretta e furia, legando i capelli in una coda di cavallo per comodità. Torno in sala dove chiacchiero tranquillamente con gli altri, finchè non suonano alla porta. È arrivata anche Ale che prontamente lascio sedere accanto a Ka, cedendole il mio posto con la scusa di andare a bere in cucina. Pochi secondi e nuovamente il campanello suona.
    I: “Vado io!” urlo camminando verso la porta, apro e mi trovo di fronte Ivan e Pedro “Ciao Ivan!” esclamo senza degnare di un saluto il suo compagno e indicando la strada verso la sala. Ivan si ferma a controllare la mia collezione di dischi, proprio come avevo fatto a casa sua. Discutiamo un po’ di alcune realtà musicali comuni, mentre gli altri parlano raccontano le recenti prove in studio. Nell’attesa che la cena sia pronta Gaia e Dani preparano il tavolo in cucina, mentre Pedro osserva attentamente i nostri dvd.
    P: “Ma non ci credo! Misfits!” esclama di fronte al cofanetto sperando di ottenere una risposta che non arriva, così si volta verso di me ritentando nuovamente “Vi piace Misfits?!”
    I: “Scusa, Ivan, cos’hai detto?” chiedo dribblando così la domanda di Pedro che sgrana gli occhi. Ok, sono una gran maleducata e non è propriamente il mio stile questo, ma se l’è cercata. Viene in casa mia tutto sorrisi passando sopra le parole che mi ha sputato in faccia al parco, pensando che io dimentichi?! Eh, no bello.
    Iv: “Nulla di importante, sono rimasto colpito da quel puzzle di foto!” indicando un collage appeso al muro nel quale sono celebrati i grandi momenti della mia infanzia, ovviamente in molte compare pure Ka. Questa sequenza di azioni in cui Pedro parla e io abilmente lo evito si ripete per un paio di volte ancora.
    G: “Ragazzi, si mangia!” richiamando all’ordine tutti in cucina, mentre ci dirigiamo nella stanza accanto mi sento trattenere per il braccio. Mi volto e mi scontro con lo sguardo di Pedro.
    P: “A che gioco stai giocando?” mi domanda serio e la tentazione di mollargli una cinquina in faccia è forte.
    I: “Si chiama: meno ci vediamo, meglio è. Non so se sai le regole, ma quella fondamentale è evitarsi l’un l’altro. Quindi, leva quella mano dal mio braccio e lasciami andare.” Sentenzio gelida staccandomi da lui ed entrando in cucina, dove grazie al cielo, posso sedermi tra Dani e Ale per mangiare in santa pace. Il clima è allegro, carico di battute, mi trovo a mio agio. Mi ritrovo spesso a guardare Ka e sorridere: sta parlando fitto con Ale e la cosa non può che rendermi felice. Dopo cena, mi offro di sparecchiare la tavola seguita a ruota da Ka, mentre gli altri si stravaccano sul divano continuando a scherzare. Mentre sono chinata per caricare la lavastoviglie, Ka si appoggia al piano della cucina.
    K: “Posso sapere che ti sta succedendo?” domanda vago mentre mi accanisco contro un piatto
    I: “Nulla, credo. Mi fa prendere l’odio quando i piatti si incastrano in malo modo, tutto qui!”
    K: “Eh, di Pedro che pensi?” eccola la domanda precisa alla Ruggiero
    I: “Che razza di domanda è?” dichiaro alzando il tono di voce
    K: “Chiamala curiosità, ma ho notato una certa aurea negativa tra di voi, prima. Mi spiace!”
    I: “Vuoi sapere cosa penso? Penso che sia il re degli idioti, che non vada oltre il suo naso, che sia egocentrico, ma soprattutto che abbia il tatto di un elefante. Uno che gioca con la buona volontà della gente e che si diverte a prenderla in giro. Limitato mentalmente come tutti gli uomini. Uno con un’enorme faccia tosta…” mi fermo rendendomi conto che il tono di voce è talmente alto che dall’altra stanza avranno certamente sentito le mie parole “Ah, può bastare o devo proseguire?”
    K: “No, no basta così, ti prego!” fa per abbracciarmi, ma lo respingo “Ehi, dove vai?!”
    I: “Esco. Qui, l’aria è troppo pesante per me.” esco dalla cucina dove incontro gli sguardi stupiti dei miei ospiti “Scusatemi.” borbotto prima di uscire e chiudere la porta di casa alle mie spalle.
    Che figura di ****a mi sono appena fatta. Voglio dire, ho usato lo stesso atteggiamento che tanto critico: ho giudicato senza conoscere, presa dalla rabbia. Mi sono abbassata al suo livello e questo proprio non mi va giù. Ho sbagliato e per tanto dovrò chiedere scusa non per ciò che penso, ma per il modo usato per esprimerlo.
    In casa, intanto le parole si sprecano.
    G: “Ka, dammi una spiegazione.”
    K: “Non lo so, è partita in quarta e non son riuscito a fermarla! Bel casotto.”
    D: “Su, le passerà. Avrà solo bisogno di starsene per conto suo un po’. Non preoccupiamoci.”
    P: “Ragazzi, io vado a casa. Per stasera ne ho abbastanza. Grazie di tutto!” saluta e sta per uscire quando viene seguito da Dani
    D: “Pè, che diavolo le hai detto per farla andare su tutte le furie?!”
    P: “Cosa ti fa pensare che il problema l’abbia creato io? Non è forse stato Ka a dirmi apertamente che le donne degli amici non si toccano? Ecco cosa succede a seguire le sue idee: stamattina l’ho incrociata al parco e mi ha proposto di unire le forze per aiutare Ka a ritrovare fiducia nelle donne. Ho acconsentito, ma ho anche detto che meno ci vedevamo meglio era. Così, mi ha preso alla lettera: mi ha evitato tutta la sera. Con lei non so come comportarmi dato che ogni cosa che faccio finisce per prendere una brutta piega.”
    D: “Mi spiace, ha complicato le cose senza volerlo. Cerca di sistemare la cosa, magari parlane con lui. ”
    P: “Su, dormiamoci su. È solo una ragazzina capricciosa, non ne vale la pena.”
    D: “Si, raccontala a qualcun altro Pè. Notte!”

    _______________________
    Si, mi diverto un sacco a tirare fuori il lato oscuro del nostro cantante.
    Facciamoci una risata. Yeah.
    PS: siete meravigliose
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...ml#post8251918

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  3. #13
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.


    13.
    Domani sarà un giorno migliore, vedrai.

    Ok, cucinare è la cosa che più mi rilassa insieme a suonare la chitarra. O meglio, violentarla a seconda dello stato d’animo che mi trapassa da parte a parte. Non c’è storia.
    Bastano quelle sei corde suonate una alla volta, oppure tutte insieme a calmarmi. A fare uscire tutta la cattiveria che è in me e farla sciogliere come neve al sole. Quando non c’era nient’altro, lei mi ha supportato. In questo senso capisco molto bene cosa intende Avril Lavigne quando dice che la sua chitarra è la sua psicologa. Ha pienamente ragione.
    Plettro alla mano, unghie corte e strette in una dolce presa, dita che sfiorano e poi premono le corde dando vita ad accordi nuovi, a volte in armonia, a volte in totale contrasto. Si, a volte mi spavento da sola delle schifezze che riesco a produrre. Poi, arriva la voce. Un suono leggero che pare un respiro, come se avessi il timore di esser sentita da qualcuno. Prendo la confidenza che serve e poi succede che mi perdo in un mondo solo mio, nel quale non c’è nessuno, dove non ho paura del giudizio altrui, dove sto in pace con me stessa e con il mondo.
    Questo è il potere che la musica ha su di me: prendermi dolcemente per mano e catapultarmi in un oasi di pace.
    Così mi ritrovo sul letto con le gambe incrociate, abbracciata alla mia chitarra, la mia ancora di salvezza. Lo sguardo perso nel vuoto, la testa svuotata da mille pensieri. Il plettro che puntualmente, in modo automatico, sistemo tra le mie labbra come fosse una sigaretta.
    Forse, potrei anche chiedere a Carmine di darmi qualche dritta, per migliorare. Devo appuntarmelo.
    Suono finchè non sento le dita chiedere pietà accompagnate da qualche dolorino sui polpastrelli. L’ho detto che perdo la cognizione del tempo?
    Mi porto svogliatamente verso la cucina che trovo deserta. Uno sguardo qua e là in cerca di qualche foglietto da parte di Gaia. Sto per aprire il frigo, quando con piacere noto la presenza delle prime due calamite: una I e una G colorate. Sotto di loro, ecco il post it che cercavo.

    Non ti ho sentita rientrare, quindi ho preferito farti dormire. Sono in giro con Ale. Quando torno, parliamo. Chiaro? Bacio

    Si, ha ragione. Ho fatto pianissimo per non svegliarla. Mi complimento con me stessa e per il futuro da spia assicurato. Infilo una mano tra i capelli per ravvivarli e mi appresto a leggere il giornale della città con scarso entusiasmo. Attualità, cronaca, economia, sport, spettacolo, cinema. In particolare la mia attenzione viene catturata dalla programmazione proposta. C’è una specie di cineclub che ripropone film vecchi o comunque di successo per critica e premi vari. Un titolo mi fa battere il cuore più forte. Edward mani di forbice. Amo questa pellicola. I dialoghi, la psicologia nascosta dietro le immagini, la tristezza che ti prende al cuore e la tenerezza nel voler abbracciare Johnny Depp a tutti i costi. Controllo in quale giorno viene proiettato e esulto nel vedere che si tratta di questa sera alle nove. Perfetto, serata cinema in solitaria aggiudicata.
    Mi cambio e aspetto il rientro di Gaia, preparando mentalmente al cazziatone che sicuramente mi arriverà tra capo e collo. La maniglia di casa scende, la voce della mia amica risuona nell’entrata. La accolgo con due bicchieroni di thè freddo da perfetta donna di casa. Si, sono una paracula, per dirla alla Ruggiero.
    G: “Oh ma esisti in questa casa!” esordisce sedendosi “Ora, dimmi che cavolo t’è preso ieri sera. No, perché le scenate non sono roba per te. Non sei mai stata teatrale o esibizionista.”
    I: “Hai perfettamente ragione. Hai presente quando ieri te ne sei andata di corsa da Dani?” annuisce “Ecco, è arrivato Pedro. Gli ho proposto di fare fronte comune con Ka per spingerlo a farsi avanti con Ale.”
    G: “Ma dai, sei una fi*a! E lui?”
    I: “Oh, qui viene il bello. Prima mi dice che è d’accordo, poi mi chiede se per far questo dovremo vederci da soli. Per quale motivo poi lo sa solo lui! In ogni caso, se ne esce con un meno ci vediamo meglio è. Quindi, mi sono alzata incaz*ata nera e me ne sono tornata a casa dove tu hai organizzato la cena a cui è arrivato anche il signorino con la sua faccia tosta.”
    G: “Faccia tosta che hai accuratamente evitato per tutta la serata!”
    I: “Si, adempiendo alle sue parole. Meglio di così, scusa…”
    G: “Ahahah sei fuori come un balcone.”
    I: “Però mi spiace aver alzato la voce a quel modo. Son cose che penso, è vero, ma il tono non mi è piaciuto. Ho fatto il suo gioco e dovrei chiedergli scusa per quello.”
    G: “Dai, non pensiamoci più. È un cretino.”
    I: “Ah, stasera vado al cinema, danno Edward!!” esulto sul divano allegramente
    G: “Bene, vorrà dire che o vengo con te, o vengo con te.”
    I: “Ammazza quante alternative!”

    La sera ci prepariamo, ma prima di uscire mi guardo allo specchio per ripetermi che qualcosa di bello succederà anche a me. Andiamo in auto e parcheggiamo nella piazzetta accanto al cinema. Mi stupisco nel vedere gruppi di ragazzini con birre in mano. Io, alla loro età avevo smesso da poco di giocare con le bambole. Altri tempi, mi sento vecchia a fare certi paragoni. Prendiamo i biglietti e prendiamo posto sulle comodissime poltrone rosse. Già il colore mi piace.
    I film inizia e ci zittiamo immediatamente, la crudeltà con cui le persone non accettano la diversità di Edward mi ha sempre sconvolta così come la loro capacità di sfruttarlo per la sua insolita abilità. Se continuo così, la lacrimuccia scappa. Durante l’intervallo Gaia esce per andare a prendere dei popcorn con una bibita. Nell’attesa rovisto nella borsa alla ricerca del burro cacao, il quale tenta il suicidio cadendo per terra e rotolando tra le poltrone. Nemmeno il tempo di alzarmi che una mano lo raccoglie e me lo riconsegna. Due occhi verdi che si scontrano con i miei.
    X: “Tieni, penso sia tuo.” una voce calda e gentile accompagnata da un viso troppo bello per essere vero
    I: “Si, scusami! Grazie!” sorrido imbarazzata e turbata dal suo sguardo insistente
    F: “Comunque, sono Francesco. Piacere.” Si avvicina di una poltrona, occupando quella vuota accanto alla mia per stringermi la mano
    I: “Piacere mio, Ilaria.”
    F: “La tua amica ti ha abbandonata?” domanda vago e non mi importa per niente se ha spudoratamente spiato i miei movimenti. Con quegli occhi, può tutto.
    I: “No, è solo andata a fare rifornimento, torna presto.” rispondo rincorrendo il suo sguardo che si posa sul mio viso
    F: “Peccato, ti avrei fatto compagnia volentieri…”
    I: “Puoi farmela lo stesso!” sorrido arrossendo. Oddio, non ci credo, sto flirtando con uno sconosciuto. Un gran bel pezzo di sconosciuto che sta mandando in tilt il mio cervello. Sto giocando con il biglietto del cinema, quando la sua mano si posa sulle mie afferrando il pezzo di carta per poi tirare fuori dalla tasca una penna e scriverci sopra qualcosa e riconsegnarmelo. Senza staccare gli occhi dai miei, mi sorride mentre le luci si spengono. Gaia torna di corsa, lanciandomi un’occhiata eloquente dopo aver adocchiato il nuovo arrivato. Il secondo tempo vola e come sempre mi commuovo alla scena dell’abbraccio impossibile tra Edward e Kim. Durante i titoli di coda, il mio “amico” si avvicina al mio orecchio facendomi trasalire.
    F: “Domani sera ci facciamo compagnia?” cioè, mi sta chiedendo di uscire?!
    I: “Mmm perché no? Ok!”
    F: “Perfetto.” Tira fuori il cellulare “Ti spiace dirmi il tuo numero?”
    I: “Affatto!” glielo detto cifra dopo cifra “A domani, allora.” sorrido alzandomi, seguita da lui
    F: “Non vedo l’ora.” Risponde guardandomi intensamente mentre se ne esce dalla sala lasciandomi con una Gaia stupefatta.
    G: “Cioè, una non ti può lasciar sola un attimo che becchi uno come quello!”
    I: “Guarda qui!” e le porgo il biglietto del cinema con su il numero di Francesco
    G: “In ogni caso, la bellezza di quel tipo dovrebbe essere illegale!”
    Ridendo torniamo a casa.
    Domani, sarà un gran giorno.
    _______________________________
    Si, sono incavolata nera. Gli amici maschi, sono da defenestrare, lasciatevelo dire. Mi scuso per il capitolo un pò così.
    Vi lovvo (non ridete ahahahah)
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...ml#post8252920

  4. #14
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.


    14.
    Appoggio la testa sul cuscino sperando di schiacciare sotto i pensieri, sperando, di soffocare emozioni

    È mezz’ora che quelle due stanno confabulando contro di me. Minuti preziosi buttati al vento, per la precisione. Vogliono trasformarmi in una femmina a tutti gli effetti, negandomi la libertà di scegliere cosa indossare e in che modo. Incastrarmi su due scarpe con tacchi allucinanti chiedendomi persino di camminarci sopra. Gaia deve essersi dimenticata di un piccolissimo particolare: la mia concezione dei tacchi. Per me esistono dodici tacchetti da un centimetro, si avete capito bene, proprio come quelle delle scarpe da calcio o calcetto. Per il resto delle ragazze, salvo alcune eccezioni, il tacco è uno solo e misura dodici centimetri. Tra le due opinioni c’è un abisso. Ecco, spiegato il mio stato di agitazione di fronte ai dialoghi che mi trovo ad ascoltare.
    I: “Ehm, ragazze..” cerco disperatamente di attirare la loro attenzione con scarsi risultati, alzo allora il tono di voce ma la situazione non cambia. Decido di salire in piedi sul letto e saltarci ripetutamente. Oh, manco vedendo una cretina andare su e giù smettono di discutere. Mi lascio andare sul letto, sconsolata. La speranza di giungere ad una conclusione sensata ormai è andata a farsi una crociera. Gaia si corica accanto a me, mentre Ale si appoggia alla testiera del letto. I loro sguardi incrociati mi inquietano non poco.
    A: “Scusaci.” le sorrido “Sei tu quella che deve uscire con quell’individuo che a detta di Gaia è da sbattere al muro. Quindi, siamo a tua completa disposizione. Devi essere a tuo agio, ma deve emergere anche la donna che è in te. Altrimenti quel tipo scappa!”
    I: “Vi ringrazio, veramente. Allora, se ho capito bene, dobbiamo trovare un compromesso. Giusto?”
    G: “Proprio qui, volevamo arrivare. Shopping per tutte e al rientro ti agghindiamo.”
    I: “No, agghindi l’albero di Natale, non la sottoscritta.” esclamo facendo ridere tutte.
    In un attimo siamo pronte per assaltare il più vicino centro commerciale con annessi negozi vari di abbigliamento. Ho come la netta impressione che sarà un lungo, lunghissimo pomeriggio.
    Mi fermo di fronte alla quarta vetrina e mi prende male. In bella vista su manichini sui quali persino uno straccio farebbe figura, compaiono microvestiti e leggins di un rosa improponibile. Ah, dimenticavo. Odio il rosa. Entro con il cuore in gola per la paura. Mi guardo intorno e dopo aver fatto un respiro profondo faccio retro front, ma vengo fermata da due paia di braccia che mi trascinano verso l’ennesimo cambio. Mi siedo su un divanetto, proprio come fa mio padre quando porta me e mia madre in giro, ora capisco cosa si prova. Sbuffo, finchè Gaia arriva con un abito blu scuro che attira la mia attenzione.
    G: “Che ne dici? Mi sembra carino, senza troppe pretese. Più simile a te!”
    I: “Sei un mito. Ora lo provo! Avvisa l’altro avvoltoio, va.”
    Entro in camerino, mi spoglio, indosso l’abito e mi guardo allo specchio. Mi piaccio, il che è già oltre ogni aspettativa possibile. È semplice, senza maniche e con uno scollo quadrato, la gonna che arriva quasi al ginocchio. Una fascia in vita di un azzurro più chiaro, per far da contrasto. Esco e mi faccio scannerizzare dalle mie amiche le quali finiscono per fare i salti di gioia. A detta loro, sono faticosa da gestire.
    A: “Oh, niente ballerine. Tra il tacco dodici e niente, ci stanno queste meraviglie!” esulta porgendomi un paio di scarpe che mi farò piacere. In effetti, è un tacco portabile e soprattutto con la zeppa. Paghiamo tutte soddisfatte per gli acquisti e rientriamo a casa, dove inizia la fase due. Doccia, capelli, trucco e smalto. Amo gli smalti, ma sono un’impedita cronica. Non riesco a farmi una manicure decente, così finisco per avere colori sgargianti a tinte unite: di questi, quello che preferisco insieme al nero è sicuramente il blu.
    Sono quasi pronta quando mi arriva un sms. È Francesco, dice che mi passerà a prendere tra una quindicina di minuti. Nel frattempo suonano alla porta.
    G: “Uh, è già qui! Vado!” dichiara controllando l’orologio e rientrando poco dopo seguita da Dani
    D: “Miseria, stasera si cucca, eh?” domanda curioso avvicinandosi
    I: “Ahahah lo prendo come un complimento. Adesso, scusate, ma devo andare! Buona serata e grazie di tutto, amate iene!”
    Esco di casa e mi volto per beccare le mie amiche e Dani affacciati alla finestra. Colpa di Gaia che vuol fare vedere a tutti i costi il tipo “illegale”, come le piace definirlo. Un’auto si ferma proprio mentre chiudo il portoncino. Scende il mio accompagnatore sorridendo e venendo verso di me.
    F: “Ciao!” mi da due baci sulle guance “Sei bellissima, lo sai?”
    I: “Che carino, grazie! Dove mi porti?”
    F: “Avevo in mente un giro sulla panoramica, se ti va.”
    I: “Certo, è un po’ che non ci vado!” saliamo in auto, dove vengo accolta da James Blunt che mi dice che sono Beautiful. Mi rincuora anche lui. Chiacchieriamo un sacco durante il tragitto. Oltre ad essere un gran bel figliolo, è pure simpatico. Ha la risata contagiosa mentre gesticola con le mani sul volante. Uno sguardo dolce, nonostante quegli occhi glaciali. Un po’ ricordano quelli di Ka. Parcheggia e scendiamo dall’auto per appoggiarci al muretto. Osserviamo le luci della città attorno a noi spiccare e brillare. Mi era mancata questa visuale. Francesco accanto a me, è un’altre visione spettacolare. Mi piace parlare con lui e poi, anche l’occhio vuole la sua parte. La maglietta che indossa fa risaltare i suoi occhi e la sua muscolatura leggera. I jeans attillati al punto giusto. No, il sedere non glielo guardo, tanto non lo saprei giudicare. Mi prende dolcemente e con noncuranza la mano, stringendola per iniziare a camminare. Questo gesto, mi mette a mio agio, mi tranquillizza e mi fa divertire allo stesso tempo.
    F: “Sai, ieri sera nemmeno avevo voglia di venire al cinema” mi guarda sorridente “Invece, son contento di esserci andato. Altrimenti, non ti avrei incontrata.”
    I: “Oh che cosa bella. Era destino allora! Ahahah” ancora quello sguardo su di me che mi elettrizza. È attrazione, semplice attrazione.
    F: “Guarda, da qui, si vede anche casa tua!” e mi indica un punto lontano illuminato. Mi avvicino nuovamente al muretto, attratta da una luce azzurra ad intermittenza. Poco dopo sento le sue braccia allacciarsi alla mia vita. Istintivamente appoggio la nuca al suo petto, sorridendo. Non sono mai stata una facile, ma mi stupisco della complicità che si è instaurata con Francesco in così poco tempo.
    I: “Mi piace stare con te” esprimo ad alta voce i miei pensieri, mordendomi la lingua non appena conclusa la frase. Il suo abbraccio si stringe leggermente, mentre la sua voce arriva tra i miei capelli. Calda e a volte roca, cosa che la rende assolutamente sensuale alle mie orecchie.
    F: “Anche così?” appoggia la sua testa alla mia spalla, spostando con il naso i miei capelli con un movimento lento, dolce che mi fa impazzire.
    I: “Si.” riesco a formulare solamente queste sillabe, perché le sue labbra si avvicinano al mio collo insieme al suo respiro caldo. L’ultima cosa a cui voglio pensare è cosa dire, adesso. Mi lascio coccolare dal suo abbraccio, mentre passa un’auto a tutta velocità accanto a noi con tanto di clacson spiegato. Che idiota.
    Rimaniamo così per un tempo indefinito finchè si alza un leggero venticello decisamente fresco che ci fa rabbrividire. Qui, sta per scatenarsi un temporale. Mi prende dolcemente e saliamo in macchina dove continuiamo a parlare e conoscerci meglio.
    Dopo un bel po’, controllo l’ora e vedendo che è piuttosto tardi, decidiamo di rientrare a casa. Qualche minuto e siamo sotto casa. La mia voglia di scendere è scarsissima, così scambiamo ancora qualche parola di fronte al portoncino di casa.
    I: “Grazie Fra, mi sono divertita molto!” sussurro mentre cerco di far girare la chiave nella serratura
    F: “Grazie a te, è stato un piacere. Da ripetere, direi!”
    I: “Assolutamente.” Sorrido augurandogli una buona notte. Faccio un mezzo passo avanti, quando mi prende per un braccio e mi fa voltare verso di lui.
    F: “Non puoi salire senza il bacio della buona notte…” sussurra lui prima di far aderire le sue labbra morbide alle mie. Mi lascia senza fiato e con una gran voglia di approfondire la cosa. Mi sorride a pochi centimetri dalla mia bocca. Mi accarezza una guancia delicatamente, per poi allontanarsi e salire in auto. Rimango qualche secondo intontita, poi entro in casa.
    Quel ragazzo mi manderà in tilt, già lo so.

    _____________________________________
    Ringrazio Giù per i commenti positivi!
    AH, magari vi convinco che Francesco è un buon partito. Se, contiamoci.
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...ml#post8253820

  5. #15
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    15.
    We can live like Jack and Sally if we want.

    Il risveglio è dolce il mattino dopo e non solo per i due cornetti che mi faccio fuori al bar con Gaia. Ripenso alla serata passata con Fra, al suo sms letto poco fa in cui mi chiede quando possiamo rivederci, alle sue labbra dolci, alla sua voce, ai suoi abbracci. Insomma, quel ragazzo ha la capacità di rapirmi dal mondo. È bello, simpatico, intelligente, ascolta musica simile a quella che preferisco. Oh, un difetto prima o poi salterà fuori.
    G: “Terra chiama Ilaria.” Evidentemente non è la prima volta che lo dice siccome ha rincarato la dose aggiungendo pure la mano che sventola di fronte al mio viso.
    I: “Ops, scusa sono di pessima compagnia oggi.”
    G: “Tanto quando Ale ti vede, ti becchi un terzo grado sull’uscita.”
    I: “Sono spacciata, allora.” Sbuffo per poi ridere e ricominciare a sorseggiare il mio cappuccino.
    G: “Hai programmi per oggi?”
    I: “No” rifletto “anche perché sarebbe troppo presto per rivederlo, giusto?”
    G: “Bene, manco io. Che facciamo?”
    I: “Ora che ci penso, potrei andare a trovare il mio alberello. Tutta una scusa, in realtà mi faccio accompagnare da un bel libro. Qualche oretta e torno.” La osservo “Oppure potremmo sempre andare al mercato!”
    G: “Se facessimo tutte e due le cose?”
    I: “Solo ragazze.”
    G: “Avviso Ale.”
    Usciamo dal bar e torniamo a casa in un lampo. Mi fiondo in camera per prendere un libro e si apre il dilemma: quale scelgo? Vado sul sicuro afferrando per la millesima volta Il Piccolo Principe. Niente da fare, più lo leggo, più mi entra nel cuore. Poi, non è lunghissimo, quindi è una lettura facile da portare a termine. Finisce sempre che mi porto dietro un pacchetto di fazzoletti, perché si sa che l’emozione fa brutti scherzi. Esco di casa, ripromettendomi di rientrare per poter andare con le altre al mercato, dove ci sono quelle magliette adorabili piene di scritte. Mi si illuminano gli occhi al solo pensiero. Arrivata al mio posto, al mio albero, mi incastro per bene facendo aderire la schiena al tronco e sedendomi a gambe incrociate. Almeno, finchè il mio sedere me lo permette. Apro il libro e mi immergo in questo universo meraviglioso, incontro personaggi che già conosco ma che nonostante tutto mi regalano qualcosa di nuovo. Poi, arriva lei. La volpe, il pezzo che mi riempie il cuore di gioia e gli occhi di lacrime belle, sane, positive. Rileggo il pezzo un paio di volte e son talmente concentrata da non accorgermi di esser osservata. Una persona si è fermata di fronte a me e si è inchinata per raggiungere la mia altezza, se così si può definire. Alzo gli occhi e incrocio sorpresa il suo sorriso preoccupato.
    P: “Ehi, ma è tutto a posto?” il suo sguardo indagatore diventa improvvisamente dolce “Posso?” domanda ricordando il fatto che si trova in un luogo per me sacro. Annuisco mentre prende posto accanto a me. Strano, la cosa non mi disturba affatto, adesso.
    I: “Si, è tutto a posto. La colpa è del libro che mi fa quest’effetto!” sorrido rassicurandolo e mi stupisco dell’assenza di cattiveria nelle mie parole mentre lui prende dalle mie mani il libro per vedere di cosa si tratta
    P: “Amo questo libro, soprattutto il pezzo dell’incontro con la volpe che da un senso speciale all’amicizia.” Riflette ad alta voce con lo sguardo rivolto verso il prato di fronte a noi. Cavolo, sapevo sarebbe arrivato il giorno in cui avrei trovato qualcosa di positivo in lui, ma non credevo fosse oggi.
    I: “È il brano che preferisco.” Sussurro mentre le sue mani sfiorano nuovamente le mie riconsegnandomi il volume. È un micro brivido alla schiena quello che ho percepito? No, per niente.
    P: “Scusami per l’altro giorno.” Fissa i suoi occhi nutella dentro ai miei e mi spiazza con quelle parole. Lui che chiede scusa a me?
    I: “Scusa tu per la scenata patetica a casa mia. Ho detto cose pessime su di te, ma mi hanno infastidita non poco le tue frecciate. Erano solo parole di una ragazzina capricciosa.” Sono imbarazzata da morire e sento le guance cambiare colore, ho parlato troppo come al solito e il suo sguardo stupito conferma quanto penso. Scoppia a ridere e non ne capisco il motivo.
    P: “Non ti offendere, ma ti ho definita nello stesso modo con Dani. Sono sorpreso!” fa spallucce “Eh comunque, una che piange per un libro non può essere una ragazzina capricciosa. Ascolta, se provassimo semplicemente a conoscerci senza scannarci?”
    I: “Direi che si può tentare la convivenza civile.”
    P: “Bene. Un giorno di questi dovreste venire alle nostre prove!”
    I: “Grazie, ci penserò. Adesso scusa ma devo scappare o le altre due mi affettano!” mi alzo frettolosamente e sto per inciampare in una delle radici, quando la sua mano afferra saldamente il mio braccio tirandomi verso di sé ed impedendomi di perdere l’equilibrio. Pochi sono i centimetri che mi separano dall’abbracciarlo. Mi sento a disagio, una sensazione strana che non mi piace per niente. Alzo gli occhi, lo ringrazio e me ne vado di corsa, lasciandolo lì.
    Torno a casa con i fiato corto, trovando ad aspettarmi Gaia e Ale pronte a ripartire. Rapidamente mi do una sistemata ed insieme ci incamminiamo verso il mercato in piazza. Bancarelle colorate, gente che gesticola, bambini che reclamano delle caramelle, adulti con sacchetti vari appesi alle braccia. Profumo di dolci nell’aria.
    A: “Scusa, sarò ripetitiva, ma quel tipo è stratosferico.”
    I: “Si, Gaia non fa che ripetermelo appena può.”
    A: “La voce della verità! Non son riuscita a vedere bene il suo..”
    I: “Alessia!” la rimprovero senza rendermi conto che Gaia ha deciso di portare a termine lei la frase
    G: “Culo? Io, si. Da schiaffeggiare.” Fa spallucce mentre la spintono per concludere il discorso di anatomia sul ragazzo con cui esco. Ma si può avere a che fare con due maniache simili?
    I: “Eh, comunque, voi dovreste pensare ai vostri di pseudo ragazzi.”
    G: “Sono libera come l’aria.”
    A: “Si, finchè Dani non ti chiama per vedervi.” Ribatte facendola arrossire e soprattutto zittire.
    I: “Da che pulpito, parla quella che con Ka ha deciso di intraprendere una storia infinita.” Ricevendomi in risposta una boccaccia. Mi volto verso una di quelle bancarelle piene di scacciapensieri e rimango ad osservare le piume che si muovono al ritmo dettato dal vento. Leggere, libere come non sono mai stata in vita mia. Un po’, le invidio in effetti. Gaia improvvisamente lancia un urlo di gioia, mi giro di scatto e la cerco con lo sguardo.
    Oh mio dio.
    Una banchetto pieno zeppo di magliette di band. Kiss, Guns’n roses, Beatles, Rolling Stones.
    G: “Sono in paradiso!” esclama appoggiandosi una maglietta sul petto per provarne la misura
    I: “Ed io ti seguo a ruota!” ribatto prendendo nel mucchio una canotta bianca dei Nirvana sotto lo sguardo stupito di Ale
    A: “Ok, vi ho perse. Siete peggio di quei quattro idioti con cui abbiamo a che fare.”
    Dopo svariati urletti di gioia seguiti da prove e riprove paghiamo il conto e rientriamo a casa con una vagonata di sorrisi. Oh son riuscita pure a prendere una maglia dei Blink182 con la scritta “We can live like Jack and Sally if we want” solo una delle tante canzoni loro che amo.
    Dovrei tornarci più spesso. Arrivo in camera per posare i nuovi arrivi nell’armadio, quando mi casca l’occhio sul libro appoggiato sul letto.
    Si, è ancora lui, il Piccolo Principe.
    Immediato scatta il sorriso, non riesco a farne a meno.
    Una che piange per un libro non può essere una ragazzina capricciosa parole che tornano alla mente.
    Parole come lame perché rappresentano un nuovo inizio.

    ______________________________
    Rieccomi! Ringrazio tutte quante per le visite e vi consiglio di fare un salto in questa FF della Eri-ka (non perchè ci sono pure io tra i personaggi, eh!) http://forum.teamworld.it/forum986/2...-il-mondo.html
    Poi, nel capitolo ho citato una canzone dei Blink182 il cui video è stato affidato a Tim Burton, se vi fa piacere eccolo:
    Bene, ho finito.
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-10.html

  6. #16
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    16.
    Voglio essere importante per te, non per la gente.

    Oggi è la nostra prima volta.
    Si, la prima volta che mettiamo piede dentro il bunker, il mondo in cui si ritirano i nostri amici per dare sfogo alla loro creatività, il luogo in cui possono essere loro stessi, mettersi a nudo completamente. Si, anche materialmente a detta di Ka. Pare che Pedro sia un pelo esibizionista in studio e si diverta a cantare o registrare pezzi nudo. Credo che in realtà sia un modo per poter dare il meglio di sé, è come mettersi a nudo l’anima, far uscire tutte le emozioni in modo tale da poterle incidere e condividerle. Poi, se vogliamo aggiungerci tutti gli sfottò che gli arriveranno tra capo e collo, l’ambiente risulterà in ogni caso divertente.
    Raggiungiamo a piedi lo studio, idea malsana dato il caldo che c’è. Acceleriamo la camminata, giusto per non sembrare bollite prima di arrivare davanti ai ragazzi. Ad attenderci c’è Ale tutta emozionata, almeno quanto noi, per quello che oggi vivremo. È un posto semplice, che ben poco ha in comune con un bunker. Un giardino di fronte, tre gradini e una porta che si apre verso quelle stanze che risuonano di rock’n roll.
    Entriamo e vediamo Ka seduto in un angolo mentre accorda per l’ennesima volta la chitarra, o semplicemente da una ripassata al pezzo che ha in mente. Un rumore sordo, come una bacchetta o un’asta sul legno ci fanno scoprire un nuovo talento di Ivan: quello di tenere il tempo imitando una batteria picchiettando sulle proprie scarpe, il tutto accompagnato da un mixaggio della voce per rendere l’effetto dei piatti. Dani, invece, è tranquillamente seduto sul divano. Ok, forse un po’ troppo rilassato.
    I: “Oh, ma sta dormendo?” domando abbassando istintivamente la voce, come se tutto quel casino attorno non lo percepissi
    G: “Pare di si. Aspetta” si avvicina mettendo il viso poco distante da quello di Dani, il quale apre all’improvviso gli occhi facendo spaventare Gaia per poi abbracciarla. Si, le scuse sono state accettate.
    P: “Benvenute nel nostro mondo!” dichiara tutto allegro alle nostre spalle con tanto di inchino finale
    I: “Somiglia tanto ad un manicomio” rifletto ad alta voce sentendo il suo sguardo curioso su di me “Si, però mi piace. Voglio dire, la gente troppo normale non fa per me!” sorrido ricevendo come sottofondo un urlo di Ka che attira l’attenzione generale.
    K: “Ragazzi, sentite questo!” e si mette a fare un giro di accordi suonati lentamente, semi arpeggiati, che danno vita ad una melodia dolce che purtroppo finisce “Gli manca qualcosa. Ci devo lavorare ancora su, però, è un buon inizio.”
    I: “Favolosa, veramente.” Mi siedo accanto a lui per terra accarezzandogli la chitarra “Sei una meraviglia, lo sai? Be se non lo sai, te lo dico io.” mi metto a parlare con lo strumento mentre il proprietario gentilmente mi ride in faccia.
    P: “Vedo che ti sei ambientata bene nel nostro manicomio…” bisbiglia il cantante ricevendosi per risposta una pernacchia dalla sottoscritta. Oh, solo a me capita di parlare con gli oggetti?!
    I: “Fammi vedere cosa sai fare” affermo consegnando nelle sue mani il microfono con tanto di nome personalizzato sopra.
    Un momento dopo sono tutti in postazione pronti per suonare un pezzo solo per noi. Sguardi d’intesa tra il chitarrista e il cantante, la testa di Dani che si muove per dare il tempo, Ivan che molleggia con il basso. Ci siamo. Partono le note di Meglio di noi non c’è niente. Ammetto che il cantante ci sa fare anche dal vivo, la sua voce è una mano che arriva dritta al cuore come una carezza. Colgo una sfumatura nel suo sguardo che non avevo notato prima, non c’è più traccia di timidezza da quando ha in mano il microfono. Uno sguardo coinvolto, determinato, felice. Noto anche un altro gioco di sguardi alla mia destra tra Ale e Ka. Non si levano gli occhi di dosso e dubito che lei sia presa particolarmente dagli accordi sulla chitarra. A canzone finita partono gli applausi, ma soprattutto Ka si alza, mi consegna la chitarra e chiede ad Ale di andare un momento con lui. Quando la porta si chiude alle loro spalle, trattengo il respiro.
    Che si sia deciso a farsi avanti?
    Istintivamente mi volto a sinistra, convinta di trovare Gaia. Speranza mandata in fumo dal sorriso smagliante di Pedro, stravaccato accanto a me e con lo sguardo incollato a quella maledetta porta.
    I: “Pensi a quello che penso io?”
    P: “Non penso ad una dichiarazione eclatante, mi spiace.”
    I: “Nemmeno io, credevo le chiedesse semplicemente di uscire, dove poi avrebbe avuto luogo la dichiarazione. Sbaglio?” si risistema sul bracciolo avvicinandosi a me e facendo spallucce
    P: “Può essere…” fa il vago e la cosa mi manda su tutte le furie. È logico che lui sappia qualcosa che a me non è noto.
    I: “Questa cosa non mi è mai andata giù.” sibilo a bassa voce per non creare scompiglio per l’ennesima volta
    P: “Spiegati meglio o potrei non capire.”
    I: “Il fatto che è palese che tu sappia cose che non so perché ci sono argomenti e discorsi che Carmine può affrontare solo con il suo migliore amico maschio. Che palle.” mi metto a gesticolare con le mani per rendere meglio l’idea, ma quelle di Pedro finiscono per bloccarle in una presa salda per poi appoggiarle sulle mie gambe.
    P: “Tu, nemmeno ti rendi conto di quanto lui sia protettivo nei tuoi confronti. Con me non lo è affatto.” Il suo sguardo si addolcisce pronunciando queste parole, ma il tono di voce tradisce una certa…tristezza? Non capisco.
    I: “Bene, allora direi che siamo pari. Ognuno ha qualcosa da recriminare.” affermo mentre ci ritroviamo a sorridere
    Iv: “Ila, ti è arrivato un messaggio!” urla per poi lanciarmi il cellulare al volo. Lo apro e noto che si tratta di Francesco.
    G: “Hey, si tratta del tipo illegale?” esclama lei attirando su di se le mie maledizioni unite agli sguardi curiosi dei presenti
    P: “Chi sarebbe questo tipo?” domanda prontamente e nemmeno mi accorgo del fatto che Ka e Ale son rientrati entrambi sorridendo
    K: “Ma soprattutto, perché è illegale?!” chiede mentre il sorriso lentamente si spegne sul suo viso lasciando il posto ad uno sguardo molto poco amichevole, mi guardo in giro cercando aiuto e lanciando saette dagli occhi.
    G: “Sono io a chiamarlo così, comunque. La cosa è semplice, è un figo pazzesco e ho dichiarato la sua bellezza illegale.” prende la parola in modo sempre più deciso “Non ci vedo niente di così tragico, Dani può confermare!” continua facendomi ridere soprattutto per l’espressione stupita di Dani
    K: “Cioè, tu lo sapevi e non hai detto nulla?” sputa fuori verso il compagno
    I: “Oh senti bello, è la mia vita non puoi decidere con chi posso e chi non posso messaggiare, parlare, ridere o uscire. Puoi dirmi la tua opinione ed io sarò ben felice di ascoltarla, ma devi lasciarmi la libertà di sbattere la testa.”
    A: “Se poi la sbatte contro un figo, ancora meglio, no?” sdrammatizza facendoci ridere tutti insieme
    K: “Mmm sarà, ma la cosa non mi piace.” Lo guardo malissimo “Cioè, voglio dire, avrei preferito saperlo prima. In ogni caso, devi farcelo vedere, così potremo confrontare le nostre opinioni con quelle di Dani.”
    I: “Chi era quello che si dichiara non geloso e non possessivo?!” domando in generale mentre tutti puntano il dito verso Ka, il quale dopo aver fatto spallucce si lascia andare sul divano gesticolando per farmi sedere accanto a lui. Mi appoggio al suo petto mentre un braccio si accosta sul mio.
    K: “Le ho chiesto di uscire e lei, ha accettato!” mi sussurra piano
    I: “Vedi, quanto tempo hai perso? Sono fiera di te!” e lo abbraccio per poi fare un occhiolino d’intesa a Pedro. Dio, quanto avevamo ragione.
    K: “Ah, se quello” riferendosi probabilmente a Fra “ti torce un capello, lo asfalto e ci faccio retro sopra. Chiaro?”
    I: “Ti voglio bene.” Tirandogli un buffetto sulla guancia. È iper protettivo, di questo passo se con Fra la cosa si fa seria finirà per chiedermi anche il suo codice fiscale. Si, perché l’indirizzo son sicura che già lo cercherà.

    __________________________
    Potevo fare di meglio, spero vi accontentiate di questo!
    Ale, ringraziami, oggi la vecchia fattoria te l'ho risparmiata. Ah, no: in effetti esci con un scimmia. v.v.
    http://forum.teamworld.it/forum1743/...la-tua-11.html

  7. #17
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    17.

    Mi bastava stringermi alle sue ossa per sentirmi in pace.

    Son riuscita in questa settimana a dribblare ogni forma di curiosità da parte di Ka e compagni circa Francesco. Non è questione di cattiveria, semplicemente, non capisco nemmeno io cosa stia succedendo con quel ragazzo. Che è bello, è cosa oramai più che nota.
    Però, non mi sembra proprio il caso di sbandierare il fatto che usciamo insieme ai quattro venti. Ok, detto così pare che mi vergogni di lui.
    Solo che proprio non riesco a parlarne come se fossimo un “noi”. Al momento, per me, siamo ancora un “tu” ed un “io” che cercano di conoscersi, di volersi bene, di approfondire. Non bastano i pomeriggi passati a chiacchierare su una panchina all’ombra di un palazzo con un gelato in mano, non basta uscire per vedere le vetrine in centro e discutere insieme, non basta avere cose in comune, gusti simili per poter dire di conoscerci. Non basta avere il fisico, certo serve, ma io voglio molto di più. Voglio una personalità che sappia scontrarsi con la mia, facendo a botte se necessario, qualcuno che riesca a stupirmi riempiendomi di sorrisi, qualcuno che oltre un gran bel culo abbia soprattutto una bella anima.
    Voglio qualcuno che mi rapisca e mi porti sull’isola che non c’è. Ah, già, dimentico sempre che quello è Peter pan!
    Insomma, devo capire praticamente tutto. Nel frattempo mi godo, se così si può definire questa sensazione, gli intrighi amorosi altrui.
    Sia Gaia che io siamo in religioso silenzio nell’attesa di sentire suonare il campanello di casa. Alessia deve assolutamente venirci a raccontare della sua serata passata con Ka.
    Siccome quel cretino, non si è ancora fatto sentire, devo dedurre che sia successo qualcosa, ma se in bene o in male non mi è dato di saperlo.
    Driiin.
    I: “Eccola, finalmente!” esclamo mentre mi alzo per andare ad aprirle la porta. Un momento dopo siamo i suoi angeli custodi. Una a desta, l’altra a sinistra pendiamo dalle sue labbra.
    A: “Ragazze, mi state facendo paura.”
    G: “Abbella, vedi di darti una mossa. Parla, articola, dialoga, riassumi!” la esorta con il suo solito piglio strappandomi l’ennesimo sorriso. Solo lei, può.
    A: “Adesso pure fretta mi metti!” cercando di ricomporsi “Da dove parto?”
    I: “Direi che dall’inizio è perfetto.” Facendole una linguaccia
    A: “Siamo usciti a cena, mi ha portato in un posto meraviglioso.”
    I: “Meno male, per un attimo ho avuto paura ti portasse al McDrive!” esclamo interrompendola e facendola ridere
    A: “In effetti, i timori sono fondati. Comunque, mi son trovata benissimo. Abbiamo parlato un sacco, mi son sentita a mio agio, ci siamo guardati spesso negli occhi, scherzato e fatto i anche discorsi seri…”
    G: “Perché mi viene spontaneo dire: ma?” ribatte lei battendomi sul tempo. Sembra la descrizione di un’uscita praticamente quasi perfetta, ci manca solo la dichiarazione finale ed il gioco è fatto. Un momento: e se non si fosse fatto avanti?!
    A: “Credo ci stia tutto, sai? Alla fine mi ha offerto la cena ed è stato gentile a farlo, mi ha proposto una passeggiata anche per smaltire il cibo ingerito.” e qui, il tono di voce cambia, si incrina, trema leggermente e suona tanto di delusione “Un passo dopo l’altro ha iniziato a parlare, ma che dico, straparlare. Mi ha detto che sono una cara ragazza, ho un bel caratterino, gli tengo testa e mentre speravo in una conclusione romantica, ecco che mi dice che sono proprio una brava ragazza, un’ottima amica.”
    I: “Che cosa?!” esclamo alzandomi in piedi di scatto “Io, lo faccio fuori con le mie mani. Voi, siete testimoni.”
    G: “Si, e ti verremo a trovare in carcere. Siediti.” Per poi rivolgersi ad Ale “Stai bene?”
    A: “Sto come una che ha perso la testa per un ragazzo a cui non importa nulla di lei.”
    I: “No, questo non lo puoi proprio dire. Lui è un cogli*ne, ma ci tiene un sacco a te. Ci metto la mano sul fuoco.”
    A: “Te la brucerai.” Sorride mesta
    I: “Ok, scusatemi. Devo andare.” Mi alzo e le lascio lì mezze stupite dalla mia reazione. Sono o non sono la migliore amica di quel cretino d’un chitarrista? Si. Quindi ho il sacrosanto dovere di andare in studio o a casa sua, solo per spaccargli la testa.
    Pensare che ce l’aveva quasi fatta. Mancavano quante, due o tre frasi per dichiararsi? Parole che diventano paure. Ecco cosa sono. Ovvio, non è semplice, ma così è proprio da vigliacchi. Per non parlare della presa in giro verso di lei. Cioè, se uno mi invita ad uscire, fa il carino e mi riempie di complimenti, è ragionevole che io inizi a pensare di piacergli almeno un po’. Almeno, tantissimo.
    L’avessi tra le mani lo strozzerei. Giuro.
    Arrivo a grandi falcate di fronte a casa sua. Suono, ma al citofono mi dicono che non è in casa, ma in studio con gli altri a provare. Bene, volo da loro armata di buoni propositi.
    Mi ripeto che devo stare calma, di respirare. Maledico quel mezzo crampo al polpaccio che mi sta torturando la gamba a pochi metri dall’edificio meta della mia sfuriata. Nel giardino c’è Dani intento a fumare cercando di fare delle forme con il fumo. Se non fossi arrabbiata, mi fermerei a ridere con lui. Lo saluto alla velocità della luce per poi spalancare in modo molto poco aggraziato la porta. Ops, ha fatto pum contro il muro.
    I: “Sei il re dei coglio*i, Carmine.” Sputo fuori senza rendermi conto che lui e Pedro stavano provando un pezzo in acustico e che la mia entrata ha interrotto il tutto. Sono entrambi meravigliati dal mio tono di voce. Pedro sta per andarsene al mixer, ma Ka lo invita a rimanere.
    K: “Prego?” fa una domanda come per darmi la possibilità di ritrattare quanto appena dichiarato
    I: “Hai capito benissimo. Fai tanto il duro, ma quando c’è da essere duri e tirare fuori le palle, inizia a nasconderti.” Rincaro la dose, pur sapendo quanta tensione ci sia nell’aria
    K: “Come caz*o ti permetti di venire qui e farmi la morale?!”
    I: “Mi permetto perché mi hai fatto una promessa e non l’hai mantenuta. Il tuo comportamento infantile mi ha delusa. Mi permetto perché sono tua amica e come tale non sono qui solo per sostenerti quando ne hai bisogno, per ridere con te di una battuta o collaborare per sfottere Pedro. Ho il dovere morale di dirti a caratteri cubitali quando stai facendo una cazzata perché evidentemente non te ne sei reso conto.” Sta per dirmi qualcosa ma lo blocco immediatamente “Le hai fatto passare una serata altalenante: prima fai il carino e poi affermi che è un’ottima amica. Io, ci aggiungerei che è pure santa per la pazienza che ha nei tuoi confronti.” E qui, Pedro scoppia a ridere acconsentendo “Ma quello che più mi preme dirti è questo: non riempirla di stupide illusioni, non fare il carino, non chiederle di uscire se tanto non te ne frega un cazz* di lei.”
    K: “Fuori.” Sibila senza muoversi dal posto
    I: “Prego?” gli occhi sbarrati di Pedro che mi invitano a darci un taglio con il tono accusatorio
    K: “Vai fuori. Esci da qui. Sparisci. Ti è più chiaro?” fa un sorriso così tagliente che mi ferisce “Quasi dimenticavo: tu non capisci, sei tornata qui da qualche mese e pretendi di giudicarmi senza conoscermi. Io, non ti voglio. Quella è la porta.”
    I: “Si, la vedo. Me ne vado, ma tu stron*o rimani.” Mi giro e trattenendo il fiato fuggo letteralmente dallo studio. Una volta fuori corro come una disperata senza nemmeno salutare Dani che tenta malamente di fermarmi. Improvvisamente mi manca il respiro, sento una fitta atroce alla pancia unita all’amato polpaccio che da segni di cedimento. Il grave non è il dolore fisico causato da una corsa forsennata e senza senso, quello che fa male veramente è quel graffio all’anima, al cuore che mi son procurata andando nella tana del lupo.
    pretendi di giudicarmi senza conoscermi
    io, non ti voglio
    Parole come lame che si conficcano sillaba dopo sillaba nel mio petto impedendomi di respirare a pieni polmoni. L’aria è così cattiva qui attorno. Le gambe non ce la fanno più, mi lascio andare per terra dove sono. Io e il marciapiede. Abbraccio le ginocchia e nascondo la testa, quando mi rendo conto di alcune macchie scure sull’asfalto. Ah, no. Peggio: sono lacrime. Lacrime di rabbia, di delusione, di dolore, ma sempre acqua salata che scende dagli occhi è.
    All’improvviso una mano si appoggia dolcemente sulla mia schiena, dandomi una carezza e una miriade di sensazioni positive, unite allo spavento per non essermi accorta di esser seguita.
    Non mi muovo, ma sento che si siede silenziosamente accanto a me.

    _________________________
    Questo capitolo è stato un parto complicato. Molto sentito!
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  8. #18
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    18.

    Molte volte ci allontaniamo da ciò che, in realtà, desideriamo più di ogni altra cosa al mondo.


    Resto ferma ancora per qualche secondo. Mi vergogno delle mie lacrime. Anzi, riformulo, non mi vergogno delle lacrime perché in ogni caso sono il segno tangibile del fatto che ho provato un’emozione, brutta, ma pur sempre un’emozione. Quello che non mi va giù è che qualcuno mi veda piangere. È una cosa mia soltanto e mi urta un sacco.
    Però, ci si mette di mezzo la curiosità nel capire chi sia la persona qui accanto. Una persona che riesce a riempire con il silenzio questo momento. Mi sento a disagio solo per il fatto che piango nel modo più insonoro possibile, per il resto no.
    Alzo leggermente il viso, quel tanto che serve per permettere all’occhio destro di dare una sbirciata al mio compagno. Quasi mi prende un colpo.
    I: “Perché sei qui?” domando rimanendo con la fronte incollata alle ginocchia, anzi abbracciandole ancora più forte
    P: “Sono un serial killer, quindi quale momento migliore di questo per darti il colpo di grazia?” ironizza riuscendo a strapparmi un sorriso
    I: “Scemo.” Riesco a dire mentre la sua mano mi sfiora il braccio. Ancora un micro brivido o sbaglio? Si, sbaglio, come sempre.
    P: “Ka non le pensa veramente quelle cose. Tiene moltissimo a te, son sicuro che starà violentando la sua chitarra per scaricarsi un po’ la coscienza e i nervi.”
    I: “Forse, lo so. Eppure” sollevo la testa appoggiando la guancia sul ginocchio e voltandomi verso di lui “mi ha fatto male sentirgli dire quelle parole in modo così violento.”
    P: “In questo momento non posso esserti molto d’aiuto, però, una cosa la so fare anch’io e credo possa servirti.” Incastra i suoi occhi dolci nei miei allargando leggermente le braccia avvicinandosi a me. Poco dopo sono avvolta nel suo abbraccio, con le mani strette tra loro e appoggiate al suo petto. La sua mano mi accarezza teneramente la testa mentre le sue dita giocano con i miei capelli. Un abbraccio che ha il potere di farmi smettere di pensare negativo, mi riporta una ventata d’aria fresca insieme ad un respiro più calmo. Penso che gli abbracci di Pedro, non abbiano nulla, ma proprio nulla da invidiare a quelli di Ka.
    P: “Ti va un gelato?” la sua voce arriva dall’alto
    I: “Mmm ci sto.” Scioglie l’abbraccio e si alza in piedi porgendomi una mano per rialzarmi
    P: “Sai, stavo pensando che non avevo mai abbracciato nessuno su un marciapiede.” Afferma passandosi una mano dietro la nuca
    I: “Siamo caduti proprio in basso. Ahahah”
    Arrivati alla gelateria prendiamo due coni. Opto per cioccolato e limone, sotto lo sguardo semi schifato del gelataio. Oh, se non fosse chiaro lo mangio con i gusti che mi vanno.
    P: “Coraggiosa.” Riferendosi al cono che tengo in mano
    I: “Toh, assaggia.” Glielo piazzo davanti al viso e lui timidamente da una leccata facendo prima una smorfia atroce e poi un sorriso
    P: “Non male, hai ragione. Ahah”
    Restiamo in silenzio mentre ci incamminiamo verso una meta imprecisata. Il cono finisce sempre troppo presto per i miei gusti. Adoro mordicchiare la cialda senza il gelato fino a raggiungere il finale a punta che scrocchia meravigliosamente tra i denti. Mi giro a destra a manca per intercettare un cestino dei rifiuti in cui buttare il tovagliolino di carta, ma non trovandolo decido di appallottolarlo e tenermelo in mano. Il tutto accompagnato da uno sbuffo sonoro. Qualche via dopo, finalmente compare un aggeggio rosso con un sacchetto nero. Mi fermo qualche passo prima, chiudo un occhio per prendere meglio la mira, sposto indietro il piede destro mentre il braccio si alza per lanciare il tovagliolino dentro la pattumiera.
    I: “Canestro!” urlo saltellando facendo ridere di gusto Pedro “Oh, Micheal Jordan mi fa un baffo.”
    P: “Si, infatti è in pensione da un po’ e comunque, da quella distanza è più facile fare canestro che sbagliare. Guarda e impara!” si allontana di qualche passo e ripete la mia stessa sequenza di gesti, purtroppo facendo centro.
    I: “Poco competitivo, dicono.”
    P: “Non gioco solo per partecipare, mettiamola così. Ahah”
    Pochi minuti dopo riesco a scorgere il terrazzo di casa mia, quindi, ci dirigiamo direttamente là in tacito accordo. Sul portone d’entrata Pedro fa un passo indietro per poi fermarsi a guardarmi dritto negli occhi.
    P: “Il mio dovere l’ho fatto. Sei a casa un po’ più sorridente di prima. Ora vado, ci si vede!” senza darmi il tempo di ribattere, si volta e si incammina verso casa.
    I: “Pedro!” lo richiamo facendolo girare verso di me
    P: “Si?”
    I: “Grazie” abbasso lo sguardo incapace di sostenere quegli occhi nutella “di tutto.”
    Entro in casa, dove non c’è più traccia di Ale. Gaia mi spiega che se n’è andata poco prima che arrivassi io, così, tranquillamente le apro il mio cuore riguardo alla litigata con Ka e al gelato con Pedro. Prima le notizie brutte, poi quelle belle. Son abituata così. La faccia non promette nulla di buono.
    G: “Quel decerebrato ha sconnesso gli unici due neuroni proprio nel momento in cui comparivi tu nella sua vita? Maledetto lui e la sua linguaccia triforcuta.”
    L’ho già detto che l’adoro? Bene, lo ripeto. È la migliore, per me. Riesce sempre a trovare le parole giuste, a volte sono sbagliate ma l’effetto che hanno su di me le rende perfette. Mi fa sorridere in ogni modo possibile. Meglio di lei, non ce n’è.
    G: “Devo ammettere però che Pedro un po’ si è riscattato facendo così. Se ci pensi ha piantato in asso il suo amico per venire a tirarti su di morale. I gusti che hai preso, Dio solo sa come fai a mandarli giù e finire il gelato.”
    I: “Dai, non è poi così male” rifletto pensando a Pedro “il gelato, eh.” concludo sorridendo mentre suonano alla porta
    G: “Ma chi è a quest’ora?!” domanda curiosa
    I: “Non aspetti Dani?”
    G: “Oh mica son la sua fidanzata, io.” le faccio una pernacchia alzandomi per andare a vedere chi c’è. Arrivo al citofono, ma nessuno risponde. Sto per ritornare al divano, quando sento bussare direttamente alla porta di casa. Curioso caso.
    Apro la porta e mi ritrovo di fronte un Carmine sudato e con il fiato corto che mi guarda rimanendo in silenzio. Nessuno dei due accenna un movimento per secondi che sembrano eternità, poi tutto in un colpo azzera le distanze fisiche e mentali con uno dei suoi abbracci. Mi stringe fortissimo senza che io possa dire o fare nulla, sussurrandomi qualcosa che somiglia molto ad una scusa.
    K: “Scusami per oggi. Scusami per le parole, per il tono, per la maniera e per il comportamento.” inizia a dire senza mollare la presa “Non penso affatto che tu non mi conosca, anzi, mi hai confermato l’esatto opposto. È solo che mi hai preso in contropiede, mi hai spiazzato, hai detto delle cose così vere da farmi arrabbiare con me stesso. Invece, ho scaricato tutta la mia furia contro di te che ti sei esposta solo per il mio bene. Sono pessimo come amico.” Mi stringo più forte a lui, facendogli una pernacchia sul collo scatenando una sua risata.
    I: “Che ne dici, entri o rimaniamo sul pianerottolo ancora per molto?”
    Entriamo sotto la sguardo inquisitore di Gaia.
    I: “È qui per chiedermi scusa, tutto a posto.” La informo prima che parta con gli insulti seriali
    G: “Mmm bene, ma solo perché i pass del concerto li ha ancora lui.” esclama facendoci ridere di gusto mentre se ne torna in camera sua, lasciandoci soli.
    I: “Sai, subito quello che hai detto mi ha fatto male. Poi ci ho pensato su, anzi, Pedro mi ha fatto riflettere ed ho capito che erano cose dovute alla rabbia. Penso di averti già perdonato su quel marciapiede, oggi.”
    K: “Pedro? Marciapiede?” mi domanda passandomi un braccio attorno alle spalle per farmi il solletico
    I: “Si, è venuto a cercarmi dopo i botti in studio. Penso abbia intuito fossi quella ad aver bisogno di una risata, tu avevi la tua chitarra per tirarti su di morale.”
    K: “Vero. Quindi, è tutto a posto?”
    I: “No, finchè non andrai da Ale a mettere le cose in chiaro. Era qui oggi e dovevi vedere i suoi occhi quando raccontava della vostra uscita.” Mi volto a guardarlo “Brillavano ed hanno smesso quando è arrivata al punto in cui le hai dato dell’ottima amica. L’amicizia sono io, lei è amore mentre tu sei un coglio*e. Capito?”
    K: “Ho capito, non è il caso che lo ribadisci ogni volta che ne parliamo. Adesso vado che è tardi!” mi da un bacio in fronte “Grazie di tutto, sei la migliore.”
    E se ne va augurandomi una buona notte.

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  9. #19
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.



    19.

    Non dirmi “ti voglio vedere”, dimmi “apri la porta perché sono fuori casa tua.

    La settimana scorre velocemente, a quanto abbiamo capito, Ka ha un piano.
    Ora, se è come tutte le idee avute in precedenza, si salvi chi può! Ancora non ha avuto il coraggio di affrontare l’argomento con Ale perciò ha deciso che se l’occasione non arriva la soluzione è crearne una nuova. Quindi, quale momento migliore del compleanno di Ivan? Già.
    Siamo tutti invitato ovviamente e non vedo l’ora di riabbracciare i miei, anzi suoi, vinili. La data prevista è nel fine settimana complice anche la casa totalmente libera.
    Sono amabilmente coricata sul letto quando la suoneria del cellulare mi distrae. Chi rompe? Francesco.
    I: “Ehi!!”
    F: “Bellezza, tieniti pronta. Sabato ti porto al mare!”
    I: “Questo, sabato?”
    F: “Esatto! Perché?”
    I: “Perché c’è il compleanno di Ivan e ci tengo molto. Poi, sarebbe un’occasione per farti conoscere i miei amici. Che ne pensi?”
    F: “Uhm, mi prendi in contropiede bimba.” Odio quando mi chiama così, ma non ho ancora avuto il coraggio di dirglielo, anche perché ufficialmente non stiamo insieme. Siamo ancora nella fase di frequentazione, in effetti.
    I: “Mi spiace, ma preferirei stare con loro. Se ti va o cambi idea fammelo sapere. Va bene?”
    F: “Certo! Ho voglia di vederti e stare con te, piccola. Ci sentiamo. Un bacio.”
    Sbuffo dopo aver concluso la chiamata. Mannaggia mi salto il mare, pace. Mi salto pure Fra in costume, se è per questo. Me ne farò una ragione. Il tempo di ascoltare una canzone che di nuovo il cellulare squilla. Mi sembra di vivere in un call center certi giorni. Controllo e mi accorgo che non si tratta di una chiamata, ma di un semplice sms tra l’altro di un numero che non conosco. Lo apro curiosa con il cuore che inizia a rimbalzare allegro nel petto, come se sapesse in anteprima di chi si tratta. Strano.

    “Ciao! Oggi vado a Milano per prendere il regalo ad Ivan, ti va di morire di caldo con me? Prometto di portarti nella gelateria più buona del mondo come ricompensa. ;-)

    Niente firma, ma quella faccina al fondo unita al discorso sul gelato mi fa pensare immediatamente a Pedro. Crede che io sia così stupida da accettare di passare delle ore sola con lui? Spera che basti promettermi un gelato per comprarmi? In pochi secondi gli invio la risposta.

    “Ciao Killer! Accetto molto volentieri, ma solo per il gelato, sia chiaro.

    Meglio mettere le mani avanti. No?
    Dovevo semplicemente darmi malata, ecco cosa dovevo fare. Invece no, nonostante abbia uno pseudo uomo, preferisco andarmene in giro con Pedro. Evidentemente i killer sanno come fregare le loro vittime. Basta pensarci, ci vado solo per il regalo di Ivan.
    E il gelato.
    E il sorriso di Pedro.
    E la sua voce.
    E i suoi ricci.
    Stop.
    Mi tiro una sberla sulla faccia mentre leggo l’orario in cui mi passa a prendere nell’ultimo sms. Sono una cretina. Le ore passano in fretta e il momento si avvicina. Mi lego i capelli e suonano alla porta. Ovviamente è lui. Esco di corsa salutando Gaia che se la ride. Mi avvicino alla macchina sorridendo. Ci salutiamo e saliamo pronti per andare a Milano.
    Una volta messa in moto, dalla radio escono le note di una canzone che adoro dei Taking Back Sunday.
    I: “Ti piacciono i TBS?” domando all’improvviso
    P: “Yes, molto. Li seguo da un sacco di tempo insieme a Ka.”
    I: “Ma dai?! Questa non la sapevo, mannaggia.” rispondo facendolo ridere “Piuttosto, spiegami un po’ in cosa consiste il nostro pomeriggio va.” Quanto suona strano quel “nostro” detto dalla mia voce.
    P: “Andiamo da un nostro amico che ha un negozio di dischi per ritirare un vinile e poi, se riesco a portarti fuori da lì in tempi brevi” mi guarda facendomi un occhiolino “andiamo a mangiare il famoso gelato con annesso giro.”
    Arriviamo presto, o meglio, mi sembra di esser partita da una decina di minuti. Il viaggio è stato uno spasso. Scendo dalla macchina allegramente e seguo Pedro verso quello che sembra tanto il paese delle meraviglie da come l’ha descritto. Passiamo in una via particolare per via di un murales coloratissimo presente su tutto il muro. Sembra quasi una favoletta per bambini e rimango incantata per qualche secondo a guardarlo nei minimi dettagli, finchè la mano di Pedro non si posa sul mio braccio riportandomi alla realtà.
    P: “Sapevo ti sarebbe piaciuto! Vedi” indica delle sfere colorate “questi sono dei pianeti. Mentre quella è la rosa.”
    I: “Il personaggio al centro è il Piccolo Principe, vero?” chiedo anche se so benissimo la risposta, mi volto verso il mio amico “Grazie mille, è stupendo!”
    P: “Figurati, sono contento ti piaccia! Dai, entriamo il negozio è questo.” Afferma avvicinandosi ad una porta rossa per poi entrare. Lo seguo curiosa e decido di perdermi alla ricerca del Bianconiglio tra quegli scaffali. Ci accoglie un ragazzo sulla trentina con una cresta in testa spaventosa, nel senso che non mi capacito di come i capelli riescano a rimanere dritti e non cascare.
    X: “Pedro, finalmente mi fai conoscere la tua morosa!” sento che parlottano e capto questa frase nel discorso. Inorridisco al pensiero.
    P: “No, Lenny, stai prendendo un abbaglio. È la migliore amica di Ka, capisci?”
    L: “Capisco eccome, conoscendolo!” e ridono entrambi per qualcosa che non mi è chiaro. Faccio un giro e becco un vecchio album dei Blink182, osservo la copertina e immediatamente mi viene in mente a chi somiglia Lenny.
    I: “Lenny, ammettilo, tu sei Travis.” Urlo da dietro uno scaffale, ma la risata mi raggiunge lo stesso “Oh, pure la cresta identica. Ti mancano i tatuaggi e qualche anno di batteria. Pensaci!”
    L: “Grazie, lo prendo come un complimento!”
    Mi guardo attorno cercando Pedro con lo sguardo, giuro se è uscito senza dirmelo lo picchio. Lo trovo con due cuffie giganti sulle orecchie, gli occhi chiusi e le mani a tenere il tempo sulle tasche dei jeans. Praticamente non è più in questo mondo, tutto merito della musica. Mi siedo sulla poltrona accanto a lui e rimango a guardarlo ancora un po’ prima che se ne accorga.
    P: “Oh scusa!” si giustifica togliendosi le cuffie “Perdo la cognizione del tempo qui dentro.”
    I: “E poi sarei io quella che avresti faticato a portare via da qui, eh.” Lo prendo in giro mentre ci alziamo per uscire “Ciao Travis, alla prossima!”
    L: “Ahahah è stato un piacere!” mi da il cinque con la mano e mi saluta. Una volta fuori colgo lo sguardo curioso di Pedro.
    I: “D’ora in poi sarà Travis come Travis Barker. Sono identiche le loro creste!!”
    P: “Se Lenny è Travis, io sono Dave Grohl.” afferma tutto serio incrociando le braccia sul petto
    I: “No perché in quel caso ti avrei già sposato, Pedretti.” ribatto ridendo dandogli uno spintone “Adesso, gelato!”
    Dopo il cono stracciatella e fragola, posso ritenermi soddisfatta per aver nuovamente disgustato il gelataio. Saliamo in macchina e torniamo verso casa.

    ______________________-
    Chiedo perdono per il ritardo e per il capitolo un pò così.
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  10. #20
    V.I.P


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    Predefinito Re: Ho cominciato a cercare la tua mano prima che tu prendessi la mia.


    20.

    Il più bel sorriso, ce l'ho negli occhi.

    A metà tragitto il mio cellulare si mette a squillare. Prendo la borsa ed inizio a frugare all’interno sperando che all’improvviso compaia tra le mie mani l’oggetto desiderato. Non succede, ovviamente. Quando la speranza sta per svanire, ecco che riesco a trovarlo e a rispondere. Manco guardo chi mi sta chiamando.
    I: “Che c’è?!” rispondo in modo affrettato
    F: “Bimba, tranquilla sono io.” che tempismo, però.
    I: “Ah, sei tu.”
    F: “Tutto bene? Non ti sento particolarmente entusiasta.”
    I: “Ma no, è solo una tua impressione. Volevi qualcosa?” domando incrociando le dita sperando sia una cosa rapida. Proprio non mi va che Pedro origli le mie telefonata, soprattutto se sono di Francesco.
    F: “Dirti che ci ho pensato e voglio accompagnarti alla festa del tuo amico se l’invito è ancora valido.”
    I: “Certo che è valido!! Va bene, lo dirò ad Ivan. Son contenta tu abbia cambiato idea.” Finalmente Ka non potrà più rompermi le scatole in merito. Sto per mettere giù quando continua a parlarmi.
    F: “Stasera ti passo a prendere e ceniamo insieme, ok?”
    I: “No, Fra non posso proprio stasera.” rispondo abbassando il tono di voce mentre son sicura di vedere ridere Pedro. Perciò gli do un sberla sul braccio indicandogli la strada da guardare al posto di stare attento alle mie parole.
    F: “Ok, bimba, ma che cos’è sto casino? Dove sei?” passa un’auto della polizia a sirene spiegate in autostrada, impossibile non sentirla
    I: “Mmm nulla di che sono in strada ed è passata la polizia, non è una cosa poi così strana!” perché mi sento improvvisamente sotto accusa?!
    F: “Fai attenzione allora. Ti abbraccio forte anche se non me la racconti giusta.” Ride per poi mettere giù la chiamata. Sbuffo lanciando il telefono nella borsa e lasciandomi andare sul sedile.
    P: “Gli hai dato buca, o sbaglio?” cavoli tuoi mai, eh.
    I: “Non sbagli. Sono stata via tutto il giorno, non ho voglia di vederlo. Semplice.”
    P: “Guarda che se è per causa mia, mi spiace.” borbotta imbarazzato e mi fa tenerezza
    I: “Ma va, non c’entri nulla tu. Il solito egocentrico! Ahahah” mi rifila un’occhiataccia per poi scoppiare a ridere. Si, perché è vero, lui non c’entra nulla. Francesco non è il mio ragazzo, non lo amo o almeno, non ancora. Però uno straccio di sentimento che mi lega a lui c’è, quindi mi sento accusata da me stessa semplicemente perché con Pedro sto bene.
    I: “Oh, sei il primo a saperlo: sabato viene anche Fra alla festa di Ivan!” sorrido
    P: “Si? Che onore…” ribatte con scarsa motivazione “Adesso me la tiro, Ka ancora non lo sa! Ahah”
    I: “Già, almeno non romperà più le scatole.”
    P: “Credo tutto il contrario.” Sorride per poi guardare l’ora “Hai fame?” e se anche non l’avessi, me la farei venire pur di rimanere ancora in questo stato di beatitudine.
    I: “Un po’, in effetti.”
    P: “Bene. Chiamo gli altri e si mangia tutti insieme.”
    I: “Mmm no.” si gira di scatto “Caz*o Pedro, guarda la strada! Volevo dire che io chiamo, tu guidi. Ok?”
    P: “Ma non eri tu, quella stanca che non voleva uscire?” mi punzecchia
    I: “Agli amici non si dice no.” faccio una linguaccia “Ai fidanzati, si.”
    P: “Quindi se ti chiedessi di mangiare da me, diresti di si.” com’è che mi son incastrata in questo sillogismo pessimo?!
    I: “Ahahah possibile.” cerco di sdrammatizzare ma il suo sguardo ha un non so che di serio che, purtroppo, mi rapisce. Ad un tratto accosta e mi rendo conto che siamo già a Legnano. Cioè, praticamente sono sotto casa e non me ne sono accorta. Ma dov’era il cartello con su scritto il nome del paese?! Mi slaccio la cintura di sicurezza, afferro la borsa ed esco. Pedro scende e rimane appoggiato alla macchina con la schiena incollata alla portiera. Mi guarda ed io onestamente non so che fare, mi mette a disagio quando mi fissa.
    I: “Senti, che ne dici di fermarti qui? Possiamo fare da noi la pizzata.” Parole che escono in un botto tutte insieme senza che io possa controllarle. Si avvicina, chiude la macchina sorridendo.
    P: “Dico che sono sorpreso: prima non vuoi uscire, poi non mi fai più andare via.” È a mezzo passo da me, fa una linguaccia e torno a respirare. “Prima o poi, capirò quello che ti passa per la testa. Prometto.”
    I: “Non fare promesse che non potrai mantenere.” Mi giro “Ah, vedo che Dani è già qui. Bene, uno in meno da chiamare!”
    Saliamo le scale e spalanco la porta trovando in atteggiamenti coccolosi Gaia e Dani sul divano. Appena entriamo, sia io che Pedro scoppiamo a ridere mentre quei due scattano sull’attenti sentendo la porta aprirsi. È solo un attimo: due cuscini ci sfiorano e per evitarne uno, sbatto la testa contro la spalla di Pedro.
    Dolore.
    I: “Gaia, la vedi questa V sulla fronte?!” la osservo inarcando il sopracciglio “È la V di Vendetta. Tu, sei morta!” raccolgo il cuscino e mi appresto a continuare la lotta dei cuscini seguita a ruota da Pedro. Insomma sul divano è un casino, siamo quattro disperati. Ad un certo punto sotto il mio braccio sbuca la testa di Gaia.
    G: “Ma, tipo, perché sei rientrata con Pedro?!” oddio, alla buonora devo dire. Ok, era impegnata con il Calvio, però che spirito d’osservazione.
    P: “Eh, avevamo idea di mangiare tutti insieme. Abbiamo visto la mini di Dani e pensato di far arrivare qui gli altri.”
    I: “Si, peccato che ancora non li abbiamo chiamati! Siamo pessimi! Ahahahah Ka ci ucciderà.”
    D: “Ottima idea, strano che sia uscita dai vostri due cervelli.”
    I: “Batteriologo potrei fare un uso creativo delle tue bacchette la prossima volta che vengo in studio. Sappilo.” Ribatto cercando di non ridere e afferrando il cellulare per comporre il numero di Ka il quale risponde al secondo squillo, un vero record “Ciao sono io, muovi il culo che mangiamo tutti da noi. Tra mezzora ti voglio qui. Ciao!” e chiudo la chiamata.
    P: “In ordine: non l’hai fatto parlare, non hai detto chi eri, gli hai sbattuto il telefono in faccia, hai utilizzato un linguaggio scurrile. Insomma, se volevi farlo incazz*are ce l’hai fatta!!” scoppia a ridere “Se per caso cercassi lavoro come segretaria, non venire alla nostra porta.”
    I: “Anche perché voi non avreste bisogno di quello, ma di una psicologa. Oh, guarda caso, studio proprio i matti.”
    D: “Ivan c’è.”
    G: “Ale pure.”
    I: “Bene, siate cavalieri: andate a prendere il cibo.”
    P: “Su forza, la signorina è stanca, non le va di uscire oggi.” Mi punzecchia ancora ricevendosi l’ennesimo spintone. Masochista. Scappano via, mentre noi prepariamo la cucina all’invasione degli altri. Il primo ad arrivare, manco a dirlo, è proprio Ka. Ci sorride e si comporta come se fosse a casa sua. Arriva Ale seguita per le scale da Ivan.
    Rimaniamo in attesa finchè decidiamo di sfidarci un po’ con i videogiochi. Crash, ovviamente. Tra urla e insulti vari, finiamo per lasciar vincere Ka. Non sia mai che roviniamo la serata con il suo muso lungo. Finalmente tornano Pedro e Dani con un sacco di birra, oltretutto.
    D: “Pedro ha fatto colpo sulla cassiera che ci ha regalato le birre.”
    K: “Grande fratello!”
    A: “Secondo me ve le ha date solo perché sapeva che era l’unico modo per mandarvi a casa.” esclama lei, trovandomi perfettamente d’accordo tanto che ci scambiano un’occhiata complice
    I: “Bene, grazie!” rubo le birre a Pedro che rimane sotto shock e scappo in cucina con Ale. Questo è il girl power.
    La serata prosegue nel migliore dei modi. Inutile dire che ci basta stare insieme per essere felici. Siamo una famiglia, vera.
    ________________________
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    Marziana and @ale like this.

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