Eccomi qua, con la mia prima fan fiction riguardante i Finley! Scusate gli eventuali errori grammaticali! Bene, bado alle chiacchere, ecco il primo capitolo! Spero sia di vostro gradimento (:
Guardai l’ora e vidi che erano le tre di notte passate.
Soffiai sulle unghie delle mani e aspettai che lo smalto si asciugasse.
Nonostante tutto, curare le unghie era una delle mie attività quasi quotidiane. Possedevo un’infinità di smalti che comprendevano la maggior parte delle tonalità e delle sfumature dei principali colori, senza contare smalti trasparenti e rinforzanti oppure i brillanti e gli adesivi da applicare.
Quella notte scelsi di applicare uno smalto azzurro chiaro.
Aspettai che si asciugasse totalmente e poi decisi che era ora di andare a dormire.
Spensi la luce e mi infilai sotto il lenzuolo.
Mi addormentai immediatamente.
La mattina seguente mi svegliai sentendo il cellulare che vibrava sopra il comodino. Ancora con gli occhi chiusi, allungai il braccio per prenderlo e urtai un pacchetto di fazzoletti facendolo cadere.
Solo quando presi il cellulare e lo portai davanti al mio viso, aprii gli occhi.
Vidi due chiamate perse e un messaggio. Lo aprii.
<<Sveglia pigrona!>> diceva il messaggio.
<<Sono felice anche io di sentirti.>>
<<Sei pronta per uscire? Passo da te fra mezz’ora.>>
<<Ma mi sono appena svegliata!>> risposi velocemente, mettendomi a sedere sul letto.
Lei era Giada, una delle poche persone cui tenevo veramente. Eravamo amiche da molto tempo ormai e ognuna sapeva tutto dell'altra, ma soprattutto ognuna sapeva che l'altra ci sarebbe stata sempre nel momento del bisogno.
Eravamo un po' pazze insieme perché ridevano sempre. Per qualsiasi cosa. Per una sciocchezza. Per una stupidaggine. Per mascherare la fragilità. Per tutto. Non passava un giorno che non ridevamo insieme.
Lei mi aveva aiutato in un momento veramente difficile per me, e da allora non smetteva di starmi accanto e di farmi sorridere.
La nostra era una di quelle amicizie che si dicono senza barriere.
Mi alzai e mi stiracchia, aspettando la risposta della mia amica.
<<Non importa. Dai, oggi ti devo presentare Carmine!>>
<<Carmine?>>
<<Sì dai, il tipo con cui mi sono messa insieme! Te ne avevo già parlato. Suona in una band. Devi assolutamente sentirli!>>
Riflettei qualche secondo prima di rispondere.
<<Ah già, ora ricordo. Ok, ti aspetto qua allora. Ci vediamo fra poco.>>
Solitamente non ascoltavo molta musica italiana –anzi, quasi per niente- ma soprattutto inglese.
L’idea di ascoltare una band di ragazzini cantare in italiano non mi entusiasmava molto, ma d'altronde dovevo questo favore a Giada. A volte mi chiedevo come facesse ad essere ancora mia amica, considerando il mio carattere difficile.
Andai ad aprire la finestra, scostando la tenda di lato e costatai che faceva già caldo.
Aprii l’armadio e decisi di indossare dei pantaloncini corti e una maglietta azzurra a spalline fine.
Scesi le scale e trovai mia madre in cucina, intenta a preparare qualcosa. Mi vide e mi salutò, notando il mio abbigliamento non casalingo.
<<Stai uscendo?>>
Molte persone mi dicevano di assomigliare a mia madre, anche se io non avevo mai notato tutta questa somiglianza. Lei era alta e un po’ robusta, portava i capelli fino alle spalle ed erano di un colore biondo-castano ed occhi colore nocciola. Io invece ero alta come lei, ma di corporatura magra, capelli corti di un colore tra il castano scuro e il biondo chiaro , ma noi due non vedevamo tutta questa somiglianza.
<<Sì, fra poco arriva Giada e poi andiamo in centro insieme.>> risposi prendendo dei biscotti e iniziando a mangiarli.
<<Va bene.>>
Poco dopo arrivò Giada. La mia amica era alta quasi quanto me, aveva dei capelli lunghi, lisci e neri e dei bei occhi grandi.
Quel giorno indossava anche lei dei pantaloncini corti neri e una maglia dello stesso colore con delle scritte color argento. Ai piedi portava dei sandali e aveva una borsa di Jack di “Nightmare before christmas”.
<<Andiamo?>> mi urlò quando le aprii il cancelletto per entrare in casa.
<<Arrivo subito.>> replicai.
Mi lavai i denti e mi pettinai, poi presi la borsa e uscii.
<<Com’è questo Carmine?>> le domandai appena ci incamminammo verso la saletta prova del nostro quartiere.
<<Ka. Non chiamarlo Carmine che altrimenti si irrita. E’ molto simpatico, un tipo alla mano. E poi è dolcissimo, scrive delle canzoni stupende.>> rispose sorridendo e illuminandosi al pensiero del suo ragazzo.
Si erano messi insieme da poco più di una settimana e quindi era ancora nella prima fase del loro rapporto ovvero “il mio Lui è unico e non ha difetti”.
<<Cantano anche in inglese?>> chiesi con un filo di speranza.
<<Qualcosina, ma soprattutto in italiano.>>
<<Ah.>>
<<Vedrai che ti piaceranno lo stesso!>>
<<Se lo dici tu.>>
<<Si, ne sono sicura! E poi c’è un tipo che..>>
<<Giada!>>
Mi voltai a guardala. Ok guardare i ragazzi, ma che pensasse di fare uno strano triangolo amoroso con i ragazzi della band di suo moroso, proprio no.
<<Ma cosa capisci sciocchina! Lo dicevo per te!>> disse lei ridendo della mia reazione.
<<Per me?>> domandai non riuscendo a trattenere la curiosità.
<<Sì. Questo ragazzo è perfetto per te.>> disse lei, assumendo all’improvviso un'aria seria.
<<Sai che non voglio un ragazzo.>> risposi abbassando gli occhi e guardando le mie scarpe bianche a strisce nere. Sapeva che quello era un argomento “tabù” per così dire tra di noi, eppure ogni tanto tirava fuori il discorso.
<<Lo so. Ma vedrai che ti piacerà.>> concluse.
Lasciai cadere il discorso non replicando perché ormai eravamo arrivati a destinazione.
Entrammo al centro giovani, un posto costruito qualche anno fa appositamente per i giovani: conteneva infatti due salette per giocare, delle stanzette per riunirsi e anche dove di tanto in tanto si svolgeva il catechismo e infine, una sala prove.
Andammo fino in fondo al corridoio e bussammo per poi entrare senza aspettare la risposta.
Era la prima volta che vi entravo dentro e costatai che era piuttosto piccola.
Vidi tre ragazzi intenti a sistemare i propri strumenti, mentre un altro faceva dei vocalizzi.
Giada andò subito dal suo ragazzo, salutando con un bacio. Lui posò la chitarra a terra e ricambiò il bacio e la attirò a se. Indossava una maglietta viola e un paio di jeans a tre quarti blu, i capelli con la cresta castani.
Il ragazzo che era alla batteria si avvicinò a me e allungando la mano, si presentò.
<<Io sono Dani.>>
<<Valentina, piacere.>> risposi stringendoli la mano.
Era alto, con i capelli un po’ lunghi e castano chiaro. Fui colpita dalle sue labbra carnose e notai che teneva un paio di bacchette per la batteria nella cintura dei jeans.
Poi fu il turno di Ste, il bassista, e Pedro, il cantante. Il primo portava i capelli corti, gli occhi castani piccoli ma vispi e sfoggiava un sorriso sicuro di sé. Pedro, invece aveva i capelli ricci e fui estremamente colpita dalla tenerezza che il suo sguardo e sorriso emanavano.
Infine, salutai Ka, il cui era curioso di conoscermi dal momento che –a suo dire- Giada parlava molto di me.
<<Adesso che abbiamo fatto le presentazioni, possiamo incominciare a suonare?>> propose Dani.
<< Sì, è meglio. Che canzone proviamo?>> aggiunse il bassista, Ste.
<<Meglio che ci concentriamo su “sole di settembre”>> rispose Pedro.
<<Va bene.>>
Io e la mia amica ci sedemmo in silenzio su due sedie.
Il batterista incominciò a dare il tempo, a cui si unirono successivamente il chitarrista e il bassista e infine il cantante.
<<Un'altra notte di illusioni
gente immersa nell'ipocrisia
manca ossigeno nell'aria
senza te.>>
Mi concentrai soprattutto sul cantante, avendo una passione sfrenata per il canto.
Non mi trasmetteva particolari emozioni, forse per il contenuto della canzone. Mi sembrava uno dei soliti testi che si scrivono durante l’adolescenza.
Fra qualche anno, magari rileggendo ci avrebbero riso, portando con un sé una scia di ricordi.
Tuttavia, rimasi colpita dalla voce del cantante. Era particolare. E anche i ragazzi con i loro strumenti, sembravano sapere il fatto proprio.
L’unico problema era, appunto, la banalità del testo.
<<Non posso restare senza di te
un raggio di luce
tu sei per me.>>
<<Allora, ragazze, cosa ve ne pare?>> domandò Ste, posando il basso e venendo verso di noi, seguito dagli altri.
<<E’ b e l l i s s i m a!>> esclamò la mia amica saltando in piedi.
<<E tu invece cosa ne pensi?>> mi chiese Pedro.
<<Ehm..>>
Non volevo proprio dirgli che la canzone non mi era piaciuto, dopotutto non si pavoneggiavano ed erano semplici come persone, qualità che non tutti possedevano.
Lui lesse la mia espressione e ne rimase deluso.
<<Non ti è piaciuta, vero?>>
<<Eh.. No, non molto. Cantate qualcosa in inglese?>>
<<Sì, stiamo scrivendo qualcosa. Vuoi sentirne una?>>
<<Sì dai.>>
<<Ragazzi, che ne dite, proviamo “grief”?>>
Si misero a parlottare tra di loro e poi iniziarono a suonare. L’intro mi piaceva già un casino.
Questa canzone mi piaceva già di più. Incominciai a battere il tempo con il piede e vedi che Pedro se ne accorse perché a fine canzone si mise a sorridere.
Ste fece un nuovo tentativo.
<<Questa cosa te ne pare?>>
<<Molto meglio.>>
Giada invece era ormai persa per loro. Sorrisi a quel pensiero.
<<Ragazzi, io ho fame. E’ dal mattino che proviamo. Andiamo a mangiare?>> si lamentò Ka.
<<Sì dai, anche io sono piuttosto affamato.>> disse Dani.
<<Ragazze venite anche voi?>>
Io lanciai un’occhiata a Giada, che teneva un braccio attorno alla vita di Ka, mentre lui le diede un bacio sulla fronte.
Riflettei un momento. Massì dai. Tanto non avevo nulla da perdere.
<<Per me va bene.>> risposi
<<Ovviamente anche a me.>> concluse Giada, guardandomi sorridendo e facendomi l’occhiolino.
Conoscendola si stava già facendo dei strani pensieri. Le ricambiai il sorriso ma lanciandole un’occhiataccia.
I ragazzi sistemarono la chitarra e il basso negli appositi contenitori e se li misero in spalle, poi uscimmo e trovammo un altro gruppo che voleva provare. Li salutammo, erano tre ragazzi e una ragazza, i quali conoscevo di vista.
Di fronte al centro giovani vi era il McDonald, ma nessuno di noi aveva intenzione di mangiare cose del genere, così lo superammo e andammo in pizzeria.
Era una delle tante pizzerie del paese: era molto grande e aveva dei tavolini divisi da dei separé. Una cameriera ci venne incontro quando ci vide entrare. Era slanciata e magra, con i capelli raccolti in una lunga treccia nera.
<<Buongiorno ragazzi. In quanti siete?>> ci domandò gentile.
Ka si girò a contarci e poi rispose alla cameriera.
<<Siamo in sei.>>
<<Benissimo.>>
Ci guidò in fondo alla stanza, dove unì due tavoli e ci porse i menù. Io mi sedetti vicino a Giada e di fianco a lei Ka. Davanti a me invece vi era Pedro, e poi Ste e Dani.
Iniziai a guardare il menù insieme alla mia amica, per poi alzare la testa e porre una domanda ai ragazzi.
<<Ma voi siete famosi? Nel senso: se entrano un paio di ragazzine vi riconoscono e si mettono ad urlare impazzite?>>
I ragazzi si lanciarono delle occhiate e poi si misero a ridere. Anche Giada sorrideva.
Oh beh, di sicuro non era colpa mia se della musica italiana non mi interessava granché. Volevo solo essere sicura di non essere interrotti ogni cinque minuti da delle fan urlanti con gli ormoni impazziti.
<<Abbiamo appena registrato la versione italiana di “Make up your own mind”, “Tutto è possibile”. Abbiamo qualche fan, ma non siamo ancora così popolari.>> mi rispose Dani.
<<Fra poco dovrebbe iniziare a circolare per la radio. E intanto stiamo preparando il disco. I pezzi che hai sentito prima.. Non divulgarli in giro eh!>>
<<Comunque sì, puoi mangiare tranquilla, non preoccuparti!>> concluse Ka ridendo. <<Anche a noi non piace essere disturbati mentre mangiamo.>> aggiunse poi.
Fummo interrotti dalla cameriera che prese le ordinazioni. Alla fine, prendemmo tutti una pizza e come bibite, acqua. Secondo Ka, infatti, non era ancora ora per ubriacarsi.
Non riuscivo a definire bene Ka: era un tipo divertente e alla mano, ma anche serio e perfezionista, esigeva sempre il meglio.
Finito di mangiare, i ragazzi dissero di avere degli impegni e quindi di non poter deliziarci con la loro presenza, così ci salutammo.
<<Venite a trovarci quando volete, siete le benvenute.>> esclamò Pedro.
Li ringraziai da parte mia e di Giada, perché sembrava non volersi staccare da Ka.
Non sapevo se sarei andata a vederli ancora, ma non vedevo il motivo di essere scortesi.
Poi, anche Ka e Giada si separano. Mi sorpresi a guardarli. Giada sembra veramente felice con lei e lui era molto dolce con lei. Una fitta di gelosia mi colpì per poi svanire quasi subito: e se lui prendesse il mio posto anche come amico?
Poco dopo che i Finley –così Giada ha detto si chiamano- furono andati via, decidemmo di tornare a casa anche noi.
Era pomeriggio presto e di conseguenza faceva abbastanza caldo.
<<Mamma mia che caldo!>> esclamai.
<<Si veramente! Ma allora, come ti sono parsi i ragazzi?>>
<<Insomma. Il testo in italiano era abbastanza banale, in inglese mi sono sembrati già meglio.>>
<<Ho capito. Si vedeva invece che io ero impazzita?>> chiese scoppiando a ridere.
La sua allegria mi contagiò e anche io mi misi a ridere di gusto.
<<Sì. Sei proprio persa di loro! E di Ka.>>
<<Eh, mi sa che hai proprio ragione!>>
Vidi che le brillavano gli occhi. Era veramente felice ed io ero sinceramente contenta per lei. Mi sentivo bene anche io. Giada aveva una personalità radiante e contagiava chiunque avesse attorno. Sembrava sempre che nulla potesse turbarla, anche se io sapevo che era solo una facciata. Ma in quel momento sentivo il suo vero stato d’animo.
<<E di Pedro cosa mi dici?>> mi chiese sorridendo.
<<Pedro?>>
<<Sì, Pedro. Daai, dimmi che non ti sembra un ragazzo d’oro!>>
<<Mah, a me sembra un ragazzo come tanti altri.>>
<<Seeeh, va bene. Vedremo.>> disse la mia amica lasciando cadere il discorso, anche se ero consapevole che il discorso non era finito lì.
Nel frattempo eravamo arrivate davanti a casa mia.
<<Vuoi entrare un momento?>>
<<Scusa, sarà per un’altra volta. Devo tornare a casa anche io e poi, devo andare dal dentista.>>
<<Ah va bene, sarà per la prossima volta. Divertiti dal dentista!>>
<<Ahaha si certo come no.>> fece una smorfia. <<Ci sentiamo più tardi!>>
<<Certo!>>
Aspettai che si fosse voltata e avviata verso la sua strada e poi entrai in casa.
Dentro, regnava il silenzio. Mia madre era uscita per il lavoro: tre volte alla settimana andava a lavorare in lavanderia in casa di cura. La paga nonostante tutto non era proprio male e comunque, bastava per mantenerci.
Andai nel retro e tastai i vestiti appesi al filo del bucato: erano asciutti. Li presi e li misi nella bacinella bianca che era già fuori, per poi portarla dentro. Incominciai a stirare qualcosa e poi a piegarla. Non erano molte, così me la cavai in una mezz’oretta e poi salii in camera.
Era abbastanza grande: conteneva un letto a una piazza e mezza, un armadio e una scrivania. Un tempo, al posto della scrivania vi era una libreria che traboccava di libri e che ora avevamo spostato in salotto. Le pareti della mia camera erano giallo chiaro ed io le consideravo molto rilassanti. Nelle ante degli armadi avevo appeso dei poster dei miei idoli e qualche foto della mia infanzia.
Mi lasciai sprofondare sulla sedia della scrivania e decisi di accendere il computer. Mentre aspettavo che si accendesse, svuotai lo zaino di scuola e portai giù i libri di scuola, archiviando almeno per quella estate i libri di scuola.
Accesi le casse del computer e misi un po’ di musica, optai per i Coldplay. Poi decisi di entrare su msn.
Appena entrata, fui contattata da una persona.
<<I've just seen a face I can't forget the time or place where we just meet, she's just a girl for me!>>
Era Marco. Ci eravamo conosciuti in rete per caso nel forum della mia band preferita. Ormai ci conoscevamo da qualche mese e sebbene lui abitasse in provincia di Milano, non c’era stata ancora occasione per incontrarci.
Con il tempo, lui era diventato per me una specie di confidente e amico. Era il mio consigliere ed io lo ero per lui. Mi era sempre stato semplice confidarmi con degli estranei, probabilmente perché potevo mostrare le parti migliori di me senza barriere: loro si fidano di quello che racconti e ti giudicano in base a quello. Così, ormai io e lui ci scambiavamo sempre i nostri pensieri.
Sorrisi a quel messaggio e ne capì il significato sottointeso.
<<Ehi, ciao anche a te. Sei cotto di una fanciulla eh?>>
La risposta non tardò ad arrivare.
<<Sì. Che cosa incredibile. Cioè, fino ad oggi non avevo mai creduto all’amore a prima vista, ma ti giuro oggi è successo. L’ho vista e.. non so cosa mi abbia colpito di lei per primo, se il suo atteggiamento, la sua voce, il suo viso, i suoi capelli, le sue labbra o le sue mani. Ma ho capito che dovevo conoscerla a tutti i costi.>>
<<Sei riuscita ad avvicinarla?>> scrissi velocemente.
<<Sì. Penso che la rivedrò spesso, o almeno spero. Conosco anche una sua amica, quindi penso proprio di sì.>>
<<Benissimo! Si è accorta del tuo interessamento?>>
<<No. Era.. era un po’ strana. Sembrava un po’ diffidente nei confronti di me e dei miei amici, ma poi si è sciolta un po’.>>
<<Beh, comunque le ragazze le capiscono queste cose prima o poi! Non tirarti indietro eh! Ti meriti qualcuno di speciale.>>
<<No, non voglio lasciarmela scappare.>>
<<Ahaha, bravo così si fa.>>
Poco dopo lo salutai e spensi il pc.
Mi sdrai sul letto a pancia in su. Chiusi gli occhi e mi lascai abbandonare al suono della musica.
Nei primi tempi pensavo di essermi presa una specie di cotta per lui. Insomma, sembrava il tipo di ragazzo giusto per una ragazza dai buoni valori. Io non volevo un ragazzo per principio, o perlomeno non da quando era successo tutto cinque anni fa.
Ma non potevo fare a meno di sentire una specie di attrazione verso di lui. Poi con il tempo capii che la mia era solo una fortissima amicizia verso di lui. Ero sicura, anzi sicurissima, che lui non fosse diverso da come si presentava nella rete, ma comunque vi era sempre uno schermo tra e me e lui. E per il momento andava bene anche così, anche se prima o poi avrei voluto incontrarlo.
Ora, ero contenta che lui si fosse invaghito di una ragazza.
Così potevo vedere quanto funzionavo i miei consigli, per una futura carriera come psicologa. Mi misi a ridere al pensiero.
Quel mattino mi svegliai presto, anche se avrei potuto dormire di più. Uscii di casa di buon umore e prima di andare a fare la spesa, decisi di andare a fare colazione al bar. Era diventata un’abitudine per me e Giada andare a fare colazione insieme, soprattutto di domenica o quando a scuola entravamo un’ora più tardi ed ormai anche i proprietari ci conoscevano, a tal punto che, solitamente durante le festività, ci offrivano sempre qualche pasticcino fatto in casa.
Lo spazio dentro era ristretto, ma a mio parere, accogliente. Mi sedetti al nostro solito tavolino, in fondo a destra. Non guardai nemmeno il menù che offriva varie tipologie di the, caffè e cioccolate calde, oltre ad una numerosa quantità di bevande fredde e dolci di vario genere.
Poco dopo arrivò una delle cameriere, Laura, una donna sulla quarantina, sportiva e molto socievole, sempre sorridente, non l’avevo mai vista con un’espressione triste.
<<Ciao Vale! Il solito cappuccino?>> mi domandò senza sfoderare il blocchetto delle ordinazioni.
<<Sì certo.>> risposi contagiata dalla sua allegria.
<<Oggi sei da sola eh?>>
<<Eh sì, oggi sì.>>
Si fermò qualche minuto a parlare del caldo imminente e poi si allontanò a portare l’ordinazione al bancone. Poco dopo sorseggiai il mio cappuccino accompagnato da un cioccolatino ed un biscotto.
Ad un certo punto si avvicinò timidamente al mio tavolo una ragazzina.
<<Ciao..>> mi salutò lei timidamente.
Ricambiai il saluto, guardandola con curiosità.
<<Senti..>> fece una pausa <Ma tu per caso, conosci i Finley?>>
Avevo conosciuto ieri per la prima volta i ragazzi, non ero proprio una loro fan e già mi chiedevano se li conoscevo. Mi veniva da scoppiare a ridere, ma in qualche modo, mi trattenni.
<<I Finley? No, mi dispiace, non so chi siano.>> risposi cercando di mantenere un tono tranquillo, ma lei, udendo la mia risposta, cambiò immediatamente atteggiamento.
<<Ma io ieri ti ho visto entrare in ristorante con loro!>>
Oddio, questa mi ha visto. Ma allora non poteva venire direttamente in ristorante e chiedere l'autogafo a loro invece di venire da me? Sospirai.
<<Sì, ma vedi..>> cercai di prendere tempo e in quel momento lanciai un’occhiata all’entrata. Vidi entrare un signore anziano e poi un ragazzo dai capelli scuri e ricci.
Lui voltò la testa della mia parte e mi salutò con un cenno della mano, mentre io rimasi come pietrificata. Arrivò alle spalle della ragazza e mi mise un braccio attorno alle spalle per salutarmi, mentre io ricambiavo il saluto allegramente, facendo finta di niente.
Ora fu il turno della ragazza ad essere pietrificata, solo che si riprese immediatamente.
<<Pedro, mi fai un autografo?>> gli chiese iniziando a frugare nella borsa e tirando fuori un quadernetto ed una penna che tese al cantante. Lui gentilmente firmò e poi porse tutto alla ragazza.
<<Oddio, ho il tuo autografo!>> esclamò quasi avesse trovato una miniera d’oro <<Possiamo fare anche una foto insieme?>>
<<Certo.>>
Osservai il ragazzo e notai che sorrideva, forse non era un problema per lui essere interrotto nella propria quotidianità.
La ragazza, lanciandomi un’occhiataccia, mi porse il suo cellulare per scattare la foto.
Alla fine, se ne andò borbottando qualcosa di simile a “le mie amiche mi invidieranno da morire.”
Fortunatamente non c’erano altre ragazze in giro e Pedro poté ordinare un caffè.
Avevo visto più volte a Milano artisti che ignoravano completamente i fan che chiedevano solamente di scambiare due parole con loro o un autografo.
<<Sei gentile con le fan.>> osservai dopo che Laura portò l’ordinazione. A loro svantaggio bisognava dire che erano appena all’inizio della loro avventura.
<<Mi piace avere un buon rapporto con loro, anche se e questa non sembrava molto una fan.>> rispose con una smorfia. Io ripensai all’occhiata che mi aveva lanciato la ragazza.
<<Probabilmente se avesse potuto, mi avrebbe uccisa.>> dissi ridendo.
Lui mise due cucchiaini di zucchero e incominciò a mescolarlo, per poi sorseggiare il caffè.
<<Come mai era qua da te?>>
<<Mah niente, diceva di avermi visto entrare in ristorante con voi. Io ho smentito e ho fatto finta di niente, ma poi sei sbucato tu dal nulla!>>
Pedro mi osservò e ancora una volta fui colpita dalla calma e dalla gentilezza che emanava, era quasi contagiosa.
<<Sì beh di solito vengo qua con i ragazzi, ma tra uno che è un dormiglione, l’altro che non poteva e l’altro ancora è fuori con la ragazza.. Quindi eccomi qua!>>
Prese uno dei foglietti di carta presenti sopra la tavola e vi scarabocchiò qualcosa sopra. Poi me lo porse e vidi che sopra vi era scritto un numero di cellulare. Ero stupita da quel gesto e lo guardai con uno sguardo interrogativo: cosa si aspettava da me?
<<E’ il mio numero di telefono. Chiamami quando vuoi. Se ti chiedo il tuo, ti stremerei l’anima!>> mi spiegò.
<<Ma potrei non chiamarti mai!>>
<<Lo so.>>
Strappai un pezzetto dal foglietto che mi aveva posto e anche io vi scrissi qualcosa e glielo misi davanti.
<<Beh tieni almeno il mio indirizzo e-mail, almeno così siamo pari!>>
Notai che cambiò espressione quando prese il foglietto e lo lesse, sembrava sorpresa. Beh d'altronde lo ero anche io.
<<Va bene>> disse alzandosi. <<Allora, ci si sente!>> e scomparve tra la folla.
Una volta tornata a casa, mia madre era già andata al lavoro. Misi le borse della spesa sopra il tavolo e andai in camera a sostituire i miei vestiti con una comodo e confortante tenuta da casa composta da una canottiera a spalle larghe rosse e il numero nove disegnato e un paio di pantaloncini bianchi. Presi dalla borsa il cellulare e, con esso, anche il foglietto che mi aveva dato Pedro. Osservai la scritta scarabocchiata in fretta con una penna nera, ma comunque in ordine e senza sbavature. Sospirando e maledicendo la mia curiosità, salvai il numero nel mio cellulare e decisi di scrivigliene uno. Non potevo resistere alle tentazione dello strano gioco che mi stava proponendo Pedro.
<<Certo che sei strano forte, tu.>>
Rimasi qualche secondo ad osservare il display del mio Motorola: ero curiosa di vedere come avrebbe replicato. Tornai un’ altra volta in cucina e, una volta sistemata la spesa, decisi di preparare il pranzo con una classica e abbondante pasta al ragù. D’estate infatti, con l’avanzare del caldo, preferivo diminuire la quantità dei pasti, mangiando un unico e abbondante pasto sia a pranzo che a cena, evitando così ad esempio, di mangiare sia un primo che un secondo ad entrambi i pasti. Ovviamente non potevano mancare alla fine molta frutta o il gelato.
Preparai l’acqua in un pentolino ed incominciai ad apparecchiare la tavola. Poco dopo, sentii vibrare il cellulare che avevo lasciato sopra uno dei banconi.
“Nuovo messaggio”.
<<Sì, me lo dico in tanti.. devo iniziare a preoccuparmi? Ma lo prendo come un complimento eh!>>
Ovviamente era la risposta a quello che avevo inviato qualche minuto fa. Non feci in tempo a posarlo che subito ne arrivò un altro.
<<Vorresti sentire altre nostre canzoni?>>
<<Ci stai provando?>>
<<No, te l’avevo detto che sarebbe stato meglio se non avessi avuto il tuo numero. No, voglio solo farti sentire altre canzoni, sai visto che non ti piacciono.. un consiglio esterno è sempre ben accettato!>>
Mi rilassai un pochino, sentendo in sottofondo il borbottio dell’acqua che incominciava a bollire.
<<Ah, allora mi stai usando!>>
<<Dai, sai che non è vero.>>
No, in verità non sapevo niente, non capivo questo suo interesse nei miei confronti.
Ero sempre stata abituata ad avere due o tre amiche e ovviamente il mio punto di rifermento era Giada. Senza di lei ero praticamente persa. Lei era l’unica vera amica che conoscevo dai tempi dell’asilo e sapevo che il nostro legame era legato da un filo indivisibile. Lo sapevo e basta. A scuola avevo qualche compagna con cui chiacchierare durante le lezioni o a cui passare i compiti di tedesco. Certo, i ragazzi non mancavano, ma non avevo mai dato molta importanza all’amore. Per me era una questione totalmente fisica, di attrazione: non capivo che senso avesse innamorarsi completamente di una persona, a tal punto di accettarne anche i difetti e tutte le sue conseguenze. Non capivo l’importanza dell’amore per le persone.
Mio padre abbandonò mia madre durante l’ultimo mese di gravidanza. Le ha distrutto il cuore e l’ha lasciata sola, sola con un figlio in grembo. Sola in ospedale, con la madre che le teneva la mano, solo con le amiche che le venivano a fare visita a turno, sola con i genitori che l’hanno portata a casa, sola con una figlia da crescere.
Qualche sera usciva con le amiche o con i colleghi del lavoro, ma sapevo che non aveva una relazione fissa. Sapevo che frequentava qualche uomo, e ogni tanto avevo avuto anche l’occasione di intravederli, ma non duravano più di qualche giorno o settimane. Non biasimavo il suo comportamento, anzi lo capivo.
Fra di noi potevo dire che c’era un normale rapporto madre-figlia, né troppo competitivo ma neppure troppo amichevole. Fortunatamente mi lasciava abbastanza i miei spazi ed io ero quindi ben contenta di aiutarla nelle faccende domestiche o quando ne aveva bisogno.
L’acqua ormai bolliva da un pezzo e, dopo aver scelto e pesato la posta a forma di pennette, la versi nell’acqua.
<<Si hai ragione.^^>>
<< (: in sala registrazione alle 16.00, può andare?>>
<<mmm si, direi di si!>>
<<a dopo allora!>>
Quel giorno mangiai in silenzio, cullata solo dal suono degli uccellini che cinguettavano volando tra un albero e l’altro e le voci dei bambini che correvano spensierati giocando con il pallone, incuranti del caldo che soffocava la città.
Passai il tempo rimanente chattando con Marco che, a quanto pareva, aveva fatto dei progressi con la sua girl, leggendo un ottimo thriller in cui l’assassino era un abile trasformista e parlando circa un oretta e mezza al telefono con Giada. Era nostra abitudine sentirci al telefono, soprattutto quando non potevamo vederci per qualche giorno o avevamo qualcosa d’urgente da raccontarci. Io le parlai ovviamente di Pedro e, indirettamente, la invitai con Ka all’incontro di questo pomeriggio, ma lei declinò sostenendo che avevano già altri programmi e che potevo fidarmi tranquillamente di Pedro. Poi, partì entusiasta in una descrizione accurata di ciò che aveva fatto quella mattina e di quello che avrebbe fatto tra poco.
Venti minuti prima dell’ora stabilita, la salutai e decisa aprii l’armadio ed indossai il mio paio di leggins preferiti: a tre quarti blu scuro e una maglietta a maniche corte bianca e lunga con delle scritte color oro. Raccolsi i capelli in una coda di cavallo con un elastico rigorosamente blu ed indossai le mie ballerine bianche ed azzurre.
Ok, non si capiva decisamente che mi piaceva il colore blu.
Uscii a piedi e raggiunsi la saletta prova in dieci minuti e, in quel momento, arrivò anche Pedro. Mi tolsi le cuffiette dell’mp3 e lo misi accuratamente in borsa, poi salutai Pedro che subito ricambiò.
<<Entriamo?>> chiesi. Lui entrò per primo facendomi strada, per giungere infine nella saletta del giorno prima.
<<Seriamente vuoi ascoltare le nostre canzoni?>>
<<Certo! Altrimenti non sarei qui.>>
Lui sorrise e fece quindi partire le registrazioni. Iniziò una dura selezione.
Scegli me.
<<Troppo romantica!>>
Sirene.
<<Mm.. questa spacca!>>
Voglio.
<<Scontata!>>
Tutto è possibile.
<<Mm.. ambigua. Ci devo pensare.>>
Avevamo passato un po’ di tempo ad ascoltare le canzoni e a commentarle, guardando Pedro che sorrideva o che storceva il naso sentendo le mie opinioni ed io, per paura di essere troppo dura, ribadivo che era solo un mio parere e che ad altri sicuramente potevano piacere.
Il mondo che non c’è.
<<Fantastica!>>
Diventerei una star.
<<Non mi convince!>>
<<Secondo me “tutto è possibile” farà scalpore.>>
<<In che senso?>> chiese Pedro inarcando un sopracciglio e sporgendosi verso di me.
<<Beh, perché tutto non è possibile.>> risposi semplicemente.
<<Dipende da che prospettiva la guardi. Fammi degli esempi.>>
<<Metti che volessi aprire un negozio o un bar. Posso lavorare quanto voglio ma non è detto che posso raggiungere la quota di soldi e tutte le condizioni necessarie per aprire un negozio. Oppure: mi innamoro di una persona che abita dall’altra parte dell’oceano, mettiamo anche famosa. Non semplice cottarella eh. Cosa faccio? Certe cose sono destinate ad essere solo dei sogni.>>
<<Secondo me no. Bisogna lottare per qualsiasi sogno cui teniamo realmente. Ad esempio, nel primo caso, se uno ci tiene realmente potrebbe chiedere un prestito, farsi aiutare dai parenti/amici.. ci sono tante soluzioni.>>
<<E nel secondo caso?>>
<<Eh, dovrei pensarci un attimo.>> rispose pensieroso.
<<Mah, la vediamo in maniera differente. Allora, siete preparati per il successo?>> dissi buttandola sul ridere ed appoggiando la schiena allo schienale della sedia.
<<Ahahah, si certo. Ma tanto il nostro scopo è fare musica, mica di diventare famosi!>>
<<Sì certo, ma è una conseguenza molto probabile.>>
<<Già, ma non sempre essere famosi ed avere un numeroso seguito è una buona cosa. Spesso la massa segue le tendenze, le mode, i scopi personali..>>
<<Beh, anche questo è vero..>> mormorai lasciando cadere il discorso.
Che strano parlare con una persona la quale si ha appena sentito cantare! Dal mio punto di vista, attraverso la voce di una canzone si potevano trasmettere moltissime emozioni e sentimenti. E la sensazione che provavo adesso era strana, non sapevo definirla.
Rimanemmo qualche minuto immersi nei proprio pensieri.
<<Beh che dici, abbiamo passato il turno?>>
<<Mm.. non sono ancora convinta del tutto!>> dissi scoppiando a ridere.
<<Senti.. ora vado.>> iniziai a dire prima che lui potesse proporre qualcosa. <<Ho promesso a mia madre che l’avrei aiutata in casa.>>
<<Ah.. ok. Beh, io rimando ancora un po’ qui. Sai, devo finire di sistemare alcune cose.>>
Mi alzai dalla sedia e mi diressi dalla porta, la mano ferma sopra la maniglia.
<<E’ stato divertente, si.>> dissi spontaneamente, senza accorgermene.
<<Sì.>> concordò Pedro raggiungendomi dalla porta. Aprii la porta ma ancora esitavo ad uscire. Non capivo cosa mi bloccava.
<<Ciao, allora.>>
<<Ciao.>>
Ste e Dani si trovavano nel salotto di quest’ultimo, seduti sul divano ed entrambi con una birra in mano.
<<Scusa, puoi ripetermi perché siamo solo noi due?>> domandò Stefano all’amico.
<<Ka è con Giada.>>
<<Sì, questo lo so. Pedro?>>
<<Pedro deve vedersi con Valentina.>>
<<Ah.>>
Attimi di silenzio incombono sul salotto di casa Calvio.
<<Hai paura per la band? Abbiamo appena iniziato a farci conoscere e loro saltano già le prove.>>
<<Mah, no vedrai che è solo un momento di passaggio, all’inizio è sempre così.>>
<<Dici?>>
<<Dico.>>
<<Hai ragione. Usciamo anche noi?>> propose Ste balzando in piedi, spinto da una nuova allegria.
<<Sì, andiamo.>> concordò l’amico lanciando la lattina vuota e centrando il cestino.
Uscii e chiusi la porta alle mie spalle. Avanzai velocemente per il corridoio e trafficai con la borsa per prendere il mio lettore musicale. La musica avrebbe sicuramente allontanato i pensieri su quel pomeriggio appena trascorso. Ero a metà della strada quando mi sentii chiamare da una voce alle mie spalle. Mi voltai e vidi Ste, il bassista dei Finley e il batterista.. di cui al momento mi sfuggiva il nome. Possibile che adesso me li ritrovavo dappertutto? La prossima volta che sarei andata al supermercato ero capace di trovarli tutti e quattro a fare la spesa. Scossi lievemente la testa e poi sfoderai uno dei miei sorrisi.
<<Ehi ciao Stefano! E.. ehm, Danilo, giusto?>>
<<Sì, ma chiamaci con i nostri soprannomi, con i nostri nomi completi ormai non ci riconosciamo più!>> mi rispose Dani.
Cercando di scusarmi, aggiunsi: <<Ah ok. Scusate, ma io e i nomi proprio non andiamo d’accordo. Che figura. Menomale che alla fine i nomi li ho azzeccati. Spostai lo sguardo verso il bassista che continuava a guardarmi. Beh, e questo che vuole? Gli lanciai un occhiata di sfida.
<<Beh>> incominciai a dire, tenendo lo sguardo fisso su Ste. <<Avete qualcosa da dirmi? Altrimenti avrei una certa urgenza di tornare a casa..>>
<<Nono, volevamo solo salutarti. Anzi, vuoi che ti accompagniamo?>> rispose sempre Danilo.
MI trattenni per non scoppiare a ridere.
<<Vi ringrazio, ma conosco la strada. Ciao ragazzi>>
Mi voltai e dopo aver fatto qualche passo sentii Ste fare una piccola imitazione della mia ultima frase, mentre il suo amico gli intimava di smettere. Io sorrisi sentendo quella scenetta.
Ma in che gente mi ero imbattuta? Uno che pensava di ottenere tutto con uno sguardo, uno il buon samaritano, l’altro più misterioso delle piramidi d’Egitto.. all’ appello mancava solo Carmine, il moroso di Giada, che (per fortuna?) non avevo ancora conosciuto nel dettaglio.
Ma con che gente usciva la mia amica? Dovevo proprio dirle quattro parole.
I giorni seguenti furono piuttosto divertenti: ogni pomeriggio uscivo con Giada verso sempre una direzione diversa: al mare, ad un concerto, un giro per il centro per approfittare dei saldi oppure andare a sentire le prove dei Finley. Dovevo ammettere che mi stavo affezionando a tutti e quattro, nonostante non apprezzassi ancora del tutto la loro musica. Avevo fatto dei passi da gigante però: mi avevano dato una copia del loro CD e ogni tanto ascoltavo alcune tracce, come Sirene che era diventa la mia canzone preferita e l’avevo addirittura inserita nel mio mp3.
Quella sera dovevo andare a casa di Pedro. Se pensavo a come ero caduta nel suo trabocchetto mi veniva ancora da maledire la mia ingenuità.
Due giorni fa, io e Giada eravamo fuori in compagnia dei ragazzi. Giada, Ka e Ste erano usciti a fumare, mentre Pedro si stava vantando con Dani della propria collezione di dischi in vinile alla quale aveva aggiunto da poco un nuovo pezzo.
<<Non ci crede nessuno che possiedi i primi cinque album dei Beatles in vinile!>> intervenni decisa.
<<Ah no? Scommettiamo?>> disse Pedro senza smettere di sorridere.
<<Scommettiamo!>>
<<Venerdì sera sei libera?>>
<<Sì, ma perché me lo..>>
<<Benissimo! Vieni a casa mia che te li mostro.>>
<<Va bene!>> accettai con aria di sfida.
Ora, a meno di dure ore dal nostro incontro, ero tormentata da più quesiti. Quello di sta sera era un appuntamento? E se lo era, è stato un invito casuale – per amor dei gruppi che hanno fatto la storia della musica – o esisteva dell’altro? Ed il classico e banale quesito: come dovevo vestirmi?
Decisi di placare un po’ l’ansia inserendo l’ultimo cd di Kelly Clarkson nello stereo ed entrando in msn. Dopo circa una decina di minuti si collegò anche Marco. Lo contattai subito: avevo bisogno del suo parere. Gli raccontai la situazione.
<<Allora Marco, cosa mi consigli?>>
<<Beh.. conoscendo noi maschietti, una situazione così potrebbe evolversi in qualcosa altro.. però se il tipo ti piace non tirarti indietro!>>
<<Non ho detto che mi piace! >>
<<Facevo solo supposizioni! >>
<<Sì, va bene. Grazie. Tu invece cosa hai combinato in questi giorni? >>
Continuammo a parlare degli ultimi progressi di Marco con la sua nuova fiamma e quando ormai si fece tardi lo salutai. Alla fine decisi di vestirmi e truccarmi come per una semplice serata fuori di casa: pantaloni neri fino al ginocchio e una maglia lunga grigia con delle balze e scollo a u. Matita nera intorno agli occhi e ciondolo a forma di sole intorno al collo ed ero pronta per uscire. Spensi il computer e lo stero e mi precipitai fuori. Pedro mi aveva dato le indicazioni per arrivare a csa sua ed avevamo scoperto che le nostre case non distavano molto l’una con l’altra. Durante il tragitto avevo come compagna la musica, perciò non riflettei molto su ciò che Marco mi aveva detto.
Arrivo a casa di Pedro in pochi minuti: ricordo che la prima volta che la vidi rimasi colpita dai grandi archi presenti nel portico che anticipa l’entrata in casa. La casa appariva molto grande ed era circondata da un giardino con siepe. Suonai il campanello e, mentre aspettavo che qualcuno venisse ad aprirmi, sistemai un ciuffo ribelle che era finito negli occhi.
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