Capitolo 10.
Dietro il vestito,quel vestito,il vestito rosso che tanto amava,trovai una lettera.
Era la sua calligrafia.
La aprì,mi sedetti sul letto e comnciai a leggere.
Mia piccola Laura.
È il 12 Luglio duemiladieci.
Ho appena ricevuto una telefonata.
Era l'ospedale. Amore mio,c'è una cosa che non sai. Che ti ho nascosto in questi anni.
E ti chiedo perdono.
Riguarda tuo padre,so dov'è.
Da quando è scappato,ho sempre avuto sue notizie. Mi scriveva sempre,ma io non ti ho mai detto nulla. Il motivo? Forse non lo so neanche io.
L'ospedale mi ha chiamato per dirmi che tuo padre,piccola mia,non c'è più.
È morto. Adesso,non so perchè ti sto scrivendo questa lettera,quando potrei benissimo entrare nella tua stanza e parlarti di questo.
Perdonami,se mai leggerai queste parole.
Non era mia intenzione mentirti tutti questi anni.
Lui,ha sempre chiesto di te,sempre. Ed io,non ho mai smesso di amarlo,nonostante,prima del divorzio mi abbia tradito milioni di volte.
È anche per quetso che ho deciso di rompere con Massimo,non lo amo.
Le uniche persone che io abbia mai amato sono tuo padre e te.
Tuo padre,perchè nonostante tutto,mi ha dato te.
Luce dei miei occhi,non aggiungo più nulla. Sei troppo speciale per affliggerti con i miei problemi.
Ho deciso,però di scriverti queste parole perchè pensavo a come potrebbe essere la tua vita,dopo la mia morte.
Non ti affliggo più amore mio.
Divertiti,vivi.
Fa' più esperienze che puoi,ti meriti il meglio da questa vita.
Il meglio,la gioia,tutto questo sono per te.
Tua madre,Elisabetta.
Non riuscivo a controllare le lacrime.
Ero sola,come mai lo ero stata nella mia vita.
Ammetto,che,tornando a casa,avevo pensato di cercare Aldo,mio padre.
Il destino,me lo aveva fatto trovare.
Dopo oggi,dovevo andare a parlargli.
Lo avevo trovato,anche se involontariamente.
So,che era stata lei,da lassù a farmi trovare quella lettera.
Dovevo vederlo.
Lui,non mi ha visto crescere,ma io,voglio vederlo,anche se solo in una lapide.
Papà,sto arrivando.
Fatti bello,che mi manchi un sacco.
Detto questo,presi le chiavi di casa ed uscì.
Non mi preoccupai del mio aspetto,come sempre.
Anche se,questo incontro,questo confronto,lo aspettavo da anni.
Era arrivato.
Ed ora sola,sola più che mai.
Premessa: vi chiedo scusa per questi capitoli tristi. Ma quando li scrissi,non era un bel periodo.
Inoltre,vorrei dedicare questo capitolo aDavide e Daniele. Originariamente questo capitolo era diverso,ispirato dalla storia di questi due fratelli,ma per rispetto loro,ho deciso di cambiarlo. Comunque,questo pensiero va a loro,perchè questo,è stato il capitolo,più difficile per me,da scrivere.
Detto questo...
Capitolo 11.
Sono le quattro di pomeriggio,di un freddissimo pomeriggio novembrino.
Qui a Milano,tutto si ferma in questi periodi.
Salgo un macchina,scrivo un messaggio. “dove sei?” lo mandai a pedro.
Non misi in moto.
Restai ferma,nel silenzio,ad aspettare.
Il silenzio uccide.
Rispose poco dopo “amore mio,sono a casa. Come stai tu?”
“che domanda inutile. Vieni al cimitero,ti aspetto all'entrata.”
“ok,arrivo.”
Sapevi che non sarebbe arrivato subito,ma io non ero da meno.
Misi in moto,ma lasciai la macchina a circa duecento metri dal cimitero.
Volevo camminare.
Lì vicino,vidi tanti fiorai.
Mi fermai da una signora.
«scusi?»
«dimmi.»
«mi farebbe un mazzo di fiori?»
«certo,per chi sono?»
«per mio padre.»
«suo padre,quanti anni ha?»
«non lo so,penso ne abbia sessanta.»
«va bene cara,ecco a te.»
mi porse un mazzo di fiori,ovviamente non li riconobbi,mi fidai del suo gusto.
«grazie,quant'è?»
«dodici.»
«ecco a lei.»
«grazie,arrivederci.»
Uscì e ricominciai a camminare.
Arrivai davanti al cimitero e,con mio stupore lo trovai lì.
Corsi ad abbracciarlo.
Le sue spalle mi strinsero forte.
Stando tra le sue braccia,avevo la sensazione che tutti i miei problemi fossero svaniti.
«è morto» dissi,picchiettanto leggermente un pugno contro il suo petto.
Sapeva solo di mia madre lui.
Non immaginava il motivo per cui l'avevo fatto venire lì.
Non disse niente,mi strinse ancora di più.
A volte,le parole sono superflue.
Tra le lacrime,mi staccai e lo presi per mano.
Non credo mi abbia mai visto così giù.
Cercando invano,tra le centinaia di lapidi,ecco,che la trovai. Aldo Stolti.
Milano 18-12-1949 Pisa 12-07-2010.
Mi fermai li davanti. In preda al panico.
Pedro resto paralizzato.
Riuscì solo ad esclamare «oh!»
pulì il vaso,tolsi i fiori secchi,misi i miei,ed in un foglietto scrissi.
“ciao papà,ho saputo solo adesso che non ci sei più.
Certo,speravo che ci saremmo rivisti in occasioni migliori.
Ti voglio bene,tua figlia Laura.”
poco dopo,ci alzammo.
Non riuscivo a stare in quel posto.
Andandocene una ragazzina mi fermò.
«scusa?»
«sì?» dissi.
«conoscevi mio padre Aldo?»
Ebbi una fitta al cuore nel sentire le parole “mio padre Aldo” pronunciate da un'altra persona. Da una ragazzina.
«era mio padre.» dissi,con un filo di voce.
Pedro,era sempre accanto a me. Sentivo la sua presenza e al momento,mi bastava solo quella.
«ah,ok. Ciao allora.»
«ciao.» Mi girai nuovamente,non volevo sapere nulla di lei. Per me era solo MIO padre,non volevo avere fratelli o sorelle.
Di sorelle,ne avevo solo due, Ila e Karo. Tutto il resto non era nulla.
Davanti al cimitero,salutai nuovamente pedro.
«amore mio,scusami se non ti calcolo,se non ci vediamo mai,ma sto passando un brutto periodo.»
«immagino come ti senti. Se hai bisogno,io ci sono,se vuoi che me ne vada,lo farò.»
«avevo bisogno di qualcuno accanto a me,per fare questo,ma adesso,se non ti spiace,vorrei riflettere un po',da sola. Di certezze ne ho poche.»
«va bene. Quando hai bisogno,sai dove trovarmi.»
«certo! Stasera passa da me. E avverti Ila,Karo e gli altri. Vi penso sempre. Sappiatelo.»
«lo sappiamo tesoro. Ti vogliamo bene,tutti.»
«io vi amo,ti amo.»
«anche io.»
e mi baciò.
Mi diressi verso la mia macchina,lì,mi sentivo al sicuro,riparata.
Capitolo 12.
Anche se tutto cambia, la mia vita cambia, una nuova alba sempre nascerà"
Sì. L'alba di un nuovo giorno.
Di un giorno migliore per tutti. Anche perché adesso mi trovo qui,seduta sulla mia macchina a pensare a tutto ciò che è successo.
E mi fermo.
Fuori piove. È già l'una di notte. Non ho voglia di tornare a casa.
Non ne sento il bisogno.
Sono stanca.
Stanca di questa vita,di questi problemi.
Stanca di tutto.
Domani sarà un altro giorno.
E se il domani fosse già qui? Se fosse già davanti a me ed io,ingenuamente,non me ne accorgessi?
Chi potrebbe aiutarmi a capire?
Chi potrebbe riportarmi alla luce della mia nuova alba?
Forse nessuno.
O forse qualcuno c'è,lo so che c'è. Ne sono sicura.
Basta solo aspettare.
Ed ecco.
Mi ritrovo ad osservare il cielo,sotto la pioggia che mi bagna.
Non so se è la pioggia o sono lacrime quelle che al momento rigano il mio viso.
Probabilmente sono entrambe le cose.
Piango di felicità o di tristezza?
La felicità è uno stato d'animo che per molti è perenne,per altri è passeggero.
La tristezza si manifesta con sbalzi di umore,in base a ciò che accade alla nostra quotidianità.
Mi siedo e penso a quando ero piccola.
Ed ecco un flashback.
E poi il vuoto.
Mi sveglio qualche ora dopo. Sono bagnata fradicia.
Ancora stordita dal sogno,non so dove mi trovo...
Mi guardo attorno,la macchina è lì. Salto su,di nuovo,apro il telefono: 7 chiamate senza risposta. Leggo,tutte sue,per non parlare dei messaggi.
Ok,stavolta l'ho combinata grossa.
Ma no,a casa non voglio andare.
"Destinazione paradiso. Paradiso città" dice una canzone.
Ed ecco,io so qual'è la mia destinazione.
Non è qui,questo posto ormai non mi appartiene più.
Non è dove credi tu.
E' un luogo in cui mai nessuno potrà trovarmi.
Un luogo fatto su misura per me.
Un luogo dove non servono coordinate né bussole.
Un luogo unico,fantastico e tutto mio.
Capitolo 13.
Il villino abbandonato,è appunto un villino.
Non so realmente chi siano i propietari,ma ricordo,che tutte le estati,mia madre mi portava lì.
Ed è stato proprio lì che conobbi per la prima volta Karo e Ila.
Avevamo sei anni circa.
Ricordo che,dove adesso c'è solo erba,una volte c'era una grande piscina.
Non credo si pagasse per entrare,ma non c'erano mai tante persone.
Dopo Karo ed Ila,con le quali,legai subito,conobbi lì, anche Pedro.
Avevamo quattordici anni.
Ricordo,che lui,pensava solo al calcio.
Ma a noi non importava,io avevo il mio Lee Ryan.
Dio quanto mi piaceva!...anche se a ripensarci...Dio quant'ero stupida!
In quel posto,ci vado sempre,è più o meno in collina,da lì,si vedono le luci della città.
E poi,non ci va mai nessuno.
Da sedicianni he lo frequento,ho sempre trovato soltanto Karo,Ila o i ragazzi.
Mai nessun altro,eppure,se fossi io,la propietaria di quel posto,non lo lascerei così,lo curerei.
Tempo fa era davvero bellissimo.
Adesso,i vandali e la natura,lo hanno distrutto,ma i ricordi legati a questo posto sono tanti.
E non ho il coraggio di allontanarmi da qui.
Non ora,specialmente.
Entrai dentro,mi piaceva un sacco lo scalpicciare del marmo rotto.
Feci un piccolo saltino ed uscì fuori,in quella che una volta era la depandance.
Non era cambiato molto da allora.
Mi mancavano quei tempi.
Mi mancavano un sacco.
Non so quanto stetti lì,ma lì,capì una cosa imporatnte.
Capì che dovevo reagire.
Non potevo stare ad affliggermi a vita,per aver scoperto che mio padre,era morto...così come mia madre.
Dovevo reagire.
E menomale che a livello burocratico,tutte le pratiche di questi giorni,le sbrigò mia zia,moglie di un notaio.
Uscì da lì.
Chiamai subito pedro.
Mi ero completamente dimenticata di avvertirlo che il nostro appuntamente sarebbe saltato.
«Amore mio! Scusami!»
Gli spiegai tutto. Gli chiesi se il mio invito era ancora valido.
Mi propose di andare da lui.
Non rifiutai.
Forse,stando lì,avrei evitato i ricordi. E mi avrebbe aiutato a stare meglio.
Arrivata lì, trovai anche Ste,Ka,Ila,Karo e Dani.
Capì che si sentivano in imbarazzo,avrebbero voluto chiedermi come stessi,ma non era l'occasione adatta,così decisi di rompere il ghiaccio.
«Allora,premesso che non dovete comportarvi così con me,perchè mi date solo fastidio.
Non sto benissimo,sapete cosa mi è successo,ma non sto neanche malissimo. Ce la sto facendo a reagire,ci vorrà tempo,ma con voi,così distanti non mi aiutate. Adesso vi prego solo di una cosa,facciate finta che questi due giorni non ci siano mai stati. Vi prego,ve ne sarei grata davvero.»
Ila e Karo mi abbracciarono. Mi sono mancate le mie amiche.
Sapevo che di lì a poco sarebbero scoppiate a piangere.
Infatti di lì a poco non tardarono le lacrime.
Seguite dalle mie e da un lunghissimo abbraccio a Ka.
Ka,sì,il mio migliore amico.
Nonostante abbia l'aria da duro,si sa,che è un tenerone.
Ed io lo so,meglio di me,forse,solo pedro lo conosce.
Restai a dormire lì. Sentivo ancora,da parte loro,tanto imbarazzo,ma col tempo sarebbe svanito e tutto sarebbe tornato normale.
Una cosa importante era che loro,questa sera,mi avevano dimostrato quanto per loro fossi importante.
E per me,era già tantissimo.
Appoggia la testa sul cuscino e crollai.
Troppe emozioni in pochi giorni.
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