Terza valanga
(1892 )
“Ed ora, la domanda più difficile..”
…
…
…
“Ma..”
“Scusate, non ho capito la domanda. Intendete quello che voglio fare da grande?”
“Da grande..” risatina generale “..ma tu sei già grande!”
Ecco. Questa è stata decisamente la parte più brutta dell’orale della maturità. La parte che mi ha aperto un po’ di più gli occhi, ma non nel modo che volevo io. Avrei preferito piuttosto che il presidente mi facesse una domanda difficilissima di economia alla quale non sapevo rispondere, ma questa proprio no. Eco è la materia che odio di più – dopo chimica anche se non la studio – e non avevo aperto il libro. Cioè, sì, l’ho aperto, l’ho guardato intensamente e l’ho richiuso. Questo è stato il mio studio di eco. E, sinceramente, piuttosto che questa domanda avrei preferito me ne facessero un’altra, io avrei risposto “Ah, mi dispiace, questo proprio non me lo ricordo” e loro avrebbero detto “Va bene, non fa niente, puoi andare”, tutti avrebbero sorriso mestamente, stretta di mano scazzata, grazie arrivederci, e io sarei uscita da quella stanza con grande leggerezza e mandando tutti in quel posto dove di solito si manda la gente sgradita.
Invece, quei simpaticoni dei professori, come a tutti gli altri maturandi d’altra parte, mi hanno fatto questa domanda amara, alla quale, ormai dopo due settimane, mi sono già abituata.
“Ciao! Come va? Allora, com’è andata la maturità?”
“Bene, grazie.”
“E dopo cosa farai?”
Bum.
La fatidica domanda di mer.da. Di mer.da nel senso che mi sento proprio una valanga di mer.da che mi piove addosso in quel momento, appena dopo che la domanda è stata fatta.
Blam. Tutta addosso. E non è una bella cosa.
La gente mi fa questa domanda sorridendo, si sistema la borsa sulla spalla, prende una posizione col corpo che indica che sta per esserci una lunga conversazione e si pone disposta ad ascoltare quello che ho da dire in modo molto aperto.
E la risposta, come la domanda, è sempre la stessa: “Non lo so ancora”.
Blam. Altra valanga.
Ed è sempre la risposta sbagliata. Sempre. Quando certe persone ti fanno questa domanda e tu rispondi che non lo sai è sempre la risposta sbagliata. Ti fissano male per una frazione di secondo, si mettono in una posizione da “Ah!”, il sorriso si spegne di colpo, per poi riapparire subito dopo. Ma il secondo sorriso è un sorriso di pena.
Poverina, non ha ancora le idee chiare.
Allora, a questo punto, mi tocca fare la falsa e mi invento delle cose strane, mi piacerebbe fare questo, oppure provare con quest’altro. Ma la verità sta sempre nella prima risposta: non lo so.
E a dirla tutta, non ho la minima voglia di pensarci.
Blam. Terza valanga.