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; Tra palco e realtà.

Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più

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Ora la mia tragedia è questa.
Dico mia, ma chi sa di quanti!
Chi vive, quando vive, non si vede: vive.. Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina. Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte.
Pochissimi lo sanno; i più, quasi tutti, lottano, s’affannano per farsi, come dicono, uno stato, per raggiungere una forma; raggiuntala, credono d’aver conquistato la loro vita, e cominciano a invece a morire.
Possiamo dunque vedere e conoscere soltanto ciò che di noi è morto.

Conoscersi è morire.

Il mio caso è anche peggiore. Io vedo non ciò che di me è morto; vedo che non sono mai stato vivo, vedo la forma che gli altri, non io, mi hanno data, e sento che in questa forma la mia vita, una mia vera vita, non c’è stata mai. E come spire e tentacoli t’avviluppano le conseguenze delle tue azioni.

E come puoi liberarti? Come potrei io nella prigione di questa forma non mia, muovere una vita diversa, una mia vera vita?
Serve così, e non posso mutarla, non posso prenderla a caldi e levarmela dai piedi.


La carriola – Luigi Pirandello


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