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Una firma rossa sbavata su un foglio bianco

Sei corde e una storia da raccontare: Burdela.

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dovevano essere gli anni 80, o forse 70, addirittura. Non saprei.
Un giorno un Uomo entrò in un negozio di chitarre, e, dopo averle passate in rassegna un pò tutte, buttò l'occhio su una Eko.
Un modello molto particolare: acustica, ma più piccola del normale, la grandezza di una classica, più o meno. Le corde di ferro, al tocco, emettevano un suono acuto e rassicurante al tempo stesso. Le costò una piccola fortuna, quel piccolo esserino di legno.
Chissà come gli era saltato in mente di imparare a suonarla, per me rimane tutt'ora un mistero.
Andò a lezione, imparò gli accordi principali e comprò un Canzoniere con le canzoni che l'avevano seguito in gioventù. C'era "la canzone del partigiano", "violino tzigano", "parlami d'amore Mariù"...
Non so quanto tempo impiegò quella oramai vecchia Eko a finire in soffitta, so solo che riposò parecchi anni tra gli oggetti inutilizzati che nessuno aveva il coraggio nè di usare nè di buttare, lasciata a riposare con i plettri colorati su un vecchio letto che chissà di chi era stato, anni prima.
Poi, un giorno, quando avevo cinque anni, non ricordo come, forse ero andata in soffitta con la Nonna, la vidi.
"Una Chitarra??" mi sembrava un evento straordinario. "Si, è la Chitarra del Nonno." mi aveva probabilmente risposto lei.
Il Nonno aveva una Chitarra? Incredibile! Nel mio cervellino, erano soltanto i cantanti alla televisione a saperle suonare. Possederne una, nella mia immaginazione, era quasi come un lusso. Impossibile che proprio il Nonno ne avesse una!
Costrinsi la Nonna a rispolverarla da quella soffitta da cui immancabilmente dopo suppliche di ogni genere usciva quando arrivavo io, mi mettevo seduta sul grande lettone di Nonna con la Chitarra sulle ginocchia e cominciavo a suonare tutte insieme le corde, a caso, col plettro, e a cantare canzoni che inventavo sul momento che solitamente parlavano di quanto fosse antipatico il bullo dello scuolabus o cose simili.
Negli anni che seguirono, dimenticai la vecchia Eko e le mie infantili canzoncini, e lasciai che la Chitarra riposasse in quella soffitta dimenticata, dove l'umidità le deformava la gran cassa e l'arrugginirsi delle corde rendeva impossibile suonarla.
Alla fine, un bel giorno di Febbraio, pochi mesi fa, decisi che dovevo imparare a suonare la chitarra. O meglio: dovevo imparare a suonare QUELLA Chitarra, e non una tra le tante.
Mia Nonna così tornò in quella cantina e la consegnò a mia Madre. Quando aprii il bagagliaio dell'auto e me la ritrovai davanti, dopo tanti anni, stentai a riconoscerla: com'era diversa, nel ricordo!
La pulì con cura, cercando di cancellare o almeno di rimediare in parte ai segni del tempo, e le feci cambiare le corde.
Aveva qualche ammaccatura e qualche piccolo difetto, ma tutto sommato era ed è ancora una bella Chitarra, nonostante l'età.
A questo punto, dovevo trovarle un nome: un nome legato alla mia famiglia, e, quindi, alla mia terra di Romagna.
E, benchè sia più vecchia lei di me, rimane comunque la mia bambina: decisi, quindi, di chiamarla "Burdela", che in dialetto vuol dire proprio bambina.
Rispetto a quella di mia sorella, è dieci volte più difficile suonarla, specialmente il barrè che è un'impresa, ma non la cambierei con nessun altra chitarra al mondo, perchè lei è la mia Burdela, perchè lei non è un semplice strumento musicale, lei è parte della mia famiglia, della mia storia, delle mie origini, e, quindi, della mia vita.

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    E'..
    impossibile.
    Tu riesci a prendermi con una storia così. E'.. una favola.
    E pensare che è la tua vita.. è una gioia.
    Tu hai un dono, te l'ho sempre detto. **
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    Sara,posso dirti che sto vivendo lo stesso sogno?
    La Eko era di mio padre,e ora la sto rispolverando.
    Sfioro le sei corde,e mi sento viva.

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