This is the end.
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Ebbene si, siamo alla fine.
Sembra strano ma queste quattro settimane sono veramente volate.
E mi mancherà da impazzire stare qui, insieme agli altri, nel caos continuo delle notizie che arrivano, nelle urla del direttore e degli scleri di tutti quando il sistema non va, negli squilli diversi per ogni scrivani.
Questo stage mi è servito, l'ho detto subito, mi è servito per capire che la giornalista è ciò che voglio fare.
"Sembra ieri che sei arrivata" mi ha detto Marco stamattina e si, anche a me sembra ieri.
"Non puoi andare viaaaaa! Domenica c'è Verona da fare" mi ha detto sorridendo Wlad, fosse per lui Verona me la farebbe fare sempre.
E' stata un'esperienza stupenda.
Ho imparato che alla gente devi raccontare quello che vuole sentirsi dire, nel minor tempo possibile.
Ho imparato che se arrivi prima magari vai anche via per ultimo, salutando tutti quelli che vanno via prima di te ed erano arrivati dopo.
Ho imparato che le notizie arrivano sempre, da qualunque parte del mondo, e non devi mai smettere di cercarle.
Ho imparato che lavorare non è un gioco, che fai quello che ti chiedono, non inventi nulla.
Ho imparato che quando "il gatto non c'è i topi ballano".
Ho imparato che se il computer va in tilt, la redazione si blocca.
Ho imparato che non si scherza più quando si comincia a fare sul serio.
"Si lavora, ma è sempre meglio che lavorare"
Credo che porterò questa frase con me per sempre, perchè è quella che più caratterizza questo lavoro, questo mondo.
Un grazie di cuore a tutta la redazione di City: Wlad e Marco, Davide, Angela, Manuela, Elena, Luca e Laura, al direttore e al vicedirettore, a Renzo, Claudio e Federico, a Giuliana e Anna.
Grazie perchè se sul mio curriculum ci sarà anche questa esperienza non sarà stata solo una noia scolastica per avere un punto in più.
Grazie per avermi insegnato cosa vuol dire fare la giornalista.
Continuerò a leggere City, tutte le mattine andando a scuola.
Osserverò le firme e sorriderò pensando a quanto lavoro c'è stato dietro ogni pezzo, anche piccolo.
E magari, quando sarò grande, ci rivedremo ancora.
Giulia.